CAPITOLO 27

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Entrammo in un’immensa sala da ballo, colma di ospiti che si muovevano e parlavano in modo disordinato, formando un gran trambusto. I colori predominanti degli abiti erano il blu, il nero e il rosso, tranne per un gruppo ristretto di persone, che si tenevano un po’ più in disparte dalle altre, che invece indossavano degli abiti completamente bianchi. Le prede erano ben distinguibili, e non per le rose rosse sul petto, ma per lo sguardo vuoto e privo di focalizzazione che le accumunava. Qualcuna era addirittura senza scarpe, con delle catene legate alle caviglie e ai polsi, che spesso il possessore strattonava. Se non ci fossimo trovati nel Sottomondo non avrei mai capito che quelli erano demoni, il che mi fece capire che si trattava, almeno per la maggior parte, della classe S, quella che più di tutte era da temere. In lontananza delle pesanti tende in ciniglia coprivano una zona, che sembrava trattarsi di un palco, come quelli nei teatri. Tornai a concentrarmi solo quando Leith mi liberò improvvisamente la mano. Il cuore iniziò a battermi più forte, mentre iniziavo a sentirmi insicura ed esposta.

Perché lo aveva fatto?

Deglutii a fatica e lasciai che le mie mani si unissero poco sopra le ginocchia.

Mi sarei fidata, qualunque cosa fosse successa.

Prima che potessimo muovere anche un solo passo una figura femminile e sensuale si avvicinò a noi.

“Leithian!”

Avvolse con la mano la guancia di Leith, mentre appoggiava la testa al suo petto.

“Ti stavo aspettando!”

Si staccò dall’abbraccio e, per un breve istante, mi squadrò schifata e ne approfittai per fare lo stesso. Aveva dei capelli di un rosso così vivo da ricordare il fuoco che, appoggiandosi sul seno, creavano delle morbide onde, mentre un paio di occhi color nocciola le brillavano in volto. La sua pelle così candida faceva un forte contrasto con il lungo vestito in seta viola, che spiccava tra la folla.

“Cosa fai qui immobile?” Continuò il discorso con Leith.

“Ti va di bere qualcosa?”

E senza aspettare la risposta, prese Leith per il braccio e lo trasportò tra la folla, camminando a petto in fuori e mento alto, come se stesse ostentando il fatto di essere  la fortunata in compagnia di Leith. Tutto il timore precedente scomparve, trasformandosi in rabbia mista all’odio, mentre seguivo Leith da dietro, stupita di come non avesse fatto una piega.

“È da tanto tempo che non ci vediamo. Sembri maturato. Merito della tua preda che ti serve bene?”

Leith strozzò una risata.

“No, lei è solo una preda come un’altra.”

Le sue parole mi ferirono, ma feci finta di niente, continuando a camminare a testa bassa. Ogni tanto però alzavo lo sguardo, incrociandolo con quello di altri demoni e mezzi demoni, di quest’ultimi la maggior parte aveva gli occhi plumbei, e mi sorrideva malignamente.

“Sono stupita che un demone come te abbia una preda. Ti stavi davvero annoiando lì sulla terra.”

“Già, ma non è stato difficile stringere il contratto. Mi è bastato fare gli occhi dolci per qualche minuto.”

“Allora il tuo fascino ha effetto anche tra gli umani.” Disse la rossa civettuola.

“Da quanto tempo l’hai legata sotto contratto?” Leith fece finta di pensare.

“Forse un mese, non saprei con certezza. Non faccio caso a queste piccolezze.”

In quel momento capì il piano di Leith: fingersi superiore e distaccato nei miei confronti, così come era consono tra Possessore e preda non avrebbe destato alcun sospetto. In ogni caso le domande della rossa stavano iniziando a diventare pericolosamente invadenti. Finalmente raggiungemmo il lungo tavolo in frassino, coperto da bevande di ogni tipo, molte delle quali non sembravano per niente umane.

“Mi piacerebbe passare del tempo con la tua preda. Me la lasceresti? In fondo il Vaglio è fatto anche per questo, no?”

Leith sorrise beffardo, mentre le porgeva un bicchiere ripieno di un liquido verde.

“Ti sei ricordato di quanto adoro l’Absinthe.”

Rispose lei con il solito tono acuto e civettuolo.

“Quindi?”

Insistette con uno sguardo più freddo, facendomi cenno col capo. Mi immobilizzai.

“Desolato Camille, l’ho già promesso a qualcun altro.” Lo sguardo della rossa si rabbuiò.

“Vedo che la tua popolarità si espande anche sulla tua preda.” La sua voce ora era più indisponente.

"Almeno permettimi di offrirle da bere."

In un altro bicchiere mi versò lo stesso liquido che Leith le aveva offerto. Guardai Leith esistante, mentre accettavo il bicchiere. Il suo sguardo si fece più intenso, e non riuscì a nascondere una nota di preoccupazione. Avevo capito che non avrei dovuto berlo, ma non avrei potuto rifiutare. Preso il bicchiere con decisione e trangugiai il liquido, buttando completamente la testa all'indietro in una rapida mossa. Quando risollevai lo sguardo le pupille di Leith si erano ristrette, mentre sulle labbra di Camille era apparso un sorriso malefico.

“Con permesso” Disse Leith quasi inchinandosi

“vado ad occuparmi dello scambio.”

E si incamminò a passo svelto tra la folla. Quando fummo abbastanza lontani parlò bisbigliando.

"Non hai idea di quello che hai appena fatto. Ti avevo raccomandato di non bere o mangiare nulla. L'Absinthe è un allucinogeno."

