06. Moby Dick (I)

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Tradimento (Il Traditore) – Ernia (feat. Mecna)

"Mia bellissima sorellina, come stai?"

Cleo sentì salirle per la gola un grugnito infastidito, ma si trattenne. "Insomma..." rispose, tenendo il cellulare incastrato tra la spalla e l'orecchio mentre infilava i guanti. "Sono un po' stanca. Sai, l'uni e quella roba lì..."

"Allora direi che la proposta di papà cade proprio perfetta."

Cleo aggrottò le sopracciglia e, dopo aver inforcato lo zaino, uscì dall'aula dove si era tenuta l'ultima lezione della settimana. "In che senso?" chiese cauta, immaginando dove volesse andare a parare il fratello. Dopo tutto ciò che era successo, non aveva più discusso per bene col padre della possibilità di salire un weekend a casa, quindi poteva essere che l'uomo avesse deciso per loro.

"Domenica pranzo in famiglia" rispose infatti Corrado, tutto soddisfatto. "L'ho appena sentito. In realtà la sua idea era che salissimo venerdì sera o sabato mattina, ma io già degli impegni."

"Idem."

"Avverto un entusiasmo incontenibile."

Cleo grugnì, seccata sia dal freddo esterno che la pizzicava ovunque, nonostante avesse assunto l'appeal dell'omino Michelin pur di combatterlo, sia dall'ironia del fratello. "Devo uscire con Giulio stasera" gli spiegò, sentendosi ancora più nervosa. Il ragazzo le aveva proposto di andare in un locale in centro assieme ad alcuni compagni di università e Cleo, per quanto non amasse l'idea di doverlo condividere con qualcuno, aveva accettato. In fondo, non poteva escludere a priori che fosse proprio ciò di cui avevano bisogno. Oltretutto, avrebbe potuto essere un'ottima occasione per conoscere qualcuno di nuovo e placare i timori del padre e Dado.

"Sempre più entusiasta" commentò il fratello. Cleo lo sentì masticare qualcosa e il rumore croccante le fece venire la pelle d'oca. "Ma quindi come va con lui? Peggio?"

"Non lo so."

Cleo rimase in silenzio, sperando che l'altro tornasse a concentrarsi sul pranzo e non indagasse più a fondo – non aveva la forza di sostenere una conversazione simile. Fu benedetta da una pace assoluta per qualche minuto, giusto il tempo necessario per attraversare piazzale Bacone e avvicinarsi sempre di più a casa, ma poi il fratello tornò all'attacco.

"Cleo" sospirò, e lei riuscì a immaginarselo seduto col gomito piantato sulla scrivania e la mano a massaggiargli gli occhi. "Non credo sia molto sano ciò che state combinando, detta francamente. Mi sta simpatico Giulio, eh, ma sembrate due sposati da quarant'anni che manco dormono più insieme."

"Sapessi quanto hai ragione..." pensò Cleo amareggiata, evitando però di interromperlo. Dirgli che qualsiasi passione fosse esistita tra loro sembrasse morta del tutto non l'avrebbe aiutata nella discussione – l'altro non avrebbe mai capito che era solo per una mancanza di occasioni.

"Quindi o trovate un modo per uscirne, oppure potrebbe essere arrivato il momento di prendervi una pausa di riflessione" concluse intanto il fratello. "Stare un po' da sola, non sentirti costretta ad andargli dietro... Potrebbe farti bene, non pensi?"

"Non vedo come" replicò lei, imboccando la via di casa. Si mise a frugare in tasca alla ricerca delle chiavi, non vedendo l'ora di potersi rintanare al caldo, mangiare qualcosa e prepararsi per la serata, lasciando fuori dalla porta tutti i dubbi che Dado, implacabile, stava facendo nascere. Voleva cercare di essere ottimista, almeno per una volta in vita sua.

