🌌 SPECTRAL LORE | III 🌌

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Artista: Spectral Lore
Album: III
Anno: 2014
Generi: Atmospheric Black Metal, Dark Folk, Space Ambient

Oh no! Si torna a vagare nelle buie caverne del metal! Ma non temete. Nonostante io non abbia una lanterna abbastanza potente da illuminare l'ambiente, infatti, perlomeno sono al vostro fianco e possiamo proseguire mano nella mano. Questa era una metafora patetica per ricordarvi che sono ancora un neofita del genere, e che perciò quando ne parlo è sempre meno una recensione e sempre più un commento più personale. Non uccidetemi. E comunque non sarà l'ultima metafora del capitolo, visto che III è un disco piuttosto epico e onirico. Ha un nome orribile, lo so, però nella stitichezza di questo titolo si nasconde un alone di mistero. M'immagino già la scena: arriva un giovane che, scorrazzando per un negozio di dischi, intravede la stupenda copertina dell'album senza conoscerne niente e decide di acquistarlo. Una volta a casa, quindi, lo dà in pasto al giradischi e all'improvviso viene travolto da un cataclisma di tuoni cosmici intervallati a movimenti folk di incredibile bellezza. Perché III è un'odissea intrisa di un'epicità mai cinematografica, abbastanza tonante da avvolgere l'ascoltatore in un'atmosfera titanica che non sembra mai, e dico mai, forzata. Niente cori vichinghi stile power metal o testi fantasy in cui il cantante fantastica di cavalcare draghi. I growl di Spectral Lore sono il lamento tempestoso di una divinità antica, misteriosi e pregni di riflessioni filosofiche sul destino dell'uomo e sull'illuminazione. Nonostante l'assenza di battaglie e di violini in stile musica da trailer, questo è di gran lunga uno dei dischi più epici e maestosi che abbia mai sentito.
Una delle caratteristiche che mi fanno amare III così tanto è il perfetto bilanciamento tra riff stupendi, atmosfera solidissima e tracce con strutture complicate ma davvero soddisfacenti. Spesso si accusa l'atmospheric black metal di essere poco grezzo e troppo echeggiante, ma Spectral Lore ha svolto un lavoro magnifico per non scadere mai nel banale. Non smetterò mai di lodare la sapienza con cui è stata gestita l'atmosfera, che sa davvero risucchiare lo spettatore in una dimensione mitica senza precedenti. L'alternanza di momenti black metal e folk, fusa con lo space ambient e una spruzzatina di progressive metal, dà luce a un viaggio lunghissimo che non annoia mai. Perciò gli amanti della chitarra saranno soddisfatti così come chi è più attento alla texture sonore come me. Ogni traccia, poi, ha una personalità ricchissima pur restando estremamente coerente all'estetica dell'album grazie alle progressioni magnetiche e alla qualità generale del lavoro che c'è dietro. Ok, questa cosa la dico per ogni disco di cui parlo, ma qui siamo davvero all'apice. E tutto è ancora più impressionante considerando che è stato prodotto da una persona sola (Spectral Lore è una one-man-band composta dal polistrumentista Ayloss) durante sei anni di sviluppo e rifiniture.
Il disco parte con un jumpscare visto che la prima traccia "Omphalos" è un'apocalisse black metal dissonante che subito mette in guardia l'ascoltatore sulla densità che si dovrà aspettare per i seguenti novanta minuti. Ayloss sfoggia dei growl rauchi e lenti mentre alle sue spalle il mondo viene sfregiato da tempeste e battaglie, sferzato da eruzioni vulcaniche e violenti cicli di ere glaciali che si ripetono ciclicamente per migliaia di eoni. Poi tutto il caos svanisce e si scioglie in una specie di minestra di pad abrasive e feedback noise e venti che sembrano provenire dal pianeta Nettuno e... non lo so, e poi tutto si trasforma in uno spettacolare black/progressive metal. Un inizio perfetto. La seconda traccia "The Veiled Garden" è forse la mia preferita del disco. In questo colosso di sedici minuti ci sono troppi elementi che adoro: un inizio atmosferico dalle tinte bibliche, dei riff complessi e spettacolari in continua evoluzione in cui è impossibile non perdersi come in un sogno, un intermezzo folk tra i più belli e ispirati che abbia mai sentito e un finale più epico e soddisfacente che mai. Semmai ci fosse una traccia metal che potrei ascoltare all'infinito, sarebbe senza dubbio questa. Dopo tutte le volte che l'ho riascoltata ancora mi risulta indecifrabile e ancora mi sento meravigliosamente schiacciato sotto il peso di un simile capolavoro. Fidatevi di me, sarà il quarto d'ora più epico della vostra esistenza terrena. La terza e la quarta traccia sono stupende. Ecco, se non siete tipi da black metal cosmico ma vi piace molto il folk, la quarta è un lunghissimo pezzo unicamente di questo genere. Ed è fantastico. È incredibilmente complesso, con melodie dolcissime e un'atmosfera da palazzo ellenico che conquisterebbero chiunque. Anche questo brano vi lascerà a bocca aperta. La seconda parte del viaggio si apre con "The