Cap. 1: Antartide

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" Ad undici anni quand'eri piccola
aspettavi una lettera da Hogwarts.
Per dimostrare a tutti i tuoi compagni
che eri tu quella diversa da loro ".

Comunque, in qualche modo sono riuscita a resistere fino alla fine della terza elementare senza ricoprire una carica importante.
Durante l'estate mi ero ripromessa che avrei cominciato la quarta come membro di uno di questi gruppi.
Sebbene avessi rinunciato alla fascia più in alto, era l'unica scelta rimanente. Almeno, l'unica ancora accettabile. Avrei tenuto l'idea di entrare a far parte delle persone da cinque solo se le cose fossero andate nel peggiore dei modi e se in alcun modo fossi riuscita ad esser parte di uno di questi gruppi.

Giusto per specificare, per chiunque se lo stesse chiedendo: non avevo amici a quell'età. Ne avevo solo una, la mia migliore amica, anche se da piccola non mi bastava. Era ancora sconosciuto il concetto di " pochi ma buoni ", o comunque sia non era ancora condiviso dalla sottoscritta, per questo mi spinsi a tanto per esser circondata da più amici.
L'importante era il numero, un po' stronza come cosa non è vero? Già, ma non ditelo alla piccola me, o finirebbe per starci male.

Così durante l'estate mi misi a studiare.
Mi ero imposta di studiare tutto il programma fatto da sola ed avvantaggiarmi facendo fin da subito i compiti delle vacanze, cercando anche di studiare cose ancora da fare e che si sarebbero fatte le prime settimane di scuola.

Ero carica, ero sicura di me. Quell'anno sarebbe stato il mio, non avrei permesso a nessuno di calpestarmi o di non accettarmi all'interno dell'elite della classe.
Presi il libro delle vacanze e le varie penne: quella blu che usavo per scrivere ( sono sempre stata tipa da penna blu ), quella nera nel caso quella blu si fosse scaricata, quella rossa per i titoli, quella verde perché " metti caso che serve? ", poi anche quella multicolore con colori come l'arancione, il giallo o il viola, che mai avevo usato ma che potevano servire nel caso le penne precedenti andassero a mancare causa disordine.

Quando poggiai la penna sul libro però realizzai che la maestra voleva che gli esercizi sul libro fossero fatti a matita, così mi dovetti alzare per andare a cercarne una. Realizzando che non l'avevo ho capito che purtroppo quello non era il giorno giusto per studiare e avrei rimandato a domani, quando mia madre sarebbe uscita per comprarmi il materiale necessario.
Il giorno dopo mamma si dimenticò le matite e, tristemente, decisi di rimandare ancora il momento. Erano solo due giorni di posticipo, cosa poteva andar storto?
Quando effettivamente si ricordò di comprarmele ero decisa a cominciare, però il primo esercizio era da svolgere sul quaderno e dovetti ricercare tutte le penne elencate poco fa. Non trovandole mi sentii triste e quindi decisi di rimandare.
Arrivò fine agosto che non avevo ancora fatto niente e i miei piani andarono in fumo, come ogni volta in cui mi prefissavo qualcosa.

Alla fine comunque i compiti li feci, anche se senza tutti quei approfondimenti su cui puntavo.
Sapevo che sarebbe stato impossibile iniziare l'anno come avevo desiderato, ma la speranza è l'ultima a morire, no?
Durante agosto feci davvero poco i compiti perché in quel periodo stavano dando tutta la prima stagione di Mia and Me ed io, da brava fan, preferivo passare i pomeriggi a vederlo rispetto che passarli sui libri.

Già prima ho accennato al fatto che ero sicura che, in realtà, io ero la prescelta per salvare gli unicorni a Centopia, e che un giorno mi sarebbe arrivato un pacco con un libro ed un bracciale magico in grado di portarmi in quel regno.
Prima questa era solo una battuta, ma a furia di vedere quel cartone mi ero ormai convinta che fosse così. Era l'unica opzione plausibile, dato che per me opere del genere erano pura realtà, totalmente affidabili. Insomma, credevo anche che la favola di Cappuccetto Rosso fosse vera, non potete poi pretender molto.

La prova definitiva dell'essere un'elfa me la diede mia madre, che un giorno mi regalò una replica ( fatta male e in plastica, probabilmente comprata all'edicola ) del braccialetto di Mia.
Non vi dico i salti di gioia quel giorno, mi mancava il libro effettivamente ma non era importante; bastava anche solo il mezzo per raggiungere il regno.
Inutili furono i miei mille tentativi di attivarlo, però io ero cocciuta e non mi arresi facilmente.
Inventai diverse possibili password per farmi accettare dal bracciale. Tutto futile, ovviamente.

