La cattura

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LA CATTURA

Erano passate diverse settimane da quando io e le ragazze eravamo state messe in punizione. Ormai la vita era tornata a scorrere normale, ma da quel giorno non c'eravamo più avventurate nel bosco. Come ogni mattina, mi svegliavo di buona ora per andare a prendere l'acqua e raccogliere le verdure, inseguito con le ragazze, innaffiavamo l'orto e poi ci dirigevamo con le nostre mamme all'oasi, dove avremmo lavato i panni. Sembrava un giorno come tanti eppure sentivo che c'era qualcosa che non andava. Ero stata sveglia tutta la notte e avevo tanta ansia, come se potesse succedere qualcosa da lì a pochi minuti. Comunque non feci parola con nessuno, di questa mia sensazione e continuai a svolgere il mio lavoro, erano ormai diverse notti che scorgevo tra la vegetazione delle ombre sempre più numerose e vicine al nostro villaggio e di giorno mi sentivo continuamente osservata.

Era ormai giunto il solstizio d'inverno e come ogni festa per i nostri villaggi era un giorno importante, ma soprattutto era speciale tutte le famiglie si sarebbero potute rivedere in fatti da ogni piccolo villaggio sparso in diverse zone del deserto ci si incontrava a rotazione in un villaggio per festeggiare tutti insieme l'evento. Quell'anno era stato sorteggiato il nostro e così vi era un enorme fermento, le donne cucinavano, decoravano e cucivano abiti meravigliosi che avremmo poi indossato nel momento del ballo ritualistico. Io e le mie amiche eravamo super felici perché per noi quello sarebbe stato l'ultimo anno da vallette, il prossimo saremo state noi le ballerine che avrebbero aperto il rituale in quanto avremmo celebrato anche il passaggio di età dall'età infantile a quella adulta, aprendo le danze avremmo dovuto donare alla madre anziana i nostri giochi più importanti che sarebbero stati bruciati come simbolo di un addio al passato e saremmo state vestiti con dei teli bianchi e cosparse di un colore rosso simbolo della maggiore età e poi avremo aperto le danze inaugurando un nuovo inverno e sperando in abbondanti piogge per le nostre coltivazioni. Ogni strada venne abbellita con fiori ghirlande e lanterne tutto risplendeva. In quei giorni però molti dei nostri giovani e uomini si erano diretti come di consuetudine ad ovest e John era con loro, ciò mi aveva davvero rattristata molto poiché speravo di poter danzare con lui nell'arco della serata, ma sicuramente non sarebbe stato possibile benché mio padre così come i genitori delle mie amiche ci avessero assicurato che sarebbero di certo tornati in tempo, ma nessuna di noi credeva molto in questa promessa. Erano ormai diversi giorni che mancavano e questa cosa rendeva le donne meno socievoli e tranquille poiché si temeva un'incursione dei Lacar in ogni momento, ma l'arrivo di numerose persone dai diversi villaggi riportò la serenità. In questi giorni tutti gli abitanti giunti in anticipo lavorarono per innalzare nuove palizzate portare tavoli, sedie e viveri nella piazza centrale ricca di magnifiche statue intagliate nella pietra e nel legno, il villaggio era un continuo vociare, le risate si potevano udire anche in lontananza. Il nostro villaggio non era mai stato così pieno.

Ero felice, ma la sensazione di ansia non mi abbandonava mai, appena arrivò il tramonto le tavole vennero imbandite con cibi speziati e molto profumati le lanterne disposte su ogni strada e in ogni angolo vennero accese dissipando il buio, venne acceso il grande falò e noi tutti sedemmo intorno ad esso mentre le ballerine prescelte, venti tra tutti i villaggi si esibirono nella loro danza tribale. I musici suonavano una musica ritmica e piena di enfasi era tutto molto bello e suggestivo, ma poi successe qualcosa in lontananza scorsi una luce bianca, mi girai per dirlo a Marika e Savanna, ma non le trovai stavano parlando con degli amici così mi alzai e spinta dalla curiosità iniziai a seguire la luce bianca che avevo visto sorvolare sul nostro villaggio, la segui convinta mi avrebbe guidata da qualche parte. Mentre mi allontanavo nel buio i miei passi all'inizio sicuri si fecero man mano sempre più in certi ed una grande paura si cominciò a far strada in me, ma quella luce bianca mi incuriosiva troppo per lasciar stare, le musiche e i balli erano sempre più lontani cosi come il brusio delle persone, il bosco di notte era davvero spaventoso e sembrava cambiare completamente, ogni rumore che giungeva alle mie orecchie mi faceva sussultare e voltare di scatto. Alla fine vidi la luce bianca fermarsi su una roccia e spegnere la sua luce, così tutto intorno a me si fece buio. Presa dall'ansia cominciai a correre nell'obbiettivo di tornare al villaggio in quel momento la mia decisione di fare l'esploratrice notturna non sembrava più essere così tanto buona; ero terrorizzata. Ansimante e con delle fitte per la continua corsa giunsi nei pressi del villaggio e fu lì che sentii un vociare sommesso e nascosto di alcuni uomini che però non riuscii a riconoscere, parlavano in dialetto, ma non capii quale fosse di certo non era il nostro. Mi nascosi tra i cespugli e sperai di passare in osservata. Tra le mani nascondevano un oggetto metallico rotondo con piccole eliche laterali da cui fuoriusciva un'altra luce bianca, per un istante ebbi davvero paura e dei brividi percorsero la mia schiena. Rimasi in mobile finché non si allontanarono nonostante la scomodità di quella posizione decisi che era meglio non muovere nemmeno un muscolo. Appena li vidi allontanarsi da me e dal villaggio attesi ancora un paio di minuti prima di muovermi e poi mi diressi velocemente verso la mia abitazione, dove trovai Savanna e Marika terrorizzate nel non avermi più trovata alla festa. "scusatemi ragazze, non mi ero sentita tanto bene ed ho preferito tornare verso casa, ma adesso sto molto meglio e se ne avete voglia possiamo tornare alla festa" dissi mostrando un bel sorriso e cercando di apparire il più sincera e convincente possibile "sicura che vada tutto bene?" chiesa Marika "si infatti hai un fiatone pazzesco come se tu avessi corso per miglia" continuò Savanna "Oh si va tutto bene solo mi mancava un po' l'aria, ma adesso va tutto bene"

