Capitolo 77: Grido sommesso

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Caddi in depressione, letteralmente e senza rendermene conto.

Per giorni, che poi divennero mesi, tentai in ogni modo di ricucire il mio rapporto con Filippo, con ogni mezzo a mia disposizione.

Lo invitai ad ogni compleanno di famiglia, ma senza successo. Declinò ogni mia telefonata, bloccò il mio contatto inserendolo nella lista nera del cellulare, ignorò i miei messaggi.
A malapena, nel corso dei mesi, scambiò due parole con Edoardo.

Venni a sapere persino che si incontrarono, un paio di volte. Filippo restava fermo sulla propria idea di madre che aveva di me.
Io gli avevo recato dolore e lui non aveva più intenzione di frequentarmi. Questo mi lancinò l'animo ulteriormente.

Capii di aver sempre parlato poco con mio figlio. Avevo speso molto tempo per farmi accettare da lui, ma pochissimo per capirlo davvero. Sbagliavo e non me ne rendevo conto, giustificavo ogni mio atteggiamento ripetendo a me stessa che stava bene, quando bene non era stato mai.

Filippo aveva vissuto male la mia separazione con il padre, non l'aveva mai gestita al meglio. Marco ci aveva messo del suo, io gli avevo permesso di intromettersi ulteriormente in un rapporto già deteriorato dalla mancanza di comunicazione positiva.

Pensavo di essere sempre stata una buona madre, ma arrivai a metterlo in discussione visto il declino che aveva preso il nostro rapporto, ma più di tutto per il fatto che io l'avevo permesso senza mai lottare davvero.

Se solo l'avessi capito prima, non avrei mai mandato avanti Marco o Edoardo per parlare con Filippo. Mi venne sempre più semplice far parlare il ragazzo con gli uomini della famiglia, senza pensare che il problema reale fossi io. Lui con loro poteva pure parlarci, ma non arrivava mai a chiarire la propria posizione con me.

Filippo si era sentito escluso e io non mi ero mai presa abbastanza tempo per chiedergli anche solo come stesse, per informarmi delle preoccupazioni che andava nutrendo durante l'adolescenza.
L'avevo fatto diventare un figlio di serie B, ma senza volerlo davvero.

Gettandogli addosso tutte le mie frustrazioni di madre lo avevo fatto allontanare ulteriormente da me.
Sarebbe stato sufficiente chiedergli "che succede, cosa non va?". Avevo scelto la via più semplice, ovverosia quella di scaricargli addosso colpe che non aveva mai avuto.

Io dovevo essere il collante tra i miei figli, io e Edoardo avremmo dovuto permettere che si creasse un legame. Ci avevamo provato, senza tener conto delle varie inclinazioni dei nostri figli.

Mi trovai chiusa in casa, complessata. Edoardo arrivò a contattare il medico contro il mio volere perché giungesse a casa nostra per darmi una mano. Vivevo nel panico, non volevo più uscire di casa, avevo smesso di curarmi e di prendermi cura dei miei figli.

Il matrimonio tra me e Edoardo ricevette un bello scossone. Ci amavamo molto, ma l'idea di stare insieme ad un vegetale non allietava la mente di Edoardo. Non ero più la Marie di cui si era innamorato.
Lui provò sempre a giustificare il mio atteggiamento, ma dal canto suo si dichiarò sempre incapace di potermi capire sino in fondo. La difficoltà di comunicazione con Edoardo mi spinse a mettere in discussione ogni più piccola sfaccettatura della personalità di cui avevo sempre fatto vanto.

Una breve, ma intensa crisi coniugale, unita al mio rifiuto di vivere, mi portò a credere che non mi sarei mai più risollevata.

Il medico che decise di seguirmi, in una delle nostre tante sedute mi parlò a cuor leggero, pretendendo da parte mia lo stesso.

《Che cosa vorrebbe per Filippo?》

《La serenità. La spensieratezza. 》

《Pensa di potergliela dare?》

Ci pensai su giusto qualche secondo.

《Credo di sì, ma non ha intenzione di parlare con me. 》

《È sicura che parlare sia la soluzione migliore al momento? Perché invece non gli manda un segno?》

Al termine della seduta mi misi a riflettere sulle parole dello psicoterapeuta. Non mi vergognavo di seguire un percorso introspettivo, mai come allora ne avevo avuto bisogno nella vita.

Un segno.
Di quale segno mio figlio poteva avere bisogno?
Cosa avrei potuto fare per ripristinare la comunicazione tra noi?

Ci misi tempo per organizzarmi.
Sguinzagliai Edoardo, il quale iniziò a vedermi più propensa verso la guarigione. Dovevo avere l'indirizzo di Filippo, poiché mi vergognai di non ricordarlo con certezza. Questa cosa mi fece rabbrividire, portandomi alla mente il perché avevo perso il rapporto con mio figlio. Quale madre non ricordava una cosa tanto importante? Io, io avevo fallito anche in questo.

C'era solo una cosa che Filippo avrebbe potuto gradire, una cosa che mi avrebbe avvicinato a lui senza dovergli parlare per forza.

Presi coraggio e spedii all'indirizzo di mio figlio l'unica cosa che per anni avevo custodito gelosamente, tenuto segreto al mondo. Una cosa che avrebbe potuto avere solo lui e che non avrei mai concesso a nessuno, nemmeno a Edoardo. Un segreto che sarebbe restato solo mio e suo.

Restai in attesa che altri giorni passassero, altri mesi.
Nel mio io, nel cuore di mamma, mi sentii già soddisfatta di aver fatto per la prima volta un reale passo verso di lui, a testa bassa, ammettendo quanto mi fosse sempre mancato e quanto nella vita avessi sbagliato con lui.

Anche quando lo avevo accanto e non avevo saputo apprezzare abbastanza la sua presenza, anche quando, cieca, non avevo mai voluto ascoltare il suo grido silenzioso verso di me.

Per la prima volta, mi sentii come Filippo.
Gridai, silenziosamente, che potesse perdonarmi.




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