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"Dietro le nuvole, il cielo è sempre azzurro."

Lei poteva percepire che c'era qualcosa che non andava. Era da qualche giorno che aveva visioni sempre meno frequenti, e le poche che riusciva ad avere le doveva chiedere lei, e faceva sempre più male. E la cosa peggiore era che non sapeva il perché, e non sapeva nemmeno decifrare quello che vedeva. Vedeva delle ceneri che diventavano rosse e si alzavano in volo, poi sentiva delle urla e infine vedeva sangue. Una volta aveva persino visto qualcuno che piangeva, in un angolo troppo lontano, e aveva sentito i singhiozzi. Non sapeva chi fosse quella persona, e questo la faceva innervosire. Non le era mai successo prima d'ora, e odiava la consapevolezza di avere un potere speciale e non poterlo usare. Tutto era cambiato dall'arrivo di quelle due serve, da quel momento qualcosa era mutato e percepiva che non sarebbe successo niente di buono. C'era una particolare energia strana intorno alla ragazza più grande, e da quando aveva visto che l'umore di sua sorella Daiana sarebbe cambiato notevolmente a causa sua, non la perdeva mai di vista. Proprio per quel motivo si trovava da sola nel bosco, tra tutti i posti quello era quello che la faceva di più riflettere. Camminava a passo svelto nel sentiero, con il cappuccio del mantello nero sulla testa. Per richiedere una visione futura aveva bisogno di silenzio e tranquillità, ma soprattutto di un posto sterile.

Così giunse fino alla fine della sua proprietà, si fermò solo quando i cancelli neri non le permettevano il passaggio dall'altra parte. Scelse un buon albero e si sedette sulle sue radici, a gambe incrociate. Si concesse un attimo di silenzio, guardava in alto e osservava le stelle che illuminavano il cielo scuro. A lei piaceva tantissimo osservarle, al contrario degli altri componenti della famiglia, che le trovavano noiose e monotone.

Lei era sempre stata quella diversa della famiglia. Fin dalla sua nascita, quando suo padre desiderava tanto un maschio e invece era venuta fuori una bellissima bambina con le guance rosse e i capelli biondi. Fino all'età della trasformazione crebbe in solitudine, il padre non la voleva, la disprezzava, la trattava male, e questo non le fece bene, infatti costruì intorno a sé un muro di mattoni che nessuno avrebbe mai distrutto. Era quello il principale motivo per cui aveva smesso di parlare, parlava solo quando le si chiedeva espressamente di farlo, altrimenti si limitava ad ascoltare le conversazioni. E non capiva perché il suo vero padre non aveva lo stesso atteggiamento con Daiana. Cos'era che lo faceva tanto infuriare? Forse si comportava troppo bene. Anche sua sorella era nata femmina, eppure a lei erano concesse ogni tipo di trasgressioni, ogni cosa che non sarebbero del tutto normale. Ma infondo cosa c'era di normale, in una famiglia che per vivere aveva bisogno del sangue altrui? I suoi unici amici per tutta la sua vita furono le persone che vedeva nelle sue visioni, solo loro riuscivano a capirla e a confortarla. Aveva capito come controllarle, come non provare dolore e addirittura come entrare nella visione e parlare con le persone. Crescendo aveva perso quell'abilità e ne soffrì molto. Aveva subìto la trasformazione vera e propria a cinque anni mondani, e i venticinque li aveva superati da un pezzo. Funzionava così per i vampiri. Sebbene nascessero da un ventre di una donna essenzialmente morta, il loro cuore batteva e crescevano come ogni neonato umano. I neonati non avevano abilità vampiristiche, l'unica cosa che possedevano di diverso dagli altri era il colore dei loro occhi troppo accesi e un'innaturale bellezza. Per diventare un vampiro vero e proprio, i neonati dovevano compiere la trasformazione, che avveniva dai tre ai sei anni. Consisteva nel recidere il polso del bambino e far colare il suo sangue in una brocca contenente il sangue di sua madre e di suo padre. Il bambino doveva bere da quella brocca tutto il contenuto, e da lì a poche ore la sua anima sarebbe cambiata, diventando un vampiro a tutti gli effetti. La fame sarebbe stata insaziabile, la forza eccessiva per un bambino di appena tre o cinque anni. Ma cosa avveniva se per un motivo o per un altro un neonato non subiva la trasformazione? Semplice, restava umano. I lineamenti restavano gli stessi, cambiava la tonalità degli occhi. Di pochi se ne conoscevano che non avevano potuto ottenere la vita eterna, e la causa era che i loro genitori erano morti.

Victoria fece un lungo respiro anche se non ce ne era bisogno, era uno stupido vizio che aveva preso guardando le domestiche. Tolse dalla testa il cappuccio e lo lasciò prendere il suo posto sulla schiena, poi estrasse da una tasca la candela rossa e se la mise in mezzo alle gambe incrociate. Chiuse gli occhi e si preparò per il dolore che stava per ricevere. Devo farlo, devo sapere. Continuava a ripetersi per auto convincersi, ma la verità era che nemmeno lei sapeva perché stava sopportando tutto questo.

<<Oh potenti padroni del futuro, mi piego al vostro volere e chiedo umilmente di accedere all'enorme privilegio che mi è stato concesso. Lasciatemi oltrepassare il muro che avete costruito per proteggervi, prometto di non rivelare a nessuno cosa i miei occhi vedranno e la mia mente percepirà. Inoltre resisterò ad ogni punizione che mi darete, e non mi lamenterò. Anima adducam tibi munera.>>

Concluse la filastrocca che doveva ripetere ogni volta che voleva accedere a qualcosa che non le era stato concesso per natura, e restò con gli occhi chiusi e le braccia alzate. Se qualcuno la avesse vista in quel momento avrebbe sicuramente pensato che stesse semplicemente pregando, nel cuore della notte.

