Capitolo 16: Strane sorprese

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Vigilia di Natale

Avevo sentito Marco pochissimo negli ultimi giorni.
Ci aveva giurato di aver già acquistato il biglietto di ritorno, ma non mi aveva comunicato nulla riguardo l'orario di atterraggio.
La neve cadeva leggera su tutta la città e rendeva il passaggio magico, quasi fosse una favola.
Filippo era entusiasta, non solo perché sapeva che il padre sarebbe tornato, ma aveva anche scritto una lettera a babbo natale di cui andava fierissimo.

E io, come ogni anno, mi ero ridotta all'ultimo minuto per comprare i regali.
Marika si sarebbe accontentata di una crema corpo. A mio padre una cravatta blu che ancora non aveva, e a mia madre una sciarpa di cashmere con qualche strass.

Sotto il nostro piccolo albero c'era già pieno di doni, ovviamente non quelli che avrebbe portato babbo natale nella notte e che erano sapientemente nascosti nel mio armadio.
Avevo comprato un bel regalo per Marco quest'anno, mi sentivo davvero soddisfatta.

Anche se sinceramente non sì meritava nulla nella sua posizione.

Mi ero ingegnata parecchio.
Ero andata da un amico pittore e avevo fatto ritrarre Filippo con una frase dedica. Era il regalo perfetto, inutile forse a differenza del solito maglione o profumo, ma di cuore e molto profondo.
Nella dedica avevo fatto scrivere una frase importante: del nostro amore l'appendice più importante, la cosa che meglio ci è riuscita. Con affetto. Marie Anne.

La vigilia di Natale portava con sé tanta magia, sopratutto quando si aveva un bambino piccolo per casa che, con il suo entusiasmo, riusciva a trasportarti alla tua infanzia e ai ricordi più belli.

Ricordo che quando ero bambina, la vigilia di natale, la mamma e il papà portavano me e i miei cugini alla pista di pattinaggio in centro.
Le luci rendevano il ghiaccio ancora più luminoso e i bambini coperti da pesanti tute, sciarpe e berretti, sfrecciavano come treni con i pattini ai piedi.
La mamma rideva guardando il papà che non riusciva a stare in piedi e aveva bisogno di attaccarsi alla balaustra.
Dopo le intense pattinate di noi più piccoli, la mia famiglia ci portava sempre a prendere la cioccolata calda con la panna.
Ci lasciavamo trasportare dalle canzoni di Natale in sottofondo e ridevamo del sedere dolorante di mio padre.

Ricordi indimenticabili e indelebili.

Erano già passate le dieci e ancora nessuna notizia di Marco.
Per di più, il cantiere in questi giorni prefestivi era chiuso e non avevo nemmeno da passare al lavoro.
Si trattava di un riposo obbligatorio.

Questo comunque mi permetteva di non dover incontrare Edoardo per forza.
Dopo la mia telefonata al Fausti ero stata pregata di non andarmene e che con  l'hotel inaugurato mi aspettava un posso fisso e ben retribuito.

Fui ingolosita e non potei rifiutare.
Un posto da manager all'Hotel era una grande ambizione e il raggiungimento di un traguardo non indifferente.

Così avevo deciso di restare.
Mi pesava l'idea di doverlo vedere ancora per qualche mese, ma il posto di lavoro ne valeva la pena, anche di più di un cuore ammaccato.
Che poi a dirla lunga, mi ero invaghita solo di un idea che avevo di lui, mi piaceva la sua aria da menefreghista che indossava e il suo carattere tenace.

Dopo lo schiaffo non ci eravamo più visti, né sentiti e anzi, avevo persino cancellato il suo numero di telefono dalla rubrica.
Mi vergognavo pensando a tutti quegli occhi puntati addosso, alla misera figura che avevo fatto, non accettabile alla mia età.
Possedevo ancora il suo biglietto da visita, è vero, ma era ben nascosto nella borsa di lavoro, ossia off-limits per quando non ero all'Hotel.

Marco mi telefonò nel pomeriggio. Credevo mi stesse per comunicare che era in aereoporto e che avrei dovuto andare a prenderlo, e invece non potevo immaginare cosa stesse per dirmi.

《Non riesco a tornare. Sono in aeroporto qui a Londra e hanno cancellato il mio volo a causa del maltempo. Non so quando riprenderanno i voli, spero domani in mattinata.》

Filippo giocava con Toby e non badava alla mia espressione dilaniata.
Mi allontanai un attimo da lui per parlare senza remore.

