🖼️ JON HASSELL | LISTENING TO PICTURES 🖼️

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Artista: Jon Hassell
Album: Listening to Pictures (Pentimento Vol. 1)
Anno: 2018
Generi: Elettronica Sperimentale, Ambient, Glitch, Plunderphonics, IDM, Musica Etnica

Buongiorno cari borghi delfino e algoritmi di sorting inefficienti. E buonasera anche a voi sinfonauti che aspettate sempre con eccitazione un nuovo appuntamento. JON HASSELL. Ve lo ricordate? Ho parlato di lui nel capitolo degli album più terrificanti, dove si è guadagnato la quinta posizione con il disco "Dream Theory in Malaya". Non ho cambiato idea su quell'album e ribadisco tutto ciò che ho detto a proposito, ma la discografia di questo simpatico genio è piuttosto variegata e ci sono lavori per tutte i gusti e tutte le età. I lavori più famosi di Hassell sono le collaborazioni con Brian Eno e i dischi prodotti negli anni '70/'80, considerati pilastri dell'ambient ed elogiati dalla critica, ma Listening to Pictures è un album che si discosta un po' dalla sua zona di comfort. Normalmente, infatti, il suo stile è rappresentato da un tribal ambient abbastanza minimale con flebili percussioni tribali e il classico suono della sua tromba microtonale disteso su pads o field recordings. In Listening to Pictures, invece, Hassell sperimenta usando tecniche moderne di manipolazione del suono. Nelle nuove composizioni ci sono glitch, strumenti distorti da sintetizzatori granulari, samples rimaneggiati e spezzettati e in generale un'atmosfera più coinvolgente e confortante del solito. Insomma, si allontana un po' dall'ambient più classico per tuffarsi nella musica elettronica avanguardistica. Non vi dico la mia sorpresa quando ho scoperto che uno degli artisti che più mi aveva colpito per la sua originalità aveva fatto anche un album di questo genere, visto che personalmente è la mia musica preferita. Sono corso ad ascoltarlo con alte aspettative e ovviamente sono rimasto pienamente soddisfatto. In giro per il web questo disco non è considerato tra i migliori di Hassell, ma a me non può fregare di meno. L'ho apprezzato tantissimo fin dal primo ascolto essendo un appassionato del genere, ma non solo per questo. Comunque, prima di incominciare con il commento, ecco un divertente aneddoto: Hassell ha composto il disco alla veneranda età di 80 anni. Proprio così. Mentre i suoi coetanei si fanno spianare le rughe e si godono la pensione nella loro villa a Como, Hassell sforna ancora capolavori a prova che non sempre la creatività si deteriora con la vecchiaia. Questo si evince dalla prima traccia "Dreaming", sei minuti di musica elettronica/ambient spettacolare che dimostrano l'immortale vitalità del suo genio. Avrò riascoltato cinquanta volte questa canzone senza mai stufarmi. Il titolo la dice lunga visto che sembra davvero di immergersi in un sogno. Ok, il tuffo nel mondo onirico è una metafora usatissima quando si parla della musica, ma qui calza veramente a pennello. "Dreaming" è la rappresentazione sonora di un dormiveglia estivo, di quei pochi minuti di limbo in cui l'attività sensoriale si intorpidisce e le visioni quotidiane si frammentano in concetti ed emozioni astratte. Quando ascolto questa traccia mi sembra di essere sdraiato su un'amaca durante un torrido pomeriggio tropicale. Le tapparelle sono abbassate e sottilissimi fili di luce filtrano dalla finestra mentre cerco di addormentarmi, dimenticandomi della consistenza del mondo per calarmi nell'abisso psichico dei sogni. Jon Hassell si è sempre proposto di immergere i suoi ascoltatori in una dimensione immaginaria unica, di sbloccare le catene del cervello per sfiorare concetti e impressioni mai sperimentate prima, e questa traccia è la mia personale chiave per accedervi. Un trip aurale bellissimo, onirico come pochi altri. Ve la consiglio appassionatamente. La seconda traccia, "Picnic", risveglia l'ascoltatore con un'IDM domestica e calda, piena di pezzetti di samples e scale armoniche non tradizionali. La progressione è interessante e le nuove sonorità ampliano ancora di più l'atmosfera del disco, arricchendola di sfumature in cui Hassell non aveva mai spaziato prima. Le seguenti tracce sono tutte bellissime e indecifrabili, pennellate di frammenti jazz e texture ambient stimolanti e cariche di emozione. Ed è a questo punto che l'ascoltatore si accorge di non aver mai ascoltato musica come questa. La tromba microtonale ancora più rimaneggiata da effetti moderni, l'uso stupendo della sintesi granulare, i samples che sembrano provenire da un altro mondo, le percussioni tribali, i glitch... non esiste un disco che si avvicini minimamente alle straordinarie tonalità esplorate da Jon Hassell in Listening to Pictures. E se creare praticamente un nuovo genere musicale a ottant'anni è già un bel traguardo, figuratevi farlo infondendogli una componente emotiva così vivida seppur sottile. Ma attenzione! Non banalizziamo, Hassell non è il genere di artista che si spreme le meningi per creare un nuovo genere solo perché i critici possano elogiarlo e masturbarcisi sopra. Le scelte stilistiche di Listening to Pictures hanno un significato ben preciso. Hassell, ormai parecchio anziano, si è voltato a riguardare la sua vita e ha sospirato. È un'emozione davvero difficile da comprendere per noi giovani, ma la sensazione che dà ripercorrere tutti gli stati d'animo nei vari periodi della vita è molto intensa. Guardare un bambino assorbire l'ambiente circostante e venire plasmato dalla famiglia, dagli amici e dalle prime esperienze musicali, rivivere i viaggi intorno al mondo e l'intimità di culture umili ed esotiche. Ricordare le prime donne, i primi attimi di lucidità spirituale, osservare la maturazione artistica di un individuo e l'evoluzione occorsa tramite i vari dischi e alla fine giungere nel presente. E quindi rendersi conto che quella persona sei tu. Questo è il tuo resoconto, la traccia che hai lasciato nella Storia, il risultato di ogni scelta che hai fatto e che ti ha reso ciò che sei. E ora sei vicino alla morte, al momento in cui il viaggio finisce.
