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"Ho provato ad essere normale, ma è stato terribilmente noioso."

La mia reazione alla sua affermazione è stata diversa da quella di mia sorella. Io non riuscivo a capire il vero senso della frase, quindi me ne sono stata lì, in piedi, a guardare una donna dai capelli rossi che mi fissava come se fossi davvero la sua cena. Alba invece ha preso a tremare e si è subito nascosta dietro la mia schiena, terrorizzata a morte. La donna dagli occhi azzurri ci sorride facendomi l'occhiolino, e solo ora sento anche io una diversa emozione. Disgusto.

<<No Daiana, questa non è la nostra cena. Loro sono Zoe e Alba, le nostre nuove serve.>> dice Diego sorpassando la sua alta figura e sedendosi su uno dei divani.

<<Ah, quindi voi sarete le mie schiave.>>

C'è tanta ostilità nel suo tono, sono qui da appena tre minuti e già vorrei prenderla a schiaffi sulle sue guance pallide. La donna ci dà le spalle ed elegantemente raggiunge suo fratello. Porta dei jeans neri molto attillati a vita alta, dei tacchi rossi e una maglia rossa con lo scollo a v. I capelli sono di una strana tonalità di rosso, un rosso che avevo visto di rado tra la gente.

<<La grande è la mia, tu se vuoi prenditi l'altra.>>

Diego accavalla le gambe e sento gli occhi dell'intera famiglia puntati su di noi. Mi ribolle il sangue quando sento dalla sua bocca la parola schiava.

Approfitto del momento di silenzio per guardare anche io la famiglia che dovrò iniziare a servire. In piedi con le mani poggiate su uno dei divani c'è un uomo alto con i capelli castani e una accennata barba dello stesso colore, occhi scuri e profondi. Veste con abiti eleganti: giacca nera, camicia bianca e pantalone nero. Seduta comodamente su una grande poltrona bianca, una donna dai lunghi capelli neri ondulati e degli occhi chiari che mi studiano in ogni piccolo particolare. È anche lei vestita elegantemente, con un lungo vestito nero con un ampio spacco che mette in mostra le gambe magre ma non troppo. Ai piedi porta delle scarpe altissime nere e al collo una collana bianca che luccica sotto le luci del lampadario. Su un altro divano, quasi in disparte dal quadretto di famiglia, c'è una donna che sembra più piccola dell'altra, con i capelli biondi non molto lunghi, occhi chiari e nemmeno un accenno di sorriso sulle sue labbra. Lei sembra diversa, non c'è la durezza che noto negli sguardi degli altri componenti della famiglia. C'è quasi compassione e dispiacere nei suoi occhi.

La cosa che noto più di tutte, è che tutti sono dotati di una bellezza sovrannaturale. Come possono essere così perfetti i loro lineamenti? E la loro pelle, così chiara e così delicata.

<<No. Non la voglio quella.>> dice la donna dai capelli rossi, Daiana mi pare di aver capito. <<Troppo piccola e troppo fragile.>>

Mi ribolle il sangue. <<Non ti permetto di parlar di mia sorella in questo modo.>> affermo stringendo i pugni e riducendo gli occhi a due fessure.

<<Bada a come parli signorina.>>

E in un attimo me la ritrovo davanti, con lo sguardo durissimo e i pugni stretti. Arretro pian piano, facendo attenzione a non pestare i piedi di Alba, che nel frattempo assiste alla scena.

<<Altrimenti?>> sfido alzando la testa e guardandola male a mia volta.

<<Diego!>> urla ma non si gira. <<Perché questa sporca puttana crede di avere il diritto di parlarmi così? O non le hai detto chi siamo o è talmente stupida da sfidare il diavolo.>>

Serro i denti e mi mordo la lingua. Non voglio guai il primo giorno in questa casa.

<<Sa benissimo cosa siamo, ma non vuole crederci. È una di quelle che se non vede, non crede.>> afferma lui lontano da noi.

Allora sulle sue labbra si apre un sorriso malizioso e passa la lingua sui suoi denti bianchissimi. Non ho paura, non ne avrà mai in questa casa. Ho superato situazioni peggiori.

<<Avrà modo di conoscerci.>> afferma la donna seduta sulla poltrona.

<<Ma mamma, io voglio farglielo capire ora. Guarda che bel faccino che ha.>>

Porta una mano sulla mia guancia e la accarezza, quasi dolcemente. Sposto di scatto la testa e la allontano dalla sua mano.

<<Ho detto di no, non è ancora il momento. Meredith! Denise!>> urla sempre quella donna.

Quasi subito una porta davanti a noi si apre e due ragazze in divisa si inchinano davanti a tutta la famiglia. Entrambe hanno i capelli legati in un'ordinata coda di cavallo e portano lo stesso abito nero e bianco privo di una minima scollatura, con una gonna lunga fino alle ginocchia.

<<Avete chiamato mia signora?>> dice quella che sembra essere la più grande tra le due.

<<Portate le due zingare in bagno, lavatele da cima a fondo e istruitele su loro nuovo lavoro. Le voglio pulitissime e in ordine dal primo capello all'ultimo dito dei piedi. Qualunque cosa pur di fare assumere loro un aspetto più normale. Non ammetto gente nel mio palazzo con questo...>> ci guarda disgustata. <<Odore.>>

Intanto l'uomo, silenzioso, si è seduto su un divano e sta sorseggiando del liquido da un bicchiere trasparente. La stessa cosa sta facendo Diego, divertito da tutta la situazione, mentre l'altra ragazza se ne sta immobile in un angolino ad osservarci.

<<Ai suoi ordini signora.>>

Ha detto tutto... quindi dovranno anche rimettere in sesto il mio corpo?

L'altra ragazza si avvicina a noi e ci fa segno di seguirla, quindi sorpasso la figura alta di Daiana e, con Alba alle spalle, seguo la ragazza. Ma prima di sparire oltre la porta, lei mi afferra con violenza per un braccio e mi fa voltare di scatto. Sarà un vizio di famiglia compiere questo gesto.

<<Dove credi di andare? Inchinati a me prima di abbandonare la stanza.>> afferma, le unghie che si ficcano nella carne.

Che stronza. Serro ancora una volta i denti e faccio un lungo respiro. Mi piego leggermente sulle gambe e lo stesso fa mia sorella, quando quella viene fulminata dal suo sguardo.

<<Ora andate.>>

Mi lascia con l'ennesimo scatto e quasi cado a terra per la forza che ha usato. Senza dire una parola seguiamo le due ragazze attraverso tutto il resto della stanza, alle mie spalle Diego e la signora dai lunghi capelli neri stanno discutendo.

<<Le ennesime ragazze di strada, Diego? Quando imparerai a frequentare ragazze del tuo rango?>>

. .. . .. .

La parte del palazzo in cui ci troviamo ora non è dotata dello stesso lusso di quella che ho visto prima. Sembra che sia divisa in due parti, quella per le persone normali e quella per la famiglia più ricca del mondo. Ed è infatti così. La parte delle persone normali è riservata a noi domestiche, dotata di un solo bagno non molto grande, sei porte che credo portino alle stanze delle altre ragazze, una cucina e un misero divano vecchio e mal conciato. Mentre lavo via lo sporco dal mio corpo, fuori dalla doccia, divise da un telo bianco, una ragazza non molto più grande di me mi racconta la sua storia. Si chiama Denise, e, come avevo già capito, è la più piccola tra le altre serve. Ha 18 anni, degli occhi castani stanchi e una corporatura minuta; in confronto a lei sono una gigante. Lavora qui da diversi anni, e sarà lei ad istruirci sul nostro nuovo lavoro.

<<Che mi sai dire di quella ragazza con i capelli chiari? Non ha detto nemmeno una parola prima.>> chiedo mentre annuso fino in fondo un bagnoschiuma che profuma di cocco. Non conoscevo il suo profumo.

L'acqua calda batte sui miei capelli rovinati e l'odore di tanti diversi prodotti contenuti in boccette di plastica rende l'ambiente più bello.

<<Lei si chiama Victoria, è la più tranquilla di tutti, di rado mi ha dato problemi.>>

Finisco di sciacquare via il sapone dai capelli e spengo il getto d'acqua. Denise mi aspetta con un asciugamano in mano, che indosso subito molto volentieri, attenta a non mostrarmi troppo a lei: mi vergogno del mio corpo troppo magro e pieno di cicatrici.

<<Dov'è mia sorella?>>

<<Sta parlando con un'altra domestica, credo nella vostra stanza. Avrà il tuo stesso trattamento, non ti preoccupare.>> mi rassicura con un sorriso.

<<Grazie.>> dico dopo un po' di silenzio. <<Vai a prenderla, io nel frattempo mi cambio.>>

<<Ti ho lasciata dei vestiti su quella sedia, dovrebbero essere della tua taglia.>>

Scompare dalla porta e resto finalmente sola.

C'è uno specchio, alto quasi quanto me, che rimanda la mia esile figura. Levo l'accappatoio e guardo il mio corpo per la prima volta attraverso uno specchio: sono magrissima, più di quel che credevo. Le cicatrici sulle gambe sembrano infinite e il mio fianco è viola a causa dei calci di Cole di qualche giorno fa, mentre il livido sul mento quasi non si vede più. Infilo velocemente i vestiti e mi rendo conto che sembrano essere stati cuciti solo per me, la misura è perfetta. La gonna nera larga arriva fino alle ginocchia, e sulla maglia bianca con le maniche lunghe fino al gomito c'è lo stemma di famiglia, all'altezza della spalla destra. Lo accarezzo con un dito e mi accorgo che è stato cucito a mano. Imparerò anche io a farlo? La stoffa del vestito avvolge il mio corpo infreddolito, accarezzandomi la pelle.

