Capitolo 6 . Fine marzo 2016

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

Lorenzo aveva molti problemi con il semplice utilizzo della parola "fidanzato". I motivi erano molteplici.

Primo, il suo ultimo ex, risalente a un tempo che gli pareva essere posto migliaia di anni addietro, era stato la causa di uno dei più brutti periodi della sua vita e l'idea di trovarsi di nuovo a condividere sentimenti forti per un qualche fanatico gli faceva venire voglia di sboccare.

Secondo, una cosa era farsi uno ogni tanto, un'altra era trovare qualcuno che un giorno avrebbe potuto conoscere sua madre. Lorenzo era sempre stato terrorizzato dall'idea di dover presentare il fidanzato al padre omofobo e alla madre che gli ripeteva che era una fase da quando lui aveva sedici anni, fresco di coming out. Anche dopo la morte del padre, la paura del giudizio era rimasta invariata.

Terzo, Lorenzo odiava così tante persone che l'idea che uno potesse far breccia nel suo cuore era decisamente ridicola.

Non a caso non voleva che Rufus fosse il suo fidanzato. Rufus poteva essere l'ennesimo dei ragazzi con cui avere una storia breve, con quel minimo di intesa necessaria a non fargli venire voglia di prenderlo a cazzotti e nulla di più. Nulla di più sentimentalmente rischioso, se così si poteva dire.

Questo pensava mentre il ragazzo camminava di fianco al tedesco, in quella sera davvero fredda. Si gelava, ma ovviamente non nevicava. La neve a Venezia era uno spettacolo raro e meraviglioso, ma probabilmente quell'anno non si sarebbe mai visto nulla del genere.

Un'altra cosa a cui pensava era come fosse possibile che Rufus non paresse aver colto neanche mezzo dei suoi chiari ed espliciti segnali.

Ora, per un omosessuale come lui era più difficile comportarsi come avrebbe fatto un uomo etero. Un uomo etero, se viene rifiutato dopo aver fatto una dichiarazione esplicita, può ricevere come peggior rifiuto un semplice due di picche doloroso ma non terribile. Un uomo gay, però, aveva sempre quella possibilità in più di ricevere frasi molto più spiacevoli o peggio. In un paese come l'Italia, poi, retrogrado come non mai!

Quindi, a meno che Lorenzo non fosse sicuro al cento per cento del fatto che il ragazzo vicino a sé fosse gay, era meglio non osare esageratamente. Eppure, pur restando nel sottinteso e nell'accenno, era stato terribilmente chiaro.

Gli aveva detto di essere gay, tanto per iniziare. Gli aveva fatto complimenti, lo aveva portato fuori, aveva cercato la sua compagnia... e nulla! Era passato decisamente troppo tempo, Lorenzo non era abituato a impiegare così tanto a corteggiare qualcuno.

Certo, il corteggiamento era inutile se Rufus non si accorgeva di nulla!

"Tutto bene? Sei stato zitto per tutto il percorso." disse il ragazzo, risvegliando Lorenzo dal suo stato di semi-trance nel momento in cui i due arrivarono davanti al portone di casa di quest'ultimo.

No che non andava tutto bene. Lorenzo si stava stufando di aspettare, a quanto pareva Rufus non avrebbe mai capito, ma quella storia non poteva durare una dannata eternità!

"Stasera ho un po' di cose per la testa, non farci caso. Non è colpa tua, è stata una bella serata." disse il ragazzo reprimendo il nervosismo e iniziando a frugare nelle tasche della giacca per prendere le chiavi di casa.

Quella frase era una bugia solo per metà. Per quanto il suo stress fosse effettivamente causato principalmente dalla totale inettitudine omosessuale di Rufus, quella era stata davvero una bella serata. Avevano cenato in un ottimo ristorante, avevano parlato a non finire, variando tra decine di argomenti che spaziavano dalla musica a sé stessi. Si parlava bene, con Rufus, nonostante quest'ultimo avesse qualche problema con la sua... come chiamarla? Estrema onestà riguardante qualsiasi cosa che lo portava alla critica di più di metà delle cose presenti al mondo?

"Puoi parlarne, se vuoi. Lo sai che ascolto bene."

Lorenzo abbassò per un attimo lo sguardo verso Rufus, verso i suoi occhi scuri e gentili, verso quel viso che gli piaceva e verso di lui in generale. Aveva aspettato molto più a lungo del solito.

Premette le labbra l'una contro l'altra, mentre Rufus gli sorrideva.

Lorenzo non amava esporsi in modo esagerato con i ragazzi, se non era sicuro di fare centro. Ma non poteva certo continuare a sbavare dietro a quel ragazzo in eterno, prima o poi si sarebbe stufato di guardargli il culo.

"Secondo te dovrei rischiare?" gli chiese, posandosi le mani sui fianchi.

"Rischiare cosa?" disse, abbastanza confuso, Rufus.

Oh, non ci sarebbe mai arrivato. Lorenzo sospirò e prese una gigantesca dose di coraggio.

Fulmineo, passò una mano dietro la nuca di Rufus e, senza darsi il tempo di pensare, lo baciò.

Attese per un secondo ricco di ansia e poi sentì l'altro ricambiare, timidamente.

Nella testa del ragazzo suonava a tutto volume l'Inno alla Gioia, mentre pensava che, grazie a chissà quale meraviglioso miracolo, non era stato allontanato come aveva temuto. Era andata bene, era davvero andata bene.

