Signor Giudice

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Svegliarsi all'alba, stretto fra Lilith e Lailah, non era una brutta sensazione. Subito però il cervello del proprietario dell'hotel gli ricordò che quella mattina non poteva restarsene lì ad oziare. Si lasciò sfuggire un gemito di protesta, odiando le levatacce e sognando qualcosa di ben diverso. Non voleva svegliarsi la mattina, voleva restarsene in quel grande letto rotondo accanto alle sue donne a  godersi la vita. E invece no, doveva alzarsi. Ma dove stava scritto? Su quel telefono che purtroppo era costretto a portarsi appresso, ecco dove! E non era un appuntamento che poteva rimandare.

Si alzò cautamente, attento a non svegliare le due meravigliose creature che per tutta la notte avevano sospirato e fatto sospirare di piacere. Altrettanto importante era non svegliare le tre gemelline che dormivano beate nell'altra stanza, così uscì con estrema attenzione e in assoluto silenzio.

Guardò l'orologio con una nota di puro fastidio: erano quasi le sette del mattino. Aveva appuntamento in tribunale alle otto precise, ma sapeva che davanti l'aspettava almeno un'ora d'auto nel traffico. Avrebbe potuto comodamente usare qualche portale magico ma no, in quel periodo di ficcanasi cronici era meglio non rischiare. Già circolavano video con foto notturne, raffiguranti occhi demoniaci che nel buio erano tutto fuorché rassicuranti, e registrazioni di demoni e angeli che conversano tra loro in una lingua che nessun umano comprendeva. E del resto che poteva farci? Di notte gli occhi dei demoni riflettevano la luce, erano fatti così e non cambiavano! Le conversazioni private era quasi certo che non fossero legali ma era già abbastanza stufo di vedere avvocati e giudici. Era davvero terribile stare attenti a ogni minima cosa e più passava il tempo e più il Diavolo era tentato di mandare tutto in malora. Ma ora aveva altro a cui pensare...

Con la ventiquattrore ore nera fra le mani, salutò l'addetto mattutino alla reception e si diresse verso l'auto. Non si trattava di Azazel, a quell'ora non c'era mai, e non si fermò a chiacchierare.

Iniziava a far caldo in quella primavera terrestre, con i fiori e gli insetti che si spiaccicavano sul parabrezza. Pura poesia, pensò disgustato mentre azionava il tergicristalli.

Era stato convocato per una "verifica identitaria".

"Che cazzo vuol dire?" si era chiesto, ricevendo la mail.

Pensò a qualche nuovo indizio, qualche prova particolare o riesame che necessitava una verifica da parte di chi conosceva la vittima direttamente. Ma proprio alle otto del mattino? Odiava la mattina. Odiava la città. Odiava un po' tutto, pensandoci bene. Tranne quel letto tondo con due splendide donne pronte a far l'amore. Dovette ricacciare quel pensiero nei meandri del subconscio, volendo concentrarsi sulla causa. Non capiva perché andasse tanto per le lunghe: erano colpevoli! Erano assassini! C'erano le prove, piuttosto schiaccianti, e la confessione. L'autopsia su Ahriman aveva confermato tutto eppure ancora si discuteva. La giustizia terrena faceva veramente schifo!

Come previsto, il traffico a quell'ora era intenso e Lucifero si ritrovò in coda fra i clacson. Un'auto sportiva lo sorpassò suonando con rabbia.

"Ma dove cazzo vai?" mormorò il demone, con il braccio fuori dal finestrino e la sigaretta a penzoloni.

Il sorpassante si ritrovò bloccato in fila poco più in là.

"Visto? Coglione...".

Voleva dedicargli un dito medio ma pensò fosse poco elegante. Magari la prossima volta...

Il tribunale era circondato da un ampio parcheggio, occupato principalmente da utilitarie di signore con la voglia di fare shopping. Fortunatamente a quell'ora i negozi erano ancora chiusi e un posticino per la Bentley nera lo trovò.

"Sarò l'unico stronzo in questo posto di merda a quest'ora" sibilò a denti stretti, sbattendo la portiera "Almeno non piove..." aggiunse, pentendosene subito dato il sadismo del Cielo.

All'ingresso, come sempre, consegnò il cellulare e mostrò i documenti. Tolse orologio, bracciale e oreccchini per passare sotto il metal detector. Il cellulare fu riposto in una celletta numerata e potè entrare. Era una scocciatura, ma troppi avevano tentato di fare irruzione armati o avevano scattato fotografie e diffuso video di documenti riservati e udienze non aperte al pubblico.