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Ovest accampamento ribelli in un qualche punto non definito tra la città di Floor e la Red zone.

"la festa è iniziata da un pezzo, è ora di tornare al villaggio", il capo dei ribelli Emilson, aveva indetto una riunione per avvisare i diversi gruppi dei ribelli che per la maggior parte abitavano nella Red zone che i Lacar si stavano avvicinando sempre di più ai loro villaggi, poiché il magistrato supremo aveva dei dubbi sulla lealtà della loro colonia da cui dipendevano per l'estrazione della sabbia necessaria a realizzare i mattoni e per i rifornimenti di gasdotti. Gli erano giunte delle voci secondo cui gli abitanti di quella zona si stavano organizzando in gruppi ben organizzati per poi espandere la loro influenza fra tutti quelli che poco digerivano la predominanza della capitale e le leggi. Ciò che il magistrato supremo non sapeva era però che già da tempo ormai si erano estesi i rapporti dei ribelli con altre zone e che in alcuni casi avevano persino raggiunto le case nobili. "Dobbiamo sbrigarci", non mi piace quando sono così lontano da Meredith, si mette sempre nei guai e senza di me è vulnerabile.

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All'improvviso, mentre tutti stavamo danzando, un bagliore rosso fuoco invase la piazza, per un secondo non sentii ne vidi più niente, tutto fu confuso e offuscato intorno a me, sentii del sangue bagnarmi la faccia, ma poi ripresi l'udito sentii le urla e vidi la gente che scappava ovunque, cercai tra la gente mia madre e mio padre, ma non li vidi. Per fortuna però trovai le mie amiche, tentammo di restare unite in quel caos di devastazione, ma causa il grande caos ci separammo. Mi ritrovai sola in mezzo a tutto quel trambusto, non sapevo cosa fare, così mi nascosi dietro ad una abitazione. Come tutti riconobbi subito le armature che indossava quella gente. Schegge d'acciaio unite tra loro in maniera grossolana e sul petto il simbolo della frusta erano i mercanti schiavisti dei Lacar. Venivano a prenderci.

Dal mio nascondiglio vidi, uomini essere uccisi e ragazze della mia età amiche e non trascinate via e rinchiuse in gabbie così piccole, da poter stare solo rannicchiate, era terribile. Case bruciare orti distrutti, pozzi resi inagibili poiché ci buttavano dentro i corpi degli uomini trucidati, le nostre leggere palizzate di legno distrutte, l'odore di sangue si andava mischiando a quello della fuliggine e del fuoco mi sentivo mancare. I bambini venivano spinti in altre gabbie e alcuni quelli ritenuti inutili lasciati morenti lungo le strade o presi a bastonate e poi abbandonati al loro destino.  Da lontano vidi una guardia trascinare una donna, dapprima pensai che fosse una delle tante donne che i Lacar stavano portando via, ma poi quando sentii la donna urlare, capii che era mia madre, il solo pensiero che la rendessero una schiava mi gelò il sangue così nonostante la paura e la ferita in fronte, presi un grande sasso che era vicino ai miei piedi e corsi verso quell'uomo, appena fui alla giusta distanza, scagliai il sasso dritto sul volto del mercante che cadde a terra. "Scappa, mamma", altri mercanti stavano arrivando in soccorso del loro amico, io e mia madre cominciammo a correre nel vano tentativo di salvarci da quel destino orribile, eppure quegli uomini erano troppo veloci, decisi di girarmi ad affrontarli poi sentii mia madre chiamarmi "Meredith!" "sono dietro di te, corri", ma questa era una bugia, ma lei non poteva saperlo qualsiasi fosse stato il costo avrei dato una possibilità di fuga in più alla donna che mi aveva messa al mondo e che amavo con tutta me stessa.

Opposi resistenza, ma non molta erano tanti e soprattutto più forti di me. Appena mi ebbero tra le loro grinfie per vendicare il loro compagno iniziarono a tirarmi schiaffi e pugni insultandomi, per poi sbattermi dentro ad una di quelle gabbie con molto poco garbo. Appena fui su quel carro di dolore scrutai una per una le celle, con la paura e l'ansia di trovare anche le mie amiche rinchiuse lì, ma con immensa gioia non vidi né Marika, né Savanna erano salve, come mia madre. Mentre il carro scortato dai soldati lasciava quel luogo di morte e desolazione, per l'ultima volta i miei occhi si soffermarono sulla mia casa luogo di tanti giochi spensierati e tante liti, le fiamme stavano cancellando tutto, ma non avrebbero mai distrutto i miei ricordi. Poi la vidi nascosta dietro ad un albero c'era mia madre, mi guardava andare via e piangeva. Io mossi appena le labbra per sussurrarle una promessa, "mamma, io tornerò da te." Fu con uno sfondo rosso del fuoco e del sangue che ebbe inizio la mia nuova vita.

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