Capitolo 53: Fattele Due Risate

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L'incontro con Elisabetta mi aveva lasciata abbastanza in crisi.

Il suo sguardo accigliato e le parole che aveva detto, soprattutto le ultime, mi avevano spinta a riflettere su tutto quello che era successo nell'ultimo anno con Edoardo.
C'erano ancora tante cose che non mi spiegavo, ma soprattutto avevo iniziato a pensare di non meritare un trattamento simile.

Nessuno si merita di essere l'ultima ruota del carro. Nessuno.

Non potevo e non volevo più giustificarlo.
I primi giorni dopo l'incontro con quella che era stata sua moglie, li passai sul divano a vegetare. Non avevo voglia di uscire, non avevo voglia di compagnia e soprattutto non avevo voglia di giustificarmi con nessuno del mio atteggiamento da pseudo depressa.

Volevo solo essere lasciata in pace a tentare di ricostruire la mia vita pezzo per pezzo, mi serviva più tempo per metabolizzare il tutto.

O il lutto.

Mia madre veniva di tanto in tanto a farmi visita, a controllare se fossi viva, spronandomi ad uscire e incontrare gente nuova.
Nemmeno i suoi tentativi valsero a qualcosa.
La ringraziavo di continuo per il suo interesse nei confronti della mia triste esistenza, ma nulla mi avrebbe fatto cambiare idea. Avevo solo bisogno di stare calma e ogni volta che potevo, preferivo farlo chiudendomi in me stessa.

Filippo andava e veniva da casa del padre dove finalmente stava trovando un equilibrio.
Si sentiva bene con la nuova compagna di Marco, ne parlava in continuazione. Una parte di me si sentí un po' gelosa, ma ero ben consapevole che il mio atteggiamento non mi avrebbe portata da nessuna parte.
A mancare era solo e semplicemente l'abitudine, l'ultima sensazione che aveva sempre tardato ad andarsene.

Filippo aveva il diritto di vedere il padre e io avrei dovuto accettare il pacchetto completo.
Un po' lo invidiavo, Marco.
Era felice nella sua nuova vita, tutto finalmente stava prendendo una bella piega e l'aver trovavo l'amore vero lo rendeva affascinante come non lo vedevo da tempo, come quando lo avevo conosciuto.
Sembrava persino più giovane insieme a quella bella ragazza dai capelli ambrati.

Non negai mai che una parte di lui mi mancasse ancora, ma ormai era acqua passata ed entrambi avevamo tirato dritto, solo che la sua strada era evidentemente più spianata della mia.

Il solito fortunato.

_______________________

Un sabato sera mi trovavo come di consueto sul divano.
Alla televisione stavano dando una replica di un programma che avevo già visto almeno un centinaio di volte. Osservavo il monitor con lo sguardo di chi è perso nei propri pensieri, non ridevo alle battute del presentatore. Ero presente con il corpo, ma totalmente assente con la mente.

Filippo giocava con Toby sul tappeto disposto ai piedi del divano.
Quel week end Marco aveva deciso di portare la sua ragazza a fare una piccola gita fuori porta e dal momento che io non avevo nessun impegno in programma, Filippo decise di restare a casa con me piuttosto che andare da mia madre.

Il piccolo Toby ormai non ne poteva davvero più delle torture di Filippo.
Il mio amato beagle iniziava ad essere anziano, arrancava ogni tanto e questa situazione mi deprimeva ancora di più.
Era l'unico amico vero che Filippo avesse mai avuto nei suoi sei anni di vita, l'unico compagno di serate piacevoli in famiglia. L'idea che a breve se ne sarebbe andato ci rendeva tutti inermi e addolorati.

Stavo per cedere alla tentazione di lasciarmi scivolare tra le braccia di morfeo, quando qualcuno bussò alla mia porta.
Non avevo chiamato nessuno, nessuno mi aveva avvertita che sarebbe passato da casa mia. Rimasi particolarmente sorpresa.
Mi alzai svogliatamente dal divano e mi infilai il mio accappatoio rosa.
Non me ne vergognavo affatto, nonostante fosse buffissimo.
Avevo smesso di farmi tanti problemi per il mio abbigliamento, avevo cose più importanti a cui pensare.

Dallo spioncino non vidi nessuno.
Controllai di nuovo, ma nulla. Aprii la porta e trovai un pacchetto proprio sullo zerbino. Al suo interno era stato messo un bigliettino e due ingressi per il cinema del paese.
La proiezione del film d'animazione era fissata per quella stessa sera alle ventidue, due ore più tardi dal ritrovamento del pacchetto.