"Buona giornata" augurò educatamente l'inserviente all'ingresso.

"Potrebbe andare decisamente meglio" borbottò Lucifero, camminando verso la stanza indicata.

Ad attenderlo trovò l'avvocato di Magdalena e quel che sembrava una specie di mediatore, entrambi seduti a una grossa scrivania di legno.

"Buongiorno" salutò il Diavolo, prendendo posto "Scusate il ritardo, c'era traffico".

In realtà il grande orologio appeso alla parete segnava le otto in punto: era puntualissimo come sempre. In quel luogo si assaporava il profumo di libri e documenti antichi, una delle essenze che Lucifero preferiva in assoluto, perciò non gli riuscì difficile sorridere.

"Accomodatevi" invitò il mediatore "E veniamo subito al dunque".

"Perfetto" annuì il demone, tenendo la ventiquattrore accanto alla sedia.

"Spiego brevemente il motivo di questa convocazione, Signor... mi perdoni, non sono sicuro di pronunciare correttamente il suo cognome...".

"Lo pronunci come vuole, per me è lo stesso" rispose Lucifero incrociando le gambe e allungandosi leggermente lungo lo schienale.

"Dunque... la difesa ha richiesto un incontro urgente, dati i recenti avvenimenti e la diffusione di determinati materiali digitali. Ha forse qualche dichiarazione da fare?".

"Di cosa stiamo parlando?" alzò un sopracciglio il Diavolo e notando come entrambi i presenti lo stessero fissando.

"Del materiale audio, video e fotografico dall'hotel".

Lucifero riflettè qualche istante e poi comprese. Aprì la bocca, rimuginando su quel che poteva dite, con la mano sinistra che si mosse nervosamente.

"Fatemi capire..." iniziò, ostentando calma "...voi mi avete fatto venire fin qui a quest'ora, quando ho di certo di meglio da fare, facendomi perdere tempo in mezzo al traffico dell'ora di punta mattutina, per simili questioni? Sul serio?".

"La mia cliente..." spiegò l'avvocato di Magdalena "È molto religiosa. E quando ha visto il video con le ali d'angelo e ha sentito quella ragazza descrivervi come il Diavolo, si è spaventata".

"Povera cucciola" voleva rispondere l'accusato, sarcasticamente, ma si limitò a fissare chi aveva davanti con fastidio.

"Ebbene..." riprese il mediatore "Siamo qui per verificare che lei sia veramente chi dice di essere. È ovvio che un processo non può procedere se una delle due parti è il Diavolo".

"E... che dovrei fare esattamente?" alzò di nuovo un sopracciglio Lucifero, piuttosto perplesso.

"Fornire delle prove sulla propria identità, ovviamente. Dimostrare che voi non siete Satana".

"E come dovrei fare, di grazia? E, tanto per capire, questa cosa la fate a tutti i genitori di adolescenti che li definiscono diavoli, demoni o simili? Perché mia figlia mi definisce in molti altri modi, specie quando litighiamo".

"La mia cliente esige delle prove!" incalzò l'avvocato di Magdalena.

"Quali prove?! Ma che volete da me?! Avete i miei documenti, mi pare assurdo che mi chiamiate qui dopo aver visto dei video pubblicitari! Direi assolutamente ridicolo e passibile di querela, aggiungerei".

"Lei sostiene che sia stato il suo sguardo a spingerla a confessare".

"Davanti a me non ha confessato proprio un tubo. Mi ha venduto dei quadri, che ho regolarmente esposto in una galleria in centro".

"Non le avete fatto forse firmare un contratto?".

"Per sistemare alcune questioni finanziarie ed eriditarie, certo. Questo prima che sapessi che era stata lei a uccidere il mio collega".

"Questo non è stato ancora provato!".

"Ma se ha confessato!".

"Potreste averla costretta!".

"E con cosa?!".

"Con il suo potere demoniaco!".

Lucifero sospirò, passandosi una mano sul viso.

"Quindi, ricapitolando..." parlò poi, con un mezzo sorriso "Io avrei obbligato quella donna a confessare a distanza, dato che ha parlato quando non ero presente, perché sono il Diavolo. E le ho fatto firmare un contratto, sempre perché sono il Diavolo. Non perché sono un uomo d'affari. Senza chiedere l'anima o altro di simile, tra l'altro...".

"Può negarlo?".

"Vuole che le giuri che non ho le corna? Posso farlo, se vi fa piacere. Ma trovo questa cosa alquanto ridicola".

