Capitolo 31:Attese e disattese

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Agosto.

Filippo era finalmente tornato dal mare e sfoggiava un'abbronzatura niente male.

Alla fine, lui e il padre erano stati capaci di rimanere qualche giorno in più rispetto al contratto d'affitto, circa tre settimane totali.
Filippo aveva perso mezza giornata per mostrarmi tutti i suoi nuovi acquisti, i giocattoli da spiaggia e il canotto.
Come al solito il padre aveva esagerato, ma mi morsi la lingua di fronte dall'entusiasmo di un bimbo di soli cinque anni.

Marco mi sembrava tremendamente invecchiato negli ultimi sette mesi, da quando non viveva più con me, ma effettivamente stavamo invecchiando entrambi.
Tra pochi giorni anche io avrei compiuto trent'anni e non mi sentivo affatto pronta.

Avere trent'anni era quell'età di mezzo dove non sei nè una donna vissuta, nè una ragazzina, dove ogni tanto ti accorgi di avere ancora comportamenti infantili e delle volte ti ritrovi a fare ragionamenti tipo tua madre, quei ragionamenti che odiavi tanto quando avevi sedici anni, ma che ora fai nei confronti dei tuoi figli.
Trent'anni significa avere una famiglia, dei figli e delle volte avere ancora voglia di giocare con le bambole.
Il lavoro, gli impegni, gli imprevisti ti sfiancano e spesso ti fanno paura.
Ma è così, la vita da trentenni.
Non so può tornare indietro, ma solo andare avanti.
E meno male, per certi versi.

Agosto di quell'anno fu tremendo.

L'Hotel si riempì di turisti curiosi, anche tanti stranieri in visita alle città d'arte.
Tutte le stanze erano occupate, persino un paio delle quattro suite.
Il Fausti vagava entusiasta per l'Holiday leccando qualche sedere per tenersi stretto la clientela, ci sapeva comunque fare.

Gli introiti dell'hotel andavano benissimo, l'area relax riscuoteva successo e la cucina firmata da Massimiliano era un terno al lotto.
Qualche volta approfittai anche io con qualche seduta di massaggi e sauna, visto che i dipendenti avevano lo sconto nell'area benessere.
In quel periodo mi serviva un po' di relax,  quando potevo concedermelo.

Alla fine avevo tolto la polvere dall'invito al matrimonio di Edoardo riposto nel cassetto e avevo deciso di accettare, inoltrando la risposta di partecipazione.
Non sapevo  se stavo facendo la cosa giusta, ma in fin dei conti se non avessi accettato, cosa sarebbe cambiato?
Si sarebbe sposato comunque, tanto valeva andare e farmi male fino alla fine.

Sapevo benissimo che era una buffonata, un matrimonio combinato e fittizio, basato su un contratto economico che di sentimentale aveva davvero poco.
Ma questo lo sapevo solo io, non contava nulla per gli altri.

Nemmeno per Edoardo.

___________________________

Non ci spettavano ferie per la prima estate all'Hotel.
Avevamo appena iniziato a lavorare e stavamo davvero facendo i  salti mortali per stare dietro a tutto.

Marika faceva più ore di un orologio svizzero, io e Mario in reception e contabilità gestivamo turni allucinanti, Massimiliano in cucina non aveva giorno libero.

L'Hotel ci stava privando delle nostre vite, ma ne avremmo raccolto i frutti molto presto.

Tutte le settimane Fausti organizzava un evento diverso.
C'era la gara di golf, la mostra equina, i buoni per la spa, i balli, la sagra della birra artigianale...
Era snervante perché non capiva quando era ora di rallentare con i ritmi.

Ogni evento spingeva Edoardo e consorte a venire all'Hotel sotto invito di Fausti e io ,a mia volta, a fingere di non conoscerli o usare una distaccata circostanza nei loro confronti.
La serata dedicata alla sagra della birra finì con Elisabetta che sì azzuffò con una cameriera perché sembrava girasse troppo attorno al suo uomo.

Mi vennero i brividi.

Capitava in quelle serate che fossimo obbligati a rimanere fino a tarda notte all'Hotel, a turni.