《Come non torni? Ma che cavolo stai dicendo Marco?》

Alzavo il tono della voce ad ogni parola che pronunciavo e mi stavo incazzando parecchio, per dirla senza mezzi termini.

《Non è colpa mia!
Io mica potevo sapere che si sarebbe scatenata una bufera di neve! Dai porca miseria! Domani sarò a casa.》

Ormai non ne potevo più del suo atteggiamento, mi stavo stancando di scuse patetiche.
Era Natale anche per me, per noi e non avevo idea di come dirlo a Fil.

《Sai che c'è?
Che sono sicura che non ci tenevi a tornare! Ti sei ridotto alla vigilia per prendere questo dannato volo! Lì, con la tua nuova amica, non stai così male, vero? Allora restaci, non stare a tornare nemmeno domani!》

《Ma sei pazza, ma che cazzo stai...》

Bip bip bip...
Non fui mai così felice di riagganciare un telefono in faccia a qualcuno.
Ultimamente i miei rapporti con gli uomini facevano davvero acqua da tutte le parti.

Mi avvicinai a Fil che alla fine aveva sentito il mio tono di voce cambiare e raggiungere decibel mai uditi prima di allora.
Mi sedetti al suo fianco accarezzando insieme a lui il cane.

《Sai Fil... Papà ha avuto un problema. C'è così tanta neve che il suo aereo non è potuto partire. Così ritarderà e domani non riuscirà ad essere a casa. Ma ti vuole bene e ti abbraccia forte. Dice che torna assolutamente appena riprendono i voli.》

Toby mi leccava la mano, mentre io aspettavo di vedere quale reazione potesse mai avere mio figlio dopo quella triste notizia.
Ma il suo modo di ragionare mi lasciò sbigottita.

《Ho capito mamma. Non fa niente. Andiamo lo stesso dalla nonna? Non voglio stare qui da solo...》

《Certo che ci andiamo! E ci portiamo anche Toby!》

Lo vidi molto più sollevato.
Non so bene cosa avesse sentito della telefonata tra me e Marco, ma di certo aveva capito la situazione e aveva preferito non perdersi in capricci che non avrebbero cambiato niente.

Quella sera mi chiese di preparare una cena speciale.

La sua idea di cena speciale comprendeva un sacco di schifezze fritte che sapeva bene io non gli permettevo di mangiare.
Ma dopo la delusione del primo pomeriggio non avrei potuto fare diversamente che accettare e renderlo un po' felice.

Una marea di patatine, olive all'ascolana e mozzarelline fritte erano cosparse su tutto il perimetro del tavolo.
Filippo sgranocchiava mezza patatina e l'altra metà la allungava a Toby, che gioiva sul pavimento, nonostante io ripetessi che il cane non le poteva mangiare tutte quelle schifezze.
Di sottofondo aveva scelto un CD che conteneva tutte canzoni di Natale per bambini, canticchiava entusiasta e probabilmente non pensava nemmeno più al padre così distante.

Una tortura per le mie povere orecchie ma cosa potevo fare? Era l'unico momento di vera gioia che potevamo provare, dopo quella giornata straziante.

Stavo risistemando la cucina dagli schizzi di olio, quando qualcuno suonò al campanello.
Non stavamo aspettando nessuno, perciò rimasi un po' sul chi va là prima di decidere di andare ad aprire la porta.
Quando finalmente mi ripulii le mani e mi asciugai alla meno peggio, corsi allo spioncino.

Marika urlava e armeggiava con una bottiglia in mano.
La cosa che più mi stupì fu che Luca non era con lei e la cosa mi sembrò un po' sospetta.
Aprii la porta e la lasciai entrare, portandosi dentro fango e neve sotto le scarpe.

《Ho pensato ti annoiassi, ho visto le luci accese passando da qui, così mi è sembrato carino recuperare quella serata pessima di due settimane fa. Avevo giusto una bottiglia...》

Mi sembrava un po' sbattuta e forse imbarazzata, così con molta calma tentai di investigare il motivo del suo muso lungo.

《Come mai sei tutta sola stasera? Luca ti raggiunge dopo?》

Abbassò lo sguardo sulle sue scarpe tentando invano di pulirle sullo zerbino e con la voce rotta mi comunicò che Luca era a cena con la famiglia per il solito cenone della vigilia di Natale.
Cena alla quale non era stata invitata e si sentiva parecchio offesa. Non capiva se tra i tanti motivi di quel mancato invito, ci fosse il fatto che non piacesse alla madre di lui, o se fosse stato lo stesso Luca a non chiederle, per evitare un'intromissione quasi obbligatoria.
Cercai di rassicurarla e di garantirle che, per entrare a far parte di certe tradizioni, ci vuole tempo e tanta, tantissima pazienza.

