Capitolo 22: Inaugurazione (parte 2)

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Ero davanti allo specchio.
Mi osservavo e nulla mi impediva di sentirmi fuori luogo, in modo assurdo.

Quella che vedevo riflessa non ero io.
Avevo comprato un vestito nero, lungo, molto brillante con la schiena nuda e che mi era costato una vera follia.
Mi ero fatta convincere dalla commessa che mi stava divinamente e che mi metteva in risalto la figura, così lo avevo comprato senza provare altro.
Non ci tenevo affatto a cavare e mettere abiti, perdere altro tempo in prove che non mi avrebbero condotto da nessuna parte.

Le scarpe le avevo riciclate dalla serata in discoteca, tanto eravano nuove.
Mi facevano già un male cane dopo poco aveverle indossate.
Erano eleganti e molto belle, ma scomodissime e mi sembrava di camminare sui trampoli.
Mi ero anche truccata bene e con non poco ingegno, mi ero arricciata i capelli.
Ormai a forza di tingerli erano diventati parecchio biondi, ma non mi spiaceva l'idea di vedermi un po' diversa.
Aspettavo quel coglione di Mario per le diciannove, ma avevo completamente perso interesse per la serata.

Edoardo non sarebbe venuto e nonostante fosse la mia serata, il mio grande momento, mi sentivo smarrita.
La sua presenza aveva sempre un che di famigliare.

Piuttosto ché andare con quello stronzo sarei stata volentieri a casa.

Alle sette precise Mario suonò il clacson della sua Bentley.
Mia madre non nascose tutto il suo disappunto davanti a quel cafone che nemmeno aveva avuto il buonsenso di scendere e suonare il campanello, come invece avrebbe fatto una persona normale.
Filippo quella sera sarebbe stato con mia madre fino a che non sarei tornata, per cui mi sentivo tranquilla.
Mia madre mi aveva parecchio rassicurata dicendomi che avrebbe comunque dormito a casa mia, così io sarei potuta rientrare a qualsiasi ora senza problemi.

Scesi le scale del palazzo in fretta, poiché Mario non smise nemmeno un minuto di suonare quel suo clacson odioso.
Non avevo voglia di passare la serata con lui, arrivare insieme e dire che era il mio accompagnatore mi faceva venire i brividi e mi metteva in difficoltà. Non era quello che volevo.
Mi dava davvero tanta noia come persona.

Una volta salita in auto Mario iniziò a fare il piaccione con me, nonostante in cantiere non perdesse tempo nel mettermi in ridicolo.

《Ehi, ehi, ehi... Ma quanto siamo carine stasera?Ti sei fatta così bella per me? Davvero ammirevole.》

Era sempre viscido, ma quando voleva fare un complimento, risultava anche più odioso.

《Grazie. Dai, siamo in ritardo, non mi va di arrivare per ultima》

Lo spronai a sbrigarsi.

Il viaggio verso l'Hotel fu particolarmente imbarazzante.
Non avevamo nessun argomento in comune di cui parlare e la sua personalità sopra le righe mi metteva a disagio.

Se la tirava di continuo.
Di tanto in tanto tentava un approccio, ma ricevette solo qualche cenno con il capo da parte mia e nulla più.

Arrivammo all'Hotel che già gli invitati riempivano le sale.
Il Fausti ci accolse con un gran sorriso compiaciuto per il fatto che, alla fine, avessi accettato l'invito di Mario.
Il figlio impiccione non smise di toccarmi la schiena e accarezzarmi il braccio, come avesse una confidenza che non gli era mai stata concessa.

Fui salvata da Massimiliano che mi chiamò con insistenza dalla cucina.
Mi affrettai nel raggiungerlo, abbandonando la famiglia Fausti.

《C'è gente? Non so come sto andando, ti prego dimmi se stanno mangiando tutti.》

Massimiliano era dolcissimo e mi dispiaceva che non si stesse per nulla godendo la serata.
Dietro ai fornelli, si stava perdendo tutto il divertimento.

《Mangiano Massi, non ti preoccupare! Anzi, mi sembra che siano tutti parecchio soddisfatti della tartare di tonno!》

Massimiano rientrò in cucina soddisfatto e si concentrò sul resto delle portate.
Il suo unico scopo rimase, per tutta la serata, solo quello di fare bella figura.

Fausti si intratteneva in conversazioni audaci con completi estranei e di tanto in tanto mi presentava agli amici.
Era tutta gente che non aveva nulla a che fare con me, ma mi piaceva l'idea che mi presentasse come colonna portante del suo progetto.
Mario mi seguiva come un cane, appoggiando di continuo la mano sulla mia schiena.
Quasi come fossi la sua compagna.

Erano già le ventidue e mi stavo stancando.
C'era un sacco di gente all'inaugurazione, non mi aspettavo tutto quel frastuono.
Il casino mi procurò mal di testa e sentii presto il bisogno di qualche minuto di silenzio.
Non ero per niente una tipa abituata al baccano.
Alla fine, optai per allontanarmi qualche minuto per fumare una sigaretta, senza farmi vedere dal resto degli invitati.

Mario mi aveva seguita come mi stesse pedinando e la cosa mi spaventò subito. Aveva un modo di fare diverso, molto più perverso di prima. Mi stava sfidando con lo sguardo, come un predatore che si lecca le labbra poco prima di attaccare la preda.

《Che fai qui sola? Vuoi compagnia? Siamo venuti insieme e insieme dovremmo passare la serata, sai.》

Stavo fumando la mia sigaretta in totale relax e non avevo voglia di scocciatori.
Soprattutto di quel piantagrane di Mario Fausti.