Spiral Fountain", la traccia più "orecchiabile" del disco. Anche qui abbiamo l'esempio di una traccia black metal di una qualità spropositata e colgo l'occasione per dare qualche spunto sull'album. Ayloss è un tipo abbastanza silenzioso perciò c'è ancora abbastanza confusione sui significati dietro alla creazione di questo disco. Un artista non produce un lavoro così maestoso solo per scrivere buona musica. Si dice che i temi dietro all'album siano la significanza dell'uomo (quindi un certo antropocentrismo), la ricerca del senso dell'universo, il posto dell'umanità nel cosmo e così via. Il tutto filtrato in un'ottica mitologica che si rispecchia bene nei testi, veri e propri racconti dal sapore epico. Di solito l'atmospheric black metal è un genere che s'interessa dell'opposto, ovvero della piccolezza dell'uomo di fronte a divinità, fenomeni naturali e l'Infinito, perciò III è un disco un po' anomalo. Eppure trovo che sia molto interessante, specie perché Ayloss non sta parlando di un qualche merito che l'umanità ha a prescindere (l'umanità fa schifo, lo sappiamo tutti), ma di ciò che può raggiungere. Ciò che s'intravede nei testi, almeno dal mio punto di vista, non è quella fiducia spiccia degli Umanisti del '500, bensì la ricerca dell'immortalità tramite l'arte degli uomini illustri della Storia. III tende la mano a opere come la Divina Commedia e l'Odissea: viaggi di uomini eccezionali che intraprendono percorsi spirituali attraverso epopee che trascendono la semplice etichetta di "racconto". E tutto ha parecchio senso considerando l'ammirabile complessità del disco, come se Spectral Lore avesse voluto dimostrare di poter comporre un'opera di pari magnificenza. Gli stessi testi sono straripanti di complesse allegorie e miti che Ayloss ha scritto affinché venissero interpretati. Questa almeno è una mia interpretazione. Suona abbastanza pretenzioso? Non importa perché le composizioni del disco rimangono bellissime e le si può apprezzare senza conoscere queste sfumature, così come la Divina Commedia si può apprezzare anche come una semplice storia avvincente. O almeno l'Inferno. Perché il Purgatorio e il Paradiso fanno schifo, non scherziamo. Comunque, tornando a III, le ultime due tracce non danno segni di placarsi. "A Rider in the Lands of an Infinite Dreamscape" (titolo stupendo) è una delle tracce più trionfali mai concepite, e "Cosmic Significance" è un vero e proprio gioiello. La prima metà è composta da una sezione di ambient intimo e spaziale, ripetitivo e dolcissimo, ma che verso la fine esplode in un tripudio metal incarnato nell'ultima scarica di adrenalina prima del finale. E se sarete giunti fino a questo punto probabilmente sarete rimasti senza fiato. Forse starete provando proprio la stessa sensazione che gli abitanti della Grecia di duemilacinquecento anni fa sperimentavano dopo un pomeriggio trascorso a sentir cantare l'Iliade per intero.
Ci sono dischi che sono veri e propri mari in cui ogni traccia è un'isola. Altri riescono ad essere talmente grandiosi da diventare dei mondi dove ogni canzone è un continente. Ecco, III è un fottuto cosmo. Le tracce sono dei pianeti, mastodontici e ricolmi di una cura sopraffina per ogni minimo dettaglio. È come se Spectral Lore fosse riuscito a racchiudere la stazza dell'intero apparato cosmologico ellenico in un singolo album. I canti degli antichi poemi epici riecheggiano tra una traccia e l'altra, così come ogni mito e opera di grandiosità mai composta. Credo di aver finito i sinonimi di "enorme" per descrivere questo disco. Ah no, ne è rimasto uno: immenso. Immenso non solo nelle sonorità, ma anche nel talento richiesto per scrivere composizioni così incredibili. Conoscendo come va il mondo, non credo che III raggiungerà lo status di leggenda che si meriterebbe, però almeno posso dire di aver contribuito a diffondere la voce. Se amate le opere ambiziose, tonanti ed epiche (ma soprattutto se apprezzate il black metal) non perdetevelo per nessun motivo. Non avrete timore di chiamarlo per quello che è: un capolavoro. Mamma mia che sudata, cari sinfonauti! Siccome le scorse volte ho barato portandovi dischi famosi, spero di essermi riscosso con questa gigantesca gemma nascosta. E voi? Qual è il senso del cosmo? Sognate mai di lasciare un ricordo indelebile di voi stessi attraverso l'arte? Ma specialmente, quand'è che il folk smette di essere stupendo e diventa cringe (perché lo diventa spesso)? Con questi dilemmi esistenziali vi lascio anche questa volta e vi aspetto per il prossimo appuntamento!

Tracce Preferite: Tutte

Bizzarrometro: 3,5/5

Voto Personale: 9,5/10


P.S. Ribadisco a chi si lamenta che la mia opinione non è per niente condizionata dal fatto che c'è una bellissima cicogna/airone nella cover art e che chiunque lo metta in dubbio è una malalingua e non sa apprezzare la visione del più maestoso tra i volatili

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