Rifletti

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"Non andare al lavoro oggi" la invitò Lucifero, vedendo Lailah alzarsi e iniziare a prepararsi.

"Non posso non presentarmi!".

"Sei la moglie del capo. Puoi letteramente fare quel cazzo che ti pare!".

"Lu...".

"Chiamo io e avverto. Prenditi un giorno libero. Ogni tanto ti serve".

"Ok. Ma...".

Lucifero era già con il telefono in mano e stava informando i colleghi della moglie che quel giorno non si sarebbe presentata, aveva altri impegni improvvisi e improrogabili.

"E quali sarebbero questi impegni?" sorrise lei, riprendendosi il telefono.

"Cazzeggiare con tuo marito. Oggi torniamo a casa. Almeno un paio d'ore".


La tranquillità del suo universo gli permetteva di rilassarsi quasi instantaneamente. Appena rimise piede nel mondo che aveva creato, Lucifero fu subito più sereno. Si sentiva come avvolto in un abbraccio rassicurante, lontano da ogni problema. Davanti a casa, fra l'erba che conduceva al lago, vi erano stati deposti dei grandi cesti di frutti e doni da parte dei mortali che popolavano quel mondo. Era strano, perché solitamente non era loro concesso avvicinarsi alla casa.
Le tre gemelle erano incuriosite da quei doni e andarono a spulciare, sparpagliando cose fra l'erba alta. Fra gli alberi, si intravedeva qualche mortale dalle ali traslucide. Il padrone di casa mosse la coda infastidito, non amava particolarmente che si avvicinassero, ma Lailah gli sfiorò il braccio e gli sorrise, facendo loro segno di avvicinarsi.

"Questi sono doni per voi" spiegò uno di loro "Per farvi tornare. Temevamo ve ne foste andati per sempre".

Con quella frase, in Lucifero nacque una consapevolezza diversa. Era importante per quegli esseri, anche se lui si ostinava ad ignorarli, e l'idea di non rivederlo li aveva spaventati.

"Ma no, tranquilli" parlò loro, affacciato alla terrazza rialzata davanti all'ingresso "Abbiamo solo qualche piccolo intoppo da risolvere".

"Nel mondo dove le creature cattive hanno ucciso Ahriman? Perché date loro importanza? Non meritano la vostra presenza".

Il demone si voltò verso la moglie, che gli stava accanto, e poi tornò a rivolgersi ai mortali per spiegare che non era così semplice. Ma presto sarebbe tornato e non avrebbe più lasciato quell'universo.

Lailah lo osservava e non sapeva esattamente cosa pensare. In quel luogo era luminoso, etereo, poteva definirlo quasi divino. In hotel era esattamente l'opposto, arrancava e covava rabbia che magicamente nel suo universo svaniva.

"Dovresti restare qui" gli suggerì a bassa voce, quando furono da soli in casa.

"Se potessi..." fece per rispondere, mentre le bambine stavano pasticciando sul pavimento con dei colori.

"Questo posto ti rende felice. L'hotel, il processo, gli umani... stanno bruciando la tua luce. Stanno consumando quel che sei".

"Ma che alternativa c'è?".

"Non lo so... Ma sono certa che la possiamo trovare!".

"Non preoccuparti per me".

"Non mi piace vederti stare male. Io ho sposato il portatore di luce! Se ti spegni...".

"Per te io avrò sempre luce, mio firmamento".

Sedevano l'uno accanto all'altro sul divano. Lo stesso divano su cui era nata la loro bizzarra relazione, che ormai durava da più di venticinque anni, e su cui si erano scambiati promesse e segreti.

"Tu però mi nascondi qualcosa" commentò Lailah, guardandono negli occhi "Stai pensando e ripendando a qualcosa che non mi vuoi dire".

"Non è che non voglio dirtelo. È che non so se è importante o sensato...".

"Tu dimmelo lo stesso".

"Una strana donna era fuori dall'hotel e mi ha detto che l'anima di Ahriman si trova in un posto che non avevo considerato".

"Davvero? Dove?".

"Mai sentito parlare dei fuochi di Gehenna?".

"Vagamente. Non sono esperta, lo ammetto. Di che si tratta?".

"L'Inferno è vivo, come ben sai. Una parte di esso l'ho plasmato secondo la mia volontà ma una parte ha agito autonomamente, pescando dal mio inconscio tutto quel che non riuscivo ad esprimere".