Rufus, esitante come non mai e come se avesse avuto paura di romperlo, gli posò le mani sui fianchi con gentilezza.

Per quello che importava a Lorenzo poteva anche sbatterlo a un muro lì e in quel preciso istante, ma apprezzò la cortesia. Dopodiché si separò da lui e lo guardò negli occhi "Era la prima volta che baciavi un ragazzo?"

Rufus, con un evidente trauma scolpito nello sguardo, rantolò un "Sì."

"E... ti ha fatto così schifo da farti fare quella faccia? Rufus, va tutto bene?" Lorenzo alzò un sopracciglio, temendo di aver fatto un errore.

"No. Ecco, non proprio - Rufus si grattò la nuca - No, cioè, è strano. Io sono etero."

"Però ti è piaciuto?"

"Direi di sì."

"Però sei etero."

"Sì."

Va bene, va bene, era comprensibile. Aveva bisogno di realizzare e assimilare il tutto. Voleva dire che Lorenzo si sarebbe fatto sbattere al muro un'altra volta, gli andava bene. Anche perché alla fin fine il fatto di averlo baciato era già qualcosa.

"Senti, non preoccuparti troppo. Va tutto bene, non ti metto fretta o altro. Basta che tu sappia che cosa vuoi. E magari fammelo sapere. Sennò... possiamo anche essere semplicemente amici." gli disse Lorenzo. Avrebbe voluto invitarlo in casa, ma forse non era il caso.

"Oh, sì, certo. Ci sentiamo." disse Rufus, sparendo nel nulla.

Lorenzo non sapeva cosa pensare, ma non ebbe molto tempo per riflettere, perché dopo essere entrato nel condominio e aver raggiunto la porta del proprio appartamento, riuscì a sentire chiaramente un orripilante puzzo di canna.

"Iris." sussurrò subito, pronto a scatenare la propria ira.

Prese le chiavi e, a conferma dei suoi sospetti, scoprì che la porta di casa non era chiusa a doppia mandata.

Ora, a una persona normale e sana la casa di Lorenzo, finemente arredata e lucida, sarebbe potuta sembrare tutto meno che disordinata. Elegante, pulita, un poco affollata forse, ma certo non disordinata.

Ma Lorenzo, che sano non era, andò in panico per due semplici elementi di disturbo, anzi, tre.

Un vecchio parka color verde scuro abbandonato casualmente su una sedia davanti al tavolo da pranzo, in salotto, terrificanti resti di scitto sul suddetto tavolo e, soprattutto, una donna vestita da stracciona occupata a impuzzolentire l'aria con la propria canna e ad ascoltare musica terrificante, con lunghi dread blu a completare il quadro di disgusto e ineleganza.

"Se non butti quella canna, io butto te dalla finestra." disse Lorenzo, coprendosi la bocca con la sciarpa. Se sui suoi vestiti fosse rimasta qualche traccia di quella orrenda puzza (cosa molto probabile dato che il luogo era letteralmente appestato) qualcuno sarebbe stato fatto saltare in aria.

"Fre, sempre amorevole! Tra poco vado in chimica, mi fai una pasta?" Iris, con gli occhi arrossati e un viso innaturalmente rilassato, gli sorrise.

Lorenzo stava già rabbrividendo per il nervosismo, a vedere quella donna, quella cosa, che era sua sorella. Ecco, Iris era ciò che Lorenzo detestava nell'essere umano.

In preda alle dipendenze, senza scopo di vita che non fosse continuare a farsi, a fare festa. Aveva fatto economia e commercio solo perché non c'era nulla che le interessasse davvero, usava orrende storpiature del linguaggio e ascoltava voci modificate con l'autotune. Era fidanzata con un'idiota, aveva fatto un tatuaggio solo perché ne aveva voglia e un giorno probabilmente sarebbe finita a lavorare come spazzina in un supermercato fino ai settant'anni.

Il ragazzo fece un passo in avanti e prese dalle dita pallide di Iris la canna, che la ragazza cercò di riafferrare con un gesto degno di un bradipo morente "Dai bro, non fare lo stronzo! Ridammela, che lo scitto costa!"

"E tu non comprarlo." disse Lorenzo, stringendo le labbra e dirigendosi in cucina per buttare la canna. Dopodiché, senza degnarsi di tornare dalla sorella iniziò ad aprire tutte le finestre di casa.

"Che cazzo fai! - Iris gridò dal salotto - Fa freddo fre! Freddo!"

"Meglio il freddo di questa puzza - disse Lorenzo che, occupato ad aprire persino la finestra di camera sua, si vide piombare la sorella addosso - E prova a dire fre un'altra volta e ti scuoio viva."

"Ma fre..."

Lorenzo, trattenendosi dall'impulso che gli diceva di portare le mani al collo della ragazza e di iniziare a stringere, si prese tra le dita la base del naso "Tanto per iniziare, tu perché sei qui?"

"Beh l'altro giorno... l'altro... sì l'altro giorno, ho visto la mia copia delle chiavi di casa tua. E ho pensato, è da un sacco che non vedo il mio fre! Allora sono venuta a trovarti! E poi in questi giorni c'è Greta in città, vero? Quella bastarda non si fa una canna dal liceo, è il momento di fare una rimpatriata, sì."

"E l'università? - cercò di indagare Lorenzo - Va tutto bene?"

"Eh? Sì, certo, alla grandissima - Iris sorrise - Tutto strafigo. Ora, la pasta."

Iris andò in cucina e Lorenzo la seguì, non senza essersi passato disperatamente una mano sul volto.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro