62 - Viola e bianco

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

– Ehi...–

La ragazza dai capelli bianchi si affacciò appena allo studio di suo padre un po' timorosa quella mattina. Più che altro il vedere Andreas la rendeva nervosa; un po' era dato da tutto ciò che era accaduto, un po' perché non avevano più parlato da quando si era scoperto che Kyra fosse una Yarix. O almeno non direttamente. Non sapeva come approcciarsi con nessuno dei suoi genitori, era successo qualcosa tra loro, come se il legame che li aveva legati fino a quel momento si fosse spezzato dopo essersi allentato sempre più nei giorni precedenti. In parte le dispiaceva ma l'altra parte di sé si sentiva molto più libera in qualche modo.

– Oh eccoti. Tutto bene?– le domandò Andreas seduto alla sua solita scrivania e di fronte a lui Sarah intenti a parlare fin quando non la videro, e lei annuì, accomodandosi accanto alla madre subito dopo.

– Gabrielle mi ha detto che avete trovato un uomo coinvolto nel rapimento.– disse subito mordendosi il labbro nervosa e lui si sistemò sulla sedia serio. A quanto pareva la domestica aveva sentito bene.

– Esatto. Ho tentato di parlargli ma è muto come un pesce. O più che altro cerca di sviare il discorso conversando come se fossi un suo amico.– sospirò lui passandosi una mano tra i capelli un po' scompigliati, probabilmente per il lavoro che stava facendo. Era ancora impegnato nelle indagini di quanto successo alla ragazza dandone priorità su tutto il resto, lasciando scartoffie arretrate. Sempre meglio di quello che ti ha fatto passare Sheera pensò lei ritornando poi in sé. In un modo o nell'altro quella ragazza c'era sempre nei suoi pensieri.

– Durante la sua ultima perquisizione abbiamo trovato varie armi ma anche questi due oggetti.– proseguì Andreas che tirò fuori dal cassetto della massiccia scrivania dei pezzi di carta piegati e giallognoli, rovinati.

– Questo è il nostro indirizzo, quindi l'attacco sembra esser stato studiato e anche da un po'. E poi c'è un nome.– disse lui porgendole il foglio con quelle poche lettere in una grafia un po' grottesca ma ancora leggibile in inchiostro nero sbiadito.

– Kyra Lifewhite.– lesse lei quello che l'aveva colpita di più. Anche Sheera mi ha chiamata così... non può essere una coincidenza. Come fa a saperlo? E se ci fosse anche lei dietro? pensò subito ricordandosi di quando l'altra se ne era andata via dalla camera quando aveva scoperto del fidanzamento. Si morse il labbro inferiore come negazione, non poteva essere stata lei, era impossibile, si fidava ciecamente.

– Non è il nostro cognome però.– aggiunse pur di non stare in silenzio, a disagio.

– Forse era quello della tua famiglia biologica e lo sapevano.– ipotizzò Sarah e la cosa aveva senso. Sarah e Andreas si guardarono prima che quest'ultimo porgesse l'ultimo oggetto ovvero della carta più vecchia di quella di prima. Stavolta non c'erano scritte ma solo un disegno che al sol vederlo Kyra sentì di nuovo quella voce che non sentiva da un bel po' di giorni. Emissaria dell'Eden...

Toccò con le dita quel pezzo di carta ruvida raffigurante un paio di ali bianche circondate da delle rose dello stesso colore, tre triangoli dorati racchiudeva il tutto in un'immagine che divenne ipnotica per lei. Sentiva in sé di voler disperatamente ricordare qualcosa, sbloccare quello che le impediva di capire chi fosse realmente.

– Non sappiamo cosa rappresenti ma si può provare a chiedere ad Evelyn. Lei potrebbe saperlo dato che qui sono raffigurate delle ali.–

– Posso provare a parlare con lui?– chiese invece la ragazza all'improvviso prendendo di sprovvista i due genitori che si scambiarono un'altra occhiata preoccupata. Non erano d'accordo.

– Può essere pericoloso, ti voleva morta e se ti vedes...– iniziò a dire Sarah ma venne interrotta.

– È l'unico a sapere qualcosa e noi invece no. Voglio capire, sono stata portata in qualche modo qui ma perché? Io... ho bisogno di capire.–

Il suo tono era supplichevole. C'era da aspettarselo d'altronde, chi sarebbe rimasto lì buono quando poteva avere risposte a poca distanza da sé? L'uomo sospirò e alla fine annuì nonostante non ne fosse totalmente convinto né d'accordo.

– È alle celle, fatti portare dalla guardia qua fuori. Non ha la possibilità di usare la magia ma stai comunque attenta.–

Lei annuì e uscì in fretta trovando subito un uomo in armatura grigio scintillante alla sua sinistra. Gli fece cenno di seguirla, o più che altro di accompagnarla, e lui eseguì senza fiatare, camminando velocemente verso la loro meta senza chiedere spiegazioni. Divenne più teso e guardingo quando si rese conto che Kyra stava andando alle celle, intuendo le sue intenzioni.

Il freddo delle celle non era mancato per niente a Kyra nel mentre, tutta quella umidità che non riusciva a sopportare le entrava nelle ossa e le bloccava quasi il respiro ogni volta. Forse era un po' l'agitazione a farle quell'effetto, e sebbene volesse andarsene, non lo fece. Aveva un obiettivo: scoprire una volta per tutte la verità. La bramava disperatamente più di ogni altra cosa.

– Per tutti i cieli...– sentì dire dall'uomo che stava dietro le sbarre in un sussurro lieve quando la vide. Per lei non fu un problema sentire con i suoi sensi sensibili. Fece solo cenno alla guardia di aspettare fuori e che l'avrebbe chiamato se fosse stato necessario e lui eseguì di nuovo il suo comando.

Poi la ragazza studiò la persona davanti a sé, uno dei complici del rapimento: era un uomo di mezza età abbastanza alto, la pelle era lievemente olivastra e sporca di terra e fuliggine, i capelli corti e folti di un biondo chiaro scompigliati, un accenno di barba sul mento e le guance. Era abbastanza muscoloso e anche affascinante se doveva ammettere. Non sembreresti un delinquente. La tua aura... sembrerebbe essere bianca...

– Sai perché sono qui?– domandò lei dopo essersi avvicinata alle sbarre ma senza toccarle, vedendolo seduto sulla brandina a guardarla. Sembrava sia impaurito che meravigliato dalla sua presenza, lo sentiva chiaramente. Com'era possibile? Perché?

– Non vuoi parlare, vero?– insistette Kyra squadrandolo e notando i suoi abiti impolverati dopo che rimase in silenzio senza dire una parola. Non sembrava provenire da Staira, le ricordava un po' Nath con dei semplici vestiti da paesani. Lo guardò negli occhi e lui vide i suoi grigi cambiare in viola chiaro. Erano talmente affascinanti e ipnotici, benevoli, si sentì come libero e privo di ogni peso all'istante.

– Parlami.– la sentì dire con voce ferma e decisa e si sentì felice in un certo senso. Ma poi riuscì a tornare alla normalità e chiuse gli occhi voltandosi. Non doveva cedere a quella ragazza, non le avrebbe mai rivelato nulla. Lei parve capirlo e la sentì sbuffare rumorosamente, era infastidita da quel suo silenzio e neppure la sua magia riuscì a fare qualcosa.

Kyra, i cui occhi tornarono normali, uscì di fretta dalle celle con la rabbia che si insinuava sempre di più nel suo corpo e anche ignorando le domande della guardia. Era stufa di avere domande senza risposte. Le sue gambe la portarono in camera sua, l'unico luogo dove c'era più luce in assoluto per potersi calmare perché essa le faceva quell'effetto. Sempre, non sapeva perché ovviamente.

– Dannazione!– esclamò buttando a terra dei libri che erano sul tavolo. Si passò una mano tra i capelli sospirando e guardò la collana che aveva al collo quando le sembrò di aver visto emanare uno scintillio, e per un attimo la pietra era diventata violacea prima di tornare normale. Viola... Ultimamente lo vedo ovunque, forse devo concentrarmi su quello. Ogni colore ha un significato, devo solo capire il suo. E forse, se le risposte non sono qui, potrebbero essere a Eathevyr.

Guardò fuori dalla finestra osservando in lontananza la foresta in cui erano andati tutti gli altri ragazzi. Ormai aveva deciso, quella era l'unica possibilità e il suo istinto le stava disperatamente gridando di ascoltarlo. Così spalancò la grande vetrata con un gesto e uscì sul balcone, poggiando le mani sulla ringhiera.

