19 - Essere diversi

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– Mancano ancora cinque minuti alla scomparsa del sole all'orizzonte.– disse Andreas a Sheera, lei che sentiva l'agitazione nel suo corpo crescere. Erano appena arrivati davanti una stanza che, da quanto aveva capito, nessuno frequentava e che si trovava lontano rispetto alle altre. Inoltre, erano soli. Un momento prima era con Kyra e subito dopo tra le grinfie della notte.

A distrarla, Andreas che prese dalla tasca dei suoi pantaloni una piccola ampolla con all'interno un liquido bluastro, bevendoselo tutto. Vide lo sguardo della corvina e le parlò.

– Permette di rimanere sveglio per dodici ore e crea una specie di barriera intorno a me, nel caso mi aggredissi o qualcosa del genere, non si sa mai.–

So bene cos'è, non sono nata ieri pensò lei già nervosa. Non voleva fare niente di tutto ciò.

– Non ho capito invece perché ti servono dei tappi per le orecchie.– le domandò e lei scosse la testa.

– Non sono per me, magari mi aiutassero quei cosi.– gli rispose di fretta entrando nella stanza quando lui aprì la porta.

– Dovrebbero servirmi?–

Andreas sembrò confuso ma la ragazza non la calcolò minimamente. Sheera si guardò un po' intorno e poi si sedette su una piccola poltrona in un angolo in ombra senza dire nulla proprio come l'uomo. Avrebbe voluto parlarle per cercare di capire di più su di lei ma non sembrava il momento più adatto e dovette rimanere fermo a guardare quella ragazza dai capelli mossi e neri.

La vide fissare i muri e a giocherellare con le sue mani inizialmente, era evidente quanto fosse nervosa. Lei era estremamente nervosa. Voleva uscire di lì ma sapeva che non poteva e questo la faceva impazzire ancora di più.

Passò la prima ora così, a guardarsi attorno e a distrarsi leggendo ogni etichetta di ampolle, scatole, qualsiasi cosa che la tenesse impegnata in quella stanza illuminata solo da qualche candela. Nel mentre il tempo le sembrò secoli ed era solo l'inizio, un assaggio di quel che avrebbe provato poiché la luna non era ancora definitivamente apparsa.

Passò un'altra mezz'ora e un silenzio assordante regnava nella stanza. Andreas cominciò davvero a pensare che quella ragazza si fosse inventata tutto, fin quando non la vide alzarsi di colpo dalla poltrona e allontanarsi dal muro, cercando di andare verso il centro della stanza. Cominciava a sentirsi oppressa, le pareti le sembrarono oscillare e cadere sopra di sé e cadde a terra in ginocchio. Sentì lo stomaco contrarsi e il senso di nausea salire ma cercò di non pensarci e chiuse gli occhi, svuotando la mente.

Non seppe quanto tempo passò, forse un'ora o due quando la nausea ritornò e la sensazione di essere schiacciati peggiorò sempre di più, tanto da renderle difficile respirare. Si sentiva debole e sudata, era già tanto se teneva gli occhi aperti e se non ci fossero state le gambe del tavolo su cui era poggiata sostenendole la schiena sarebbe rimasta sdraiata a terra.

Sapeva che c'era Andreas ancora lì che la osservava perplesso per la sua situazione e che la controllava, quindi lo guardò per qualche attimo, prima di cominciare a vedere sfuocato e ad avere un giramento di testa. Stava per arrivare la parte peggiore, come l'ultima volta che era rimasta rinchiusa. Chiuse gli occhi e dopo quella che le sembrò un'eternità li riaprì.

Cercò di trovare un orologio o qualcosa che la aiutasse a capire quanto mancasse, ma non c'era niente, solo lei, le ampolle, qualche mobile. Poi un rumore assordante e insopportabile la travolse e si portò le mani alla testa all'istante. Era debole, la nausea saliva, il suo corpo freddo, sudato e tremante, eppure, nonostante tutto, l'istinto le disse di urlare e lei lo fece. La sua voce sovrastò il rumore facendolo smettere per poi ritornare dopo pochi minuti e urlò di nuovo al rumore di smetterla, di lasciarla stare, rabbiosa.

Non seppe per quanto tempo continuò a urlare e a smettere, ma alla fine si sentì troppo debole per fare qualsiasi cosa se non starsene sdraiata su un fianco, rannicchiata su se stessa, a fissare il vuoto e continuando a tremare. La testa le scoppiava, il rumore si faceva più forte, la gola le faceva male, non aveva forze per reagire. Rimase così per un po', fino a che il rumore cominciò a svanire e lentamente, un po' alla volta anche il resto, segno che il sole stava sorgendo.

Si sedette con fatica spinta dalla voglia di uscire da lì ad ogni costo, osservando subito la prima finestra che le si trovò davanti. Quella era la sua salvezza. Riuscì ad alzarsi con chissà quale forza e a toccare il vetro che si ruppe al suo tocco mentre lei cadeva a terra stravolta. Fu come rinascere.

L'aria che entrò l'avvolse e le era mancata, così come l'odore dell'erba, i profumi della natura. Il suo respiro divenne più regolare, il corpo smise di tremare, tutto smise di girare nella sua testa mentre si accorse delle ferite alle braccia che si era autoinflitta. Un'altra volta eh? pensò vedendo il suo sangue. Poi si voltò appena a guardare Andreas ma di lui non ci fu traccia. Si sentì solo troppo stanca, troppo debole per fare qualsiasi cosa e alla fine si perse nel buio, stremata.

