Le miniere del sud

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IL NORDICO

Ero solo un ragazzo, quando fui destinato alle miniere del sud, sono schiavo da quando ho quattordici anni e il mio corpo si è ormai abituato alla dura vita di questo ambiente. Ho quasi venti anni, ma causa del duro lavoro sembro molto più anziano, la vita all'interno delle miniere è dura e se si riesce a sopravvivere per più di venti anni inseguito si viene venduti come semplici schiavi da casa, poiché il corpo è comunque logoro e sono ormai da una vita di immense fatiche. Per ora nessuno ha avuto questa occasione. Il mondo intero ignora la nostra esistenza, per i nobili e il popolo che non vive nei bassi fondi, ma nella città bassa siamo solo schiavi, ma in realtà siamo nati liberi nei sobborghi da famiglie così povere che ci hanno venduti o abbandonato, oppure eravamo noi bambini troppo fragili e malaticci per l' esercito e così siamo stati destinati alla schiavitù. Forse se gli altri sapessero la verità qualcosa cambierebbe. Vengono di notte distruggono le nostre malandate abitazioni, rovistano tra i rifiuti per gli orfani e ci portano trovare lungo la piazza ci esaminano, toccano e fanno fare degli esercizi, chi è malato viene lasciato alle famiglie se sopravvivrà sarà destino al lavoro del padre, chi è deforme condannato a morte, chi non risulta idoneo, ma comunque forte è reso schiavo e chi è idoneo viene portato via questo succede ai primo geniti delle suburre, i secondi non hanno questa possibilità appena nati vengono strappati dalle culle e portati nella città di ferro e se crescendo non si dimostrano degni bè vengono spediti qui o nelle campagne. L'hanno chiamato controllo demografico perché nelle suburre si fanno troppi figli. In realtà è solo un abominio. Così dopo una di quelle sere da incubo giunsi qui in questa landa gelida, dove non si vede mai il sole e fa sempre freddo, ma la mia è un'altra storia, io non ero povero, né malato, né un orfano né vengo dalla suburra. La mia storia ha del surreale, più ci penso e più è difficile per me accettare la realtà senza essere passati quasi dieci anni, ma ecco i miei pensieri vengono interrotti sento il tintinnio delle chiavi e la serratura aprirsi, sono arrivati ​​i nostri carcerieri, guardiani . Così comincia un'altra giornata. Urlano e sbraitano dobbiamo muoverci, ci spintonano uno ad uno legandoci tra di noi a gruppi di cinque, attaccano le catene dei piedi e delle mani gli uni agli altri per rendere impossibile ogni tentativo di fuga, man mano che siamo fuori cominciano ad urlare ordini per farci mettere in riga ea tirare frustate per ottenere più obbedienza. Ottenuto l'ordine desiderato incatenati gli uni agli altri cominciamo ad la neve e le catene rendono i nostri passi incerti e lenti, piedi ai abbiamo calzari vecchi e logori che non ci proteggono dal freddo né dai sassi nascosti sotto la neve, tutto è silenzio interrotto solo dai nostri respiri affannati e dagli ordini dei guardiani o dalla loro frusta che sferza l'aria. Il mio compagno un ragazzo di soli tredici anni cade a terra, di conseguenza noi ci fermiamo, fatica con restiamo in piedi mantenendo l'equilibrio precario, già sta arrivando il guardiano. La sua frusta arriva decisa sulla schiena di Maicol ed io lo sento urlare, impotente resto immobile, troppe volte mi sono ribellato, la mia schiena la mostra. Però tutto è cambiato quando, quando hanno ucciso lei... "in marcia", riprendiamo la nostra marcia forzata. Dopo un lungo tragitto, tra montagne innevate e alberi ghiacciati ed il sole che appena comincia a sorgere, creando un cielo meraviglioso variopinto, arriviamo alla meta. Difronte a noi è la solita entrata scavata nella montagna e due lanterne ai suoi lati ad illuminare il tutto, appena dentro tutto scompare, non si sente più il suono degli uccellini, né il sibilo leggero del vento, né si scorgono più i raggi del sole , c'è solo silenzio ed oscurità, ad illuminare i nostri passi incerti e stanchi solo le luci artificiali di alcune lampadine fissate alle pareti illuminano i nostri passi, ogni gruppo a un guardiano e all'interno ci sono soldati così come all'esterno. Come ogni giorno ad aspettarci ci sono pala e piccone, poi c'è chi deve trasportare i sassi, l'acqua e chi è addetto al trasporto della pietra nera. Giunti alle postazioni ci slegano, ma restano quei dannati collari e quelle dannate manette ai piedi e alle caviglie che ci segano la pelle giorno dopo giorno, con il contraccolpo del piccone si riaprono i tagli lasciati dalle manette e piccoli rivoli di sangue scendono sul mio braccio per poi fermarsi subito dopo. Scappare? Bè io ci ho provato ed è impossibile! Comunque per il momento potete chiamarmi N. con il contraccolpo del piccone si riaprono i tagli lasciati dalle manette e piccoli rivoli di sangue scendono sul mio braccio per poi fermarsi subito dopo. Scappare? Bè io ci ho provato ed è impossibile! Comunque per il momento potete chiamarmi N. con il contraccolpo del piccone si riaprono i tagli lasciati dalle manette e piccoli rivoli di sangue scendono sul mio braccio per poi fermarsi subito dopo. Scappare? Bè io ci ho provato ed è impossibile! Comunque per il momento potete chiamarmi N.

Da questa pietra vulcanica l'Urithe gli scienziati, sono riusciti ad estrarre una potente energia statica che ha permesso una veloce evoluzione. Il problema? Estrarla e lavorarla è altamente nocivo! Da questa grotta escono alle volte gas tossici e noi siamo sprovvisti di maschere antigas. A differenza dei soldati e dei guardiani che indossano maschere e tute fatte apposta.
La miniera si divide in bambini, loro sono gli addetti al trasporto delle pietre e dell'acqua. Le donne a loro spetta la lavorazione delle pietre, sono quelle che hanno la vita più breve. Poi arriviamo noi, gli uomini devono estrarre la pietra dalla roccia, molte volte siamo soggetti a frane e così molti di noi non tornano più.
Entriamo in miniera alle 5.30 del mattino e ne usciamo alle 21.00, molti di noi uomini, donne e bambini muoiono di fame e di stenti, l'unico cibo che ci viene dato è del pane e dell'acqua a fine giornata, non tutti riescono a sopportare questo ritmo. Gli anziani, ovvero chi riesce a sopravvivere fino ai quarant'anni, ma è così malandato da essere invendibile è destinato al trasporto delle provette con all'interno la batteria realizzata dall'elettricità statica della pietra nera.
La nostra vita non ci appartiene, forse non ci è mai appartenuta, ma nonostante tutta questa sofferenza e questo dolore siamo una famiglia ci aiutiamo e alle volte difendiamo perché non siamo bestie come loro ci fanno credere, ma uomini e come tali abbiamo dei sentimenti che rispettiamo. Un giorno riuscirò a fuggire di qua e mi unirò ad un gruppo di uomini chiamati ribelli, me ne ha parlato Maicol il mio compagno di branda e di roccia lui è arrivato un mese fa circa fino ad allora si trovava nella città di ferro, ma quella vita non era per lui ha provato a fuggire per unirsi ai ribelli, ma è stato catturato e spedito qui. Fuggire sembra davvero impossibile, ognuno di noi è stato marchiato a fuoco e nel collare c'è un microchip con segnalatore che rivela la nostra posizione, alle volte per quanto io mi sforzi per non sentirmi un animale è davvero difficile credere il contrario "Ah" "lavora bestia" mi arrivano una serie di frustate inaspettate già ho rallentato il lavoro, troppi pensieri. Continuo a picconare e la mia mente torna di nuovo a lei.

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