"La mia cliente dice di aver subito minacce e tentazioni. E che si sia semplicemente difesa da Armand quella notte. Fosse un denone pure lui, e fosse dimostrato che davvero lo ha ucciso, potrebbe essere quasi considerata una salvatrice dell'umanità!".

"Lei sa che qui andiamo dritti verso la diffamazione, vero?".

"Non esageriamo. Non...".

"Diffamazione e calunnia! Armand non ha mai alzato un dito contro di lei! In caso contrario, dove sono le prove? Dove sono i referti medici? I testimoni?".

"Il suo caro amico...".

"Il suo amante? Quello che la pestava in hotel? E di questo ci sono eccome le prove. Filmati e una marea di testimoni. Vogliamo continuare?". Cercò nelle tasche, ricordandosi al volo di aver lasciato l'accendino assieme al cellulare.

"Cercate forse un'arma?" si allarmò l'avvocato.

"Sì, un forcone!" sbottò Lucifero "Volevo semplicemente un accendino. Il Diavolo non si brucia, giusto? Mi sarei bruciato la mano, così magari mi lasciate andare a casa! E poi avrei denunciato i presenti e la sua cliente per lesioni e minacce".

"Stia calmo, per cortesia" lo invitò il mediatore.

"Stia calmo anche no!" sibilò il demone, alzandosi e riprendendo in mano la valigetta "Io sono un rispettabile proprietario d'hotel. Lavoro e mantengo centinaia di persone. Magari voialtri non avete altro da fare ma io sì, e gradirei tornare ai miei affari!".

"Solo una domanda per verificare la sua identità, per cortesia" insistette il mediatore "La carta d'identità risulta recente e l'indirizzo cambiato. Vive in hotel solo da pochi mesi".

"Mi sono trasferito lì alla morte del mio collega. Perché? È un reato?".

"No. Ma prima dove stava?".

"Questo mi scusi ma cosa ha a che fare con il processo? È la mia vita privata e potevo anche vivere in macchina, per quel che vi riguarda".

"Purtroppo sono state riscontrate delle lacune nei documenti. Come se a volte comparisse dal nulla e poi tornasse a sparire".

"Io viaggio molto. Cambio casa e residenza. Continuo a non capire da dove inizino i fatti vostri".

Il mediatore fissava perplesso la fotocopia della carta d'identità di colui che stava accusando. Non era convinto.

"Potete rassicurare la sua religiosissima Magdalena che non ho le corna, i piedi da capra o le gambe pelose. Inoltre può informarla che per gli assassini esiste un girone apposito, specialmente se non scontano la loro pena sulla Terra. Buona giornata!".

Senza attendere risposta, Lucifero si alzò e lasciò la stanza. Uscì dal tribunale dopo aver ripreso tutti gli oggetti personali e tornò verso l'hotel con malcelato fastidio.
Nei giorni precedenti si era consultato con due figure illustri nel campo della giustizia terrena e ultraterrena: Minosse e Salomone. Minosse era un giudice infernale, il più importante e influente, con la lunghissima coda che si attorcigliava per indicare in quale luogo l'anima dannata doveva essere collocata. In vita era un re saggio e potente, da morto un giudice insidacabile degli Inferi.
Salomone svolgeva la stessa mansione ma in Paradiso e solitamente non forniva consulenze ai demoni. Era stato Espero a chiedere un aiuto, sapendo che Salomone era sempre stato saggio e capace di risolvere le controversie più complicate. In vita era stato un famoso esorcista e un veggente, conosceva i sigilli di ogni creatura eterea e le loro caratteristiche. Entrambi i giudici si erano stupiti di come quel processo potesse avere tante scappatoie e cavilli insoluti. Dopotutti i colpevoli avevano confessato e c'erano delle prove! Ma l'infermità mentale era dietro l'angolo e ora Magdalena sosteneva che si era solamente difesa, perché Armand era violento e cattivo come il suo collega. Collega che quella ragazza con le ali aveva detto essere Lucifero, in quella diretta online. E molti le credevano, portando l'opinione pubblica verso la richiesta di archiviazione e la scarcerazione.

"Piuttosto le faccio mangiare la faccia da un condor!" si era detto il Diavolo e aveva ricevuto un chiaro suggerimento: doveva agire in modo inaspettato.

