2 luglio 1676 pt. 2

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Spirava una leggera brezza dal mare; più si avvicinavano al porto, più l'aria diventava corposa contro i loro visi incupiti dal persistente silenzio. Quando giunsero in vista del panorama marino alla luce del crepuscolo, rimasero meravigliati dallo spettacolo naturale: la linea dell'orizzonte dietro la quale il sole si era rifugiato era ancora di un colore arancio vivo, un colore che stingeva via via nel rosa, poi nel viola, quindi nel blu scuro della volta celeste. La luna calante pendeva su di loro, abbagliata ancora dalla luce solare e quasi intimidita.

Volsero una lunga occhiata su ciò che li attorniava: c'erano navi attraccate, qualcuno ancora scaricava merce dalla stiva; c'erano fattorini che si affrettavano a portare a termine le commissioni prima che facesse notte; c'erano marinai che vagabondavano sui pontili, come se avessero già nostalgia della navigazione.

Ferraris infranse il silenzio con un sospiro, quindi si passò una mano tra i capelli biondi – non aveva mai indossato parrucche a Vallebruna, poiché avrebbe attirato ancora più attenzione. Ottavio, imitandolo, trasse un profondo respiro e, scorto un sentiero che portava alla spiaggia, lo prese senza pensarci, lasciando che l'altro lo seguisse. Una volta che furono arrivati lì, con le scarpe affondate nella sabbia, il marchese si mise le mani sui fianchi, inspirò il profumo del mare e mormorò: «Non avevo mai visto una spiaggia».

Ferraris, intanto, si era seduto su un tronco secco, un rigurgito di tempesta che proveniva da chissà dove. Nemmeno lui aveva mai visto una spiaggia, non almeno poggiandoci i piedi; ma gli sembrava stupido farlo presente, perciò lo tenne per sé. Gli premeva altro in quel momento, un argomento delicato da cui avrebbe potuto rimanere scottato. Guardava Ottavio senza risolversi a parlare.

«Avete una faccia...» constatò all'improvviso il marchese per prenderlo in giro. Ferraris mugugnò qualche parola poco carina e la sua espressione si fece ancora più corrucciata. L'altro venne a sederglisi accanto, lo fissò per qualche istante e, quasi contagiato, assunse un atteggiamento simile al suo.

Ferraris lo notò con la coda dell'occhio buono e disse, come se gli stesse parlando in confidenza: «Sono preoccupato per vostra moglie».

Inaspettatamente, Ottavio non si inviperì, limitandosi a sbuffare. Non sbuffava, però, per la sua ennesima intromissione, quanto piuttosto perché gli doveva riconoscere ragione: il loro rapporto aveva imboccato una china ripida e ineluttabile che non lasciava sperare miglioramenti. La disperazione, presto, avrebbe preso il sopravvento, avrebbe inghiottito entrambi in un turbine di tristezza e li avrebbe annientati pezzo per pezzo.

«Avete qualche suggerimento da darmi?» domandò con un filo di voce, chiudendosi nelle spalle.

Ferraris respirò forte un paio di volte, per poi dire: «Ho sempre avuto l'impressione che l'umore di una donna fosse il più difficile nemico da vincere. Ogni donna è diversa e per ognuna ci sono mille facce. Come la Luna. La Luna non è mai la stessa ogni notte».

Ottavio abbozzò un sorriso rassegnato, si reclinò all'indietro, appoggiandosi sulle braccia, lo sguardo rivolto al mare. La luce si dissolveva in fretta, presto sarebbe stato buio.

«Non credo che voi abbiate cominciato il discorso senza avere di mira una conclusione», rifletté senza malizia e senza ambiguità. Ferraris, dal canto suo, non fu sorpreso dallo smacco; conosceva l'interlocutore, lo stimava come persona di mente acuta. Perciò decise di gettare le armi e confessare: «Ho un pensiero che potrebbe aiutarla a superare il dolore e la solitudine».

«Parlate, dunque.»

Ferraris si prese un momento, poi: «Lei non si sente più amata», spiegò. «O meglio, crede di non meritarsi più che compassione. Ci vede entrambi come due uomini estranei perché crede che non condividiamo le sue sofferenze e, da una parte, vorrebbe dimenticarle lei stessa per poter tornare alla vita di prima; dall'altra, però, sa che dimenticarle sarebbe un tradimento. All'inizio ha pensato di mettere insieme le due esigenze concedendosi a voi con freddezza e quasi per obbligo, come voi stesso mi avete detto. Ora, invece, se ne sta per conto proprio, odia le manifestazioni d'affetto perché le intende come soprusi. È quest'idea quella che dobbiamo sradicare dalla sua testa al più presto».

«Avevo pensato anch'io a qualcosa del genere,» ammise Ottavio, «ma il mio intento non era certamente rifiutarla perché non la desidero più, anzi! Se potessi... ma capisco che non sarebbe bello, che lei lo farebbe per forza, che potrebbe addirittura detestarmi e classificarmi come un animale che vuole solo soddisfare le proprie voglie istintive senza preoccuparsi di lei.»

Ferraris annuì pensieroso: «L'amore carnale non è quello che lei si aspetta da voi», disse piano, poi aggiunse: «Quando in guerra vedi morire il compagno al tuo fianco, quando vedi la pallottola che ti sfiora, ti risparmia e si conficca nella fronte dell'amico subito dietro di te, c'è poco altro che tu possa fare oltre che impazzire. Una cosa simile sta accadendo a vostra moglie: lei ha sentito la morte vicina, la morte le ha strappato il bene più grande. Esiste un solo modo per uscire dalla pazzia: parlare, raccontare ciò che è successo, riviverlo da lontano e cominciare a percepire un distacco con la persona di cui si nega la morte. Lei non ha accettato ed è come se il male la stia rodendo pian piano dall'interno».

