Humans Holding [New]

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Erano stese sul letto qualche pomeriggio più tardi. Kathy faceva a Liv domande sul compito di scienze che avrebbero avuto il giorno successivo: aveva sempre intrinsecamente odiato quella materia. Mrs. Sullivan non le stava antipatica, ma tutti quei termini specifici e astrusi, in gran parte di origine latina, la confondevano. In questo senso forse era davvero un po' bianca. La sua memoria eidetica chissà perché sembrava arrendersi di fronte a quei paroloni. Mentre Liv rispondeva alle domande senza sbagliare un colpo, Kathy stava sognando a occhi aperti di tornare alla sua vecchia scuola, ma con il suo super potere. Se leggeva nella mente dell'insegnante la domanda, era in grado di captare anche la risposta? E se poi avesse sentito tutte le offese o i brutti pensieri degli altri ragazzi su di lei? Era così assorta che non si accorse che Liv aveva interrotto la spiegazione e aveva portato la sua attenzione sul tablet.

«C'è un messaggio sul forum»

Kathy le concesse di muoversi in autonomia. Era stata un po' distante da quelle discussioni negli ultimi giorni: non che avesse abbandonato l'indagine, ma aveva bisogno di far sedimentare in lei alcune considerazioni e aveva paura a leggere i messaggi di risposta sotto a quel thread sulla morte di Jacob Finnegan.

«Kathy, ci siamo! Il papà di Ian ha fatto centro.»

«In che senso?» Si avvicinò curiosa.

«Ha trovato il documento fallimentare. Dice che il dettaglio sulla vendita del materiale ospedaliero era in un allegato: una certa Humans Holding ha acquisito gli arredi in vece di risarcimento della propria quota associativa.»

«Avrebbe senso.» Avevano un nome finalmente: non era una ditta farmaceutica, ma non potevano infine che seguire le briciole di pane.

«Il materiale è stato portato via alcuni mesi dopo e l'accordo è stato firmato dall'avvocato incaricato della Humans Holding e da uno dei soci dirigenti, tale Dottoressa Karen Bennet» lesse Liv incredula.

«L'abbiamo trovata?» Kathy era su di giri. Avevano finalmente il collegamento con il nome: un altro pezzo del puzzle andava al suo posto. Chiese a Liv il tablet eccitata, aprì l'albo e cercò nell'elenco Karen Bennet: ce n'erano almeno una decina. Lesse le varie specializzazioni, poi si fermò su una riga: genetista. Era lei, ne era certa. Aprì il browser e cominciarono a cercare notizie entusiaste. Ora potevano finalmente dare un volto a quella donna.

Sei piani più sotto un'altra persona era altrettanto su di giri, ma non per l'eccitazione, quanto per la rabbia. Tom si era insospettito già qualche giorno prima: aveva trovato un buco nelle segnalazioni delle attività dal tablet di Kathy, ma non ci aveva fatto troppo caso, si trattava di una decina di minuti. Oggi non c'era affatto un buco, quanto un allarme rosso grosso come una casa: Kathy era entrata in un forum! L'aveva aperto contrariato ed era rimasto allibito davanti al titolo "Truth for LWF". Era impazzita per caso? Stava facendo avanti e indietro come un militare di guardia davanti a quello schermo incerto sul da farsi. Alla fine, prese il telefono e compose il numero di David.

Stava aspettando di avere la linea quando vide una serie di ricerche comparire tra i log di Kathy: Dottoressa Karen Bennet, genetista: il sangue gli si gelò nelle vene. Poteva davvero averla trovata? Il telefono suonò a vuoto ancora un paio di volte, ma evidentemente David non era nel suo ufficio. Sarebbe dovuto andare a cercarlo di persona. Per un attimo rimase lì a guardare i log del Tracer incerto se rimanere oltre. Sentiva le mani formicolare e il battito cardiaco che aumentava nel petto. Per la prima volta nella sua vita si accorse di essere vicino a scoppiare. Non gli era mai capitato. Spaventato dai poteri che Kathy aveva risvegliato in lui decise di allontanarsi fisicamente il più possibile dalla sua postazione. Meglio decisamente non sapere e far intervenire David con lei senza rischiare di perdere il controllo. Non voleva arrivare a farle del male. Corse verso gli ascensori inspirando profondamente per tentare di normalizzare il suo cuore. Quel fastidioso prurito non pareva volerlo abbandonare. Avrebbe avuto voglia di prendere a testate lo specchio, invece chiuse gli occhi e si impose di non smettere di respirare. Quando l'ascensore giunse al piano R2 quasi non se ne accorse. Rimase un attimo fermo a fissarsi le mani, poi recuperando in sé tutto il suo coraggio coprì a grandi passi il corridoio. Una voce imperiosa veniva dalla sala riunioni. Alterata e febbrile, sembrava sull'orlo di una crisi di nervi. Tom si sporse dal lunotto e rimase incantato a studiare la figura snella e tesa di William Lorenz che esagitava le mani contro David. Al suo fianco la moglie seduta in posizione raccolta non osava alzare gli occhi dal tavolo.

«Abbiamo un grosso problema. Fingiamo di dimenticarci del fatto che il sistema di sicurezza non abbia funzionato. Io voglio sapere dove diavolo si trova mio figlio, adesso!»

Nella sala Roxy e la squadra di militari erano in formazione al fianco della cartina, sull'attenti, senza osare pronunciare anche solo una singola parola. Incredibilmente quel cambio di fronte catturò la curiosità di Tom e spense il suo stato di disagio. Continuò ad ascoltare.

«Purtroppo si è disfatto del sistema di tracciamento che avevamo aggiunto all'impianto.»

«Come sapeva di averlo?»

«È impossibile che ne fosse a conoscenza.»

«Chi lo aveva montato?»

«Tom, ma sono certo che non gli ha detto nulla» assicurò David. Tom faticò a deglutire fuori dalla porta scorrevole.

«Andiamo, non gli ha mai resistito più di tanto!»

«Avrebbe smontato solo il segnalatore, invece ha tolto il dispositivo intero.» David silurò Roxy con lo sguardo quasi avesse rivelato un'informazione confindenziale.

La madre di Micheal si voltò stupita verso di lei. «L'impianto intero? Ma è...»

«Doloroso? Pericoloso? Deve aver avuto una grande determinazione e lucidità anche. Ma immagino che lei gli abbia insegnato abbastanza su di esso da renderlo in grado di eseguire l'intera operazione da solo.» Quella di Roxy all'infermiera sembrava quasi una recriminazione.

«Quello che Roxy cerca di dirvi è che forse Michael aveva un piano di fuga, che probabilmente lo perfezionava da molti anni e ha previsto l'aiuto di qualcuno. Può essere che non voglia più essere trovato. Sappiamo tutti, qui dentro, che ha abbastanza intelligenza per ideare un piano del genere. Con questo, non vuol dire che chiuderemo gli occhi e ci gireremo dall'altra parte. E' il più potente mutante di livello quattro che abbiamo nella scuola. Potrebbe uccidere qualcuno da un momento all'altro e noi stiamo tenendo le orecchie aperte.» David tentava di sembrare deciso, ma immaginava la reazione di Lorenz.

«Ti ricordo che stai parlando di mio figlio, non di un animale fuggito dallo zoo!»

«In sua coscienza, Signor Lorentz, lei pensa che non sarebbe capace di uccidere qualcuno se avesse una delle sue crisi. Non ha nemmeno più l'impianto che ne attenua gli effetti. Ha visto come ha ridotto Kathy!»

Lorentz tacque e abbassò lo sguardo. Odiava vergognarsi di lui. Preferiva riversare su sé stesso la colpa. Aveva fallito a proteggerlo, a curarlo, a guarirlo. E il motivo ormai gli era chiaro in testa. Suo figlio non poteva essere salvato. In fondo al suo cuore erano anni che gli era chiaro, ma una parte di lui non riusciva a rassegnarsi. Non voleva avere paura di lui, delle sue reazioni, ma a volte era così, per quanto se ne vergognasse. E questo era uno dei motivi per cui preferiva parlargli da lontano con le solite videochiamate. Si sentiva un codardo. Percepiva lo sguardo accusatorio di sua moglie, su di lui, non su David. Perché David, comunque andasse, era stato lì con lui giorno dopo giorno. Invece lui no. Gli aveva costruito una gabbia dorata intorno, ma tutti i soldi del mondo non bastavano per fare di suo figlio un ragazzo felice come lui avrebbe voluto vederlo.

«Quindi mi stai dicendo, David, che aspetterete semplicemente che ammazzi qualcuno?» Tutti lo pensavano in quella sala, ma era l'unico che aveva avuto il coraggio di pronunciare quelle parole ad alta voce.

«Comunque stiamo tenendo d'occhio il suo corso all'università, i professori sono stati avvisati: se parteciperà a qualche lezione o userà il suo identificativo per accedere alla posta o a qualche edificio o laboratorio ci avviseranno. Lo stesso vale per i suoi conti bancari o carte» riportò David.