L'ultima sera, Fausti ebbe la brillante idea di organizzare un ballo a tema anni cinquanta.
Anche i dipendenti dovevano vestire a tema.
Io e Marika tentammo di rifiutarci, ma non ci fu per noi una giustificazione ragionevole, perciò Fausti ci procurò degli abiti e ci obbligò a vestire come donne del tempo.

Anche se dovete lavorare, è importante che facciate sentire a loro agio gli invitati...così voleva il nostro capo.

Quello stesso giorno chiamai mia madre per accertarmi che potesse tenere Filippo la notte, visto che io molto probabilmente sarei rientrata molto tardi.
Mio padre che, nel frattempo, si era preso un po' di pausa dal lavoro e dai viaggi, fu felicissimo che Filippo passasse a casa loro la notte.
I miei genitori si rendevano sempre molto disponibili quando si trattava di lavoro, ma in realtà se li avessi chiamati anche per altro, il bambino sarebbe potuto stare da loro tutto il tempo necessario.

Sentivo di avere molto supporto come mamma single.

Mi guardai allo specchio e mi sentii ridicola.
Indossavo una gonna larga con il fondo ampio che ricadeva sul ginocchio, nera con piccoli pois bianchi, una camicetta a maniche a tre quarti castigata, bianca, e un paio di francesine con il tacco basso e squadrato.
Marika mi aveva aiutata a fare i boccoli ai capelli e li aveva un po' raccolti sui lati, completando il lavoro con un rossetto rosso e del fard vistoso.
Non mi riconoscevo conciata così, era davvero imbarazzante, ma non si poteva fare altrimenti.

Tutta la sala fu addobbata come ci trovassimo ad un ballo da liceali,mi sembrò di essere finita in un istituto superiore americano.

L'hotel era in festa, gli ospiti vagavano per i corridoi tutti laccati e in stile anni cinquanta, bevendo whiskey e chiacchierando animatamente.
Le ragazze erano eccitatissime perché per la festa era anche stato previsto l'invito di un accompagnatore, quindi si trattava anche di un evento molto romantico.

Erano le diciannove ed io non avevo ricevuto nessun invito.
Ok,  avrei dovuto lavorare tutta la sera, ma già che partecipavo vestita così, mi aspettavo che qualcuno mi chiedesse di farmi da accompagnatore.

Alla fine, poco prima dell'inizio della festa, Mario si palesò nel mio ufficio.

《Immagino che anche tu non abbia ricevuto nessun invito.Io non posso andarci con Giulio ovviamente e Marika è già impegnata. Andiamo insieme?》

Mi chiedevo quando Mario avesse parlato con Fausti della sua relazione.
Ormai erano passati mesi e più di una volta Giulio era venuto alle feste del Fausti.
Possibile che quell'uomo potesse essere così cieco?

Accettai l'invito di Mario, dal momento che ormai era innocuo e non avevo altra scelta.
Non si sarebbe riproposta sicuramente la scena dell'inaugurazione, questo era certo.
Mi sembrava che Mario fosse realmente preso da Giulio e quella relazione lo aveva cambiato molto.

__________________________

La serata era ormai iniziata con il botto.
Dopo il solito discorso di Fausti al microfono, le cameriere avevano iniziato a vagare per la sala senza sosta con cibi e bibite di ogni tipo.
Io e Mario cercavamo di divertirci nelle piccole pause che ci prendevamo.
Qualche volta io tornavo in ufficio con una tartina e la volta dopo era lui che portava un bicchiere di vino per entrambi.

La serata passò senza intoppi.
Il Fausti piombò in ufficio per liberarci dalle scartoffie e ci spronò ad andare a divertirci.
Io e Mario buttammo le fatture nei cassetti e vagamente allegri ci camuffammo fra la folla.
Sembrava di essere in una discoteca, ma molto più sobria.
Le ragazze non avevano le gambe nude o il seno fuori, non c'erano risvoltini o musica tecno.
Ci si divertiva in modo semplice.

Mario mi trascinò sulla pista che ormai la serata era avviata alla grande.
Ballavamo in modo strano e scoordinato, ma era più divertente di quanto pensassi.

