La red zone

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LA RED ZONE


Anche se la vita qui nella zona rossa non è semplice, io sono felice di essere nata e cresciuta in questo posto.

È vero l'acqua scarseggia ed anche il cibo, ma qui siamo tutti uniti, ci aiutiamo a vicenda, gli uomini vanno a caccia, le donne cucinano e noi ragazze pensiamo all'orto comune e ai rifornimenti dell'acqua. "ehi Meredith, hai finito?" "non ancora Savanna", "sbrigati, così andiamo al fiume!" io adoro Savanna, nonostante quel luogo ci sia vietato io e la mia migliore amica, ci addentriamo spesso in quella zona. È vero qui abbiamo l'oasi, ma quel bosco è così bello, purtroppo però è anche molto pericoloso. I Lacar hanno un accampamento lì vicino sorto appositamente per controllare i nostri movimenti, i nostri genitori temono che possano catturarci. Eppure sia io che Meredith pensiamo che se loro avessero voluto realmente catturarci già saremo loro schiavi. Dopo tutto il nostro piccolo villaggio come tutti gli altri è circondato da una palizzata di legno che non può nulla contro l'esercito personale dei Lacar. Non abbiamo armi in grado di difenderci, né saremo in grado di usarne, non abbiamo una vera difesa o un muro in pietra, tutto ciò che abbiamo è il nostro coraggio e la speranza che non vengano mai a prenderci, ma so che un giorno verranno.

Sono così assorta dai miei pensieri che non mi accorgo di una mano che veloce passa difronte ai miei occhi su e giù seguita da una voce "Ehi, ma ci sei?" "sì, scusami, finisco qui e ti raggiungo." "Va bene, c'è anche Marika con noi", "sì, va bene". Marika anche lei fa parte del nostro fantastico trio, è fidanzata con Elias da almeno due anni ormai e anche se come dominatore è un po' severo, si vede che si amano e che lui ci tiene davvero tanto a farla stare bene. Devo sbrigarmi o mi lasceranno qui, corro all'oasi prendo dell'acqua e di nuovo corro, anche se un po' piano a causa del secchio pieno verso la mia casetta. Quando entro, m'invade subito il profumo del pane appena sfornato "ciao mamma" "ciao piccola" poso il secchio accanto a lei, mi guardo introno anche se piccola adoro casa mia. C'è un piccolo focolare, dove cuociamo il cibo, un tappeto realizzato con stoffa di riuso, un divano semplice e sgangherato, ma molto comodo almeno per me. Poi c'è una stanza molto piccola, quella è la mia camera, una stanza più grande, dove dormono i miei e infine il bagno, ma quello è all'aperto, non abbiamo acqua, né le comodità della capitale. Loro sono avanti di due mila anni rispetto a noi. Però la semplicità che si respira da queste parti, io la trovo meravigliosa. "Mamma, io ho finito, esco con le ragazze" "va bene, ma non inoltratevi sino al bosco" alzo gli occhi al cielo, "va, bene" dico mettendo su un bel sorriso e cercando di apparire più sincera possibile. Mi volto un ultima volta prima di chiudere la porta di casa e guardo mi mamma e quella modesta casa e penso però la semplicità che si respira da queste parti, la trovo meravigliosa.

Quando esco, vedo che John è di nuovo a curiosare tra i fatti miei, uffa! Quel ragazzo mi piace, ma non mi parla mai, mi fissa, mi segue, ma non mi rivolge mai la parola. Dopo tutti questi anni ho persino imparato a fare finta di nulla, come se non esistesse, però quanto mi piace, se solo non fosse così strano ed io non avessi così imbarazzo a dirgli ciò che provo. Mentre corro, tra le stradine affollate del piccolo villaggio, sento i bambini ridere felici e inseguire un piccolo puledro, i cani pigri che dormono all'ombra e le donne in cerchio a cucinare. Tutti mi salutano, voglio bene a tutti loro e loro ne voglio a me. Già tutti mi dicono che sono una selvaggia, una ragazza senza regole, ma la verità è che io amo il vento tra i capelli, il sole sul mio corpo, sentire il profumo dell'erba che cresce accanto all'oasi, giocare nella sabbia, correre tra i prati del bosco e la sabbia, ammirare le stelle e sognare che un giorno tutto sarà diverso. Amo quando il riflesso del sole s'infrange sui miei capelli rossi e quando i miei occhi verdi, incontrano quelli blu di John, ma soprattutto amo sentirmi viva. I miei piedi nudi corrono veloci, voglio raggiungerle il prima possibile. Indosso ho un vestito molto semplice di colore verde cucito da mia madre, per fortuna non mostra tutte le mie forme, altrimenti mi sarei imbarazzata troppo. Non so il perché, ma il seno grande mi ha sempre imbarazzato, così faccio di tutto per nasconderlo. Finalmente sono alla staccionata di legno, "era ora" "scusate, mia madre rompeva" "andiamo" "sì, andiamo Marika". Come ogni giorno passammo attraverso una fessura che c' eravamo create da sole quando eravamo piccole e che poi abbiamo nascosto tramite una tavola di legno. Come fossimo delle ladre, in un silenzio spettrale interrotte dalle nostre risate soffocate, passammo oltre la barricata. Una volta fuori e abbastanza lontano potemmo dare sfogo alle nostre risate, anche quel giorno c'è l'avevamo fatta eravamo fuori e nessuno se ne era accorto.

