5.

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La ferita alla gamba era quasi del tutto risarcita. Sebbene con il sostegno di una stampella di legno, Jacopo era quantomeno in grado di muovere qualche passo attraverso il castello.

Non aveva più incontrato Aloisia.

Temeva che quella notte, sul camminamento di ronda, fosse accaduto l'irreparabile, e che magari i coniugi gli avessero taciuto la verità per evitargli dispiaceri.

Quello che lo premeva, comunque, era la consegna della lettera che gli era stata affidata dal Duca. Non aveva notizie circa l'evolversi della situazione a Mantova e considerava l'insieme degli ultimi eventi come una calamità, che lo aveva portato a una condotta miserevole nei confronti di colui che aveva riposto tanta fiducia nella sua persona.

Affacciato alla finestra del castello, gettava lo sguardo all'orizzonte, assorto nei suoi pensieri, ma non abbastanza da non notare la figura che avanzava lungo la strada che lui stesso aveva intrapreso, conducendo con sé un mulo.

Potrebbe provenire da Mantova anch'egli! Pensò, accendendo in sé un barlume di speranza.

La strada conduceva inevitabilmente a Fosdinovo. Bivi non ve n'erano. Tanto valeva fare un tentativo.

Discese le scale il più velocemente possibile, raggiunse il cortile, oltrepassò l'arco e il ponte levatoio e si diresse verso la strada.

Un frate, canuto, curvo sotto il peso degli anni, camminava ondeggiando il saio e conducendo con sé la soma, carica di tutti i viveri. Jacopo gli si fece incontro, in primo luogo per evitargli la stessa scontrosa accoglienza che avevano offerto a lui.

Il frate sollevò lo sguardo a incontrare il volto del giovane e lo salutò cordialmente: «Salute a voi, giovanotto. Non mi aspettavo questa accoglienza.»

«Non è niente di più di quanto qualsiasi uomo d'animo buono avrebbe offerto a un pellegrino. Prego, lasciate che vi aiuti.» Terminò, raccogliendo la longhina dalle mani del vecchio. «Da dove provenite?»

«Dalla campagna di Felino.»

Il sorriso abbandonò il volto di Jacopo per un momento, quanto bastò al frate per accorgersi. «Qualcosa non va, messere?»

«Affatto.» Precisò Jacopo. «Vorrei avere notizie di Mantova e avevo speranza che voi giungeste da quei luoghi.»

«Le vicende di Mantova sono giunte per voce anche a Felino. La città non versa in buona situazione e gli auspici non sono migliori. Ne sono desolato, avrei voluto portarle notizie più liete.»

«Non vi angustiate, padre. Venite, vi conduco al castello. Riceverete ospitalità finché non riprenderete il cammino.»

Lo condusse fino al maniero e, come previsto, Marianna e Goffredo non si tirarono indietro davanti alla richiesta di stallo del vecchio francescano.

Pranzarono nella sala grande, attorno a un tavolino imbandito. Il frate ebbe molto da combattere contro le insistenze dei suoi ospiti che lo volevano compagno della loro mensa, mentre lui, devoto alla regola, avrebbe preferito un posto più umile. La vecchiaia e la stanchezza giocarono a suo sfavore e fu costretto ad accettare.

La curiosità di Jacopo sembrava non avere freni, dal momento che aveva l'opportunità di ricevere notizie, di qualsiasi natura esse fossero state.

«Dove siete diretto?»

Il francescano terminò di sorseggiare la zuppa di miglio, prima di rispondere: «Debbo raggiungere il Chierico di Camera a Borgo San Lorenzo, poi partiremo alla volta del Vaticano.»

Al sentir pronunciare il nome della sede pontificia, Jacopo sussultò. «Ho necessità di raggiungere il Vaticano anche io, al più presto. Potrei accompagnarvi, se me lo permettete.»

«Della buona compagnia non si disdegna mai. E al Barberini gioverà avere un altro giovane con il quale conversare.»

«Barberini? Quel Barberini?»

«Francesco.»

«A Mantova giungevano voci della sua imminente nomina a cardinale.»

«Dovrebbe avvenire in novembre. Fino a quel momento, resterà prefetto degli archivi, come è sempre stato, dal tempo in cui lo ha incaricato Innocenzo XI.»

