Il brivido della scoperta [New]

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Era quasi notte quando Michael scese dal tram alla fermata del giardino botanico di Berlino con il cappuccio tirato fin davanti alla faccia. Gli sembrava fossero passati anni da quando era giunto lì dieci giorni prima. Il suo viaggio dalla Svizzera era andato fin troppo liscio: aveva avvicinato una ragazza giapponese in autobus. Era stato facile convincerla a lasciargli tutte le monete in euro che le erano rimaste, dato che comunque era diretta all'aeroporto per tornarne a casa. Così si era preso una birra, un pretzel e un biglietto dell'autobus per il giardino Botanico.

Conosceva il tedesco perfettamente: erano tre anni che ascoltava lezioni e faceva gli esami, seppur virtualmente, in quella lingua. Si era studiato la città molte volte e aveva i suoi contatti. Attraversò la strada, svoltò in LilleStraBe: il suo amico e compagno di corsi, Alex Gunther, che gli aveva dato in subaffitto una stanza, abitava con altri due ragazzi al secondo piano di un anonimo condominio grigio. Si fermò per un attimo davanti al tastierino per digitare il codice di accesso: il numero atomico del radio. Era proprio da Alex usare quella combinazione; Michael si avvicinò sicuro alla testiera e digitò 88. La porta si aprì pochi secondi dopo. Salì le due rampe di scale con calma finché non si trovò davanti la faccia lentigginosa di Alex. Non aveva mai visto il compagno di studi con più di mezzo centimetro di capelli, se li radeva in continuazione.

«Ha funzionato?» L'amico lo guardava in fremente attesa: sembrava agitato, in realtà ne aveva tutti i motivi. Appena arrivato, aveva scoperto in fretta che l'amico aveva un secondo lavoro: per arrotondare spacciava acidi nelle più frequentate discoteche di Berlino.

Una sera, sull'orlo di esplodere e senza posto dove andare per farlo, aveva provato anche lui. Quel viaggio gli aveva cambiato la vita: era come se fosse diventato altro da sé stesso, se fosse riuscito a osservarsi lucidamente dall'esterno. Ecco, forse non troppo razionalmente, in fondo gli acidi avevano i loro effetti collaterali, ma aveva capito di avere tra le mani una ricchezza immensa, il siero. L'idea di incrociarlo con una droga sintetica era tanto folle, quanto geniale. Se quella sostanza, come lui riteneva, avrebbe assorbito la parte liquida del siero, sarebbe riuscito a tramutarlo in polvere cosa che suo padre aveva sempre fallito ad ottenere in tanti anni. Questo aveva un apparente svantaggio: la quantità di siero era minore di quella ottenuta per iniezione, ma, d'altro canto, i ragazzi, in questo modo, avrebbero potuto assumerlo regolarmente in pastiglia. Portare con sé un blister era molto diverso che sintetizzare una siringa: l'altro vantaggio era che l'apparato digerente avrebbe fatto il lavoro sporco scindendo dalla sostanza tutti i polimeri di associazione che davano spesso effetti collaterali spiacevoli, rilasciando solo la quantità necessaria, poco per volta.

Il laboratorio in cui Alex stava sintetizzando la sostanza per la sua laurea era a due fermate di metropolitana e con la sua tessera poteva entrare senza destare molti sospetti, specie nel tardo pomeriggio e trattenersi fino a quando gli serviva: l'edificio chiudeva alle 22:00.

