Il Dodo

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— Volevo dire, — continuò il Dodo, offeso, — che il miglior modo di asciugarsi sarebbe di fare una corsa scompigliata. —

Alice stava leggendo i primi capitoli, sdraiata sul letto, quando lui arrivò.

Si avvicinò lentamente, ma lei non se ne accorse; tutta la sua attenzione era rivolta al libro che aveva in mano.

L'intruso camminò lentamente fin di fianco a lei in completo silenzio, con un ghigno sul volto.

All'improvviso Alice parlò, ma senza distogliere lo sguardo dalla pagina che aveva davanti: "Ti ho sentito, hai perso di nuovo."

Il ragazzo rise, sistemandosi con la mano un ciuffo di capelli corvini. "Quindi oggi non merito la tua attenzione?" domandò scherzosamente.

Alice chiuse finalmente il libro, poggiandolo sulle lenzuola, e si alzò ad abbracciarlo. "Assolutamente sì" rispose dolcemente. "Mi sei mancato."

Luca la strinse forte. Una volta, quando la abbracciava, sentiva profumo di lavanda. Ora percepiva solo l'odore asettico dell'ospedale e dei farmaci di cui la imbottiva. Ma ne valeva la pena, perché la sua ragazza sarebbe guarita, per quanto lentamente.

"Cosa leggi?" domandò, accarezzandole i riccioli.

"Un libro geniale!" rispose lei, staccandosi.

"Che titolo strano" commentò lui sorridendo. Non aveva mai saputo fare battute divertenti, ma Alice lo trovava comunque buffo, per cui non aveva mai bisogno di pensare tanto a ciò che diceva. Motivo per cui andarla a trovare in clinica era spesso, contro ogni aspettativa, un gran sollievo.

Alice scosse la testa divertita e gli mostrò il libretto: "Ce ne sono di cose strane, ma non il titolo. È Alice nel Paese delle Meraviglie."

Luca rimase immobile per una frazione di secondo, poi si sedette sul bordo del letto.

"Ti piace?" chiese, cercando di nascondere lo stupore.

"Tantissimo" rispose Alice, sedendosi accanto a lui e iniziando a parlare. Gli occhi le brillavano e gesticolava in fretta, come sempre quando si perdeva a descrivere un libro o un film o un quadro che le era piaciuto. Era così presa dal racconto che non si rese conto che, questa volta, il suo ragazzo non stava ammirando il suo sorriso incantato come faceva sempre, e anzi non sembrava prestarle attenzione, in preda a uno strano nervosismo.

Nervosismo che, lentamente, diminuì, senza però scomparire.

Perché Luca si accorgeva che Alice parlava in quel'istante come in passato, come una persona perfettamente sana, senza segni di stranezze né infantilità, e questa era indubbiamente una buona cosa.

Eppure, non sapeva cosa sarebbe successo quando Alice avesse incontrato lei, tra le pagine...E non ci teneva a scoprirlo.

"Mi stai ascoltando?"

Luca si riscosse. Si era distratto e lei se ne era accorta. "Scusami, sono un po' stanco perché ieri sera ho lavorato fino a tardi" si scusò, passandosi una mano tra i capelli.

 Aveva toccato la corda giusta.

"Mi dispiace che tu debba lavorare anche per me" disse Alice, abbassando lo sguardo.

"No, ma che dici, lavoro per me, tu non sei un peso" la contraddisse lui in fretta.

Alice non alzò gli occhi da terra. Sapeva benissimo che in realtà era lui a pagare per le medicine. Una volta aveva sentito una "discussione" tra lui e sua madre al riguardo.

"Non è una semplice cotta, mamma! Io non posso perderla, okay?"

"Ma l'hai già persa, non vedi che non è più in sé?"

"Ho perso tante cose, ma lei no. E nemmeno lei ha perso me."

Alice aveva sentito tutto, anche se pensavano che fosse profondamente addormentata.

Non era la prima volta che le capitava, perché i sonniferi non avevano sempre effetto su di lei. Non sapeva da cosa dipendesse e in realtà non le interessava. Era felice di aver sentito quel discorso, anche se le dispiaceva per Luca.
E poi, di tanto in tanto, una parte di lei dava ragione alla madre di Luca. E se lui l'avesse abbandonata da un momento all'altro? Ne aveva tutte le ragioni.

"Ehi, tutto bene?"

Stavolta era stata lei a perdersi nei suoi pensieri. Doveva sforzarsi di non pensare alla paura. "Sai, Lucia dice che io assomiglio più al Coniglio Bianco che ad Alice" disse allora, cambiando argomento.

"E secondo te ha ragione?"

Lei ci pensò un attimo. "Non so, credo di essere entrambi i personaggi. E anche il topo, a volte."

"Il topo? Non me lo ricordo." disse perplesso il ragazzo.

Alice si trattenne dal ridere della sua buffa espressione confusa e spiegò "Quando Alice cade nelle sue stesse lacrime, incontra un topo con cui si mette a chiacchierare. Ma fa l'errore di raccontargli della sua gatta e il topo ovviamente si spaventa e si offende. Tu invece sei più come il Dodo, quello che fa correre la corsa scompigliata."

"Sarebbe?"

"Una gara in cui si corre a caso, in pratica. Ognuno parte e si ferma quando vuole, l'unica regola è che non si deve uscire dal contorno del campo. Alla fine vincono tutti."

"Quindi io faccio cose a caso?" chiese Luca, con una tenerissima espressione fintamente offesa.

"No" disse Alice, sorridendo. "Fai cose divertenti per rendermi felice, anche e soprattutto quando non lo sei tu" dichiarò poi con un candore disarmante.

Luca le fece passare un braccio attorno alle spalle. "Non ti si nasconde nulla, eh?" le sussurrò, stupito da quel che lei aveva appena detto.

Alice non rispose subito, e quando lo fece sussurrò anche lei.

"Sto guarendo, sai?"

"Guarendo?"

"Sì, Luca. So perché sono qui, ma so anche che ne sto uscendo. Capisco quello che succede. Capisco quello che devo e non devo fare. E ora devo guarire, per tutti e due."

Luca la guardò, spiazzato.

"Altro che Paese delle Meraviglie. Sei tu la mia meraviglia" disse alla fine.

La baciò con delicatezza, sorridendo, finalmente sincero, sulle sue labbra. Per un attimo riuscì anche a sentire un lieve profumo di lavanda.

***

Quando se ne andò, Alice lo guardò allontanarsi oltre la finestra, con passo tranquillo e sicuro.

Fece un sospiro di sollievo. 

"È bastato mentirgli e dirgli che guarirai per farlo tornare felice" commentò una voce acuta vicino alla finestra.

"Già" rispose Alice in un sussurro quasi impercettibile, mentre sentiva il cuore pesante.

Per fortuna Luca, a differenza sua, non capiva quando qualcuno gli mentiva.

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