Quella sera Edoardo non c'era.
Non c'era traccia di lui ed Elisabetta, niente avrebbe rovinato il mio umore.
Marika non aveva smesso un minuto di ballare.
Quella sera avrebbe dovuto servire ai tavoli, ma essendo la responsabile di sala, dopo poco smise volutamente di lavorare.
L'ammiravo, aveva un carattere che io non avrei mai potuto avere. Spensierata e naturale in ogni occasione, pazza a modo suo, ma vera.

Non ci accorgemmo nemmeno che si era fatto davvero tardi.
Avevamo bevuto tutti un po' troppo, per cui Fausti ci permise di fermarci nelle stanze libere dell'hotel.
Ero davvero esausta, non avrei avuto la forza di guidare fino a casa.

Ci salutammo alle porte delle stanze poco dopo.
Marika era riuscita a prendere la camera più vicina al suo nuovo spasimante brasiliano, Mario non voleva rimanere in hotel così con molta forza d'animo era rientrato a casa, ma solo perché Giulio lo stava aspettando.
Ovviamente il Fausti non poteva sapere la verità, ma acconsentí  ugualmente a farlo rientrare a casa, quella notte.

Fausti mi comunicò che io sarei andata a dormire nella suite.
Rimasi sbigottita quando mi informò che era l'unica stanza libera in tutto l'Hotel, che se volevo restare non c'era alternativa.
Non potevo crederci.
Non mi era mai successo di soggiornare in una suite.
Conoscevo bene la stanza, perché l'avevo vista più volte in costruzione, ma da lì al dormirci c'era una bella differenza.
Per fortuna in previsione della notte mi ero portata un cambio di indumenti puliti.
Sapere che Filippo era con i miei mi aveva alleggerito molto, così da farmi sentire meno in colpa nel restare in hotel senza pensieri.

Aprii la porta e restai di senza parole.
Il letto enorme in mezzo alla stanza faceva da padrone alle grandi finestre che davano sulla terrazza, la Jacuzzi, come mi ricordavo, era adiacente la toilette in una piccola stanza con luci soffuse e colorate, tutta la stanza era pervasa da profumi di oli essenziali e menta.
Gettai i miei vestiti sul pavimento e pensai che non c'era niente di meglio di un idromassaggio alle due di notte. Non lo avevo mai fatto prima, ero persino emozionata.
Accesi il motore dell'idro in attesa che la vasca si riempisse e mi versai un bicchiere di vino.
Non dovevo guidare, per cui avrei gestito la serata come meglio potevo, alcool compreso.

Mi liberai di quei vestiti scomodi e fuori moda, così da rimanere in intimo.
Ero dimagrita ancora, lo stress dell'ultimo periodo mi aveva chiuso lo stomaco più di una volta e mi resi conto di aver saltato molti pasti.
Poco dopo ero nuda pronta ad immergermi.

Mi stesi nella vasca idromassaggio lasciandomi cullare dall'acqua, fino a che qualcuno non bussò alla mia porta.

Era tardissimo e non aspettavo nessuno, poteva davvero essere chiunque, da Marika che aveva voglia di bere, al Fausti che aveva bisogno di farmi fare qualcosa.
Mi infilai l'accappatoio e andai alla porta.

《Si, chi è?》
Temevo incombenze in corso.

Un attimo di silenzio.
Pensai che qualcuno avesse sbagliato porta.

《Sono Edo. Mi apri un attimo?》

Ancora?
Ma come poteva sapere che ero qui?
Ah già.. La receptionist del turno di notte. Aida... Lo conosceva.

《Un minuto.》

Cercai di darmi un tono e tornai alla porta.
Aprii con i capelli bagnati e ancora con l'accappatoio addosso.

《Che ci fai qui?》

Edoardo aveva in mano una bottiglia di champagne.

《Sono sempre stato qui. Ma tu non te ne sei accorta. Ballavi con Mario ed eri tutta presa dalla serata...》

Eravamo ancora sulla porta a scambiarci formalità.

