10 luglio 1676

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Ottavio uscì di casa al sorgere del sole, ancora stravolto dall'accusa di tradimento che Galatea aveva ventilato la sera precedente. Era stato come se, di tutto quel tempo trascorso ad aspettare pazientemente, a sua moglie non fosse arrivato che un sentore lontano di indifferenza e disinteresse. In parte la giustificava, rendendosi conto, dopo i lunghi confronti con Ferraris, di aver reagito fin dal principio nel modo sbagliato. Ma quell'affronto gli suggerì in maniera implicita che cosa avrebbe dovuto fare: intendeva, cioè, che Galatea era predisposta ad accettare l'idea che lui si fosse consolato con un'altra donna. E benché il solo pensiero di poter infrangere la fedeltà coniugale gli desse i sintomi di un profondo malessere, dopo quella sera la sua mente ammise la possibilità di poterlo fare, per una volta, senza che ne seguissero ripensamenti e penitenze.

Per questo motivo non rientrò a casa per pranzo; prese la strada dei campi, camminò spedito a testa china e allungò il tragitto, preoccupandosi di passare il più lontano possibile dal centro abitato: nessuno avrebbe dovuto riconoscerlo. A un tratto ripiegò verso il mare, addentrandosi nelle strade strette vicine al porto, confondendosi nella moltitudine di persone sconosciute, che si sarebbero fermate chi poche ore, chi alcuni giorni: ciò che gli premeva, in quel preciso momento, era che nessuno potesse ricordarsi di averlo visto lì. Sapeva, infatti, che in quella zona si trovava un bordello illegale ad uso, soprattutto, dei marinai.

Quando si trovò davanti alla porta socchiusa non esitò a entrare. I tentennamenti non erano contemplati, non più; la sua volontà si era irrobustita lungo la strada per arrivare alla meta e, ora che c'era, non si sarebbe tirato indietro. Al di là del banco, il protettore stava prendendo nota degli incassi del giorno prima; Ottavio avanzò sicuro di sé, quasi baldanzoso, e si posizionò con le mani sui fianchi proprio di fronte al padrone. Questi lo guardò sbadatamente, sollevando a malapena gli occhi dal rendiconto che stava compilando.

«Quali sono le tariffe?» domandò con voce chiara, per non essere ignorato.

«Le leggete là, se sapete leggere», indicò con il pennino. Ottavio allora notò un pannello con i prezzi per ogni prestazione. Non impiegò molto a decidere, quindi si appressò nuovamente al bancone e chiese dove avrebbe potuto vedere le ragazze. Di nuovo senza alzare gli occhi, il padrone accennò a una porta che stava alla sua sinistra. Sbuffando, Ottavio seguì l'indicazione. Si trovò in un'anticamera che assomigliava a una locanda, con tavoloni e fiaschetti vuoti, avanzi di cibo per terra; in quella confusione, tre donne di età compresa tra i trenta e i quarant'anni gozzovigliavano sedute sul pavimento, già brille a quell'ora.

«Ehi, giovanotto!» lo chiamò una di loro, tendendogli la mano. «Da dove arrivi?»

«Non ha importanza. Qui non si fa conversazione, credo...» rispose, osservandole bene. Le due che non avevano parlato risero tra loro, poi la più anziana sventolò la gonna mostrando le cosce. «I giovanotti come te sanno quello che vogliono. Vieni a prendermi...»

Ottavio storse il naso e replicò disgustato: «Qualche vostra collega, per caso, è sobria?»

Risero ancora, divertendosi a più non posso per i modi tutto sommato gentili che usava loro.

«Se vuoi, quelle noiose sono per di qua», disse la prima che aveva parlato. Lui le superò, evitando di incontrare nuovamente i loro sguardi offuscati dal vino. Passò oltre, varcò un'altra porta, trovandosi in un ambiente simile al precedente, ma più affollato. C'erano, in tutto, una dozzina di donne giovani. Non tutte, anche qui, erano sobrie: quattro di loro giacevano sulle panche, spalle al muro, addormentate. Le restanti, su per giù ventenni, si volsero subito all'ospite non appena sentirono la porta aprirsi. Avendo l'attenzione di tutte su di sé, Ottavio provò un immediato senso di disagio e trattenne il respiro.

«Buongiorno», cinguettarono in coro cinque ragazze, mentre le altre tre si alzavano in piedi. Lui fece due passi avanti, ritrovandosi presto circondato. Le otto fanciulle, che oltre ai visini innocenti avevano mani esperte e veloci, presero a toccarlo senza vergogna nei punti più sensibili di un uomo; al che lui si sottrasse e, con tono scherzoso, si scusò: «Non ho abbastanza denaro per pagarvi tutte».

«Allora scegli me, su!» esclamò con entusiasmo una diciassettenne bruna e bassa. Una compagna dai lunghi capelli castani le balzò alle spalle facendola trasalire, quindi disse: «Io sono più bella di lei, vero, mio signore?»

Un'altra gli prese la mano, gliela baciò e se la portò sulla guancia e con fare languido lo trasse con sé: «Io sono più brava, signore».

Gli furono di nuovo addosso tutte e otto con la stessa tenacia di prima; una gli sfilò la cravatta, una gli slacciò la cintura; al fine di ritrovarsi nudo, Ottavio le fermò, le allontanò, le guardò un'ultima volta. Poi, prendendo delicatamente per mano una di loro, una fanciulla bionda dai lineamenti gentili, fece la propria scelta. Lei gli sorrise civettuola e gli indicò la porta che li avrebbe condotti alle camere da letto.

In quel mentre, però, dall'anticamera giunse la voce seccata di un uomo; le ragazze scambiarono sguardi allarmati e la biondina si strinse contro Ottavio, esortandolo a seguirla subito. Poi la porta d'ingresso si spalancò e Toni Pertica si introdusse nella stanza. Puzzava di vino, ma era lucido, infatti era ben ritto in piedi e quasi intimidatorio per l'espressione truce del volto rugoso e scavato. Squadrò in un attimo le ragazze, poi, senza esitare, ne additò un paio: «Tu e tu, muovetevi!»

La maggiore delle due digrignò i denti di rabbia e ribatté, stando immobile: «Ce li hai i soldi, stavolta? O scapperai di nuovo senza pagare?»

«I miei conti li ho già pagati; adesso muoviti, che non ho tempo da perdere», tagliò corto, mettendo premura alle due che aveva scelto per sé. Ottavio, che aveva assistito alla scena dalla soglia della porta che conduceva alle camere, si trovò sul suo cammino e, quasi volesse affrontare l'arroganza di quell'uomo, non si scostò per farlo passare; al che Toni gli si fece sotto e minacciò: «Levati, smilzo».

Dopo questo, Ottavio avrebbe volentieri usato il proprio privilegio di primo arrivato per comprarsi tutte le ragazze e salvarle dalla brutalità di quell'uomo insulso, ma le sue tasche erano veramente vuote e ciò che aveva sarebbe bastato a stento per la prestazione di una singola ragazza. Abbattuto dal pietoso spettacolo, si avviò dietro alla biondina, seguito da Toni e dalle altre due; salirono una ripida scaletta di legno, quindi la scelta della camera fu lasciata agli uomini. Il marinaio, che era un frequentatore del bordello, andò senza dubbio nella sua stanza preferita, mentre Ottavio si accontentò della prima che trovò libera.

Una volta chiusi dentro, la biondina si strinse nelle spalle e rabbrividì; Ottavio, di rimando, distolse gli occhi da lei per guardarsi attorno: quel cubicolo gli ricordava bene l'altro bordello in cui aveva trascorso una notte molto particolare. L'arredo era lo stesso, semplice e disadorno, e la pulizia pressoché inesistente. Cominciò a percepire del disagio per quella situazione e si chiese come avesse fatto a trovarsi lì; poi gli sovvenne che aveva poco tempo e che, se voleva arrivare fino in fondo, non avrebbe dovuto dare spazio a esitazioni. Afferrò a due mani la cintura già slacciata, la sfilò dai passanti dei pantaloni e la appoggiò sul letto; solo allora si rivolse alla fanciulla bionda e la vide mentre slegava i nastri che le assicuravano la gonna in vita.

«Che cosa volete da me, signore?» domandò. Sembrava una domanda di rito, più che un motto spontaneo. Ottavio, che non aveva idea di cosa dovesse rispondere, allargò le braccia e arcuò le sopracciglia. La ragazza lo guardò storto, si avvicinò cautamente e tentò di capire se quel gesto alludesse a qualcosa in particolare.

«Tu che cosa mi consigli?» chiese quando ormai lei era arrivata di fronte a lui. Mantenendo un'espressione spaesata e confusa, la ragazza gli disse di sedersi e lui obbedì; lei si appoggiò alle sue cosce per inginocchiarsi tra le sue gambe leggermente divaricate. Ottavio sentì il cuore accelerare i battiti e, considerandolo alquanto imbarazzante, disse la prima cosa che gli passò per la testa: «Come ti chiami?»

Lei non lo guardò per rispondere: «Maddalena», e allungò le mani verso i bottoni dei suoi pantaloni.

«Aspetta», la interruppe; quella, sempre più sbalordita, si ritrasse un poco e alzò gli occhi sul suo viso.

«È per via di vostra moglie?» sussurrò con tono colpevole. Al suo sguardo cupo, continuò: «Ho visto che portate la fede, perciò avete moglie...»

«Ho moglie, in effetti...» ammise, sforzandosi di assumere una posizione più rilassata.

«È una donna fortunata; se non volete fare l'amore con me, vuol dire che le volete tanto bene.»

«O forse sono semplicemente un debole, un bigotto che non approva l'adulterio.»