"Dev'essere davvero tanta roba, cervellino incasinato...".

"Esatto! È una voragine circondata dal fuoco, da cui nessuno è mai uscito. Nessuno sa cosa ci sia dentro esattamente, nemmeno io".

"Potrebbe anche essere qualcosa di bello, no?".

"All'Inferno? Nato dal mio inconscio? Direi che è impossibile!".

"E l'anima di Ahriman potrebbe essere davvero lì dentro? E quella donna come lo sapeva?".

"Non lo so e non ne ho idea. Avessi mai una certezza, ultimamente!".

"E... che cosa pensavi di fare?" chiese Lailah, prendendolo per mano.

"Sinceramente? Non c'è molto che possa fare. Gehenna è un luogo pericoloso, non posso rischiare di non uscirci più. Ho tante cose per cui vale la pena non farlo..." parlò lui, rispondendo a quella stretta baciando l'anello nuziale della moglie.

"Ma non troverai pace finché non avrai qualche certezza, dico bene?".

"Ma non so come avere certezze senza entrarci...".

Lei rimase in silenzio qualche istante. La situazione non era semplice e non sapeva bene che dire.

"Sono sicura che farai la cosa giusta" sorrise infine "Io mi fido di te. Mi fiderò sempre e ti sosterrò, qualsiasi cosa tu decida di fare. Anche la più stupida".

"Oh no, fermami se voglio fare qualcosa di troppo stupido".

"Va bene. Ma solo se è davvero troppo stupido!".

Si sorrisero, come si fossero appena innamorati. Come se il tempo non fosse trascorso e si riscoprissero legati l'uno all'altro in quell'istante.

"Avevi ragione: mi serviva un giorno libero" mormorò lei, mentre i loro baci si spingevano oltre su quel divano su cui non avrebbero mai voluto scendere.

Azazel canticchiava alla reception. Era soddisfatto di come il sito dell'hotel fosse stato ampliato e completato con le foto fatte dalla figlia del capo e controllava che tutto fosse in ordine. Non un solo dettaglio fiori posto, non un solo indizio che potesse svelare la natura sovrannaturale dei proprietari e di chi ci lavorava.
Anche quel giorno in hotel era giunta più di una chiamata da parte di curiosi che volevano sapere se davvero lì ci fossero i demoni. Il receptionist aveva risposto molto educatamente, invitandoli a verificare di persona ed elencando alcune attività disponibili in hotel per gli ospiti. In realtà avrebbe voluto esprimersi in ben altro modo, per esempio invitandoli ad infilarsi un carciofo in posti poco visibili ma mantenne la sua professionalità in ogni occasione. Era pagato per questo, e anche profumatamente!
Era quasi a fine turno. Gli svitati erano stati più del solito quel giorno, dato che l'assenza di Lucifero levava quell'alone di lieve terrore che provava chi passava per lì solo per rompere le palle, e non vedeva l'ora di andarsene a casa.
Dopo alcuni check out, e dopo aver controllato che tutto fosse in ordine perfetto sulle sue varie postazioni online, si apprestava a farsi dare il cambio alla reception.
In quel momento però le porte girevoli si mossero ed entrò un uomo.

"Giuro che se pure questo mi chiede se ci sono i demoni..." sibilò a mezza voce, terminando solo mentalmente la frase con "Lo dico di infilarsi i carciofi in culo!".

"Benvenuto al Kerigma" salutò il valletto all'ingresso, senza ricevere risposta.

Era buio e non portava con sé alcuna valigia. Doveva essere per forza un impiccione o un giornalista.

"Benvenuto al Kerigma" ripetè Azazel, con la sua voce impostata per essere udita a grandi distanze "Come posso aiutarla? Deve fare il check in?".

"Tu chi sei?" domandò l'uomo.

"Io? Sono il receptionist".

"E come ti chiami?".

"Sono Aziz, come posso aiutarla?".

"Aziz? Tu non hai la faccia da Aziz!".

"Prego...?".

L'uomo si mosse di scatto ed estrasse una pistola, puntandola verso Azazel e premendo ripetutamente il grilletto.

"Sicurezza!" riuscì a scandire il receptionist all'auricolare, mentre l'umano svuotava il caricatore urlando che avrebbe sterminato tutti i demoni e solo grazie a lui l'umanità si sarebbe salvata.

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