Mi misi ad ispezionare il pacchettino nella più totale confusione.
Chiunque l'avesse recapitato aveva scelto di rimanere anonimo, il bigliettino recitava una frase breve ma concisa.

"esci dal tuo status, vai a farti due risate che te lo meriti. Un amico"

Guardai Filippo seduto sul tappeto.
Era curioso tanto quanto me, mi osservava in attesa che gli dessi una spiegazione.

Un sorriso comparve sul mio viso.
Era esattamente quello che ci serviva per movimentare quel sabato sera un po' depresso.

《Che ne dici se ci prepariamo e mamma ti porta al cinema?》 gli comunicai, gettando il mio accappatoio sul servo muto.

Filippo si mise a saltellare per tutto il salotto sotto lo sguardo sbigottito di Toby. Fu chiaro che la mia idea lo aveva esaltato. Ci cambiammo in fretta e furia e lasciammo l'appartamento appena un'ora dopo.

Chiunque avesse avuto quel pensiero per noi, doveva essere un amico molto vicino, qualcuno che doveva conoscere bene la nostra situazione.
Non avevo nessuno da ringraziare, ma mi fu sufficiente lanciarmi nel caos cittadino a bordo della mia utilitaria con mio figlio accanto, per sentirmi viva di nuovo, come non mai.

__________________________

Filippo ancora rideva a crepapelle ricordando la scena più esilarante del film. Stavamo lasciando il cinema dopo la proiezione con un umore decisamente migliorato, mano nella mano e con una gran fame.

Pensai spesso durante tutto il film a chi fosse venuta in mente un idea tanto azzeccata. Si firmava solo con "un amico", ma quanti avrebbero davvero potuto farci un regalo tanto grande?
Pensai ad Edoardo, ma dal Canada di sicuro non avrebbe potuto fare una cosa simile. Pensai a Christian, ma era già un po' di tempo che non lo sentivo e non avevo sue notizie. Mario, Marika... Nessuno di loro mi ispirava.

Pensai anche a Marco.
Non poteva essere nemmeno opera sua, non era in città. Il cerchio era sempre più stretto.
Di sicuro non ci sarei arrivata tanto facilmente, non aveva senso stare ad investigare, per lo meno non quella sera.

Una volta tornata a casa io e Filippo decidemmo di cucinarci le frittelle di mele. Ricordavo esattamente quando le mangiavo da bambina, me le faceva sempre la nonna. Finivo sempre per avere mal di pancia, ne ingurgitavo talmente tante da sentirmi male.

Quando la nonna era venuta a mancare avevo deciso di portare avanti la tradizione e cucinarle per mio figlio. Era un momento bellissimo, Filippo mi aiutava e finivamo sempre per fare un gran pasticcio. Le frittelle uscivano bruttissime, ma le mangiavamo ugualmente.
Anche Toby approfittava sempre di quel caos, mangiando tutto quello che inavvertitamente scivolava dalle mani di Filippo. E le cose che cadevano a terra in quelle occasioni erano sempre tante.

Riordinando la cucina dopo aver rovesciato più volte la farina, Filippo mi lasciò senza fiato.
Mi posò una mano sul viso e senza dire una parola, mi diede una bacio sulla guancia. D'istinto lo presi tra le braccia e lo strinsi forte. Ero sicura che vedesse quanto stessi male in quel periodo e nella sua testolina ricoperta di capelli scuri, sicuramente non doveva essere sereno.

Lo lasciai andare con gli occhi lucidi.
Di tanti errori fatti nella mia vita, Filippo era l'unica cosa che mi era riuscita perfetta. Stava crescendo esattamente come lo avevo voluto, intelligente e sensibile, testardo, un po' canaglia. Era la più bella fotocopia di me e suo padre, dai quali aveva attinto pregi e difetti, mescolandoli e creando una personalità superiore alle nostre.

Non era stato il cinema o le frittelle, era stato Filippo a regalarmi la gioia più grande, quella sera. Mi sentii stupida per tutte le volte che mi ero sentita sola in quel periodo. Non lo ero affatto.
Qualsiasi cosa l'avremmo superata, in un modo o nell'altro. Ringraziai di nuovo con il pensiero quel misterioso amico, mi aveva scrollata e mi aveva permesso di ricordare una delle cose più importanti.

Ero più ricca di qualsiasi altra persona.


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