Finisco di sistemarmi e mi guardo ancora una volta allo specchio: da qui ha inizio la mia nuova vita.

<<Zoe, se sei pronta iniziamo con il trattamento.>> dice Denise, entrando di nuovo nel bagno, senza bussare.

Sono confusa. <<Che trattamento?>>

<<La Regina ha detto che dobbiamo rimetterti del tutto in sesto, soprattutto fisicamente. Quindi significa ceretta su tutto il corpo e una spuntata ai capelli.>>

<<Farà male?>> domando.

<<Un pochino, ma ti abituerai.>> risponde e prende da un cassetto delle strane cose e qualche barattolino di chissà cosa.

<<Puoi farmi tutto quello che vuoi, ma i capelli non si toccano.>>

. .. . .. .

Il resto della casa è come lo avevo immaginato, pieno di oro e cose costosissime a mio parere inutili. La mia nuova stanza è grande in confronto a quella che avevo nel capanno, ma ho potuto notare con i miei occhi che è la più piccola tra le altre stanze riservate a noi serve. Un'altra cosa che ho notato è che siamo tutte femmine, tranne quell'uomo che ci ha aperto il portone e un cuoco su tre in cucina. Tutte donne, dall'età di mia sorella fino ad una di ben 63 anni. Non sono molto amichevoli, si sono limitate a presentarsi, senza chiacchierare come ha fatto con noi Denise. Magari è un'abitudine, magari starsene per conto proprio e non impicciarsi nei fatti altrui è come una regola in queste enormi mura.

Denise ci ha spiegato in linea generale il nostro nuovo lavoro: io e mia sorella facciamo parte delle serve delle 'camere'. Siamo in cinque che, ogni mattina, dobbiamo pulire in ogni angolo ogni stanza dell'intero palazzo. Poi durante il pomeriggio aiutiamo le altre con altri lavori, come il giardinaggio, lavanderia o qualcosa che ci chiedono di fare i nostri padroni. Non mi abituerò molto facilmente all'idea di avere dei padroni, di essere la serva di qualcuno, di essere comandata da qualcuno che probabilmente ha la mia stessa età.

La sera arriva presto, vedo tutte le altre correre da una parte all'altra della sala da pranzo per apparecchiare per bene la tavola, alcune che lucidano piatti e bicchieri e altre che allineano alla perfezione ogni singolo oggetto sul lunghissimo tavolo. Apparecchiano per cinque, ma il tavolo può benissimo ospitare altre quindici persone.

<<Zoe aiutami a sistemare i tovaglioli.>> dice Denise passandomi delle stoffe gialle.

Sono così grandi, che con solo due di questi potrei farmi un vestito, e di certo ne avanzerebbe un po'. Non mi da altre istruzioni, quindi guardo come fa lei e lo stesso faccio io. Non è difficile, basta prenderci la mano. Alba è concentrata con i bicchieri, li sta lucidando con l'ennesima strana stoffa, ma di colore rosso. I suoi occhi incontrano per un attimo i miei e ci scambiamo un bel sorriso di incoraggiamento. Ma nel gesto lei si distrae e il bicchiere le scivola dalle mani, infrangendosi sulla moquette marrone. Tutte nella sala si girano verso di lei fulminandola con lo sguardo, accompagnando loro un silenzio di tomba. Alba arrossisce di colpo e so che vorrebbe chiedere scusa, ma non ci riesce per la troppa vergogna. Senza pensarci ancora poso il resto dei tovaglioli sul tavolo e la raggiungo, stringendola in un abbraccio.

<<Io non volevo...>> sussurra sul mio petto.

<<Stai tranquilla, lo so che non lo hai fatto di proposito.>> le accarezzo la schiena. <<Va tutto bene.>>

<<Zoe pulisci tu ovviamente quel disastro.>> ordina una delle donne.

Il suo sguardo è cupo e severo, al contrario di noi tutte lei porta i capelli sciolti, forse perché è il capo. Non può avere più di 45 anni, le rughe le segnano gli occhi ma nonostante questo sembra molto devota al suo lavoro.

<<Certo che pulisco io, non c'è bisogno nemmeno di dirlo.>> rispondo, calma.

Lei increspa gli occhi ma lascia perdere. <<Che state aspettando voi altre? A lavoro!>> ordina posando le mani sui fianchi. <<La cena verrà servita tra dieci minuti esatti.>> poi scompare dalla sala, diretta credo in cucina.