Così ha pensato Hassell (almeno credo, non sto riportando informazioni esplicite, ahahahahah) e questa è stata la spinta che lo ha portato a comporre Listening to Pictures. Soffermiamoci sul sottotitolo del disco: "Pentimento, Vol. 1". Hassell ha soggiornato a lungo in Italia e ha collaborato con artisti di questo paese, quindi potreste pensare che si riferisse al significato più comune del vocabolo. Oddio, si è pentito della sua vita quindi? Non proprio. Il pentimento di cui parla è qualcosa di ben più preciso. Infatti questa parola viene usata per descrivere un fenomeno particolare: il ritocco che effettua un artista su un quadro quando non è soddisfatto del risultato. Quando un pittore si rende conto di poter migliorare un dettaglio del dipinto, talvolta stende un ulteriore strato di pittura per mascherare il difetto e, appunto, dipinge sopra di esso per sistemarlo. Ciò che è affascinante è che a distanza di centinaia di anni, i lineamenti di questi strati coperti iniziano ad emergere come spettri sulla tela. Dai, ragazzi, è veramente poetico come pensiero. Hassell sta dicendo che non si può nascondere il passato, che non si può insabbiare scelte sbagliate prese durante la crescita interiore. Anche il minimo avvenimento, se è rimasto impresso sulla psiche, avrà degli effetti sul comportamento di tutti noi. Non c'è modo di scampare. Noi possiamo ritoccare il nostro autoritratto, sistemargli l'espressione per renderla più cordiale, cancellare le rughe sulle mani, perfino cambiare la nostra stazza. Ma eventualmente, dopo chissà quanto, il pentimento si farà vivo. E allora, come per magia, una volta vicini alla morte tutto ciò che abbiamo tentato di correggere riemergerà lentamente. Siamo collezioni di esperienze, esseri che si preoccupano dell'apparenza e che si correggono per aderire a una certa corrente o per piacere di più a noi stessi. Giunto vicino al termine della sua vita, non sappiamo come pensa Hassell. Forse è grato di ciò che è stato in vita e quest'album è il malinconico ma sereno testamento della sua musica che si deframmenta e si perde nel tempo. Oppure forse questo disco è il rassegnato lamento di chi non è soddisfatto dell'arte che ha creato. Tutte le occasioni perse e le tracce scartate, ora spezzettate in un'irriconoscibile accozzaglia di rumore. Oppure è entrambe le cose, come piace pensare a me. Io ci vedo sia la componente di rassegnazione che quella di serenità. D'altronde alcune tracce sono cariche di tensione e dissonanza (come la stupenda "Manga Scene") mentre altre sembrano dolci e distese come la già citata "Dreaming". La vita non è bianco o nero, buio o luce, e ciò si fa molto più chiaro quando ci si avvicina alla vecchiaia. Il pentimento non è solo ciò che abbiamo voluto nascondere perché ci sembrava negativo, ma anche gli aspetti della nostra personalità che, rimasti quiescenti per anni, emergono improvvisamente e ci rendono più consapevoli di noi stessi. Sono emozioni e sensazioni assorbite e dimenticate che improvvisamente tornano alla memoria, nel costante e fluido trasformarsi della nostra mente. Poesie che senza rendercene conto ci siamo portati dentro durante tutta la vita, prodotti artistici che abbiamo creato nel momento di massima ispirazione, scelte che ci sembravano sbagliate ma a cui guardiamo con affetto dopo anni. Credo che Jon Hassell non abbia preso una posizione precisa; semplicemente ha espresso il resoconto della sua vita tramite una palette sonica densa e frammentata in cui si percepisce aleggiare l'ombra di un'esistenza intera. La matrice all'origine del disco per me è la consapevolezza finale di aver vissuto, non importa in che modo, e la volontà inconscia di mettere in musica il pentimento pittorico prima di morire. Hassell attinge dalle esperienze dimenticate nel multiverso della psiche collettiva e così facendo tocca un po' tutti, perché Listening to Pictures è un disco tanto alieno quanto profondamente umano. L'ultimo insegnamento di un uomo saggio che si avvia verso la dipartita da questo mondo.
Ma guarda che ora si è fatta! Che poi oltretutto ho anche parlato poco della musica e blaterato di questioni pseudofilosofiche ma vabbé, ho anch'io dei difetti come potete vedere. E anch'io ho il mio personale pentimento, azzarderei dire piuttosto grosso visto che mi nascondo ossessivamente dietro l'anonimato. Vabbé, torno a bere champagne al mio party con le insicurezze e a ridere degli altri mentre la nave affonda. E voi? Cosa pensate del mio discorso sul pentimento? Credete che si possa mentire a se stessi fino alla fine, che la coscienza abbia bisogno di stimoli particolari per svilupparsi? Qual è la traccia che più vi trasmette le stesse sensazioni di un sogno? Come sempre mi trovate qui, pronto a servirvi nuove chicche quando ho l'ispirazione e pronto a ricevere buoni consigli da intenditori e non. Buona serata, cari sinfonauti. Statemi bene e, soprattutto, state bene con voi stessi

Tracce Preferite: Dreaming / Picnic / Pastorale Vassant / Manga Scene / Ndeya

Bizzarrometro: 4/5

Voto Personale: 8,5/10

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