"Non essere testarda" la rimproverò Corrado, mentre lei apriva il portone. Si infilò nell'androne con un sospiro di sollievo e, dopo aver salutato con un cenno la portinaia, imboccò le scale senza curarsi di replicare.

"Ripeto: dovresti pensarci. Di cosa hai paura? Di rimanere sola per sempre se lo lasci?"

"Prima parli di pause e poi salti diretto al lasciarsi..." commentò acida, il fiato appena corto mentre affrontava la rampa del terzo piano. "E comunque, non ho paura di quello. Cioè, anche, ma non è il punto."

"Allora dimmi qual è."

Cleo si fermò davanti alla porta dell'appartamento e prese un respiro profondo. "Il punto è che lo amo. Fine."

Corrado si lasciò sfuggire una risata a metà strada tra un singhiozzo e un grugnito, tanto che lei valutò di attaccargli la cornetta in faccia e non presentarsi domenica. Rimase ferma sulla soglia, una mano stretta sulla maniglia mentre l'altro sghignazzava.

"Cosa c'è da ridere?" gli chiese tagliente, le dita che le prudevano dal desiderio di chiudere la chiamata.

"Sarò schietto, ma non mi sembra ci sia molto amore tra voi ora come ora" replicò lui, dandosi un tono. "Forse i primi tempi sì, ma... io non ti vedo felice. Pensa solo a come mi hai detto che saresti uscita stasera: sembrava volessi impiccarti."

Cleo strinse le labbra, non sapendo come replicare davanti a un simile attacco. Non negava che la relazione tra lei e Giulio si fosse appiattita negli ultimi tempi, ma non poteva mollarla senza aver almeno provato a tenerla in piedi. Oltretutto, il fatto che il ragazzo avesse trovato del tempo per vederla in mezzo a un periodo per lui così impegnato doveva pur significare qualcosa.

"Non ti dico di lasciarlo stasera. Però pensaci" concluse Corrado. "Art ha detto di avere alcuni amici che sarebbero perfetti per te."

"Ma parli dei fatti miei ai tuoi compagni?"

"Ovvio." Cleo immaginò l'espressione compiaciuta che doveva essere comparsa sul viso del fratello – come se ci fosse qualcosa da gongolare nell'impicciarsi degli affari altrui. "Comunque, domenica mattina passo a prenderti alle nove, quindi fatti trovare pronta."

"Così presto?" si lamentò lei, mettendo piede in casa. Se qualcuno fosse passato pochi minuti prima, mentre ancora stava impalata sulla soglia aperta, l'avrebbe presa per folle. "Dobbiamo vederci a pranzo, non per colazione."

"Io guido, io decido a che ora partire" fu la risposta secca dell'altro. "Ora, scusami, ma qui qualcuno lavora, mica come fai te."

"Spiritoso" borbottò, prima di salutarlo e chiudere la chiamata.

Cleo respirò a fondo. Sarebbe andato tutto per il meglio, non aveva nulla di cui preoccuparsi. Se lo ripeté a fior di labbra fino a quando non le suonò convincente e, dopodiché, si tolse scarpe e cappotto, pronta a trascinarsi in cucina e combinare qualcosa per pranzo – da qualche parte doveva esserci un avanzo della pasta al sugo della sera precedente, a meno che Neela non lo avesse preso per sé.

Quando il cellulare le vibrò in mano, segnando l'arrivo di un messaggio, pensò che fosse ancora il fratello con un'ultima perla di saggezza con cui importunarla, ma lo schermo le restituì un link di YouTube seguito da tre frasi che la congelarono a pochi passi dal frigorifero.

L'ho appena sentita in radio e mi sei venuta in mente. Non è che hai voglia di uscire stasera per una birra o qualcosa di simile? Nessun doppio fine, giuro.

Cleo rilesse quelle poche parole un paio di volte, troppo sorpresa dall'invito di Francesco per rendersi conto di quanto fosse sbagliata la lucciola di felicità che le si era accesa in corpo, accompagnata dall'idea che avrebbe volentieri accettato, se fosse stata libera.