«Non me la sento di parlare di quel giorno», ribatté secco Ottavio. Ferraris si discostò leggermente da lui e lo guardò in viso: «Neanche voi ne avete mai parlato? Ma voi...»

«Io...» cominciò a dire, ma la voce gli mancò e tacque. L'altro abbassò il capo e poi, rialzatosi, lo rincuorò: «Non con me, avete ragione. Dovrete parlarne con lei quando vi sentirete pronto. Nel frattempo dovete far di tutto affinché lei torni a desiderarvi: corteggiatela con rispetto, stuzzicatela con delicatezza, fatele capire che vi piace la sua compagnia, che vi piace il suo corpo, ma allo stesso tempo la venerate. Deve essere lei a cedere a voi, non voi a lei, perché in questo momento lei vive nelle tenebre e voi avete il compito di trarla fuori. Pensate a Orfeo ed Euridice: Orfeo si volse e questo gli costò la perdita dell'amata. Non voltatevi, però tenetela per mano. Lei vi verrà dietro».

«È chiaro, vi ringrazio. Solo, non capisco una cosa», rispose Ottavio, commosso e diffidente insieme.

«Chiedete.»

«Quale sarebbe il vostro ruolo nella vicenda?»

Ferraris sorrise sornione: «Sono la vostra controparte, no? Io la farò sentire desiderata oltremisura, le farò capire che non solo piace tanto a voi, ma che ha ancora tanti pretendenti disposti a dare la vita per lei. Le toglierò ogni dubbio circa la sua possibilità di far innamorare ancora gli uomini; e vi si concederà, alla fine, con più rinnovata passione e desiderio».

Ottavio tornò cupo e indagò meglio: «Tutto questo parlare di desiderio e di amore mi fa credere che voi abbiate obiettivi meno nobili di quanto volete far intendere. Non vorrei ritrovarmi becco come un messer Nicia* qualsiasi».

«Non mi lasciate scampo, vedo. Bene, confesserò: non escludo che possa succedere. Tengo solo a dirvi che non sono quell'uomo che si diverte a far soffrire le donne», quindi, dopo un sospiro, lo guardò dritto negli occhi e con voce ferma e profonda impetrò: «Permettetemi di amarla; giuro che non le spezzerò il cuore e che voi non ne avrete alcun danno».

«Alcun danno?!» sbottò Ottavio. «Voi volete possedere mia moglie, il bene più grande che ho, e voi...». Questa volta fu la rabbia a togliergli la parola. Scaricò un pugno contro il tronco su cui sedeva, fremette e tremò. Ferraris, non così impressionato, abbassò la voce: «So che avete letto le mie lettere; me l'ha detto lei. E se non ve ne siete mai lamentato, in fondo, vuol dire che vi piacevano... Credo le abbiate anche usate per vostro personale beneficio in qualche occasione...»

Ottavio arrossì di colpo, gli afferrò un braccio e lo zittì con uno sguardo minaccioso. Ferraris, però, lo guardò ammiccando complice: «La facciamo dormire in mezzo stanotte?»


L'oscurità incombente affrettò le trattative e nel giro di un quarto d'ora i due furono sul pianerottolo di casa, entrambi impazienti di entrare. Una volta dentro, scansarono i bambini addormentati sul pavimento e si introdussero in camera. Erano sprovvisti di candele e non c'erano fonti di luce all'interno; la luce della luna era troppo tenue per dare consistenza alle forme e ai contorni: distinsero a malapena il letto e, quando furono rimasti con i soli calzoni, Ottavio dovette tastare il materasso per trovare Galatea. Dormiva dalla parte sinistra, come suo solito; il marchese le accarezzò la fronte, scostò le lenzuola con delicatezza e, mordendosi le labbra per scacciare pensieri fastidiosi, si chinò e la sollevò tra le braccia per spostarla al centro. Lei mugolò, ma non si svegliò.

«Ecco fatto», disse rialzandosi. «Ma ricordate che vi controllo.»

Ottavio si distese al proprio posto, nella parte destra del materasso, Ferraris invece,all'opposto, nella sinistra. Entrambi, istintivamente, allungarono un braccio verso Galatea, le sfiorarono il fianco, percepirono la consistenza della sottoveste di lino; fu Ottavio, com'era prevedibile, a trarla a sé con gelosia, stringendola al petto. Ferraris si volse di schiena e non osò travalicare il confine. Tuttavia, il marchese passò insonne buona parte della notte, nel timore che l'altro potesse muovergli un tiro mancino.


*Messer Nicia è un personaggio della commedia di Machiavelli intitolata La mandragola: Nicia è sposato alla bellissima e casta Lucrezia e desidera un figlio che non riesce a generare. Callimaco, astuto spasimante di Lucrezia, convince lo sciocco Nicia a farle bere un intruglio che la renderà fertile, a una condizione: che il primo rapporto sessuale sia consumato da un altro uomo poiché, a causa del filtro magico, il rapporto sarebbe fatale e chi lo consumasse morirebbe. Nicia accetta di buon grado, pensando di aver fatto il colpo della vita; invece Callimaco riesce a possedere la bella Lucrezia e a continuare poi una lunga relazione adulterina alle spalle dello sprovveduto marito becco (= cornuto).


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Angolo Autrice

Credo sia inutile dire che mi aspetto qualche commento... L'atmosfera si sta scaldando un po' troppo, forse?

Lucille

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