«Sarei onorato di poter viaggiare assieme a voi. Per quale motivo siete giunto fin qui, se la vostra destinazione è Roma?»

«Probabilmente per le stesse ragioni che hanno condotto anche voi: per un povero vecchio non è buona norma viaggiare da solo tra i boschi dell'Appennino. Converrete.»

«Certamente.»

***

Un'altra notte passò, senza che Jacopo avesse l'occasione di incontrare, per l'ultima volta, Aloisia. Iniziava seriamente a credere che le fosse capitato qualcosa di spaventoso e ancora non si capacitava dell'assoluta tranquillità con la quale Marianna l'aveva scorta aggirarsi sul camminamento di ronda durante la tempesta. Non un moto di spirito, non un accenno di paura aveva mostrato. Quasi come fosse stato qualcosa di assolutamente comune, naturale, avrebbe osato definirlo. Tale atteggiamento a dir poco cozzava con quella volontà di protezione che avevano mostrato nei giorni addietro. Come intendevano custodire una persona se lasciavano che si mettesse in pericolo a quel modo?

Nonostante le rimostranze di Marianna, prima dell'alba Jacopo, ancora claudicante, si mise in cammino assieme al frate. Si issò in sella con l'aiuto di Goffredo, giacché le sue condizioni ancora non giovavano a un lungo viaggio senza aiuto: la ferita, seppur risarcita, gli doleva ancora e la fatica era molta, dopo appena pochi passi. Il cavallo, invece, si era ristabilito pienamente: avrebbe camminato lui, al posto suo.

Seguirono per un buon tratto il litorale, deviando poi alla volta di Lucca, dove trovarono ricovero a notte fonda. Decisero di raggiungerla per ottenere riparo al sicuro dentro le sue imponenti mura. Accogliente e ospitale, la taverna che trovarono poco dopo aver oltrepassato Porta Sant'Anna offrì loro un paio di stuoie stese a terra, al piano superiore e una buona stalla per le loro cavalcature, stremate anch'esse dopo oltre venti ore di marcia. Impiegarono un altro giorno intero per raggiungere Borgo San Lorenzo, attraversando campi a maggese, boschi fitti e risalendo pendii pronunciati. Attraversarono il Sieve che già in lontananza scorgevano la sagoma esagonale del campanile. Fra' Bartolomeo, così aveva nome il compagno di viaggio, sapeva che Francesco Barberini lo attendeva nella Pieve, dalla diocesi messa a disposizione di pellegrini e viandanti come era da secoli. Alcune fiaccole illuminavano i crocicchi e le luminarie alle bifore della chiesa avvertivano della possibilità di ricovero.

Fermarono le redini e la longhina degli animali alle campanelle infisse nella pietra della parete e bussarono. Aprì il chierico più anziano, vestito d'una tonaca di fustagno lunga fino alle caviglie. Dapprima si soffermò su Jacopo, incuriosito dalla insolita visita, poi spostò lo sguardo sul francescano che compariva alle sue spalle, salutandolo con un ampio inchino del busto, a mani giunte di fronte al petto.

Fra' Bartolomeo prese la parola: «Chiediamo ricovero, inoltre Barberini sosta presso di voi, ci sta attendendo.»

Il chierico accennò un assenso e permise a loro l'accesso ai locali. Li scortò lungo i corridoi scuri, fino a condurli in un'ampia sala di preghiera. Chiese con delicatezza a Branciforte di voler attendere all'esterno dell'area votiva, destinata ai chierici e all'arciprete, e assieme a Bartolomeo si avvicinò a Francesco, seduto su una scranna di legno saldo, con le mani giunte in preghiera, la testa china, e un sussurro imperituro che gli sfuggiva dalle labbra.

Con calma ed estrema gentilezza, il prefetto sollevò lo sguardo verso i suoi due interlocutori, accennando un lievissimo sorriso e raggiungendo, in silenzio monastico, il ragazzo che li attendeva oltre l'ingresso della sala. Fronte alta, occhi gentili e intelligenti, naso pronunciato e labbra arricciolate che sovrastavano un'accentuata fossetta sul mento erano incorniciati da una folta capigliatura fulva, lasciata volontariamente a ricadere sulle spalle, alla moda francese di fine secolo.