Stappammo la bottiglia e ci accomodammo sul divano. Parlammo per un bel pò del fatto che Marco non fosse potuto tornare a casa e poi della madre di Luca, che inizialmente sembrava molto affezionata a lei.
Poi qualcosa si era rotto, il giorno in cui comunicarono che dopo poco tempo dall'inizio della loro relazione, volevano già convivere. La madre la aveva trovata un idea ripugnante e troppo avventata e in più, non si era negata nel dimostrarlo di fronte alla giovane coppia.

Filippo ormai dormiva all'angolo del divano, così presi un plaid e glielo posai sulle spalle.

Marika mi osservò come se stesse per dirmi una cosa importante, quando si picchiò una mano sulla fronte e sgranò gli occhi.

《Porca miseria! È da quando sono entrata che te lo volevo dare, ma poi mi sono dimenticata!》

Tirò fuori dalla borsetta un piccolo pacchettino color argento.
Sul fiocco vi era l'adesivo della gioielleria del centro commerciale.

《Ma che è? Ma sei impazzita!》

《No Mary, ma cosa hai capito, mica te lo regalo io, il gioiello.
L'ho trovato sulla tua porta di casa quando ho suonato!》

Restammo entrambe di sasso.
Scartai con calma l'involucro e mi trovai di fronte ad un piccolo pacchetto rosso, in velluto.
Mi tramavano le mani.
Quando lo aprii mi sentii le braccia molli.

Erano quegli orecchini.
Quelli con le perle che avevo visto al centro commerciale, con il piccolo punto luce alla base.
Proprio quelli che ci avevano fatto sbavare sulla vetrina.

《Quando hai detto a Marco che volevo questi? Come hai fatto a convincerlo?》

Marika non sapeva se guardare me o quelle piccole perle così splendenti che tenevo tra le mani. Un sogno per ogni donna.

《Veramente io non parlo con Marco dall'ultima volta che ci siamo visti a cena. Prima che andasse a Londra la prima volta, Mary.》

Come poteva saperlo allora?
Vuoi proprio che una volta nella vita avesse letto il mio pensiero!?
Ma in ogni caso, come ci era arrivato qui il pacchettino? Forse mi aveva preso in giro ed era tornato?

Dentro il sacchettino, non mi ero accorta di un biglietto. Lo aprii e lessi il contenuto

"scusami. Sono stato un vero insensibile. Spero che il mio regalo ti piaccia quest'anno. Perdonami se sono uno stronzo per natura."

Il biglietto era stato scritto al computer.
Tipico di Marco.
Presi il telefono è composi il suo numero in fretta.

《Dove sei, stupido che non sei altro?》

Marika continuava a fissarmi incredula. Marco non era mai stato così bravo a fare regali.

《Ancora Londra, è successo qualcosa?》

A Londra?
Ancora continua con questa farsa?

《Ho trovato il regalo!! Come facevi a sapere che volevo proprio questo?》

《Ma di cosa stai parlando?
Io non ti ho lasciato niente a casa, cosa avresti trovato di preciso?》

Silenzio.
Che cosa era appena successo?

Tentai di recuperare in fretta.

《Ah no, scusa... Marika mi ha appena fatto uno dei suoi soliti scherzi. Mi ha fatto trovare quel libro di Coehlo che tanto desideravo, ricordi? Non avevo letto il bigliettino nascosto al suo interno. Lascia stare, un errore. Quella pazza!

Marika continuava a farmi "no"con la testa, come non volesse far parte della mia banalissima scusa.

《Ah ok. Il tuo regalo è qui a Londra con me, ma lo adorerai lo stesso. Te lo assicuro. Saluta Marika da parte mia. Domani credo che non ci saranno voli.》

Non vedevo l'ora di riagganciare.
Speravo davvero avesse creduto alla mia balla inventata su due piedi per rimediare alla gaffe.

《Va bene ok, ciao e buonanotte. Fammi sapere!》

Dall'altro capo un colpo di tosse e poi più nulla.

Non poteva avermeli presi nessun altro, quegli orecchini.
Se non era stato Marco, assolutamente non Edoardo o Marika, la mia famiglia meno di meno...
Chi si era preso la briga di lasciarmeli sotto casa, la vigilia di Natale?

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