La fanciulla scosse la testa e si rialzò, cominciando a camminare avanti e indietro davanti a lui. Poi disse: «Chi chiacchiera non conclude, di solito. Secondo me, voi non siete venuto qui per il sesso».

«Ti sbagli. Vieni, su, torna qui», replicò, offeso. Lei fece un'espressione smagata, riprese posto e di nuovo allungò le mani sui bottoni, slacciò il primo, poi si ritirò. Ottavio era molto teso, respirava a scatti, come se fosse sul punto di scappare via.

«Perché ti fermi? Continua, avanti», piagnucolò; ma lei sorrise disillusa e ripeté: «Avete troppa paura per concludere qualcosa».

«Anche voi avete avuto paura, se non sbaglio... di quel marinaio che è entrato dopo di me».

Maddalena sospirò, muovendo le mani su e giù sulle sue cosce, nel tentativo di calmarlo con le carezze. Solo dopo un momento di silenzio rispose: «Quel marinaio è un uomo malvagio; una volta sono stata con lui e non vi dico come mi ha ridotta, cosa mi ha costretto a fare... Il peggio, però, è quando viene con il suo amico...»

«Amico?» rise Ottavio, percependo gli effetti benefici del suo massaggio. «Uno come lui non può avere amici, solo complici.»

«Avete detto bene, complice: la Nina, una volta, è rimasta in camera con loro per più di un'ora e quando l'hanno fatta uscire non ha parlato più per un intero giorno. Noi ci siamo preoccupate, abbiamo detto al padrone di non farli entrare più... Ma sono clienti, dopotutto, e il padrone ci guadagna...»

«Perché non cambiate vita? Perché non scappate da qui? Tu sei giovane, giovanissima, potresti andare lontano, trovare marito, avere una famiglia...»

«Nessuno mi sposerebbe, sapendo da dove provengo. Quelle come me sono infamate per sempre, come se avessimo scritto in fronte che siamo prostitute.»

«Quanti anni hai?»

Maddalena si perse per un attimo negli occhi scuri e profondi dell'uomo che aveva di fronte. Era vero che chi chiacchierava non concludeva, ma questa volta Maddalena temette di essersi innamorata. Perciò, con tono soave, si affidò a lui dicendogli: «Diciassette appena compiuti, signore. E faccio questo mestiere da due anni, da quando mi hanno rapito e chiusa qui dentro senza che io possa andarmene. Mi devono riscattare per farmi andare via...»

«Santo cielo!» esclamò, prendendole delicatamente il viso tra le mani. «E io che ti costringo a fare questo...»

«Non mi state costringendo...». Ed era vero: se con la maggior parte dei clienti era tenuta a reprimere ogni remora e a praticare il mestiere, c'era una minoranza verso cui le mansioni della prostituta diventavano quelle di un'amante. Con quel giovane affascinante era così: per questo, subito, a dimostrargli quanto fosse bendisposta nei suoi confronti, si mise a massaggiargli unicamente l'inguine. Mentre lo faceva lo fissò negli occhi, rallegrandosi di vedere come, con così poco, il suo sguardo si illanguidisse di piacere. Poi, però, tornò serio, pur senza ricacciarla, e le domandò: «Chi è l'amico del marinaio? Sai come si chiama?»

«So che abita qui a Vallebruna... Il nome in questo momento non mi viene.»

Scivolò in avanti fino al materasso e appoggiò la fronte al ventre di lui, percepì i battiti del suo cuore e ne fu come rapita; a quel punto, Ottavio immerse le dita tra i suoi lunghi capelli. La sua voleva essere una carezza innocente, un incoraggiamento a ricordare; lei la intese diversamente, nel significato che le era più familiare. Slacciò il secondo bottone dei pantaloni, poi afferrò la camicia e la sollevò per baciargli la pelle nuda dell'addome. Ottavio avvampò in viso, avvertendo una strana sensazione di disorientamento.

«Pensaci, Maddalena: come si chiama?»

«Perché vi sta così a cuore saperlo?» ribatté amareggiata, capendo che i risultati promettenti che aveva raggiunto stavano già svanendo. «Potremo parlarne dopo...»

Spinse una mano sotto la biancheria e lui si pietrificò, chiuse i pugni sulle lenzuola e sbarrò gli occhi. Lei, per tranquillizzarlo, gli sorrise; ma non bastò. Allora balzò in piedi, gli si gettò sopra facendolo coricare supino e gli sussurrò all'orecchio: «Si chiama Bastiano, contento?»

Ottavio respirò a un ritmo sempre più controllato; Maddalena, però, intuì che la notizia l'aveva scosso profondamente, poiché era impallidito e il suo volto si era fatto affranto. Le dispiaceva che un volto così delicato e pulito si appesantisse di un dolore o di una preoccupazione. Per quanto la rivelazione le paresse di poca importanza, era evidente che lui non pensasse la stessa cosa. Era stata lei a impensierirlo, anche se incalzata da lui: si accinse, dunque, a consolarlo nell'unico modo che conosceva.

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