«Salute, fra' Bartolomeo. Vi attendevo con ansia.» Bisbigliò con voce profonda, prendendo le mani del francescano tra le proprie.

«Salute a voi, Francesco.» Rispose questi sfiorando le nocche con le labbra. «Permettetemi di presentarvi il mio compagno di viaggio. Si è unito alla mia compagnia presso il borgo di Fosdinovo, non appena ha saputo che vi stavo raggiungendo. Ha molto insistito per proseguire assieme a me. Spero non ve ne dispiacciate.»

«Affatto, Bartolomeo. La buona compagnia è sempre bene accetta. Dove siete diretto giovane...»

«Jacopo Branciforte, per servirvi.» Si presentò, producendosi nei migliori ossequi di cui aveva conoscenza.

«Branciforte...non mi è nuovo, come nome. Da dove provenite?»

«Mantova. Sono diretto alla Santa Sede.»

Barberini arricciò le labbra e schioccò la lingua. «Comprendo, messere. Se permettete,» disse, rivolto a Bartolomeo «vorrei conoscere meglio il vostro amico. Potreste andare a rinfrancare le vostre stanche membra, concedetevi del riposo nei miei alloggi.»

Il francescano, intuito il consiglio, ringraziò e svicolò oltre la porta.

Jacopo e Francesco, invece, si diressero in un'altra sala, attraversando il corridoio dirimpetto.

«Cosa vi spinge ad allontanarvi così tanto da Mantova?» Barberini chiese, incuriosito.

Jacopo conosceva bene i delicati equilibri di potere esistenti tra le potenti famiglie disseminate lungo il territorio, ciononostante preferì, come sempre, la sincerità ad una malcelata menzogna: «Debbo recapitare un'importante ambasceria del Duca di Mantova.»

«Di nuovo problemi con Milano?»

«Pare che minaccino violenze.»

Francesco scosse la testa: «Eppure, Gonzaga era stato avvertito. A lungo andare non ci sarà più molto da poter fare per la sua famiglia.»

«Mantova cadrà?» Chiese uno Jacopo allertato dalla prospettiva.

«Mio buon giovane,» rispose il prefetto, ponendo le mani sulle spalle «Mantova non cadrà: è una città forte e robusta. Ma Ferdinando non è l'uomo giusto per sorreggerla.»

«Raccontatemi orsù,» continuò egli, cercando di alleviare i pensieri di Jacopo «come siete finito a Fosdinovo? Attraversando l'Appennino avreste risparmiato tempo prezioso.»

«Temevo i lupi e ancor di più i banditi. Inoltre, chi mi ha affidato questa incombenza mi ha ben suggerito di cercare riparo presso le dimore gentilizie, piuttosto che nelle taverne. Così...»

«...avete pensato che il castello Malaspina fosse il luogo adatto.»

Jacopo si voltò di scatto verso il chierico, sorpreso: «Lo conoscete?»

«Sfortunatamente, sì.»

Il giovane trattenne il respiro per acquietare il cuore, riorganizzò i pensieri e sospirò sconsolato: «Chiunque mi abbia parlato di quel castello sembra tenermi nascosto qualche oscuro segreto. Nessuno si è dimostrato chiaro. Nemmeno voi, eminenza.»

«Non chiamatemi così: ancora non sono cardinale.»

«Vi prego di non cambiare discorso. Cosa intendete per "sfortunatamente"?»

Barberini sollevò gli occhi in cerca delle parole. Sempre difficile gli era, affrontare quell'amara vicenda. «La storia dei Malaspina è irta di rose e spine talmente affilate da riuscire nefaste a chiunque gli si avvicini.»

«Ho saputo della marchesa Pallavicini e ne ho subito le conseguenze.» Insinuò Jacopo, massaggiandosi la coscia.

«Hanno sempre avuto la fama di sanguinari. Gli stessi abitanti della marca temono tutt'ora per la propria incolumità e dissuadono i viandanti dal fermarsi nel borgo. Mi stupisco che lei ci sia riuscito.»

«Hanno tentato di scoraggiare anche me dal chiedere riparo nel castello. Ma la necessità era troppa: il mio cavallo s'era ferito e aveva bisogno di riposo. Forse tutte queste maldicenze potevano ben riferirsi ai signori marchesi, ma i custodi che vi abitano al momento non sembrano affatto così abietti e Aloisia è di una delicatezza disarmante, sembra intimorita da chiunque incontri e la tengono come reliquia...»