Nel suo piano c'era solo un problema: aveva bisogno di acidi per testare il processo e non aveva soldi per comprarne abbastanza dal pusher di Alex, quindi aveva tentato di raggirarlo. L'aveva avvicinato all'Exagon, sotto mentite spoglie e gli aveva dato ciò che ogni pusher sogna, la droga dell'anno. Una polvere in grado di mischiare gli effetti allucinogeni ad una sorta di alterazione temporanea negli organismi LWF. Di sicuro, tra i ragazzi tedeschi ce ne sarebbero stati, non aveva idea della percentuale esatta, ma erano sparsi in tutto il mondo. Ingerire la polvere pregna di siero avrebbe innescato in loro lo scatenarsi dei loro poteri latenti. Qualcuno sarebbe probabilmente stato in grado di far volare piccoli oggetti, altri avrebbero cominciato a percepire i sentimenti, i pensieri o le sensazioni di chi gli stava accanto: quale trip migliore! Il tutto mischiato al principio base allucinatorio degli acidi. In fondo, vedere tavolini volare, era uno spettacolo anche per chi non era un LWF. Al pusher l'idea era piaciuta e gli aveva fornito dosi extra, ma se non avesse recuperato della vendita più dei singoli acidi, sarebbe venuto a cercarli. Quando Alex aveva visto la pistola di quell'uomo, nascosta sotto la giacca, aveva dato di matto. Michael non aveva paura di lui; in fondo le sue armi, se le portava ben nascoste addosso nel DNA.

Lo scavalcò senza degnarlo di una risposta: voleva tenerlo un po' sulle spine, anche se dentro di lui moriva dalla voglia di dirlo a qualcuno. Non si era mai sentito così eccitato in vita sua: aveva percepito il brivido, la scottante sensazione di avere tra le mani una scoperta inimmaginabile. Per assurdo, aveva pensato a suo padre e, dopo anni, gli aveva concesso un'attenuante. La scoperta scientifica era una droga dolce e suadente, più di quanto non avesse mai pensato. Alex lo pedinò fino in camera sua.

«Ha funzionato, scemo!»

L'amico lo guardò incredulo, mise le mani in testa e iniziò a saltare sul suo letto come un bambino.

«Così ti ripagherò tutti i soldi che ti devo, però mi serve altro tempo.»

«Quel tipo ci ha dato fino a venerdì, te lo ricordi?»

«Quell'acido fa schifo, ora capisco perché ho vomitato per un giorno intero.»

«D'accordo, non è un prodotto di qualità eccelsa, ma non abbiamo altro!»

«Dobbiamo scalare il pusher e andare alla sua fonte.»

«Tu sei pazzo! Quella è gente coi coglioni, se gli gira ci puntano il ferro in testa!»

«Siamo là per parlare di affari, non ci faranno nulla.» Michael sbuffò, spostò di peso l'amico dal letto e si sdraiò esausto torcendo le spalle affaticate.

Alex si mise in ginocchio e lo fissò dritto negli occhi. «Giura che sai quello che fai.»

«Così la percentuale di siero sarebbe troppo bassa, al massimo qualche quattr'occhi comincerà a vedere senza lenti, non è esattamente un trip per cui i ragazzi pagherebbero. Se troviamo una sostanza più pura, posso finire di ripulirlo chimicamente: anche loro avranno un prodotto migliore alla fine.»

Alex si mise a ridere. «Non pensavo saremmo entrati nel mondo della droga grazie a una laurea.»

«Tu vedi solo i limiti, ti manca il quadro generale. Venerdì portiamo queste pasticche al tuo amico, prima di ridargliele, facciamo quattro chiacchiere, ci penso io sta tranquillo. Le pulirò chimicamente, così sembreranno più pure. Anche se non faranno quello che gli ho promesso farà un figurone, tornerà da noi come un cagnolino con quei nomi, fidati di me.»

L'amico lo fissava indeciso. Esteriormente Micheal sembrava solo uno smidollato ragazzino coi capelli tinti e due strane lenti a contatto. All'università era un mezzo genietto, questo glielo riconosceva, ma forse non aveva idea della gente con cui avrebbero dovuto fare "affari".

«Ne vuoi provare una?» Michael estrasse un sacchettino trasparente dalla tasca.

«E va bene, cosa diavolo deve succedermi?»