«Ma è abbastanza intelligente da non farlo, se non vuole essere trovato. Questo lo so.» William Lorentz franò sulla sedia girevole dietro di lui. Si sentiva le gambe molli, le braccia fiacche: era esausto. Quella storia lo stava svenando lentamente, ma inesorabilmente. La sua anemia peggiorava a vista d'occhio. Eppure, tutte le iniezioni del mondo non potevano ridargli suo figlio.

«Avete altre due settimane o mi rivolgo alla polizia.» Quella minaccia uscì fiacca e patetica, un sussulto inutile di un padre orgoglioso e sconfitto.

David annuì, ma non si sentì di replicare. Era questione di tempo: suo figlio sarebbe esploso e dopo sarebbe stato possibile seguire la scia di sangue che avrebbe lasciato dietro di sé. Scorato, i genetista diede un bacio a sua moglie nella guancia e abbandonò la stanza ad occhi bassi dirigendosi direttamente verso l'elicottero che lo attendeva sulla pista. Non vedeva l'ora di uscire da quella scuola per iniziare nuovamente a respirare.

Tom attese in corridoio finché i partecipanti alla riunione, a cui aveva assistito non invitato, lasciarono alla spicciolata la stanza: rimasero solo David e Roxy; Mrs. Lorentz passando gli batté la mano sulla spalla con un sorriso amaro dipinto sul viso. Era una donna rassegnata, ormai, forse più del marito, perfino. Tom si ricordò all'improvviso l'urgenza che lo aveva condotto fin lì e si diresse arrabbiato verso David. Era talmente distratto e scorato dall'esito della riunione che nemmeno lo ascoltò. Sospirò e chiese a Tom di ripetere.

«Kathy è riuscita a disattivare il Tracer e accedere a un forum. Credo abbia trovato la dottoressa: qualsiasi cosa abbia scoperto, l'ha portata a un nome e non penso ci sia andata una volta soltanto. Ho scovato dei buchi nei log, tanti piccoli intervalli mancanti. Per arrivare al sito ha bypassato il mio firewall usando un proxy.»

David si sedette: era indeciso se essere più arrabbiato o divertito. Forse doveva far cercare Michael a quella ragazza. Era davvero brava a rintracciare l'introvabile! «Quindi è questo che ti dà più da fare: che ti ha surclassato, per la seconda volta. Forse dovrei assumere lei per la sicurezza della scuola!»

«È impossibile che abbia fatto tutto questo da sola.»

«Dov'è il badge di Liv adesso?»

«Quelle due non si possono vedere, credimi.»

«Tom, tu sei un bravo ragazzo, ma non vedi molto al di là del tuo schermo. Quelle due sono inseparabili ormai: Angela ha detto che è abbastanza sicura che facciano tutti i compiti al pomeriggio assieme. Kathy probabilmente sta aiutando Liv in letteratura, invece Liv sta dando a Kathy una mano con Scienze. Sono migliorate molto in entrambe le materie.»

Nel frattempo, Tom si avvicinò al terminale della sala e controllò il badge di Liv: gliel'avevano davvero fatta sotto il naso. Lanciò un pugno al tavolo. «Hai ragione, Liv è nella camera di Kathy» dovette ammettere.

«Sono contenta che hanno fatto amicizia alla fine» intervenne Roxy.

«Voi non capite. Chi tiene il forum potrebbe tracciarci!» Esplicitò la sua paura Tom.

«Non hai detto che usano un proxy?»

«Sì, ma non so quanto sia sicuro.»

«Abbiamo avuto attacchi informatici negli ultimi giorni?» Roxy decise di tagliare la questione al nocciolo.

Tom ammise che non ne erano stati registrati.

«Ottima notizia, allora lasciale fare. Verranno loro da noi quando avranno qualcosa» chiuse la questione David. «Tu continua a controllarle.»

«Se spengono il Tracer, come faccio?»

«Inventati un modo per cui non possano spegnerlo o forse Liv e Kathy sono più in gamba di un laureato prodigio?» Roxy pareva divertirsi molto a metterlo sulle spine.

David la guardò contrariato e cercò di placare i toni.

«Tom, capisco che tu sia arrabbiato. Hai tutte le ragioni del mondo: avevamo messo delle regole e Kathy le ha infrante, di nuovo... Ti prometto che mi occuperò della situazione a tempo debito. Però non ha fatto del male a nessuno, non è scappata e non ha messo in pericolo la scuola o qualcuno dei suoi compagni; quindi, diamole il beneficio del dubbio, per ora.»

«Quella ragazza mi farà impazzire!» grugnì Tom. Roxy aveva colto un accento strano in quell'affermazione. David però pareva indifferente, forse lei si stava facendo un viaggio mentale.