«Aloisia?» Chiese, stupito, Francesco.

«Inizialmente, i custodi non mi avevano parlato di lei. Quella ragazza nasconde qualcosa e di certo chi se ne cura non vuole che trapeli.»

«Intendete dire che l'avete vista?»

Jacopo lo guardò attonito: «Posso esser franco?» Iniziò a pensare che ciò che gli era accaduto non fosse moralmente appannaggio della giovane ragazza e per alcun motivo avrebbe voluto macchiare la sua reputazione.

«Dovete. Non vi crucciate.»

«È venuta nella mia camera, la prima notte in cui mi sono fermato e mi ha parlato. Poi è fuggita.»

«Vi ha parlato, dite?»

«Sì. Ora, non prendete le mie parole come un'offesa alla sua integrità. Non mi disse niente di disdicevole, non fece niente di sconveniente. Ma perché vi stupite tanto? Esiste qualche motivo perché lei non debba farlo?»

«E l'avete rivista solo in quell'occasione oppure si è manifestata ancora?»

«L'ho rivista, certamente! Ma temo che l'ultima volta io l'abbia talmente spaventata da averla indotta in fallo. Spero non le sia accaduto niente di male.» Era sinceramente affranto.

Barberini tacque. D'un silenzio assoluto. Trattenne il fiato e lo rilasciò solamente quando si convinse fino in fondo che non doveva esporsi più di quanto non avesse già fatto. Valutò le possibili implicazioni. E pensò a quanta fortuna gli fosse capitata nell'avere tra le mani una pedina che gli consentisse di rimanere nell'ombra, di non mettere a repentaglio la sua candidatura.

«Devo ritirarmi nelle mie stanze.» Affermò Francesco. «Seppur la preghiera non affatichi il corpo, la mente ne esce sempre molto stanca.»

«Comprendo, eminenza.»

«Domani mattina, prima di lasciare questa pieve, vedrò di potervi offrire tutto il mio sostegno riguardo alle faccende che tanto vi premono, messere. Riposate anche voi: la mattina ha l'oro in bocca.»

***

Jacopo non aveva chiuso occhio.

Complici il giaciglio improvvisato e la rumorosa compagnia del francescano, aveva pensato. In realtà, ciò che lo aveva tenuto sveglio era una nuova consapevolezza, l'ennesima: quanto sapeva, Barberini? Perché era ovvio che l'argomento non gli fosse rimasto del tutto indifferente.

Si era girato e rigirato sulla stuoia per tutta la notte, quando fissando il soffitto, quando avvicinandosi alla bifora per farsi cullare dal bagliore della luna. Ma il candore del corpo celeste gli rimembrava un altro corpo, un'altra pelle. E Aloisia riaffiorava nella sua mente, nitida e chiara come quella fuga sui tetti del castello.

L'incipiente destino di Mantova si era annidato sulle sue spalle, pesandogli sempre più ogni giorno che passava lontano da Roma. Ma quel viso lo richiamava nel maniero che si era lasciato dietro di sé. Quella sottile richiesta, quasi garbata, che la donna gli aveva posto quell'unica volta che le aveva parlato gli rimbombava nelle orecchie e lo richiamava indietro, se non altro per sincerarsi che lei fosse in salute.

Al di fuori della pieve, gli armigeri di scorta del chierico avevano stanziato il cocchio e i cavalli. Tutto era pronto per l'imminente partenza. Fra' Bartolomeo aveva già recitato le lodi mattutine, sistemata la stuoia e caricato la sua soma.

Branciforte si recò nella sala comune, dove Francesco lo attendeva. Si profuse in una leggera riverenza, sfiorando il dorso della mano untuosa del chierico.

«Buongiorno, amico mio.» Lo salutò Francesco.

«Salute a voi, eminenza.»

«Questa notte sono rimasto veramente angustiato riguardo ai vostri più che lodevoli timori circa la salute della giovane Malaspina. Tuttavia, ricordo bene che avete un'incombenza assai più gravosa da portare a termine.»

«Non andate errato, eminenza. Se solo ne avessi la possibilità, onorerei entrambi. Ma, ahimè, si escludono a vicenda.»

