CAPITOLO 13

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“Che fine avevi fatto?”

Lo spronò Leith.

“Il Sottomondo ha perso il suo antico fascino, così ho preferito traferirmi sulla terra.”

Seguivo con attenzione lo scambio di sguardi di intesa tra Leith e Kalinette, mentre il mio rimaneva corrugato e sospeso nel dubbio.

“Milady, è stato scortese da parte mia non presentarmi.”

Si portò quattro dita della mano destra sul cuore accennando un lieve inchino.

“Sono un amico di vecchia data di Leithian e un degno mezzo sangue di stirpe reale.” Disse con fare teatrale sollevandosi dall’inchino.

“Non esagerare Kalinette, sei solo ricco e…raffinato a modo tuo.”

Intervenne Leith dandogli un pugno affettuoso sul braccio.

“I re e i principi più famosi del rinascimento si ispiravano alla mia eleganza.”

Leith si porto una mano sul diaframma, mentre si piegava indietro in una risata sarcastica.

“Si, si Kalinette. Va bene.”

Si spostò il ciuffo indietro, che gli era caduto sugli occhi per la risata, e incontrò il mio sguardo allibito.

“Kalinette è molto più vecchio di me.” Mi disse Leith capendo il motivo del mio stupore

“Preferisco il termine saggio.”

Intervenne l’altro strappandomi un sorriso.

“È in circolazione da qualche secolo prima del rinascimento.”

Lasciai cadere la mia mascella.

“Beh, e che mi racconti del tuo nuovo nome, Kalin?”

Leith tornò a concentrarsi sull’amico.

“Kalinette è fuori moda.” Disse quello con uno sguardo saccente.

“Io ora vado sotto il nome di Leith. Un cambio di tanto in tanto non può fare che bene.”

Alzò un sopracciglio in modo allusivo, nascondendolo dietro al ciuffo nero.

“Mi dispiace, ma non riuscirai a sfuggire al Vaglio delle Rose, se questa è la tua intenzione.”

Quelle parole bastarono per cambiare completamente l’atmosfera presente, rendendo l’aria circostante pesante, mentre ogni muscolo del corpo di Leith si irrigidiva, lasciando spazio solo ad uno sguardo freddo e tenebroso.

“Non mi importa del Vaglio, non avevo comunque intenzione di partecipare.”

Il suo tono era improvvisamente freddo.

Kalin si limitò a scuotere la testa più volte, ma si astenne dall’intervenire.

Senza aggiungere altro, Leith mi prese per il polso, trascinandomi a passo svelto fuori dalla camera. Quando fummo abbastanza distanti dalle orecchie di Kalin, mi fermai di scatto, e con me, Leith.

“Cosa ti è preso prima?”

Il mio sguardo era confuso, ma deciso. Leith cercò di sviare la risposta, distogliendo lo sguardo e facendo per andarsene.

“Leith.”

Lo fermai stringendogli il polso con entrambe le mani.

“Cos’è questo Vaglio delle Rose?”

“Una festa per mezzi demoni.”

Il suo tono ora era acido.

“Una selezione per le migliori prede.”

Sbiancai, ma cercai di non farlo notare.

“Quando?” Chiesi cercando di mantenere regolare il tono di voce.

“A capodanno.” Rispose senza più neanche guardarmi negli occhi.

Feci un grande respiro.

“Ok, abbiamo ancora molto tempo. Non pensiamoci già da ora.”

Vidi le sue spalle rilassarsi, abbassandosi, e i suoi occhi, un po’ più chiari di prima, incrociarono nuovamente i miei.

“Dai, adesso balliamo!” Dissi con in sorriso a 32 denti tirandolo verso la pista.

La festa proseguì anche a notte inoltrata e dopo così tante ore di ballo, sostenute solo nella speranza di distrarre Leith, le mie gambe non avrebbero retto più neanche un'altra canzone. Ero riuscita a vedere più volte da lontano Reiki, ma si stava divertendo così tanto che non trovai il coraggio di interromperla. Adocchiai un posticino su una sedia schiacciata in un angolo della casa, messa lì apposta per gli ospiti. Ringraziai Kalin nel pensiero per questa sua gentilezza, mentre mi avviavo verso la sedia libera, allontanandomi da Light che era andato nella direzione opposta a prendere qualcosa da bere. Non appena mi sedetti i muscoli iniziarono a bruciare e mi venne un’improvvisa voglia di togliere le scarpe, ma fortunatamente venni distratta da qualcuno che chiamò il mio nome.

“Alexa! Pensavo fossi già andata a casa!”

Damy arrivò strattonando e tenendo sollevato il suo vestito da strega, coperto di ragnatele finte che restavano incastrate qua e là nei vestiti degli altri ospiti.

“No, oggi sono in ferie dal regno ultraterreno.” Dissi appoggiandomi meglio allo schienale e distendendo le gambe in un modo poco elegante.

“Allora sei venuta nel posto sbagliato. A questa festa ci saranno massimo tre umani, te compresa.”

“Io, tu, tua sorella e Reiki. Siamo già a quattro.”

Dissi alzando il mento con un finto atteggiamento di superiorità. Scosse la testa mentre accennava ad un piccolo sorriso.

“Mi spiace deluderti ma ti ricordo che mia sorella è un angelo e per quanto riguarda me...non so se posso definirmi ancora umana.”

La mia mente viaggiò a pochi istanti prima dell’incidente nell’ascensore dell’ospedale, a quando Damy mi aveva rivelato un dettaglio che mi aveva fatto cambiare il mio modo di vederla.

“Eri…una preda anche tu vero?”

Chiesi sperando di non essere troppo fuori luogo.

“Già.”

Sospirò lei.

“Ma ora è tutto finito.”

La sua voce era carica di amarezza.

“È morto…” Dissi con un filo di voce.

“…mi dispiace.”

Si asciugò veloce una lacrima.

“In ogni caso non mi riferivo solo a quello.” Disse tirando su con il naso.

“Io e mia sorella siamo gemelle eterozigoti, ma per qualche strano caso lei ha avuto le ali e le abilità angeliche, e io i poteri.”

“È per questo che Samantha non si era accorta della Salamandra al bar?”

Annuì.

“Alexa scusa!”

Leith si faceva largo a spallate tra la gente, mentre nelle mani stringeva due bicchieri di carta colorati.

“C’era più calca di quanto pensassi.” Disse porgendomene uno. 

“Tutto ok?”

Gli fu sufficiente squadrare un attimo la situazione per capire che qualcosa non andava. Damy, improvvisamente, teneva lo sguardo basso e i pugni stretti in grembo, attorno al tulle della gonna.

“Tieni signorina, tanto non lo avrei bevuto comunque.”

Leith porse l’altro bicchiere a Damy, che però lo rifiutò, allontanando, con un violento gesto, la mano di Leith. Fu così impetuosa che il contenuto rossastro si riversò sul costume di Leith, che restò per qualche secondo imbambolato e perplesso, mentre Damy si allontanava tacchettando a passo svelto. Con un lento movimento Leith strinse il pugno, accartocciando il bicchiere oramai vuoto, e mettendo in risalto le vene sulle braccia, messe in mostra dalle maniche della camicia arrotolate. Aprendo la mano lasciò cadere il bicchiere. Scattai in piedi.

“Ora questo costume è senz’altro più realistico.” Disse Leith con aria seccata, cercando di rimanere calmo, mentre con una mano provava a ripulirsi.

Mi guardai intorno, cercando qualcosa con cui aiutarlo a togliere la macchia, ma non vidi niente, così lo presi per il polso trascinandolo verso la porta.

“Andiamo a casa.”

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