         

Durante la notte si era svegliata numerose volte sentendo Sheera gridare con i suoi sensi che aveva scoperto essere sopraffini se qualcuno stava male. Ogni volta che l'aveva sentita aveva percepito in sé dolore, come se fosse stata lei stessa a subire tutto. E non aveva dormito quasi per niente per quanto fosse preoccupata. Aveva scoperto dalla madre del piano di suo padre per vedere se stava veramente male quella ragazza di persona, e aveva capito perché era rimasta piuttosto distante e distratta tutto il giorno precedente, perché le aveva mentito quando le aveva detto che stava bene.

– Ehi buongiorno.– sentì dire da una voce che non si aspettò di sentire. Era nella sala da pranzo dove al tavolo vide Sarah, Nissa, Nath e una donna vestita di un verde brillante stavolta.

– Delilah.– disse un po' stupita sedendosi al suo posto che era, purtroppo, davanti a lei.

– Oh andiamo, non essere sorpresa. Avevo voglia di passare un po' di tempo con voi, dopo la festa dell'altra sera mi è venuta voglia di prendermi una vacanza.–

Come se tu lavorassi sempre! Kyra quel giorno era di pessimo umore e non ne capiva il motivo e per evitare di dire qualcosa che potesse ferire rimase in silenzio, prendendo del tè senza voler mangiare avendo lo stomaco chiuso.

– Tornando a quella festa, sei stata bravissima.–

– Sì, devo ammetterlo.– disse Sarah sorridendo alla sorella.

– È stato divertente, anche i miei genitori si sono divertiti.– disse Nissa sorridente.

– A proposito, sono partiti se non sbaglio.– disse di nuovo Delilah e la ragazza annuì.

– E ovviamente Sarah si è offerta di tenermi.– aggiunse.

– È sempre un piacere averti qui cara.–

– Vedo anche che tu e Nath avete legato molto.– continuò Delilah guardando i due sognante.

– Siamo solo amici sign... ehm Delilah.– disse un po' in imbarazzo il ragazzo.

– Hai conosciuto qualcuno Kyra invece? Alla festa c'era molta gente.–

La chiara sapeva bene cosa intendesse con quelle parole, negli ultimi anni quella donna cercava di spingerla tra le braccia di qualsiasi ragazzo ad ogni festa o quando andavano in giro, mettendola in situazioni imbarazzanti.

– No.– rispose semplicemente bevendo tranquillamente.

– Peccato, eri così bella tesoro, più di tutti. Anche una ragazza mai vista prima, era di una bellezza stregante, sembrava ipnotizzare.–

Quando la sentì Kyra si bloccò e la guardò bere un sorso del suo té con quel cappello ridicolo in testa di piume.

– Tu hai una bellezza diversa dalla sua, lei era come... la tentazione, non saprei spiegarlo. La tua invece è pura, luminosa.–

– Delilah, penso tu abbia dormito poco.– le disse Sarah ridacchiando.

– Oh no, è la verità. Non ho mai visto una bellezza come loro due e sai che ho viaggiato molto. Hanno come un qualcosa di perfetto, di... divino.–

Il tempo sembrò fermarsi. La luce è il tuo Universo... Un corpo bianco, una musica in lontananza, un luogo pacifico ma vuoto dove la melodia viaggiava. Portatrice della Vita...

– Avete mai sentito parlare della leggenda su dei poteri all'origine dei mondi?– domandò Nath per cambiare argomento vedendo la chiara nervosa. Aveva capito che non le piaceva avere tutta quell'attenzione su di sé.

– Quale leggenda?– domandò subito incuriosita Nissa.

– Ho trovato un libro degli Yarix tradotto nella nostra lingua qui nella vostra biblioteca. Dice che quando nacquero i Mondi questi venivano mantenuti in equilibrio da dei poteri chiamati Supremi. Portavano avanti il ciclo di ogni cosa ed essere nel nostro mondo e quello degli Yarix. Ma poi svanirono nel nulla.–

– Che idiozia.– disse Sarah non avendo mai letto nulla del genere. Kyra invece sentì una fitta alla testa che la stordì. Il tempo scorre... Risvegliati...

– Le leggende sono solo leggende.– esclamò Delilah scettica al riguardo non credendoci e la chiara intervenì senza farci più di tanto caso.

– Ma in esse c'è sempre uno sfondo di verità.–

La ragazza dai capelli chiari guardò fuori prima di vedere Andreas entrare nella sala. E le diede fastidio quel sorriso che aveva in volto, come se non fosse accaduto nulla. Non lo calcolò più di tanto solo si alzò non lo volendolo intorno. Aveva tradito la sua fiducia, una cosa che lei non sopportava per nulla al mondo.

– Scusate, sono un po' stanca.– disse andando via. L'uomo però le prese la mano delicatamente come a volerle parlare ma non le piacque per niente quel tocco, non era come lei. Era assurdo a quanto si fosse abituata così in fretta alla pelle della corvina, e a quando iniziasse a non sopportare la presenza degli altri, come in costante disagio o discosta dal mondo.

Si liberò bruscamente senza dire una parola e camminò in fretta raggiungendo la sua camera e chiudendola a chiave. Non voleva nessuno intorno, nemmeno quella strana voce che le parlava. Il momento è arrivato. Abbandona il presente e accogli il passato per continuare nel futuro...

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