《Non c'è Elisabetta?》

La domanda era lecita, non veniva mai all'Hotel senza di lei.

《No, aveva una cena con suo padre, doveva raggiungermi, ma era stanca, così non è venuta.
Senti mi fai entrare? Non ti salto addosso.》

Una scena già vista.
Io che lo faccio entrare e lui che attacca con le solite giustificazioni.

《Perché sei salito da me?》

Edoardo era sulla soglia che ammirava la stanza. Si accorse anche della Jacuzzi in funzione.

《Mi volevo scusare per la sera del barbecue... È stata pessima, me ne rendo conto. Non sapevo che eri lì, hai avuto un certo fegato a venire a farci le congratulazioni. Temevo che avresti fatto sciocchezze.》

Io?
Noooo...

《Cosa potevo dire? Mi sembrava logico dal momento che ero lì, augurarvi il meglio.》

Il ragazzo nella stanza aveva posato la bottiglia sul tavolino.

《Edo, ho già bevuto abbastanza. Ti ringrazio per il pensiero, se sei venuto per scusarti mi basta... Ora puoi andartene.》

Ero stata dura, ma giusta.
Non volevo più avere nessun rapporto con lui, se non una pacifica conoscenza.

《Mary io non la amo...lo vuoi capire? Non provo niente per lei!》

Mi caddero le braccia.
Letteralmente.
Cosa significava questa ammissione, ad un mese dal suo matrimonio?

《Cosa me ne faccio di questo, adesso? Siamo stati a letto insieme e mi hai allontanata, mi hai promesso di non lasciarmi sola quella notte e invece te ne sei andato, sei venuto poco dopo a dirmi che ti sposavi e hai preteso che lo accettassi... Cosa vuoi ancora? Farmi altro male?》

Non ne potevo davvero più del suo atteggiamento, il fatto che mi trattasse come un oggetto mi feriva enormemente.

《Vuoi la verità?》

Non volevo altro.

《Da quella volta che ti ho raccolto dal pavimento, quando ancora l'Hotel non esisteva, non ho fatto altro che pensare a te.
A quella sbadata che viene con i tacchi in un cantiere pericoloso e malmesso.
Quando ho saputo che eri sposata, ho messo da parte il desiderio di conoscerti.
Ma sei stata come un fulmine a ciel sereno, per me.
Poi ci siamo baciati in discoteca e ho perso la testa ancora di più.
Ho provato in ogni modo ad evitarti, a dimenticarti, ma poi ci siamo rivisti all'inaugurazione e ho sentito ancora quel desiderio.
La notte che abbiamo fatto l'amore mi sono sentito come non mi capitava da anni.
È vero, io mi sto per sposare, ma niente mi aiuta a non pensare a te.
Persino stasera, mi sono informato se fossi in turno per venire. Avevo bisogno di vederti... Anche solo per un attimo.》

Il fiato morì nel petto, insieme a tutte le cattiverie che avevo provato sino a quel momento.
Ogni dubbio, ogni dolore se ne era momentaneamente andato da me.
L'uomo che desideravo da mesi era di fronte a me e si stava dichiarando, a modo suo.

《Edo,io penso a te ogni giorno.
Soffro delle volte e come per te, da quel primo giorno, tu sei un pensiero fisso.
La vita ci è avversa, tu stai per sposarti e io sono arrivata forse nel momento sbagliato... Forse tardi.
Il destino forse non ci vuole insieme.
Ma mi sei entrato dentro come nessuno mai e fatico a dimenticarti.》

Eravamo ancora in piedi uno di fronte all'altra e non avevamo la forza di muoverci.
Ci guardavamo negli occhi aprendo per la prima volta davvero le nostre anime.

《Credo di essermi innamorato di te Mary. Del tuo modo buffo di vestire, del tuo diventare rossa quando sei in imbarazzo. Sono innamorato del tuo sorriso, della piccola fossetta che hai sulla guancia destra, delle tue curve. Sono innamorato del tuo essere a volte un po' sopra le righe, del fatto che sei spontanea.
Quando indossi i jeans e sei spettinata. Quando mangi come un maiale. Persino quando ti addormenti tra le mie braccia pregandomi di non andare via. Delle tue debolezze... persino del tuo coraggio.》

Ero allibita di fronte a lui, ascoltavo ogni sua parola come non mi trovassi realmente di fronte allo stesso Edoardo.
Non potevo credere che anche lui provasse lo stesso per me, le stesse cose che avevo nutrito per lui in mesi di difficoltà.

