CAPITOLO 21

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Proseguivamo in silenzio, io con le mani in tasca e il viso nascosto nella sciarpa, lui con le braccia rigide lungo i fianchi, mentre del fumo gli usciva dalle narici ad ogni respiro.

“Perché sei andato nel Bosco delle Ossa?” Parlavo a bassa voce, con un tono calmo, ovattato dalla lana della sciarpa.

Lo vidi esitare, poi finalmente, dopo lungo tempo, risentii la sua voce.

“Pensavo che almeno lì sarei stato abbastanza lontano, che almeno lì, non mi avresti raggiunto.” Strozzai una risata amara.

“Credi davvero che esista un posto dove non sia in grado di raggiungerti?” Ricambiò la mia risata, che però fu più secca.

“No.”

Il calpestio dei nostri passi sull’asfalto freddo accompagnava le nostre ombre, allungate in lontananza alle nostre spalle, mentre procedevamo verso il tramonto.

“Non cercarmi più Alexa.”

Quelle parole furono più fredde di una ventata gelida invernale.

“Da quella sera non ho fatto altro che pensare alle parole di quell’angelo. Ha dannatamente ragione: io cederò al mio istinto e ti ucciderò.” Le parole gli uscivano amare, accompagnate da una nuvola di fumo.

“Mi spiace.” Risposi io.

“Ma non funziona così. Abbiamo un contratto noi due, e non puoi liberarti così facilmente di me, ne tanto meno lasciarmi in balia dei demoni, sai anche tu che non ne saresti in grado.”

“Ma sono io, il demone da cui dovresti fuggire!”

“Ma non lo farò. E sappi che se scapperai di nuovo, diventerò il tuo tormento, inseguendoti perfino nei tuoi incubi se necessario.”

“Incubi.” Strozzò una risata.

“Se solo sapessi...” Lo guardai perplessa.

C'era dell'altro che ancora non mi aveva detto?

“Tutti noi mezzi demoni, o angeli della morte, possediamo un’abilità dannata: prevedere la morte delle persone a noi più care.”

Avevo capito cosa stava per dire, ma lo lasciai parlare, mentre il mio cuore batteva più velocemente.

“Ti ricordi quella notte, a casa mia, quando ti ho detto di aver avuto un incubo?”

Annuii, ripercorrendo il momento, focalizzandomi sul terrore che avevo visto nei suoi occhi.

“Ho sognato la tua morte, Alexa.”

Sapevo, che lo avrebbe detto, ma quando quelle parole uscirono dalla sua bocca non ero sufficientemente preparata, e per quanto cercai di rimanere visibilmente calma, il sangue mi pompava forte in testa, e le gambe sembravano poter cedere da un momento all’altro.

“È stato orribile: eri davanti ai miei occhi, stavi soffrendo, e io non potevo fare nulla se non guardarti morire.”

Il suo sguardo era tornato assente, e gli occhi vitrei restavano fissi nel vuoto, mentre il terrore allo stato puro si impadroniva di ogni ruga espressiva sul volto di Leith.

“Ho provato ad ignorarlo, credendo di essere abbastanza forte per impedire al destino di compiersi, ma nel momento in cui ti ho divorato l’anima, ho realizzato quanto frivole fossero le mie speranze.”

“Non mi hai uccisa tu.” Dissi analizzando minuziosamente il sogno.

"Hai detto che non potevi far nulla se non lasciarmi morire, quindi non mi hai uccisa tu. Credi che andando per le tua strada riuscirai a salvarmi? Così non stai facendo altro che abbandonarmi al mio destino, se esiste. Ora non sono più l’Alexa che hai conosciuto quest’estate, sono cambiata. Sono più determinata, positiva e potente. Non so ancora bene come funzioni, ma questa fenice…”

Strinsi il palmo attorno al ciondolo, fino a tagliarmi.

“…mi ha dato delle abilità che prima non avevo. Ora posso difendermi, posso oppormi!”

“Credi davvero che sia così facile?”

Ora eravamo fermi sul marciapiede e Leith mi sbarrava la strada, gesticolando.

“Non ho mai detto che sia facile. Ma di certo non è impossibile.”

“Alexa ti prego, stai andando incontro ad un suicidio!”

Leith mi raccolse il volto tra i palmi, mentre accentuava la sua espressione di disperazione inarcando le sopracciglia verso l’alto.

“L’hai detto molte altre volte, e sono ancora qua. Abbi un po’ di fiducia e resta al mio fianco.”

Appoggiai una mia mano sopra la sua, che teneva ancora sul mio volto. Fece un lungo sospiro, emanando dell’aria calda che mi solleticò la punta del naso, poi con un gesto di rassegnazione rilassò le spalle, abbassandole.

“Va bene. Resterò al tuo fianco.” Concluse infine.

“Stringiamo un contratto, così sarò sicura che non ti rimangerai la parola più tardi.”

Inizialmente mi rivolse uno sguardo perplesso, poi incuriosito e divertito accettò la mia proposta.

“Dove devo firmare?” Disse in tono scherzoso.

Io, seria, mi portai le dita sul labbro inferiore.

“Baciami.” Il suo sguardo si fece nuovamente buio e serio.

“No. L’ultima volt-“

Ma prima che potesse andare oltre mi alzai sulla punta dei piedi e, afferrandogli il collo, lo baciai con furore, finché non mi mancò il respiro. Sentii più volte il suo petto sollevarsi e spingere contro il mio, ad un ritmo sempre più veloce, mentre cercava di staccarsi dal bacio, indietreggiando, ma invano. 

Mi scoprii il sigillo dalla sciarpa, e con un ghigno dissi:

“Ora siamo pari.”

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