《Dai, Mary. Non puoi ignorarmi. A mio padre non piacerebbe.》

Già, perché il Fausti non avrebbe apprezzato che io ignorassi il figlio in una serata così importante.
Ma, allo stesso modo, non potevo fingere simpatia per qualcuno che proprio non potevo sopportare.
Ci tenevo a fare bella figura, ma mi si stava chiedendo un sacrificio enorme.

Mentre parlava si faceva sempre più vicino ed io iniziai a temerlo.

In un solo istante, lo ebbi addosso.
Le sue mani sulla schiena, il tocco viscido sulla pelle.
Potevo sentire il suo fiato pensante sul mio viso, mentre si avvicinava senza permesso, con l'intenzione di baciarmi.

《Per favore Mario. Non mi va...》

Continuavo a ripetergli, nonostante non servisse a nulla.
Mario mi stava sempre più addosso e non mi lasciava modo di andarmene, né di respirare.

《Dai non ti dispiacerà, non sono male sai. Magari poi ti rilassi un po'. Sei sempre così acida. 》

Sentivo la repulsione, lo schifo addosso.
Non mi voleva mollare, continuava a strusciarsi addosso a me pensando che mi piacesse.
In realtà mi stava procurando il voltastomaco.

Avevo le sue mani dappertutto, ora sul seno,ora sui fianchi.
Mi dimenavo per allontanarlo, ma ogni mio tentativo era inutile.
Si avvicinò a me in modo prepotente, finché la sua bocca non fu abbastanza vicino da toccare la mia.
La sua saliva mi procurò subito un conato.
Apri le labbra per baciarmi e mi tirò verso sè, contro il mio volere.
Posò la sua mano sui miei genitali, sussurrandomi parole volgari.
Era chiaramente molto eccitato.

《Ti prego lasciami andare, non ho accettato di uscire con te questa sera, per questo. 》

Continuavo a ripetere nel vano tentativo che perdesse interesse nei miei confronti.
Ma Mario, carico di prepotenza, rideva e non voleva proprio stare a sentire.
Gli piaceva quel gioco osceno nel quale io ero la sua vittima prescelta.

La sua presa si fece più ruvida.
Non aveva alcuna intenzione di lasciarmi andare e attorno a noi non c'era nessuno che potesse venirmi in soccorso.

Mi spinse con forza contro il muro e io di riflesso iniziai a picchiarlo, a piangere, ma ogni mio tentativo di allontanarlo si rivelò vano.

Con quella mano raccapricciante continuava a stringermi i glutei, fino a spingersi a ridosso dei genitali.
Continuavo a ribellarmi,ma era troppo forte per me.

Prese a baciarmi il collo,poi scese all'incavo delle spalle, sbavando come un animale assetato di sesso.
Le lacrime mi rigarono il volto, non sapevo più come fare per difendermi da quello scempio umano.

《Rilassati piccola, ti piacerà. Sono bravo in queste cose.》

Ad ogni secondo che passava stavo perdendo le speranze
Nessuno dietro a quel muro mi avrebbe vista, se avessi urlato avrei attirato l'attenzione di tutti e probabilmente la serata sarebbe finita male.

La scelta era tra urlare a squarciagola o farmi torturare da lui e salvare l'inaugurazione.
Me o l'Hotel? Che cosa avrebbero pensato tutti se ci avessero sorpresi in quel modo?
Stavo pur sempre vivendo una violenza, il Fausti si sarebbe sporcato la reputazione e gli affari sarebbero partiti male.

Ma quando ormai mi stavo per convincere che era meglio tacere e sopportare per il bene del mio lavoro, udii una voce conosciuta.

《Com'è che non la lasci stare, brutto coglione? Non vedi che non le va?》

Edoardo era qui.
Era solo una mia immaginazione?
No, era lui, in carne ed ossa.

Come mai non era con Elisabetta al centro estetico? Non sarebbe dovuto essere qui.

Non so come potesse sapere che ero in difficoltà, ma era arrivato nel momento più opportuno.

《Senti,tu fatti gli affari tuoi, ok? Non c'è nessun problema qui.》

Replicò Mario, trattenedomi per i polsi.

Edoardo si stava avvicinando a noi, io esprimevo il desiderio di allontanarmi. Non sarebbe finita bene.

《Non mi farò gli affari miei, Fausti. Ti ha detto che non le va e ti ha detto di starle lontano, perché insisti? Non sei uomo, se non sai fare a corteggiare una donna in modo normale. 》

Stavo vivendo una situazione irreale e non sapevo come venirne fuori.

《A lei va eccome, non vedi? Sta facendo la zoccola, si stava finalmente concedendo, prima che arrivassi tu a disturbare!》

E ad un tratto la situazione si capovolse.

Edoardo gli si gettò addosso con un tale odio che non potei descrivere.

Gli assestò un pugno in volto, tanto forte, che Mario cadde subito a terra, inerme.
Sentivo il mio aggressore piangere dal dolore, mentre Edoardo si stava ancora massaggiando il polso per via del colpo.
Edoardo lo minacciò di fargli di peggio se lo avesse detto a qualcuno, specialmente con il padre.

《Stai bene? Ti ha fatto del male?》

Mi sentivo finalmente al sicuro.
Qualcuno mi aveva salvata da una brutta fine..

《Sto bene, non mi ha toccata. Per fortuna. 》

Stavo bene.
Stavo bene davvero.

Edoardo si avvicinò e mi strinse in un abbraccio caldo e sincero.
In un attimo mi rilassai completamente e smisi di pensare a quel pezzo di sterco che, sul pavimento, ancora si stava lamentando del dolore al viso.
Edoardo mi aveva salvata, aveva evitato che mi facessero del male.

《Ti porto via da quì, vieni con me.》

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