Dopodiché si rese invisibile e spalancò le ali. Era da un po' che si chiedeva come ci si sentisse a volteggiare tra le nuvole, il problema era che non aveva la più pallida idea di come funzionava la cosa. Si sarebbe schiantata nel giardino? L'unico modo per saperlo era provare. Chiuse gli occhi e lasciò che il proprio corpo, il proprio istinto le dettasse nuovamente cosa fare: pensò che le ali si muovessero e che spiccassero il volo, e le bastò veramente solo pensarlo che si ritrovò in aria una volta aperto gli occhi.

– Wow...– sospirò meravigliata quando vide il tetto di casa sua sotto di sé a qualche metro di distanza. Era davvero spettacolare, un leggero venticello le accarezzava la pelle e la luce solare era così confortante. Sorrise felice, la sensazione di libertà in corpo. Era semplicissimo volare, in un paio di battiti arrivò in mezzo alle nuvole frizzantine dove si fermò ridendo per il lieve solletico che esse creavano al contatto con la sua pelle. Era una sensazione magnifica.

– Meglio sbrigarsi.– si disse poi scendendo di quota e iniziando a raggiungere la foresta. E anche lì il suo istinto la portò in un determinato punto, forse era lì il portale per Eathevyr. Atterrare non fu difficile, traballò un attimo ma riprese subito l'equilibrio, osservando intorno a sé: alberi le cui cortecce e radici erano piene di muschio, cespugli di bacche, funghi, l'aria umida. Le saltò subito all'occhio una pietra grigia incastonata nell'albero secolare davanti a sé e si avvicinò senza pensarci due volte toccandola. Una nube azzurrognola l'avvolse e chiuse gli occhi per quanto pizzicasse. Per fortuna riuscì ad aprirli poco dopo, e forse non era pronta a quello che vide di fronte a sé.

– È come in quel sogno...– ricordò. L'ambiente era identico e ancora impresso nella sua mente. Camminò un poco e lentamente, sentendo l'erba secca e priva di vita scricchiolare ad ogni suo passo. Poi poggiò la mano sul tronco di un albero spoglio ma non c'era nulla in esso. Solitamente percepiva la vita, il respiro delle piante. Lì tutto era morto.

– Fa così... male.–

Una lacrima le scese lungo la guancia e non fece niente per fermarla, lasciandola cadere a terra. Non notò però che, appena cadde sul terreno, da lì spuntò un piccolo bocciolo in un paio di secondi. Era troppo presa dalla strana sensazione che la stava colpendo. Qualcuno la chiamava. Era il vento forse?

– Lì c'era... c'era un bosco...–

Si stupì di come, appena lo pensò, la sua mente le mostrò decine e decine di alberi colorati in modo diverso l'uno dall'altro. Come aveva fatto?

– Ci sono già stata qui...–

Girò su sé stessa osservando ogni singola cosa davanti a sé in maniera quasi furiosa, alla disperata ricerca di una risposta. Poi il suo occhio cadde su dei pezzi di vetro tra delle macerie, massi, arbusti marci. Si abbassò per sfiorarne uno, attratta dai suoi stessi occhi che erano tornati viola, e per sbagliò si tagliò con uno di essi.

Ritrasse appena la mano, il sangue iniziò a colare appena appena sulla pelle chiara e, in mente, immagini le tornarono alla mente. Voci, volti, piante, colori la stordirono e le mancò il respiro per qualche secondo, cadendo in ginocchio a terra per le gambe tremanti boccheggiando. La pietra della collana che strinse in una mano si illuminò di nuovo ad intermittenza.

– Io...– sussurrò appena fissando il terreno davanti a sé, lo sguardo perso.

– Io c'ero. Ero qui.–

Si fissò le mani tremanti, poi la piccola ferita che si stava rimarginando. Un'idea le balenò in testa: prese subito un pezzo di vetro abbastanza grande quasi quanto la sua mano, e si fece un'altra ferita al polso. Delle voci la raggiunsero, immagini nitide e in un tempo preciso, vari momenti differenti ma con un senso logico.

Si tagliò di nuovo quando svanì tutto, le lacrime che iniziarono a premere di uscire, la testa che iniziava a fare male. E di nuovo ali bianche, grigie, nere, occhi rossi, sangue, l'erba sotto i piedi, le stelle sopra di sé. Più si feriva, più cose vedeva, immagini di un passato così lontano che era rimasto sepolto per troppo tempo e le procurava solo più dolore e disperazione, colpa. Tutto quadrava, tutto aveva senso, ogni tassello stava andando al suo posto. Finalmente ricordava cos'era e cosa aveva creato: lei era il Viola, ma era soprattutto il Bianco.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro