CAPITOLO 20

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“Si sta svegliando.” Sentii una voce dire, poi, lentamente, aprii gli occhi.

Inizialmente il mio sguardo, ancora sfocato, riuscì a distinguere solo delle ombre su una parete amaranto, poi pian piano, mise a fuoco le figure che mi circondavano: il volto preoccupato di Damy, che mi guardava a sopracciglia inarcate, la fine postura di Kalin, circondata da un aurea argentea, la lucentezza di Reuel, incupita dalla sua preoccupazione e, infine, la possanza di Leith, a braccia conserte e con lo sguardo fisso nel mio.

Tutti quegli occhi puntati addosso mi fecero sentire a disagio, ma Damy ruppe il silenzio.

“Come ti senti?”

Uno schifo, avrei voluto risponderle, ma ero troppo debole anche solo per parlare. Tutti lo notarono e continuarono il discorso.

“Hai usato troppa energia e sei svenuta poco dopo aver liberato Leith.” Disse Kalin guardando l’amico.

“Sei stata avventata Alexa! Saresti potuta morire!” Intervenne Reuel ancora teso.

Guardai Leith, con le braccia conserte e lo sguardo vitreo, anche lui mi guardava, ma non diceva nulla, sembrava vuoto. L’ultima volta che aveva parlato aveva chiesto di essere ucciso per avermi divorato l’anima, poi era scomparso per tre settimane.

“Andiamo a fare una doccia.” Damy mi aiutò ad alzare, mentre i miei occhi restavano incatenati a quelli di Leith. “Hai i vestiti ricoperti di fango.” Continuò.

“Tranquilla!” Intervenne improvvisamente Kalin.

“Leithian non scappa. O se la vedrà con me.” Disse strizzandomi l’occhiolino.

Accennai un debole sorriso, poi, con l’aiuto di Damy e Reuel, sotto istruzione di Kalin, scesi delle scale nascoste e raggiunsi un enorme ambiente termale. Da una parete rocciosa fuoriusciva come una cascata una sorgente d’acqua calda, che creava un piacevole vapore, il quale riscaldava naturalmente l’ambiente. Dopo essersi assicurato che avessi tutto il necessario, Reuel tornò da Kalin e Leith, lasciandomi alle cure di Damy che mi aiutò a spogliare, lasciandomi in intimo.

Nonostante fossi meravigliata che un luogo così potesse esistere all'interno di una casa, lentamente mi immersi nella sorgente che mi provocò un piacevole brivido. Aspettai qualche secondo, in modo da adattarmi alla temperatura, poi mi lasciai scivolare sott’acqua per pochi attimi. Sentii tutto il corpo formicolare per il piacevole tepore, mentre ogni muscolo si distendeva. Tornai sulla superfice prendendo una boccata d’aria e spostandomi, con entrambe le mani, i capelli dal volto. Mi riempii i polmoni di quella tiepida aria salubre e poi lasciai che Damy si occupasse del resto.

Quando ebbi finito anche con lo shampoo, mi avvolsi in un accappatoio e mi distesi su un rialzo in marmo che Damy mi aveva indicato. Non appena mi fui posizionata supina, quest’ultima iniziò a tirare fuori da un sacchetto di raso turchese delle pietre.

“Purtroppo sono davvero una Tre Quarti, come mi definisce Kalin: ho dei poteri, ma sono limitati. Queste pietre servono per catalizzarli, così da aumentarne l’efficacia.” Mi posizionò una pietra arancio sulla fronte.

“È un rodonite, serve per recuperare energia.”

Ne scelse un’altra, questa volta di un verde intenso, e la mise sullo sterno.

“Questa invece è una malachite, per aiutarti a riconoscere i tuoi limiti.” Disse, quasi rimproverandomi.

Poi ne prese un’altra ancora, viola, che conoscevo benissimo.

“È l’ametista?” Chiesi, anche se abbastanza sicura della risposta.

“Si, serve per ritrovare l’equilibrio.” E la posizionò sul sigillo, che prese un po’ a bruciare.

“E infine questa è l’acquamarina, per gestire stress ed emozioni in generale.”

Posizionò quest’ultima pietra all’altezza del cuore, e rimasi così per qualche minuto.

“Reuel è passato da casa tua a prendere dei vestiti puliti prima che ti svegliassi.” Disse porgendomi un lungo maglione rosa cipria abbinato ad un paio di jeans neri, che indossai.

Con la dovuta calma tornammo in salotto, Kalin, Leith e Reuel ci stavano aspettando.

“Come ti senti?” Mi chiese l’angelo non appena mi vide varcare la soglia del soggiorno.

“Molto meglio grazie.” Risposi sorridendo.

Ed effettivamente era così: quella specie di cristalloterapia era stata davvero miracolosa.

“Grazie per l’ospitalità Kalin, ma ora è meglio se io torni a casa.” Gettai l’occhio al cielo rossastro per il tramonto, poi mi concentrai su Leith, che aveva ancora lo sguardo perso nel vuoto.

“Mi accompagni?”

Lo vidi più volte sbattere le palpebre come per recuperare la focalizzazione poi, senza rivolgermi nè uno sguardo, nè una parola, prese una delle giacche di Kalin e si avviò verso l’ingresso.

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