Capitolo 6: Bonjour finesse

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Quella sera rientrai a casa davvero in pezzi.
Ormai era sceso il buio e la nostra vecchia dimora era avvolta da una bizzarra aura spaventosa. Mia madre mi attaccò sulla porta per sapere come era andato l'incontro, senza nemmeno darmi il tempo di togliere il cappotto.

Era curiosa di sapere che impressione avessi fatto e quale mi aveva fatto l'Hotel. Non vedevo l'ora di sedermi e rilassarmi, di sicuro non di essere torturata dalla curiosità di mia madre.
La conoscevo bene, si nutriva di pettegolezzo.

Mi osservò in modo torvo notando che indossavo le scarpe da tennis rosa, ma non disse nulla sul primo momento.

Mi precipitai a salutare Filippo che disegnava in cucina. Mi abbracciò fortissimo e mi lanciò un pennarello. Era il suo modo carino per dirmi che gli ero mancata e che voleva giocassi un po' con lui.

Dovevo contattare ancora il signor Fausti. Dovevo dirgli della giornata, il mio resoconto personale e l'idea che mi ero fatta della squadra.
Ero così esausta che mangiai un boccone al volo e scrissi un SMS spicciativo, spiegando che lo avrei contattato presto l'indomani per discutere dell'incontro.

Scrissi un SMS anche a Marika. Non mi rispose, probabilmente era con Luca a fantasticare sulla nuova casa, insieme.
Marco mi chiamò alle ventuno. Filippo era entusiasta di sentire la voce del padre. Il suo incontro con il cliente era rimasto in sospeso, dovevano discutere ancora qualcosa prima di firmare il contratto. Me ne intendevo così poco che non volli investigare oltre.

《Mi mancate.》

Ci disse prima di chiudere la conversazione. Filippo aveva l'espressione distrutta. Gli mancava già in modo assurdo il papà. A me invece non mancava poi così tanto.

Temevo di sì, ma in realtà mi mancava solo la sicurezza di averlo in casa la sera, quando il buio inghiottiva la nostra proprietà e sembrava distaccarci ancora di più dal mondo abitato.
Quella sera misi il mio cellulare in silenzioso e mi buttai sul letto. Permisi anche a Filippo di dormire insieme a me. Ci faceva sentire più sicuri restare vicini.

Il mattino successivo, dopo una notte pressoché insonne fatta di vani tentativi di prendere sonno, guardai il mio cellulare. Erano solo le sette, ma avevo circa sette chiamate perse e qualche SMS.
Mi aveva risposto Marika, scusandosi per aver visto il mio SMS troppo tardi. Era ad una cena con Luca e la famiglia, avevano ufficializzato la notizia della convivenza. L'altro messaggio era di Marco. Ci mandava un bacio, stava andando a fare colazione prima di incontrare il cliente. Le sette chiamate erano del signor Fausti. Erano tutte risalenti a pochi minuti prima.
Mi affrettai a richiamare.

《Buongiorno signor Fausti! Mi deve scusare, ma ieri sera ero davvero esausta e...》

Venni prontamente interrotta.

《Marie Anne, credevo di essere stato chiaro sulla tempestività delle sue informazioni! Ieri sera, a qualsiasi ora avrebbe dovuto chiamarmi e riferirmi dell'incontro! Ero in attesa della sua telefonata! Il fatto che fossi da mia madre non precludeva il fatto che avessi preferito una chiamata rapida piuttosto che un SMS di circostanza.》

《Si ma io...》

《Mi dica qualcosa!  Io ho già ricevuto notizie dal Berghi. Ha fatto una buona impressione. A parte lo scivolone sui tacchi...》

Lo sapevo.

Di tutte le cose che volevo non si sapesse, che fossi caduta a gambe all'aria, già era stato informato.

Una strigliata mattutina era un buon modo per iniziare bene la giornata.