«Se Kathy ti dà ancora problemi, le parlo io, avvertimi. Tu fai finta di niente con loro e trova un modo per cui quel Tracer rimanga attivo.»

Tom accettò suo malgrado il consiglio. Si mise seduto a quella tavola vuota e iniziò a fissare lo schermo: tremava. Gli sembrava di vedere quella dottoressa davanti a lui, di sentire i legacci ai polsi e il bracciolo della sedia che strusciava sulla pelle nuda del gomito. Si alzò cercando di allontanare quel ricordo da lui e si trovò davanti alla mappa dei paesi confinanti: per la prima volta capì perché Michael era scappato. Da quando Kathy gli aveva parlato, non riusciva più a fermare i ricordi: gli sembrava di sentire l'ago nel collo, il battito del cuore accelerato e poi una scarica elettrica che partiva dentro di lui e lo bruciava, fin al midollo. Urlò. Il tavolo venne sbalzato per aria e scaraventato contro la parete. Un dolore ancestrale e totalizzante alla schiena lo aveva lasciato senza fiato e poi il buio totale lo aveva avvolto. Gli sembrava di sentirlo ancora quasi fossero passati pochi secondi da quel giorno, invece che molti anni. Si accasciò a terra e scoppiò a piangere. I fogli abbandonati sul tavolo svolazzavano sparpagliati attorno a lui. David stupito aveva fatto indietreggiare Roxy fino al muro.

«Ci penso io David» si offrì Roxy.

«Ok, io vado a recuperare la squadra. Dopo aggiornami.»

Tom era ancora seduto a terra, spaventato da quello che gli era successo. Non era migliore di Michael, in realtà, non aveva diritto di giudicarlo. Solo allora si accorse della sagoma di Roxy in piedi dietro di lui con le braccia incrociate. Non disse una parola: si sedette accanto a lui, sul pavimento, e non osò nemmeno toccarlo.

«È difficile anche per me. Credo lo sia per tutti, ma se ti lasci prendere dall'angoscia è finita: precipiterai, come Michael. Pensavo che la mutazione con te non avesse mai funzionato.»

«Era così, prima della settimana scorsa.»

«Che succede, Tom?»

Il ragazzo la fissò senza aggiungere nulla. Lasciò solo andare le lacrime e tutti i suoi sentimenti.

Roxy inspirò a fondo e lo guardò colpita. «Ora capisco molte cose. Adesso io metto a posto e tu vai a stenderti un po', finché non ti calmi e, per un po', se vedi Kathy, cambi strada. Aspetta di essere più tranquillo prima di affrontarla, ok? È solo una ragazzina indisponente e molto sveglia» tentò di metterla sul ridere. «A volte è cocciuta, una peste dispettosa, ma ...» Cercava le parole giuste conscia di muoversi su un terreno minato. «In fondo, l'adoriamo tutti, qualcuno in modo diverso.» Roxy si schiarì la gola. «È parte della famiglia ormai, come lo era Michael.»

Tom annuì respirando a fondo per calmarsi. Adesso era lui a sentirsi in colpa per essere esploso in quel modo, davanti a David poi e di aver distrutto la sala riunione. Poteva fare loro del male, poteva farne anche a Kathy, come Michael. Era talmente sconvolto da quel pensiero che si dimenticò del forum, salutò maldestramente Roxy e prese l'ascensore a testa bassa senza voltarsi più indietro. Per quanto male gli facesse, doveva starle lontano, sapeva che Roxy aveva ragione: non poteva rischiare di litigare con lei, di perdere il controllo. Strinse le dite nel pugno e si allontanò nel corridoio del suo piano. Il solo pensiero che lei fosse nella sua stanza, qualche livello sopra di lui a ridere con Liv e a fare ricerche lo mandava in bestia. Si erano prese gioco di lui. Non doveva farsi trascinare da Kathy in quel vortice autodistruttivo. Era meglio costringersi a disinteressarsi di lei, odiarla forse. Ma come?

Entrò in camera sbattendo la porta. Poteva ucciderla anche lui e quello era l'unico pensiero che era in grado di tenerlo lontano da lei. Prese il tablet e tolse a Kathy l'accesso al piano zero, per il bene di entrambi. Quindi chiese in mensa se potessero fargli avere i pranzi e le cene nella sua stanza. Si autoescludeva dalla scuola: avrebbe funzionato? Non ne era più certo. Su quel divano aveva volato con Kathy, ormai aveva manifestato il suo potere, ora avrebbe imparato a controllarlo?








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