«Siete un bravo giovane, Branciforte. Ne sarei immensamente desolato se per qualche motivo la vostra incombenza presso la Santa Sede non ottenesse il risultato che sperano tutti.» Dopo una breve pausa, continuò: «Ho potuto apprezzare, nel breve tempo che abbiamo trascorso assieme, la genuinità del vostro animo. Merce rara, di questi tempi.»

«Vi ringrazio, eminenza.»

«Per questa ragione ho deciso di proporvi il mio sostegno. Non sia mai che qualcosa rimanga intentato nella custodia della vostra giovane amica.»

Il volto di Jacopo si illuminò all'istante.

«Vorrei proporvi di affidare a Fra' Bartolomeo la consegna della missiva al Vaticano. Non vi preoccupate: è uomo fidato e sotto la mia garanzia.» Ma Branciforte ancora sembrava tentennare. «Sempre se volete fidarvi, s'intende.»

Il pensiero di mancare di fiducia in un uomo di chiesa di quel calibro lo fece arrossire. E ancor di più poté il vederlo voltarsi senza altro proferire, per raggiungere il compagno di viaggio.

«Aspettate!»

Francesco sorrise per un istante, certo del risultato, poi si girò lentamente in direzione di Jacopo. «Sono un grandissimo onore, per me, le vostre parole.» Iniziò questo. «Tuttavia mi trovo in grave difficoltà a non potervi rendere servigio.»

«Non preoccupatevi per questo. A tempo debito... il Signore ricompenserà gli sforzi di un cuore puro così sospinto nell'aiuto del prossimo suo quando quest'ultimo è bisognoso.»

«Vi ringrazio, eminenza. Mi sdebiterò.»

«Lo farai: di questo ne sono certo.»

Jacopo tornò difilato a prendere la pergamena e la consegnò direttamente nelle mani del frate, che la ripose con cura nella sacca di pelle.

«In realtà, c'è qualcosa che potresti fare, per me.»

«Tutto ciò che volete, eminenza.»

«Tra gli archivi che recentemente ho riorganizzato, mi è capitato in mano questo rilegato.» Rispose il chierico, porgendogli un plico avvolto in una protezione scamosciata. «Appartiene al castello che voi avete appena lasciato, stavo attendendo il momento più propizio per poterlo riconsegnare al legittimo proprietario. Quale fortunata coincidenza che voi abbiate intenzione di tornarvi.»

Aveva rovistato tutta la notte tra gli archivi segreti che sempre portava con sé. Pergamene antiche, scomode verità, accordi lungimiranti, testimonianze, documenti ai quali ben poche persone avevano accesso, e poi lui. Lo teneva al sicuro da anni, sin dal giorno in cui l'aveva rinvenuto, custodendolo gelosamente, convinto che, un giorno, avrebbe potuto incontrare chi poteva, al posto suo.

«Lo porterò con me, eminenza.»

«Mi raccomando, Branciforte: ciò che è riportato in queste carte è parola da trattare con cura e attenzione. Non lasciate che nessuno s'avvicini.»

«Come comandate.»

Si congedarono, con l'augurio che le angustie di Jacopo, tutte, potessero trovare conforto.

«Dove dobbiamo portare questo incartamento, Francesco?» Chiese Fra' Bartolomeo, quando la pieve era ormai lontana un centinaio di passi.

«Lasciala dove vuoi, amico mio. Il destino di Mantova è comunque segnato.»

«Ma il ragazzo ha riposto in noi la sua fiducia!».

«E io non ho alcuna intenzione di infrangerla. La volontà del Gonzaga avrebbe potuto anche raggiungere Sua Santità, ma considerando gli odierni eventi, in fondo, ho risparmiato al giovane Branciforte solo uno scomodo viaggio.»

«Come farà a giustificarsi davanti alla corte di Mantova, se venissero a scoprire che la missiva non è mai arrivata?»

«Qualcosa si inventerà... le vie del Signore sono infinite.»

«Non pensate di aver osato troppo, a consegnare il plico al Branciforte? Sappiamo entrambi molto bene che...»

«La curiosità muove ogni cosa, vecchio mio. Comunque... "il silenzio è la lingua di Dio", non trovate?»

E, colta l'allusione, il vecchio frate depose l'ultima parola.

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