Nuova musica rap le fece compagnia mentre mangiava gli avanzi.

Il pomeriggio era trascorso senza scossoni. Troppo presa dallo studio, Cleo non si era accorta di quanto tempo fosse passato fino a quando, spaesata, aveva guardato fuori dalla finestra e si era accorta che il cielo si era fatto buio; una rapida occhiata all'orologio le aveva detto che erano le sei passate e, quindi, si era buttata sotto la doccia maledicendosi per la sua disattenzione.

"Idiota" sibilò, spegnendo il getto d'acqua calda. Si precipitò fuori dal box, rischiando di scivolare sulle piastrelle appannate di condensa, e corse in camera, dove si asciugò alla meglio e indossò una tuta, prima di tornare di nuovo in bagno per sistemare i capelli.

Stava combattendo col phon, chiedendosi perché non fosse mai passata a un taglio corto, quando Neela entrò in casa annunciandosi con un "Ciao!" urlato a pieni polmoni. Cleo non le rispose, troppo assorta dall'impresa in cui era impegnata, e la coinquilina si affacciò alla porta del bagno ripetendo il saluto.

"Ciao anche a te" replicò lei, spazzolandosi i capelli. Ormai le arrivavano quasi alla vita e costituivano, complice il suo nervosismo, una massa elettrica che accentuava l'aria disperata dipinta sul volto.

"Di solito non è l'umidità che crea disastri?" commentò Neela, appoggiandosi allo stipite della porta e incrociando le braccia.

Cleo non rispose e l'altra si allontanò con un sospiro, andando a lasciare in camera la borsa. Ricomparve in bagno dopo pochi minuti, tenendo il capo incollato allo schermo del cellulare, mentre lei era intenta a truccarsi gli occhi con l'eyeliner; la mano tremante, però, le rendeva difficile disegnare una codina decedente e aumentava ancora di più l'urgenza che la muoveva – Giulio sarebbe passato tra circa un'ora e lei era ancora in alto mare.

"Ma con chi esci?" le chiese Neela, bloccando il cellulare. In attesa di una risposta, si mise a frugare dentro l'armadietto in cui buttavano tutto ciò che poteva essere loro utile, estraendo lo struccante e un paio di dischetti di cotone.

"Giulio e alcuni suoi compagni di università."

"Giornata piena per il ragazzo."

Cleo allontanò il pennellino dalla palpebra e si girò verso la coinquilina, seduta sulla tazza del wc e intenta a togliersi le lenti a contatto colorate. "In che senso?" le chiese cauta.

"Nel senso che prima era in Festa del Perdono a prendere un aperitivo con una" replicò, sollevando i grandi occhi castani su di lei. "Piccola, carnagione scura, boxer braids colorate..." continuò, come se descrivere una ragazza che era il suo esatto opposto potesse migliorare la situazione.

Cleo deglutì e si voltò verso lo specchio. "Non so chi sia" disse, avvicinando il viso alla superficie riflettente. Osservò di nuovo i suoi spigoli e l'improvviso pensiero che Giulio avesse sempre mentito, fingendo di amarli, le inumidì gli occhi. Non era possibile.

"Ma sì, sarà un'amica" replicò Neela, che nel frattempo si stava struccando. "Figurati che mi ha salutata mentre stavo uscendo."

Cleo sbatté le palpebre un paio di volte, ricacciando indietro le lacrime. Finì di prepararsi in un silenzio ostinato, accompagnato dallo sguardo curioso di Neela che la seguiva in ogni gesto; forse si stava chiedendo se avesse fatto bene a dirle una cosa simile, forse era addirittura dispiaciuta, ma in realtà Cleo dubitava che provasse compassione o empatia per lei. Non erano mai state amiche, non davvero, e spesso non riuscivano a parlarsi a causa del fastidio reciproco che si procuravano, quindi perché mai avrebbe dovuto sentirsi in colpa? Era più probabile che dentro di sé stesse gongolando per la ferita appena inflittale.

