Interviste impossibili

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Chisciotte - Panza, scintille sul significato dell'onesto guiderdone.

Della Mancha: "Solo fama e gloria... insieme obiettivo e ricompensa"

Sancho replica velenosamente: "dov'è la mia isola!"

di Navigatrice.


Mentre si infoltiscono le schiere dei nobili spagnoli a pagamento, Don Chisciotte della Mancha richiama le coscienze dei neotitolati agli ideali cavallereschi; ma il suo scudiero denuncia di non aver mai ricevuto il compenso promesso per il proprio lavoro.

Parlano i due protagonisti del dibattito che sta dividendo l'alta società.


Della Mancha, vorrebbe a beneficio dei nostri lettori presentarsi e dirci da quale regione provenite entrambi, lei e il suo fedele scudiero?

Don Chisciotte della Mancha, per servirla. Cavaliere della nobil dama Dulcinea del Toboso, cui ho dedicato e dedicherò tutte le mie cavalleresche imprese.

Signor Panza?

Mi chiamo Sancho Panza e coltivavo le poche terre di questo signore che, le dico io, si chiama in verità Alonso Chisciano.

Bene, riparleremo del nome più avanti. Cerchiamo prima di mettere in luce una questione chiave, ai sensi della vostra disputa: cosa vi ha mosso a lasciare la Mancia, quale scopo vi animava? Don Chisciotte?

Don Chisciotte: Io ho risposto all'appello del mio sangue nobile, che mi obbligava a ripetere le gesta dei miei avi, cavalieri erranti che si coprirono di fama e di gloria. Ho indossato l'armatura, ho inforcato il mio nobile destriero e sì, lo ammetto, ho scelto per me un nome di battaglia. Chisciano suonava plebeo. Don Chisciotte della Mancia sarebbe ben stato pronunciato con più sgomento e onore, quando sarebbero state lette le mie avventure.

Signor Panza, anche a lei la stessa domanda: cosa vi ha mosso a lasciare la Mancia?

Signor Panza: Messer giornalista, io ero un poverazzo che allungava il collo per sopravvivere fino alla mietitura, ogni raccolto più magro del qui presente Don Chisciotte. Questi venne e mi promise che, dopo aver conquistato a destra e a manca, mi avrebbe fatto governatore nientemeno di un'isola... Mi lasciai incantare, e decisi di andargli dietro.

Seconda domanda, per entrambi: Quali difficoltà avete incontrato viaggiando?

Don Chisciotte: Purtroppo, messer giornalista, la nostra società onora con le labbra la cavalleria e i suoi ideali di giustizia, pace e difesa degli oppressi. Ma nella realtà io ho incontrato un numero spaventoso di malfattori, di giganti, di mostri e maghi che ho dovuto combattere da solo, giacché l'altra gente non aveva abbastanza cuore per sostenermi. Innumerevoli, dunque, sono state le mie difficoltà!

Signor Panza: E che volete che vi dica? Con quest'uomo che si buttava in ogni possibile impiccio come se godesse di farsi caricare di mazzate... corri, scappa... riusciva a fare figure di... cioè a finir male, anche quando pensavo: meglio questi che altro! Tipo a un certo punto lo vedo fissare sdegnato dei mulini. Proprio, sapete, quelle casettine con certe grandi pale di legno e tela che girano al soffio del vento. Non decide che siano dei giganti? Che agitando le braccia gli sbarrano il cammino e si rifiutano di spostarsi? Non decide di caricarne uno dopo averlo sfidato a singolar tenzone? E non finisce che una pala, girando, incastra la lancia dello mio cavaliere, la sfracella e trascina nel movimento lui e il cavallo, facendoli rotolar nella polvere del campo, tutti malconci?Beh, se queste le considerate difficoltà da poco...

Terza domanda: Come vi siete preparati a questo viaggio avventuroso?

Don Chisciotte: io ho lungamente studiato la storia della cavalleria errante. Presso la mia dimora troverete ogni libro mai scritto che narri gesta di paladini. Ho procurato di imbevere l'animo mio nella loro idealità, amando la nobiltà del loro cuore, ben altro titolo che quello che oggigiorno comprano dal re, con l'oro e l'argento delle colonie americane!

Signor Panza: Io non ho preparato alcunché, si attendeva dalla mia persona solo che mi occupassi del mangiare, di riordinare i vestiti e di governare le bestie con cui viaggiavamo. Tutti lavori a me noti, per i quali non abbisognavo perfezionamenti. Sottolineo però che egli mi promise compenso alto assai, perché abbandonavo terra e famiglia per seguirlo.

Quarta domanda: raccogliendo le testimonianze di diversi conoscenti e amici di Don Alonso, emergerebbe una personalità disturbata. Della Mancha, cosa risponde a chi sostiene la sua infermità mentale? Signor Panza, dovrà risponderci anche lei.

Don Chisciotte: Io, un cavaliere errante, folle? Ma questa è una provocazione demoniaca! Si tenta di infangare ogni mia azione, ogni mio tentativo d'impresa che, pur talvolta infruttuoso, è sempre stato a gloria di Dio e degli ordini suoi. Chi, chi ha osato dir questo? Ditemi i loro nomi!

Signor Panza: allora... io ora non vorrei che con la scusa dell'infermità si finisse per archiviare le mie rivendicazioni! Diciamo dunque chiaro che, se Don Chisciano è pazzo perché vuole essere un eroe che difende i deboli, io dico che servirebbero molti più pazzi, in giro. Io lo definirei piuttosto un uomo fornito di poco denaro ma fervida fantasia. Ci ho viaggiato a lungo e vi dico che non è affatto pericoloso, se non a volte per se stesso, e che non manca di uno spirito da vero cavaliere: tante volte, ammaccato e dolente, non ha dato un lamento perché, a suo dire, 'ai cavalieri erranti non era lecito il dolersi per nessuna ferita, quand'anche uscissero le loro budella del corpo'.  Don Chisciotte sarebbe stato un buon cavaliere, se solo nel mondo ci fosse stato ancora qualcuno che rispettasse le regole della cavalleria! Allora le sue sfide, con altri suoi pari, avrebbero potuto portargli la gloria che tanto desiderava, e magari qualche nuovo titolo e terra, con cui pagare il sottoscritto.

Interessanti risposte. Secondo entrambi, la gente del paese esagera... Come reagireste se comunque ottenessero di riportare Della Mancha nella sua casa, costringendolo a rinunciare ai suoi vagabondaggi?

Don Chisciotte: Io sono già dovuto tornare due volte alla mia abitazione, per rimettermi in forze dopo gravi scontri. Ma nonostante alcuni amici, compreso il curato, il barbiere e mia nipote, abbiano tentato di dissuadermi, nulla mi impedirà di ripartire e nulla mi farà rinunciare alla mia missione. Se mi togliessero questo scopo, il mio vivere si svuoterebbe e non avrei più voglia di nulla, temo.

Signor Panza: Per tenere Don Chisciotte lontano dai guai servirebbe legarlo al suo letto. Lancio un'idea: se ci fosse qualcuno veramente, sinceramente preoccupato per lui potrebbe pagarmi, e io gli farei volentieri da scorta a vita. Contate che c'è gentaglia in giro che non avete idea, che questo povero Cristo usa come zimbello. Ho visto certe cattiverie...

(*** prosegue)

NOTA DELLA REDAZIONE:

Con costernazione comunichiamo ai lettori che la parte finale dell'intervista, compresi i commenti conclusivi, è stata censurata dalle autorità che indagano sulla sospetta morte del Chisciano, avvenuta a neppure un mese dal su riportato colloquio. L'uomo è morto pochi giorni dopo essere stato effettivamente, con uno stratagemma, ricondotto a casa.

Sancho Panza ora chiede giustizia non più per il mancato pagamento, ma per la crudeltà con cui  il sedicente cavaliere è stato ingannato e virtualmente assassinato, privandolo del suo immaginario.



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