CAPITOLO 2

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Man mano che ci addentravamo nella città, il calore diventava sempre più insopportabile e, con lui, cresceva il pandemonio di grida, versi gutturali e suoni animaleschi. La mia visione era limitata dal cappuccio e tenevo lo sguardo basso, cercando di non attirare l’attenzione, mentre i due gemelli mi scortavano dai due lati del mantello. Riuscivo a distinguere solo lo scuro terreno ghiaioso e, in lontananza, qualche figura sfocata.

“Non lasciarti abbindolare.” Iniziò Lai.

“Chiunque qui è un demone, anche se ti sembra umano."

"Ricorda che la classe S è la più infida.” Continuò Kai.

Annuii da sotto al mantello.

“E voi?” Chiesi quasi bisbigliando, mentre cercavo di ridurre al minimo il contatto con i demoni che erano ammassati in strada.

“Di che rango siete?”

“T.” Rispose uno dei due.

Poi non aprii più bocca per il resto del viaggio, concentrandomi sul tragitto e ignorando il fetore che mi circondava. Il caldo era diventato insopportabile, poichè sotto al mantello stava iniziando a formarsi una cappa asfissiante e il mio il respiro era più corto. Non mi ero ancora del tutto ripresa dalla brutta esperienza sul ponte, e i miasmi del sottomondo, aggiunti al clima arido, non erano di aiuto. Uno dei gemelli mi strappò dai miei pensieri, tirandomi un lembo del mantello.

Imboccammo un vicolo stretto, che puzzava di muffa e marcio. Ai lati, stesi per terra, c’erano dei demoni deliranti, circondati da bottiglie, con residui di una sostanza rosso carminio. Sentii un improvviso conato di vomito risalirmi per la gola al solo pensiero di cosa potesse strattarsi. Mi strinsi meglio nella juta e cercai di aumentare il passo, ma non abbastanza da impedire a uno dei demoni di prendermi per la caviglia. Il mio corpo venne scosso da un fremito di ripugnanza mentre cercavo di liberarmi il piede con uno strattone, che non fece altro che peggiorare le cose: mi ritrovai schiacciata sull’altro lato del vicolo mentre un altro demone si appendeva con forza al mantello, tirando il tessuto e strozzandomi. Con un gesto privo di esitazione Kai calciò la testa dell’essere, facendola sbattere con forza contro le pareti in pietra e provocando un suono sordo. Il demone abbandonò la presa, accasciandosi a terra, mentre io e i gemelli prendemmo quasi a correre.

Raggiungemmo una piccola porta di legno marcio, incastonata nella parete del vicolo e, con un violento spintone dovuto alla fretta, entrai, seguita a ruota dai gemelli. All’interno si ergevano file di scaffali, fino a dodici piani di altezza, in legno marcio e bucato dalle termiti, che raccoglievano centinaia di volumi ammuffiti e polverosi.

“Come posso esservi utile?” Una voce roca e acuta, proveniva da una figura grottesca; basso, con la gobba e i bubboni, orecchie a punta e artigli giallognoli consumati dalla psoriasi: era il libraio, che mi guardava con un ghigno sornione.

“Cerchiamo un libro di cure e rimedi.” Disse Kai soppesando bene le parole.

Il libraio si strofinò le mani, poi con movimenti instabili raggiunse uno scaffale. Con un rapido salto iniziò a scalarlo, spostandosi con agilità tra i ripiani, e conficcando le unghie nel legno per avere una presa più salda. Senza riflettere troppo prese un libro con una copertina squamata nera. Con altrettanta rapidità discese dallo scaffale e mi raggiunse, porgendomi il libro. Allungai lentamente una mano, intimorita, ma pochi attimi prima che potessi sfiorarne la copertina me lo allontanò.

“In cambio…” Iniziò.

“….voglio una ciocca dei tuoi capelli.”

Il sorriso sornione ricomparì sul suo volto mentre il mio era segnato da rughe di preoccupazione.

Quel libro era la chiave per salvare Leith. Per lui ero scesa nel sottomondo e ora che avevo la soluzione ad un palmo dal naso non potevo permettermi di fare la schizzinosa.

Annuii lentamente, accettando l’accordo del demone. Questo, con un agile balzo, mi fu addosso, ricurvo a pochi centimetri dal mio volto, con i piedi sulle spalle e il fiato fetente sul collo.

Con un gesto frettoloso mi scoprì la testa e strinse in un pugno una ciocca di capelli, che tagliò usando le sue unghie come una lama. Soddisfatto fu nuovamente giù con un altro balzo, mentre io tornavo a nascondermi velocemente sotto al cappuccio e, senza attendere oltre, mi girai e uscii dalla libreria.

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