"Va tutto bene?" chiese Neela, rimanendo seduta. "Guarda che sono davvero convinta fosse solo una sua amica. Sarebbe stato proprio un cazzone a salutarmi tutto allegro, non trovi?"

"Già..." mormorò lei, prima di mettere via i trucchi. "Glielo chiederò appena arriva."

Fece per uscire dal bagno, ma la voce dell'altra la ragazza la paralizzò sulla porta. "Per che ora esci?"

"Non lo so. Doveva ancora dirmelo" mentì, sentendo la cara e vecchia sensazione di rabbia montarle dentro. Gliela avrebbe fatta pagare. "Vado a vedere se mi ha scritto e a vestirmi."

Si diresse in camera a passi pesanti, la convinzione che non aveva alcuna intenzione di uscire con lui e concedergli di prenderla in giro che la muoveva mentre afferrava il cellulare e apriva la chat con Francesco, a cui scrisse un rapido messaggio.

Volentieri! Scusami se ti rispondo solo ora, ma credevo di avere un altro impegno. Per che ora pensavi di vederci e dove?

Dopodiché si sedette sul letto e rimase in attesa a mani giunte, sperando che le rispondesse. L'idea di usarlo per la sua infantile ripicca contro Giulio non le faceva fare i salti di gioia, ma tale era l'ira che le scorreva dentro da rendere ogni altro pensiero appannato, lontano – voleva solo fargli tanto male quanto ne stava facendo lei. Avrebbe pensato un altro giorno alle conseguenze.

Non dovette attendere molto prima che Francesco le inviasse un messaggio dicendole che sarebbe passato a prenderla verso le nove, se solo gli lasciava l'indirizzo esatto. Cleo sorrise e, dopo aver chiuso a chiave la porta della camera, compose il numero del suo ragazzo.

"Ehi, amore" esordì lui dopo un paio di squilli, e Cleo ne avvertì il sorriso nella voce. "Stavo giusto per uscire. Pronta per stasera?"

"In realtà ho appena vomitato l'anima."

Non si sentì in colpa per la menzogna uscita con una facilità disarmante, anche se il sospiro dell'altro le inflisse degli spilli nel cuore. "Vuoi che venga da te...?" le chiese premuroso. "Dico agli altri che stai male e amen. Una serata davanti a un film non sarebbe male."

"No, non cancellare i tuoi piani per me." Cleo studiò le unghie, pensando che avrebbe dovuto limarle e metterci dello smalto. "Stai tranquillo. Forse ho mangiato qualcosa di scaduto, ma domani sarò di nuovo in piedi."

"Sicura?"

"Non preoccuparti, davvero. Mi dispiace solo non poter conoscere i tuoi amici."

Giulio schioccò la lingua, un suono accartocciato nella cornetta del telefono. "Se stai meglio ci vediamo domani sera?"

"Certo" mentì Cleo, per nulla intenzionata a uscire con lui il giorno successivo. "Vediamo come sto, allora."

L'altro la salutò con un ulteriore sospiro, accompagnato da un "Ti amo" che Cleo trovò forzato, tanto che le risultò ancora più difficile rispondergli allo stesso modo – in realtà avrebbe voluto prenderlo a schiaffi e mandarlo al diavolo, ma non era il caso di impazzire al telefono, non quando aveva in mente altro.

Uscì dalla camera, sentendosi più leggera, e raggiunse Neela in cucina, intenta a preparare una frittata. "Ne posso avere anch'io?" le chiese, sedendosi al tavolo. "Tanto Giulio arriva per le nove, quindi ho tempo per cenare."

"Tu non cucini mai?" rispose l'altra con un grugnito infastidito. "Cosa mangiavi prima che arrivassi?"

"Il cibo pronto del supermercato serve proprio a non fare fatica."

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