《Beh signor Fausti, è una buona squadra. Non erano al completo, ovviamente. Se il lavoro sarà avviato, ci hanno dato sei o otto mesi per terminarlo ma avranno delle squadre associate con le quali si divideranno gli utili. La spesa è folle, ha molti zeri. Ammetto che è rischioso conoscendo le nostre entrate.》

Che stronzo però...

《... ma se ci si limita a ristrutturarlo senza pazzie ed aprirlo in breve tempo, faremo presto a vederne i risultati.
Io credo che... Si potrebbe fare.》

Il Fausti restò in silenzio qualche istante. Quel cicciotto pelato con i soldi che gli uscivano pure dalle orecchie aveva già deciso, il fatto che io fossi andata a vedere era solo una purissima formalità.

In effetti il posto era davvero bello. Così a metà tra due città d'arte, immerso nel verde delle campagne lombarde. Il lavoro avrebbe dato una bella prosciugata all'eredità del padre defunto, ma si sentiva protetto da quel suo amico direttore di banca, che gli aveva dato mille e più certezze sull'andamento dei risparmi.

Quell'altro cicciotto che aveva riso nel momento in cui ero finita con il tacco tra i cavi e il sedere a terra.

《D'accordo Marie. Deduco che la sua opinione sia in linea con la mia. Oggi andrò al comune per i permessi dei lavori!》

Inutile.Quando si metteva qualcosa in testa...

《Mi andrò ad informare in caso ci siano intoppi. Poi, contatterò Berghi e decideremo come procedere. Mi interessa che prima dell'estate l'Hotel sia pronto per la grande inaugurazione. Hanno sei mesi di tempo. Dopo di che, inizieremo a cercare lo staff da inserire. Ma sto già correndo. Ora la saluto, dirò a Berghi di contattare lei in caso di bisogno, se io non fossi reperibile. Lascerò il suo numero alla segretaria. Buona giornata Marie. Ah oggi le do il giorno libero. Se lo merita!》

Sempre il solito.
Nonostante il rischio, non avrebbe scelto diversamente, né ero certa.

E così, senza neanche darmi il tempo, il grande Fausti mi riagganciò il telefono in faccia.

__________________________

Giorno libero.

L'ultima volta che avevo avuto il diritto al giorno libero, stavo per partorire. Vomitavo di continuo, avevo sempre i piedi gonfi e la vescica impazzita.
Avevo fatto compassione a Fausti, così mi lasciò a casa in quei giorni, quando tra un cliente ed un altro, restavo quindici minuti al gabinetto. Erano stati i giorni peggiori, uno dei tanti motivi per i quali ho sempre temuto un'altra gravidanza.

Quel giorno liberai mia madre dall'impegno con Filippo. Avremmo passato la giornata insieme e saremmo andati a fare compere. Avevo deciso che gli avrei preso il primo regalo di natale.
Fuori iniziava già a fare parecchio freddo.
Ci vestimmo pesante e uscimmo in tarda mattinata. Marco ancora non pervenuto, ma Filippo era stato distratto dall'idea di andare al centro commerciale. Tutto, pur di non farlo soffrire.

Il supermercato distava circa quindici minuti di auto da casa nostra. Un complesso di negozi, anonimo nel suo grigiume ed illuminato a festa come una chiesa barocca.

Eppure non si vedeva un bel niente nel parcheggio sotterraneo.

Io e Filippo scendemmo dalla mia vecchia auto e ci dirigemmo verso il supermercato. Ormai il nostro frigo conteneva a malapena uno yogurt, del formaggio spalmabile e una bottiglia di latte.

Niente di utile per preparare un pasto degno di quel nome.

Mentre vagavo senza una meta precisa per le corsie con Filippo seduto nel carrello, mi scontrai contro una coppia proprio di fronte a noi.

Rimasi un attimo di stucco.
Alta, mora, un seno mozzafiato. Giovanissima, magra come un chiodo. Un sorriso che avrebbe fatto innamorare anche il papa.

Lasciatemi dire, una figa da paura.

Quando la donna aprì la bocca però, il mio mito si ruppe.