Merda.

La testa stava già iniziando a girarmi, ma cercai di rimanere concentrata.

“Stai lontano da Camille. È una delle classi S più pericolosa.”

Le parole gli uscirono rapide dalla bocca, ma subito dopo tornò nel suo ruolo di Possessore distaccato. La sala era gigantesca e stavamo camminando da qualche minuto zigzagando tra i demoni, mentre Leith si faceva sempre più agitato. Stava cercando qualcuno con lo sguardo, ma non osavo chiedere chi.

“Maledizione! Che fine hai fatto?!”

Parlava a denti stretti, senza più neanche prestare attenzione a chi lo circondasse. Improvvisamente urtò contro delle spalle grosse e larghe, di un uomo sulla sessantina dai capelli scuri, ma brizzolati sulle tempie. L’uomo si girò verso di noi. Leith sbarrò gli occhi e gonfiò il petto.

Davanti a noi, c’era suo padre.

CAPITOLO 30

Con un gesto che gli fu del tutto impulsivo e naturale, Leith mi prese il polso, tirandomelo, per nascondermi dietro di se. L’effetto dell’Absinthe mi fece barcollare un po’, ma appena mi ripresi, lo strattonai per convincerlo a mollare la presa, prima che la sua copertura potesse crollare. Leith capì le mie intenzioni e mi lasciò il polso, ma rimase comunque a farmi da scudo.

“Leithian.”

La voce dell’uomo era calma e roca, e gli occhi erano illuminati da una luce che mai gli avevo visto. Si spostò leggermente così da potermi vedere in volto nonostante fossi dietro le spalle del figlio.

“Alexa, ci rincontriamo.”

E proprio in quel momento apparse Camille, che non era riuscita a stare ferma e buona in attesa di Leith.

“Marlyon. Non ti ho visto arrivare.”

Camille strisciò al fianco del padre di Leith che, al vederla, accennò un inchino. Il cuore iniziò a rimbombarmi in petto. Il fatto che anche un demone come Marlyon si fosse inchinato per Camille, mi fece capire quanto realmente temuta e potente fosse.

“Noto che hai già avuto modo di incontrare questa preda.”

“Si, signora.”

Il mio cuore ebbe un sussulto, e Leith se ne accorse, cercando di rassicurarmi con lo sguardo, quanto più gli fosse possibile. Quando dei demoni avevano fatto irruzione in casa di Leith, avevano accennato ad una signora.

E se fosse Camille quella Signora?

“Interessante.” Continuò la donna, poi si disperse nuovamente tra la folla.

Quando finalmente tornammo ad essere soli Marlyon si concentrò nuovamente su di noi.

“Mi piacerebbe scambiare qualche chiacchiera con la tua preda.”

Quella luce che prima gli avevo intravisto negli occhi vermigli, ora era completamente scomparsa, sostituendosi ad uno sguardo deciso e autoritario.

“Provo così tanto disprezzo nei tuoi confronti che anche la mia preda ti sarebbe superiore.”

Leith cercò di misurare ogni parola, ma dal suo sguardo trapelava l’odio e la rabbia che si sforzava di tenere repressi, per non corrompere la sua maschera da ‘vero’ Possessore.

“Alexa, mia cara, sono sicuro che tu sia più ragionevole.”

Una fitta mi trafisse la mano, espandendosi fino alla spalla. Mi accasciai su un fianco, mentre una gamba mi cedeva. Mi guardai la mano tremante dal dolore: il palmo era attraversato da un profondo taglio, dal quale colava un liquido rosso e caldo. A quella vista gli occhi di Leith si fecero cremisi come il mio sangue, che ora aveva preso a gocciolare pesante sul pavimento.

“Cosa sta succedendo?” La voce di Leith si era fatta più roca, mentre parlava a denti stretti fissando collerico il padre.

Con una fitta al cuore mi ricordai del patto che avevo stretto in cambio del rodolite.

In cambio voglio che tu mi prometta di restituirmi il favore, qualunque esso sia e in qualunque circostanza.

Erano queste le condizioni che avevo accettato. Guardai Leith in volto un ultima volta, poi con passi poco stabili iniziai a camminare verso Marlyon, che ora era diventata solo una figura sfocata e confusa tra la gente.

“Ale-“

Feci un ultimo grande sforzo per ignorare gli effetti collaterali dell’Absinthe e zittì Leith. Non poteva crollare ora, così come non potevo farlo io. Cercai di mostrarmi sicura finché non fummo abbastanza lontani da lui. Marlyon mi portò in un angolo della stanza, e ne approfittai per appoggiarmi al muro: le gambe non riuscivano più a reggermi. Poco distanti da noi c’era il gruppo dei demoni vestiti di bianco. Lo stadio delle allucinazioni era così avanzato che non riuscivo più neanche a distinguere le forme, ma tra loro, una persona mi colpì particolarmente. Anche se mi era praticamente indistinguibile ero sicura di riconoscere dei lunghi capelli argentei, perfettamente in tono con l’abito candido. Vidi uno dei demoni di quel gruppo muoversi, probabilmente additandomi, poiché tutti quelli che erano di spalle si girarono a guardarmi, compreso quello con i capelli argentei. Con mia sorpresa riuscì a distinguere in lui il volto di Kalin, che scomparse poco dopo a passo svelto.

“Ho bisogno che tu mi faccia un favore.”

Le parole di Marlyon mi riportarono alla realtà.

“Devi uccidere Camille.”

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