Capitolo 54: Riprendi A Scriverti

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Un mese.

Un mese era già passato.

Avevo ormai prosciugato tutte le mie lacrime, avevo pianto così tanto da non avere più nulla da versare.

Una nuova estate bussava con forza alla mia porta con l'intento di svegliarmi dal torpore.

Il freddo dell'inverno se ne stava andando definitivamente, la primavera con i suoi colori incendiava le campagne, il cielo.
Non una nuvola, ogni dubbio se ne stava andando, portato via con la fredda stagione.

Edoardo non si era più fatto vivo.
Ogni giorno il suo volto sbiadiva sempre di più tra i miei pensieri.
Lo pensavo sempre meno, lo desideravo meno.
Iniziavo ad accettare l'idea che non sarebbe tornato, o se lo avesse fatto, non sarebbe tornato per me.

Così era tutto meno doloroso.
La vita faceva meno male, l'idea di essere da sola iniziava a non starmi più così stretta. C'erano ancora tanti capitoli della mia vita da scrivere e riscrivere e mille e più pagine da voltare.

Stavo tornando ad essere forte.
Stavo imparando a bastarmi, a piacermi di nuovo.
Tutti se ne erano accorti, i miei occhi non cercavano più un punto morto nel vuoto, ma guardavano dritto a me, dove volevo andare davvero.

Non era facile, ma stavo tornando a credere in me stessa.
A scrivermi.

I miei occhi erano tornati a splendere,
così come il sole illuminava il mio volto in una nuova estate tutta da riscoprire.
Non avevo ancora fallito, non lo avrei fatto.

C'era ancora troppo da fare.

___________________________

La serata con Filippo definí un cambiamento non indifferente in me, una spia d'allarme forte, ma necessaria.

Decisi di riprendere in mano la mia vita.
Per prima cosa mi dedicai al mio aspetto fisico riportando agli albori i miei capelli e il mio abbigliamento. Ero stanca di nascondermi dietro ad una bugia, volevo ritrovarmi e tornare a sorridere.
Sotto il consiglio di Marika decisi di seguire un corso di danza. Ballare mi era sempre piaciuto tanto, ma dopo la nascita di Filippo non avevo più avuto tempo, così avevo accantonato la passione.

Ora ne avevo tempo e voglia.

Smisi di vegetare sul divano, uscivo ogni volta che potevo con Filippo, con le amiche e anche con quella pazza di mia madre.
Casa mia era sempre aperta a tutti quelli che avevano voglia di festeggiare qualcosa o semplicemente passare una serata in compagnia.

Tornai a frequentare Christian, ma solo come amici. Quel ragazzo aveva il potere di farmi ridere fino al mal di stomaco, la sua compagnia si rivelò un arma micidiale nei confronti della mia solitudine. Andavamo dappertutto, a mangiare fuori, al cinema. Ci comportavamo come una coppia, ma a conti fatti non lo eravamo affatto.
Eravamo stati chiari l'uno nei confronti dell'altra, non stavamo cercando una relazione e non avremmo confuso l'amicizia sincera che ci legava con il resto.

Mia madre aveva iniziato a frequentare un uomo, un amico come lo definiva lei.
Inizialmente non ero stata troppo entusiasta della notizia, ma pian piano mi abituai all'idea che non avrebbe potuto restare in casa da sola come una vedova addolorata tutta la vita.
Amava papà, lo aveva fatto con il cuore e non avrebbe mai smesso, ma la sua vita aveva il diritto di proseguire e io non ero nessuno per impedirle di avere una persona fidata al fianco.

Una volta mi capitò anche di vederla passeggiare per le vie del centro insieme al suo nuovo amico.
Era decisamente un bell'uomo, alto e snello, d'aspetto curato.
La teneva sotto braccio e di tanto in tanto la faceva ridere a crepapelle, forse per via una battuta ironica.
Il volto di mia madre era felice, sollevato da quell'espressione accigliata che l'aveva accompagnata negli ultimi mesi.

Osservandola meglio mi sembrò di individuare una situazione analoga, quella tra me e Christian. Fu in quel momento che decisi di non dirle più nulla, quando finalmente capii di cosa avesse bisogno. Di sostegno, di vicinanza, esattamente come ne avevo avuto bisogno io.