Per il pubblico era un demone, e si aspettavano che si comportasse da demone, perciò per far cambiare il senso dell'ago della bilancia bastava agire in modo opposto. E che poteva mai fare? Qual era l'ultima cosa che qualcuno poteva aspettarsi dal Diavolo? Salvo farsi prete, cosa a cui aveva già pensato Asmodeo, decise per optare per la beneficenza. E sapeva anche a chi! Sorrise compiaciuto per l'idea che aveva appena avuto: bambini! Avrebbe donato una cifra considerevole alla casa famiglia dove era ospite il figlio di Magdalena, a nome e in memoria del socio scomparso. Così, oltre che alla beneficenza in sé, compiva un gesto del tutto "disinteressato", privo di gloria personale.

"Ma che buon Diavolo che sono" ghignò, parcheggiando nella sua postazione personale in hotel.

Aveva voglia di dolce, di una buona fetta di torta di Bael, di quelle al triplo cioccolato col cuore morbido e la glassa fondente. Voleva assolutamente concedersene più di una fetta, per dimenticarsi quella mattinata fastidiosa,  perciò aveva fretta di raggiungere l'ingresso e le cucine. Camminava a passo svelto, distratto da alcune notifiche rimaste sul telefono dopo l'ora trascorsa in macchina, e si ritrovò davanti una strana donna che gli impediva il passaggio.

"Lucifero" mormorò lei, fissandolo con grandi occhi nocciola.

"Signora, la prego" sbottò il demone, infastidito "Mi lasci in pace".

"Vi ho tanto cercato! Voi siete chi cerco! Ho un messaggio per voi!" insistette la donna, inseguendolo lungo le scale d'ingresso.

"Si trovi altro da fare e lasci in pace la gente che lavora!" protestò l'inseguito, mentre gli addetti alla sicurezza si muovevano.

"Da mesi ho un messaggio per voi, Lucifero.  E non sapevo come recapitarlo. Ma poi ho scoperto dove stavate, ho scoperto dove lavorate su questo mondo e ora sono qui. Ascoltatemi!".

"Se ne vada. O chiamo la polizia".

Turek, figlio di Asmodeo e capo della sicurezza, si era frapposto tra il suo capo e quell'umana dagli occhi allucinati, impedendole di avvicinarsi ulteriormente.

"Ma voi dovete ascoltarmi!" gemette lei, tentando invano di proseguire "Io so dove si trova! Io so dov'è l'unica anima che avete perso!".

Lucifero scosse la testa: sua figlia aveva portato davanti a quell'edificio i peggiori svalvolati del mondo!

"Il fuoco!" gridò la donna, per farsi sentire dal demone che si allontanava "L'anima che cercate si trova nell'oscuro abisso del fuoco di Gehenna!".

Il Diavolo si fermò, poco prima di entrare dalle porte girevoli, e si accigliò.  Se era uno scherzo, non era divertente!

"La Gehenna..." mormorò, riflettendo.

Era un luogo oscuro, una voragine posta nel più antico e inospitale angolo dell'Inferno. Era stato il suo subconscio a crearlo, nemmeno lui sapeva cosa ci fosse all'interno esattamente. Quel che sapeva era che mai nessuno vi era mai uscito e dentro si smarrivano le anime impreviste, quelle che non trovavano una collocazione e la cui esistenza doveva essere dimenticata. Si voltò verso la donna, tornando sui suoi passi.

"Di che state parlando?" le chiese, a bassa voce.

"Ho visto l'oscurità. Ho visto un vortice e un fuoco, con l'anima persa di qualcuno che cercate. E una voce che mi ripeteva il vostro nome, mostrandomi il vostro volto. Per mesi non sapevo come interpretare tutto questo ma poi vi ho visto per tv. Voi siete Lucifero! E l'anima che cercate si trova nella gola di Gehenna".

"Voi farneticate" tentò di cambiare discorso il Diavolo, non volendo attirare l'attenzione di altri curiosi.

Probabilmente, si disse, sua figlia aveva parlato anche di questo nelle sue dirette e quella donna si stava divertendo a prenderlo in giro.

"Si allontani da qui" ordinò, entrando di corsa in hotel.

Era sicuramente uno scherzo, un pessimo scherzo da parte dell'ennesimo matto che voleva conoscerlo. Ultimamente ne giravano fin troppi da quelle parti! Però a sua figlia non aveva mai parlato di certe cose.

"Gehenna..." mormorò di nuovo.

"Avete detto qualcosa?" chiese Azazel, fissandolo perplesso.

"No. No, sto solo... Non disturbarmi oggi, devo riflettere".

Azazel annuì, perplesso, mentre il suo capo si allontanava verso le sue stanze. Doveva aver incontrato qualche pazzo particolarmente convincente...

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