Dopo aver pulito per bene la moquette, torno al tavolo per poi scoprire che ha concluso Denise il mio lavoro.

<<Grazie.>> le sussurro accostandomi a lei.

<<Di niente. A momenti serviamo la cena, credo sia meglio che per questa sera voi due restiate a guardare, da domani lo farete anche voi.>> afferma, e ho l'impressione che non sia solo un consiglio.

Annuisco a testa bassa e raggiungo Alba, che allinea le posate sulla tavola. <<Denise ha detto che è meglio che questa sera restiamo a guardare.>>

<<Sono d'accordo con lei, non voglio altre occhiatacce...>> risponde guardando un punto indefinito ai nostri piedi.

<<Cosa c'è paperella?>>

Lei mi guarda con quei suoi occhioni grandi e sorride debolmente. <<Penso solo che sarà dura abituarmi a tutto questo. È completamente diverso da come vivevamo prima...>>

La abbraccio di nuovo e le faccio poggiare la testa sul mio petto. <<Ci abitueremo, sta tranquilla. E poi, ho un piano.>>

<<Un piano?>> ripete, confusa.

<<Domani andrò a parlare con Diego, gli chiederò una cosa.>>

<<Cioè?>>

<<Vedrai paperella, vedrai.>>

La conversazione finisce qui, non per volere nostro, ma perché quella donna è ricomparsa nella sala e sta raggruppando tutte attorno a lei. Dà a tutte un compito, una portata da servire. Poi, quando si accorge che manchiamo noi, ci cerca con lo sguardo e, si vede, vorrebbe incenerirci.

<<Ingrid gli ho detto io di non fare niente questa sera, è meglio che guardino noi per imparare.>> interviene Denise, prima che la bufera scoppiasse.

Ingrid sembra pensarci un po', poi mi lancia un'occhiataccia e prende a parlare con una donna.

<<Ho come l'impressione che non le vai molto a genio.>> mi sussurra Alba, continuando a guardare la governante.

<<Non è solo un'impressione, purtroppo.>> rispondo, mentre lei comanda a bacchetta un'altra ragazza.

La cena viene servita un minuto prima dell'ora stabilita, e ancora nessuno della famiglia è comparso nella grande sala da pranzo. Io e Alba ce ne stiamo in piedi, in un angolino, a guardare le altre che elegantemente sistemano le ultime cose. Tutto deve essere perfetto. È la frase che non fa altro che ripetere Ingrid, dando ordini a destra e a sinistra. Mi pare di aver capito che non sopporta proprio nessuna, e questo è un bene, almeno non sono l'unica. La donna guarda un grosso orologio appeso su una parete, poi inizia il conto alla rovescia e sulle sue labbra riesco a leggere "tre, due, uno..." Il grosso orologio prende a scoccare, dodici rintocchi rumorosi e sinistri, durante la quale tutte se ne stanno con le braccia dietro la schiena e lo sguardo basso. Io non so se ridere o avere timore per ciò che sta per succedere. Alla fine dei dodici rintocchi, la grande porta si apre e compare la figura di Hobbes, vestito in smoking che fa un leggero inchino al passaggio dell'intera famiglia. Prima il Re, nei suoi abiti eleganti, accompagnato a braccetto da sua moglie anche lei adornata a festa. Subito dietro di loro, Daiana che con lo sguardo alto attraversa la sala. Ha un vestito lungo nero, decorato con qualcosa che luccica ad ogni suo movimento. Poi c'è la ragazza bionda, Victoria, che, al contrario della sorella, attraversa la sala con lo sguardo basso e vestita con abiti semplici, un jeans scuro e una maglia azzurra. E infine, Diego. Lui non cammina, lui sfila sotto i nostri occhi. Non è elegante come il resto della famiglia; porta una maglia nera a mezze maniche e dei pantaloni scuri. Tutti siedono ordinati ai propri posti, il Re capo tavola, alla sua destra sua moglie, a sinistra Diego e le altre sorelle.

<<Ingrid.>> afferma la Regina guardando il suo piatto.

Lei subito saetta verso la signora e si posiziona alla sua sinistra. <<Ditemi, mia Regina.>>

<<Lo avete servito nel giusto tempo?>>

<<Alle 19:59, come ogni sera, mia Regina.>>

<<Perfetto.>> sorride soddisfatta.

Ingrid si inchina leggermente e torna al suo posto, accanto alla porta della cucina. La famiglia mangia senza parlare. Non mi aspettavo questo silenzio, nemmeno che una famiglia di vampiri mangiasse con tanta compostezza ed eleganza. In realtà non mi aspettavo nemmeno che loro mangiassero, e tanto meno che esistessero.

Buffa la vita.

Ogni tanto Diego mi guarda, ma distrattamente, come se mi stesse pensando ma allo stesso tempo ignorando.


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