Per arrivare al bosco, impiegavamo sempre una quarantina di minuti, ma una volta arrivate in quel meraviglioso posto, potevamo tuffarci libere nel fiume, la cascata ci teneva compagnia con il suo meraviglioso gorgheggiare e nascosta dietro alla sua fluente chioma di acqua vi era una grotta in cui spesso ci rifugiavamo dal sole. Lì tra la natura incontaminata, il canto degli uccelli, gli alberi enormi e la vegetazione così fitta, mi sentivo davvero bene. Con le ragazze abbiamo trovato un posto davvero magico, questa meraviglia era nascosta tra due enormi rocce che sembravano una parete senza fine e una fitta vegetazione, nessuno avrebbe mai detto che lì si trovasse quella sorpresa, una meraviglia del bosco! Giungemmo lì per caso durante una delle nostre spedizioni, anche se forse è meglio dire che più che per caso fu la mia distrazione come al solito inciampai e caddi. Ruzzolai almeno tre metri, le ragazze mi corsero dietro, ma non riuscirono a trovarmi subito, cadendo ero infatti andata a sbattere in questa sporgenza rocciosa che per mia fortuna era ricoperta di liane e folta vegetazione molto morbida che attutì la botta. Quando mi ripresi, fui io ad andare da loro, gli dissi quanto era successo e così insieme ci addentrammo in quella sporgenza. Attraversato un piccolo corridoio roccioso, sulle cui pareti scorreva dell'acqua su cui vivevano anche muschio e alghe, in alto erano delle bellissime stalattiti da cui gocciolavano sempre piccole quantità di acqua, continuando quel corridoio di roccia angusto e buio ci ritrovammo in quella verdeggiante pianura, con quel bellissimo fiume. Da allora quello diventò il nostro posto preferito. Ogni giorno ci rifuggiamo lì, per giocare o parlare tra di noi del più e del meno.