Il dolore arrivò familiare dopo qualche secondo di assoluto silenzio, stavolta lo percepì proprio nel cuore. I padroni del futuro scelsero il cuore e la mente per prendere ciò che gli spettava, e quella volta avevano scelto di rubare un ricordo. Lei poteva vederlo per l'ultima volta, dietro le sue palpebre, stava assistendo alla morte di un suo ricordo. Era legato al suo centesimo compleanno, stava rivivendo quel giorno tra le risate della festa e le emozioni provate. Non se ne sarebbe più ricordata, da quel momento in avanti avrebbe pensato al suo centesimo compleanno come a qualcosa di buio e freddo. Lo guardò scivolare nelle tenebre, nel buio, poi si morse la lingua per non urlare per il dolore sia fisico che emotivo. Aveva promesso di non lamentarsi e restava fedele alle promesse, soprattutto quando erano legate ai padroni di qualcosa che andava ben oltre le sue più lontane capacità. Lo aveva già fatto altre volte in passato, poteva resistere ancora, era forte proprio come sua madre. Il dolore finì e si tenne stretta alla radice sotto di lei: stava per apprendere qualcosa che nessuno ancora sapeva.

L'immagine inizialmente le apparve troppo chiara nella mente, poi pian piano le figure si focalizzarono. Si trovava in una stanza chiara, osservava la scena dall'alto, quindi le era impossibile guardare in faccia i volti. C'erano tre persone che parlavano animatamente, sedute attorno ad un tavolo rotondo dipinto di marrone.

<<Mi stai dicendo che non ci sono ancora notizie? Dannazione il mondo sta cadendo a pezzi! Le dimensioni si stanno sgretolando sotto i nostri occhi!>>

Parlò per prima una ragazza dai lunghi capelli biondi lisci, innervosita da tutta la situazione. Un'altra ragazza sbuffò e posò qualcosa sul tavolo che aveva tutta l'aria di essere un coltello dalla punta affilata e il manico blu.

<<Li troveranno...>> rispose una ragazza dai capelli neri, visibilmente infastidita.

<<La partenza è alle porte.>>

Alla conversazione si aggiunse una terza ragazza, con i capelli castani. Victoria avrebbe tanto voluto intervenire, chiedere chi stessero cercando, chi erano loro, ma non poteva né muoversi né mettersi in una prospettiva migliore, in modo da vedere i volti.

Una porta si aprì di scatto e le tre ragazze si alzarono all'unisono. Entrò un ragazzo in divisa con i capelli castano chiaro, si fermò davanti al tavolo e guardò stranito le ragazze.

<<Ah, sei solo tu.>> affermò la ragazza dai lunghi capelli neri, sedendosi di nuovo.

<<Ancora nessuna novità.>> disse il ragazzo, ignorandola. Victoria notò subito che aveva uno strano accento che aveva già sentito da qualche parte, ma non riusciva a ricordare dove. <<Le ricerche proseguono ma sembrano essere diventati invisibili agli occhi di tutti.>>

<<Che succederà se non li troveremo in tempo?>> chiese la ragazza dai capelli marroni.

<<Tranquilla principessa, li troveremo e metteremo fine a tutto questo.>>

Aveva detto principessa? La profezia riguardava anche le principesse? E se tutte loro fossero principesse? Victoria non riusciva a capire bene, le voci sembravano criptate, come se non volessero farsi sentire. Inoltre non avevano detto nessun nome, quindi sarebbe tornata a casa con il sacco vuoto.

<<Partiremo domani e non c'è alcuna traccia dei due fratelli da giorni, come faremo a partire senza di loro? Senza di lei?>> disse la bionda, su di giri e con evidente preoccupazione e astio.

Sembrava preoccupata, ma non per le persone scomparse, più per quel che sarebbe successo se loro non sarebbero tornati.

<<Torneranno.>> rispose il ragazzo in tono schivo.

Victoria aprì gli occhi e desiderò con tutta sé stessa di tornare lì per scoprire qualcosa di più, ma l'unica cosa che vedeva e sentiva in quel momento era niente. Aveva capito tre cose: in futuro, non si poteva definire quando, qualcuno avrebbe riconosciuto le ragazze e le avrebbe raggruppate. Poi che queste ragazze erano per il momento solo tre, una dai capelli biondi, una con i capelli neri e un'altra castana. Quello che non capiva era chi stessero cercando con così tanta impazienza, e soprattutto che viaggio dovevano compiere di vitale importanza.

Ringraziò i padroni del tempo, raccolse la candela e spense la fiamma con due dita, poi rimise il cappuccio in testa e camminò verso casa.

Il suo sacrificio era stato come vano, le informazioni erano troppo scarse e quella volta aveva dovuto giurare di non raccontare niente a nessuno. Avrebbe dovuto provvedere lei stessa, le avrebbe riconosciute lei in qualche modo, e non era sicura di riuscire a fare una cosa del genere. Si sentiva come se il peso delle dimensioni fosse su di lei, anche se nessuno le aveva chiesto di trovarle. Semplicemente aveva il desiderio di farlo, doveva farlo. L'unica cosa di cui aveva paura era che presto tutto quello sarebbe stata solo un'ossessione.

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