Marika aveva lasciato definitivamente il suo amante brasiliano. Anche lei aveva fatto il suo salto di qualità.
Mi confidò di aver conosciuto un nuovo ragazzo e di avere intenzioni serie, era un tipo davvero con la testa sulle spalle, qualcuno che non aveva voglia di giocare. Fui entusiasta della bella notizia e per la prima volta dopo diversi mesi ,non sentii nessuna invidia nei suoi confronti.

La mia vita era già completa così anche senza un uomo al mio fianco.

Anche Mario ebbe modo di spiazzarmi quando durante una cena a casa mia, comunicò a tutti i presenti che finalmente aveva detto al padre della sua omosessualità.
Il signor Fausti inizialmente non l'aveva presa benissimo, ma poi vedendo suo figlio davvero felice, era finito per ricredersi. A Mario era costato davvero molto liberarsi di quel peso, ma esattamente come per me, era giunto il momento di smettere di nascondersi dietro ad un dito e mille scuse.

Ogni mio rapporto, ogni amicizia si era fatta più vera e intima. Avevo ripreso a divertirmi, a godermi la mia compagnia e quella degli altri.
Persino con Marco i rapporti erano tornati confidenziali e per assurdo mi trovai un giorno a casa sua a prendere il the con la sua nuova compagna. Non avevo nulla contro di lei e il loro rapporto, volevo solo che Filippo ci vedesse una famiglia unita anche in mezzo alla confusione della nostra separazione.

Tutto sembrava aver ripreso la giusta piega, finché un giorno il mio cellulare suonò insistentemente nella tasca del mio giubbotto.
Ero spensierata, in giro per negozi con Marika, quando tutta la mia calma venne spazzata via dalla frustrazione.
Riconobbi subito quella suoneria, l'avevo assegnata ad una sola persona.
Era la canzone che avevo dedicato al numero di Edoardo.

Estrassi il telefono dalla tasca e rimasi per qualche secondo a fissarlo.
Una parte di me avrebbe voluto visualizzare e rispondere subito, mentre l'altra avrebbe gettato il cellulare in mezzo alla galleria del centro commerciale, ma non prima di averlo pestato a dovere.

Marika al mio fianco non capí immediatamente il mio stato d'animo.
Rimase impietrita quando le comunicai che Edoardo mi aveva mandato un messaggio.

《Non rispondere.》 mi disse prendendomi per il polso e trascinandomi all'interno del negozio di articoli per la casa.

《Non so cosa voglia, sono curiosa di leggere cosa ha da dirmi.》 le comunicai in mezzo alle corsia degli utensili da cucina. Una signora anziana si limitò ad osservare la scena. Sembravamo due pazze appena evase da un manicomio. Marika prendeva e appoggiava di continuo la stessa padella sullo scaffale come soffrisse di un disturbo compulsivo. Io al suo fianco, parlavo con un tono di voce stridulo e un po' troppo alto.

Riuscii ad ignorare il messaggio e a proseguire il mio shopping, ma quando in serata giunsi a casa, la curiosità prese il sopravvento a discapito di tutte le raccomandazioni di Marika.

Con le mani che ancora tremavano e il cuore il gola decisi di leggere cosa Edoardo avesse da dirmi.
Dopo un mese di silenzi, cosa avrei dovuto aspettarmi? Delle scuse forse?

Poche righe, un po' impersonali.

"Sono tornato oggi in città. Rimarrò qualche giorno per il compleanno di mio padre.
Vorrei vederti e scambiare due parole, se me lo concedi. Scusami se sono stato assente nell'ultimo periodo, ma ti giuro che ti ho pensata tanto. Spero accetterai. Edoardo"

Spensi il cellulare e lo gettai sul divano. Tutto il lavoro che avevo fatto su me stessa nell'ultimo periodo sembrò non aver sortito l'effetto che doveva.

Il mio cuore non smise per un solo secondo di martellarmi nel petto quella notte, a metà tra il dolore e l'emozione.
Non avevo dimenticato nulla e questa era la prova evidente che mi stavo mentendo di nuovo.






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