Marika e Savanna erano le migliori amiche che una persona potesse avere, sempre pronte a sostenermi e a venire in ogni mia avventura, erano due pazze proprio come me. "ehi, facciamo a chi arriva prima al masso?" "ci, sto" "anche io" "però, Savanna parte dopo" "no, non è giusto!" "invece Marika ha ragione, tu sei molto più veloce di noi" "1,2...Ehi Savanna non vale!" "così imparate" io e Marika cominciammo a correre all'impazzata verso il masso, cioè un semplice sasso enorme e piatto su cui noi ci stendevamo ad asciugare dopo il bagno. Come al solito vinse Savanna, anche se quella volta aveva barato. Prima che il sole calesse troppo, come ogni giorno tornammo al villaggio, così da poter svolgere i nostri ultimi compiti serali. "Allora domani lo rifaremo" "si" eravamo super felice, finché una voce non distrusse la nostra piccola felicità "non penso proprio" tutte e tre ci girammo di scatto, i nostri cuori cominciarono a battere all'impazzata, ma alla fine quando chi aveva parlato, venne fuori dal suo nascondiglio, e si rivelò essere solo John ci calmammo, i suoi capelli mori e ricci erano scompigliati dal vento e dal duro lavoro la sua carnagione olivastra e abbronzata entrava in contrasto con i suoi indumenti di un grigio pallido e con i suoi meravigliosi occhi azzurri. Vedendolo il mio cuore continuava a battere velocissimo, per la prima volta dopo tanto tempo avevo sentito di nuovo la sua voce "su, non fare il guasta feste" disse Marika dandogli un colpetto affettuoso sulla spalla, nel villaggio John era l'unico uomo con cui si potesse ragionare o scherzare, l'unico a non prendere così in considerazione la nostra minorità sociale o le leggi che ci vedevano sottomesse agli uomini, ma di rimpetto si alzò una voce dura e severa piena di rabbia che la chiamò "Marika!" quella è la voce di Elias, il ragazzo di Marika. Portava una giacca beige e dei pantaloni dello stesso colore, i suoi capelli biondi e gli occhi verdi erano pieni di rabbia, stringeva il pugno con forza fino a farsi male era davvero furioso, io e Savanna ci voltiamo verso la nostra amica e la vedemmo sbiancare. "Io, E-lias, ciao, che ci fai qui?" a quelle parole Elias si avvicinò a lei strattonandolo per un braccio e facendole male "John mi è venuto a chiamare, gli avevo detto di tenervi d'occhio e che se sareste ancora tornate nel bosco sarebbe dovuto venire da me, e così ha fatto" vidi Elias alzare la mano per colpirla, ma prima che potesse farlo mi misi in mezzo tra di loro "ma, perché non facciamo nulla di male, lasciala stare" "sta zitta Meredith, andiamo a casa Marika adesso, sono davvero arrabbiato e deluso" in silenzio seguimmo John ed Elias che ci portarono fino alle nostre rispettive abitazioni. Eppure mentre mio padre sbraitava ed io fingevo di ascoltare pensavo insomma, nonostante tutto non capivo perché non potevamo allontanarci? I mercanti di schiavi sarebbero potuti venire in ogni momento a fare un'incursione nel nostro piccolo villaggio, tutta quella preoccupazione era davvero esagerata. Comunque l'indomani insieme a Savanna decidemmo che per un po' non ci saremmo allontanate, almeno fino a quando anche Marika non avrebbe avuto nuovamente il permesso di uscire e finché ognuna di noi non si sarà ripresa dal castigo fisico che ci imposero quella sera, anche se tra noi chi se la vide peggio fu proprio Marika. La sua famiglia secondo i miei gusti era troppo conservatrice, così come lo era il suo ragazzo, ma dopo tutto ognuno è fatto a modo suo. Forse per me questa cosa è sbagliata, ma per loro non lo è. Comunque siamo tutte e tre in punizione, io ad esempio non posso allontanarmi più di duecento metri da casa, la distanza giusta per andare all'orto comune e svolgere i miei doveri, insomma una vera follia, ma sopporterò. Voglio riconquistare la fiducia di mio padre. Già mio padre un uomo burbero ne troppo magro ne troppo grasso, moro e con capelli ricci ha una folta barba che gli ricopre il mento ed è molto brontolone, ma non ci fa mancare niente rispetto alla mamma è molto severo ed esige da me il massimo dell'obbedienza, ma non è nella mia indole. La mamma ha un fisico davvero bello, è bionda di un colore molto chiaro e ha degli occhi bellissimi profondi e pieni di vita ama molto mio padre anche quando si arrabbia ed è severo con entrambe. Vorrei dire di assomigliare ad almeno uno dei miei genitori, ma non è così sembra quasi che io non sia figlia loro, alle volte mi fermo a fantasticare su questa cosa, ma poi mi viene da ridere dopo tutto sono nata e cresciuta lì non potrebbe essere altrimenti. Fisso ancora un po' il tramonto e guardo in lontananza uno stormo di uccelli che stanno iniziando a migrare, tra un po' arriverà l'inverno e il freddo di notte diventerà più pungente per adesso le notti sono abbastanza miti benché qui le temperature di giorno siano davvero alte e di notte scendano di molto con l'estate le notti vengono un po' mitigate. Un leggero vento caldo mi soffia in viso ed io faccio un profondo respiro, guardo ancora gli uccelli liberi di andare ovunque loro desiderino, vorrei le ali per poter volare via da qui, esplorare il mondo e trovare un luogo in cui anche io possa essere me stessa ed esprimere le mie opinioni ed idee un luogo da chiamare casa. In lontananza sento la voce di mia madre chiamarmi, veloce mi alzò e corro verso casa, ignara di avere lo sguardo di un uomo su di me, una nuova giornata sta per volgere al termine ed io sono davvero esausta.

Un uomo non troppo giovane con capelli castani e dei lineamenti molti marcati e duri solcati da diverse cicatrici, un naso aquilino ed occhi corvini aveva osservato tutta la scena nascosto dietro a dei cespugli e sorrise alla vista di Meredith lì innocente a fissare il tramonto, gli venne intorno un altro uomo della sua stessa età che lo scortò dritto alla casa centrale. Quella sera furono in molti ad incontrarsi nella casa centrale del nostro capo incluso John il figlio del capo città. Anche mio padre si diresse alla riunione, ma io non potei andare mi era stato proibito so solo che i fuochi rimasero accessi a lungo quella sera e che affacciandomi dalla finestra per un momento soltanto mi sembrò di scorgere delle ombre muoversi tra la vegetazione, come se qualcuno stesse spiando i movimenti del villaggio, ma fu solo un attimo perché strizzai gli occhi convinta che riaprendoli avrei visto le stesse ombre invece non c'era più nulla, la mia immaginazione mi aveva giocato di nuovo un brutto scherzo. Alla fine mi addormentai esausta sull'uscio della finestra.

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