Usai anche la tattica infallibile; fingere che non mi importasse. Passai giorni con il bracciale poggiato sulla scrivania, fingendo d'ignorarlo, sicura che ad un certo punto brillasse. Funzionava sempre quel trucco... tranne quella volta.
Potete già immaginare il mio disappunto, ero così triste che la cosa non fosse funzionata che per un periodo decisi anche di non guardare più il cartone.
Maledetto il giorno in cui lo feci! Mi ero totalmente persa nella trama e quando ricominciai a vederlo i protagonisti avevano già radunato tutti i pezzi del Trumptus.

Ora che anche quella possibilità di diversificarmi era svanita io ero davvero scontenta ma non mi ero ancora arreso.
Come motivatore avevo il mio bisnonno ( che per comodità chiamavo nonno ) che mi ripeteva che io un giorno sarei diventata importante e avrei fatto delle cose degne di nota.
Lui ovviamente si riferiva alla me adulta, ma io ero convinta si riferisse a tempi più brevi e quindi alla quarta elementare che ormai era quasi alle porte.

Nonno è la persona che ha sempre creduto in me, anche più dei miei genitori.
Ogni volta che mi vedeva i suoi occhi si illuminavano, così come i miei; eravamo una coppia inseparabile e molto spesso non volevo mai andarmene da casa sua quando lo andavo a trovare.
La mia bisnonna anche era molto simpatica, ma non avevo un legame che mi univa a lei così come lo avevo con lui.
Come ogni nonno che si rispetti, ogni volta che andavo da lui mi regalava sempre tanti soldi per andare a prendere le caramelle. Soldi che non ho mai più avuto indietro dato che mia madre li teneva al posto mio, per quante volte è successo potrei addirittura denunciare mia madre per truffa e furto.

Fatto sta che, anche oggi, ogni volta che penso di non farcela, la mia mente mi fa tornare alla luce la voce di mio nonno che mi rassicura e mi dice che " diventerò qualcuno d'importante ". Non so bene a cosa si riferisse quando me lo diceva. Parlava di una scoperta che avrebbe cambiato il mondo, ma su questo ne dubito fortemente.
Sapere però che lui credeva in me mi rendeva ( e mi rende ) felice.
Non che la mia famiglia non lo facesse, assolutamente, ma il come ne parlava lui semplicemente mi metteva serenità.

Ad ogni modo, con anche la sicurezza di mio nonno, ero sicura che quell'anno sarebbe stato differente.
Sarebbe stato il mio anno!
So già che ad alcune persone questa frase avrà fatto pensare che non sarà così, anche perché lo diceva pure Eddie in Stranger Things prima di- insomma, avete capito.

La realtà?

Quell'anno non cambiò assolutamente nulla, o almeno: non subito.
Iniziai l'anno come solito membro del gruppo sconosciuto chiamato " persone da sette ". Nessuna novità.
Nemmeno il braccialetto di Mia and Me poteva aiutarmi, dato che dopo aver perso le speranze persi anche il bracciale in qualche meandro oscuro. Ora, non so dove sia finito, ma sono sicura che sia stata colpa di mia mamma: con il suo scettro chiamato " scopa " sicuramente lo fece cadere in un angolo sperduto della casa. Avrà fatto la fine dei bambini che l'Altra Madre, in Coraline, rinchiuse dentro lo specchio.

Ciò che andava di moda in quei tempi erano due cose: la gomma pane ( soggetto di spaccio, anche più del gesso ) e le scarpe con le lucine attaccate.
La gomma pane doveva essere rigorosamente colorata, al massimo bianca, ma era sconsigliato; quelle grigie non erano ben viste, a meno che non fossero state create in classe. Sì, i capi mafiosi della futura 4°E volevano spacciare solo prodotti fatti in casa da loro, altrimenti non avevano valore. Il loro unico obiettivo era il guadagno, badavano a questo minuziosamente.
Io, non conoscendo la ricetta, ero costretta a comprarla in qualche edicola.
La missione era chiara. Prima di procedere, però, bisognava convincere la belva feroce: mamma.

Lei è davvero un predatore, per starle vicina bisogna saperla gestire sapientemente, anche meglio dei dinosauri in Jurassic Park. Ci si doveva munire di pazienza e di tanta, tanta falsità, per proporre lei accordi fittizi che sicuramente avrebbe accettato, del tipo " Se mi compri quello che chiedo allora farò tutto quello che vuoi, ti aiuterò in casa e addirittura cucinerò io! ".
Io però non sono mai stata brava a convincerla, ma era una questione di vitale importanza, tale da non poter lasciarsi scappare l'opportunità.

Così mi avvicinai timorosa alla belva che, a vedermi, cominciò ad agitarsi e, sentendosi in pericolo, ringhiò ferocemente, in modo tale da mostrare i suoi canini aguzzi capaci di sbranare da viva la propria preda.
Io m'ero armata con mestolo e coperchio in testa a mo' di elmetto.
« Sta' buona. »
Ma lei non eseguì. Si avvicinò; sapevo che voleva divorarmi, sarei divenuta presto il suo spuntino pomeridiano.
Per fare in modo che mi temesse decisi di mettere in mostra l'arma più forte posseduta da me: la falsità.
Quando il mostro arrivò abbastanza vicino a me mi finsi dispiaciuta, come se non avessi più intenzione di domare i suoi istinti né tanto meno di chiederle qualcosa. Feci finta, addirittura, che non volevo in alcun modo disturbarla. Volevo solo farle dei " complimenti ".

Povera sciocca, era caduta nel mio tranello. Lei non sa resistere ai miei complimenti.

Si placò abbastanza da permettermi di avvicinarmi, e quando meno se lo aspettava la colpì con il mio secondo attacco: la proposta.

« Ti serve una mano? »
Stavolta fu attenta e si mise velocemente in guardia:
« Hai bisogno di qualcosa? »
Dannazione, stava per scoprirmi.
Non mollai, fortunatamente la mia maschera di innocente e senza pretese era ben indossata.
« No, ma che! Però, ti serve una mano? »
« No, non mi serve. »
« Va bene, ma se ti servirà potrai chiedere il mio aiuto. »
Presi un po' di tempo e, quando la bestia sembrava più tranquilla, attaccai nuovamente:
« Per caso oggi passeresti alla cartolibreria? Mi servirebbe una cosa per un progetto di scuola. »
« Che cosa? »
« Una gomma pane. Serve per un progetto di arte. »
« Non avevano detto niente sul gruppo. Sei sicura? »

Risposi di sì, eccome se ero sicura.
In realtà da una parte penso che lei sapesse che quel progetto di arte era tutto fasullo, una mossa subdola per ottenere l'oggetto del desiderio, ma forse era consapevole che non sarebbe riuscita minimamente a competere contro di me.
Dopotutto è comprensibile: non poteva sconfiggermi, non ora che ero armata di cotanta falsità.
L'attacco fu un successo: ero riuscita a sconfiggerla, ero sempre più vicina ad ottenere la famigerata gomma pane.

Mia madre l'ho sempre chiamata con un nomignolo che all'apparenza può sembrare insensato: Antartide.
Lei ha sempre avuto al posto del cuore non un singolo pezzo di ghiaccio, direttamente tutta l'Antartide. Con me e i miei fratelli non lo dimostrava, la sua vera natura la palesava agli estranei.
Immaginatela come una leonessa che protegge i cuccioli: con loro sarà tutta dolce ( fino ad un certo punto ), però con gli altri animali mostrerà ciò che è davvero, un pezzo di ghiaccio condensato ed indistruttibile.
Agli altri a primo acchito può sembrare antipatica, acida e chi più ne ha più ne metta. Questo poi aumenta a dismisura quando viene chiamata da un centralino, lì dimostra la sua apparente acidità al massimo delle sue possibilità.
Ma mai giudicare un libro dalla copertina, no?
Se scavi più in fondo e ti armi di tanta, tanta, troppa pazienza, riuscirai a vedere il cuore che nasconde in mezzo a quella landa azzurra. E quando ci riuscirai capirai che in fondo, scavare così tanto non è stato tempo sprecato. Sarà forse la cosa più soddisfacente che otterrai.

Non pensare che tutto finisca qui, però: anche tenere la sua fiducia è difficile, una volta che hai scoperto il cuore dovrai fare di tutto per fare in modo che la barriera non si riformi. E se si riforma... Beh, puoi anche mollare tutto, fai prima.

Sa essere testarda ed è impossibile convincerla del contrario anche quando ha torto. Anzi, specialmente quando ha torto, dato che per lei ciò che dice è legge.
Sa essere anche fastidiosa, riuscirebbe a chiederti mille volte se sei triste nonostante tu non abbia fatto assolutamente nulla di diverso dal solito.
Sa metterti ansia su molti argomenti e situazioni.
Ha mille difetti più uno, ma tutti compongono quel continente blu tanto vasto che la forma così perfettamente che cambiare uno di questi la renderebbe ironicamente meno unica nel suo genere. Insieme tutti quei difetti formano anche vari pregi, come la sua risata contagiosa, la sua dislessia fulminante che la colpisce puntualmente quando tenta di difendere la sua idea totalmente sbagliata e che rende la situazione meno spinosa e più allegra, la sua solita spensieratezza che si combina stranamente con il suo andare in iper pensiero a volte per le cose più banali e molte altre cose.
Avrà sempre mille difetti più uno, ma saranno proprio quelli a fartela amare più di chiunque altro.

" Ahi ahi ahi,
Ma giuri che tra un po' te ne andrai.
Ahi ahi ahi,
Alla fine però non lo fai mai.
Ahi ahi ahi,
Provan a rompere il ghiaccio con te.
Ahi ahi ahi,
Non sanno che tu sei l'Antartide "

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