《Ehi, cazzo! Ma guarda un po' dove vai! Non vedi che ci sei venuta addosso!》

Al fianco della sboccata, Edoardo Berghi, nel suo splendore.
Indossava un paio di jeans chiari e una t-shirt nera un po' attillata. I capelli perfetti. Quei due insieme sembravano David Beckham e Victoria.

Perfetti
Ma avevo dubbi?

Mi affrettai a scusarmi con la tipa  "bonjour finesse" senza nome, salutai con educazione e feci per proseguire.

《Mamma! Quella signorina ha detto CAZZO! Lo sa che certe cose non si dicono? Dovrebbe lasciarci un euro da mettere nel vasetto anti parolacce!》

Per disabituare Filippo nel ripetere le parolacce dette in casa, ad ogni castroneria detta da me o dal padre, gli donavamo un euro per il suo salvadanaio. Un modo un po' oneroso forse, ma almeno in famiglia abbiamo ristretto il campo e le occasioni pro parolacce.

Edoardo restò a guardare me e Filippo  per un po'. Filippo spostava il suo sguardo tra me e lui.

Non poteva essere più bello.
Con quegli occhi color nocciola intagliati di verde, non poteva essere più affascinante.

《Lo conosci mamma? Quel signore ti sta fissando!》

Avete presente le farfalle nello stomaco? Ecco le mie erano impazzite come sotto l'effetto di anfetamine.

Edoardo mi rivolse un saluto di circostanza.
Se avessi saputo che era al supermercato, forse non sarei uscita con la mia più brutta tuta informe, i capelli legati e spettinati.

Non mi stavo facendo un gran biglietto da visita, conciata così di fronte alla coppia più perfetta mai vista.

《Salve Mary. Anche tu a fare acquisti? Ho saputo che il signor Fausti ha dato il via al progetto. Lasciami dire, è un pazzo. Ambizioso.》

Si era un pazzo... Ma che bei soldi aveva.

《Spero che le cose vadano bene, in ogni caso sarò a seguire i lavori. Ci vediamo all'Hotel. Hai ancora il nostro biglietto. Contattaci se ci sono dubbi. Vi lascio alle vostre spese.
Ah, complimenti per il piccolo! Davvero un bel bambino! 》

Si abbassò per guardare meglio Filippo e lo vidi sussurrare qualcosa.

《Questo è per te, per la parolaccia!》

Per tutta la durata della breve conversazione, la sua ragazza non mi tolse gli occhi di dosso.

Che faccia da culo, mi ripetevo tra me e me, cercando di non destare sospetto.

Era lampante che faticasse a capire come facevamo a conoscerci, poi quando Edoardo menzionò l'Hotel probabilmente ci arrivò,perché la sua espressione si fece meno da cane rabbioso.

Una come lei non aveva motivo di temermi. Sono anche sicura che avesse notato la mia fede al dito. Altro motivo per non temermi. Senza scordare il marmocchio nel mio carrello della spesa.

《Si. Fausti ha accettato. In ogni caso il vostro numero ce l'ho salvato in rubrica, se avessi bisogno vi contatteremo. Buona giornata signor Berghi e...? 》 osservai solo allora la bruna al fianco di Edoardo.

Elisabetta. Io sono Elisabetta, la sua compagna. Piacere mio, Mary.》

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Proseguimmo la spesa, stando sempre attenti a non incrociare più sua maestà la regina e compagno.

Alla cassa Filippo buttò sul nastro patatine e dolcetti. Visto che non mi era sembrato educato chiedere l'euro come pegno per la parolaccia di Elisabetta, avevo deciso di barattarlo  comprando a mio figlio qualche schifezza ipercalorica. Filippo ne fu entusiasta. Si vide bene però dal dirmi che l'euro lo aveva ricevuto comunque dalle mani di Edoardo. Lo scoprii solo diversi giorni dopo, rovistando nelle tasche dei panni da lavare. Bugiardo, come suo padre Marco.

Quella giornata libera si era trasformata comunque in un piacevole incubo.

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