Lasciai cadere il bicchiere sul tavolino al mio fianco e mi buttai tra le sue braccia.
I miei capelli bagnati coprivano il suo volto mentre lo riempivo di baci.

Fece cadere a terra l'accappatoio e in un attimo mi trovai nuda di fronte a lui, per la prima volta.
Mi osservò attentamente sfiorandomi la pelle, poi mi attirò di nuovo a sé.
La luce della lampada illumivava in tutte le mie imperfezioni, ma per la prima volta, non mi sentii a disagio.

Gli sfilai la maglietta occhi negli occhi, poi i pantaloni e infine nudi l'uno di fronte all'altra, ci stringemmo in un abbraccio eterno.
Edoardo mi trascinò lentamente verso il letto, adagiandomi sulle lenzuola fresche.
Iniziò a baciarmi sul collo e sul seno, mordendo di tanto in tanto la pelle, scese sul ventre dove dedicò ancora più amore.

Segnò con le dita le piccole smagliature che la gravidanza mi aveva lasciato, poi le bacio come le amasse da sempre.
Con le mani mi cinse i fianchi e posò le labbra sulla mia intimità, facendomi gemere di piacere.
Di tanto in tanto alzava la testa per guardami negli occhi e io a mia volta, sapevo riempire i suoi occhi di desiderio.

Poco dopo si adagiò delicatamente su di me, non smettendo mai di baciarmi e di ripetermi che mi voleva così com'ero. Marie Anne, niente di più, niente di meno.

Divaricai un po' le gambe per accoglierlo dentro di me e in un attimo fummo una cosa sola.
Edoardo si muoveva sopra di me in modo dolce e sensuale, sapevamo di non avere fretta, quella notte.

Sentivo il suo bacino appoggiarsi piano e il suo sesso spingere dentro me, regalandomi sensazioni uniche.

Con le mani mi accarezzava il volto.
Le nostre labbra fino ad allora non si erano ancora allontanate, i baci caldi riempivano la stanza, le nostre bocche, i nostri pensieri.

Il mio corpo non rispondeva più a nulla. Ero completamente abbandonata a lui e alle sue mani.

Edoardo aumentò di poco il ritmo poi mi fece alzare e mi adagiò contro il muro.
Si appoggiò con dolcezza dietro me con una tale naturalezza come lo avessimo sempre fatto.

Ci unimmo, diretti insieme verso l'apice del piacere.
Edoardo mi trattenne per i fianchi poco prima di esplodere in me, tra i nostri gemiti all'unisono e il calore che lentamente aveva invaso le lenzuola.

Ci abbandonammo fianco contro fianco sul letto King size guardandoci negli occhi.

《Edoardo, non odiarmi, ma io sento di amarti. 》

Lui mi teneva la mano e mi accarezzava il viso.

《Io amo te. È difficile, ma sento di averti sempre amata, anche nelle tue Nike rosa. E dobbiamo trovare una soluzione. Non voglio più rinunciare a te, a noi.》

Quella notte facemmo l'amore ancora e ancora, non eravamo mai sazi l'uno dell'altra.
Ogni volta aveva un sapore diverso dalla precedente.

Ci addormentammo insieme, ma questa volta nessuno due due avrebbe dovuto promettere di restare, quella notte.

Saremmo rimasti senza giuramenti. Quella notte era solo nostra.

__________________________

La mattina il sole sorse molto presto.
Il mio telefono squillò poco dopo le sette, più volte.
Mi accigliai molto, ma dopo aver visto sul play il nome di mia madre, mi preoccupai per Filippo.

Ma questa volta non c'entrava il piccolo. Era molto peggio, qualcosa che non avevo assolutamente previsto.

《Mary, corri a casa subito.
Tuo padre non sta bene!



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