«Non sei LWF, ti darà un trip molto più liscio e pulito che domani non ti ridurrà come una pezza da piedi.»

«D'accordo, provo se lo fai anche tu.»

«Sei pazzo?! Vuoi che ti distrugga casa? Col proprietario ci parli tu dopo?»

«Va bene, spero che tu sappia quello che fai. Se finisco dritto al pronto soccorso, prega che rimanga secco o ti uccido con le mie mani!»

«Ci vediamo dall'altra parte!» Michael lo salutò con un sorriso lanciandogli la bustina.

Alex la prese al volo e lasciò la stanza con sguardo eccitato.

Michael si rilassò sul letto esausto. Le macchine passavano rade ormai nel quartiere residenziale e la notte calava su quell'anonima via di Berlino. Studiava le ombre sul soffitto dei rami mossi dal vento. Era molto soddisfatto di sé stesso e sentiva crescere un impulso nuovo: per la prima volta non vedeva più quel Nobel come una condanna. Inaspettatamente ora sapeva di poter stupire suo padre, di poterlo combattere sul suo stesso campo di battaglia. Senza di lui, era diventato infine un chimico e un genetista migliore e il merito era della Dottoressa. William Lorenz era solo uno smidollato: quando si arrivava davvero alla frontiera, recalcitrava titubante ricordando il giuramento di Ippocrate o le leggi dell'FDA. Eppure, lui aveva avuto il coraggio di guardare oltre, aveva conosciuto le più bieche curve della sua scoperta, la radice del potere che aleggiava in lui e che suo padre tentava in ogni modo di mitigare.

Era stanco di temere di essere chi era. In fondo, essere un mutante così potente aveva i suoi vantaggi. Poteva fare un sacco di soldi e rifarsi una vita, non aveva nemmeno bisogno di prendersi quella laurea, lui era anni luce quel livello di studi. Appena maggiorenne aveva scisso la sua prima catena del DNA. La dottoressa l'aveva fatto parte di ogni sua scoperta o esperimento, aveva letto e riletto le schede dei suoi compagni. Giocare a fare lo scienziato era stata l'unica parte divertente della sua prigionia, era stato lui ad instillare in lei l'idea di portare Roxy, col suo fantastico potenziale, al livello quattro. Feltman non lo riteneva nemmeno possibile, ma Michael era un mutante, le sue connessioni neurali viaggiavano a doppia velocità, la sua immagine del mondo era in continua evoluzione, ragionava per percentuali di assorbimento, non più per livelli: era oltre quel manuale. Di nascosto, per anni l'aveva aggiornato lui stesso, man mano che certi dubbi si dipanavo, a quattro mani con la dottoressa.

Con lei era sempre stato tutto più semplice. Lei non aveva mai avuto paura di lui o di quello che poteva essere. Certo gli anni in quel posto erano stati orribili, ma poi si erano rivisti, online. Lei gli aveva spiegato e lui aveva capito. Il modo forse non era stato dei migliori, ma il suo programma era l'eccellenza mondiale. Era l'unica persona al mondo che non considerasse la sua condizione un pericolo o una malattia, ma un dono immenso: "Ho trasformato un ragazzino che entrava e usciva dagli ospedali, in un imbattibile guerriero, una creatura al di sopra della nostra specie".

Questa parte della storia, i suoi compari se la dimenticavano fin troppo spesso. Quando era stato mutato gli rimaneva sì e no un mese di vita, ma Roxy non era messa molto meglio, la sua leucemia ormai era ad uno stadio terminale, e lo stesso Tom soffriva di una forma acuta d'asma e di apnee notturne: girava giorno e notte con un respiratore e dormiva con un macchinario attaccato alla bocca. Dopo la mutazione non gli era più servito: avrebbe dovuto essere grato, invece che istigare Kathy ad approfondire indagini su Jacob con quegli articoli di giornale. Non erano stati rapiti solo in quanto appartenenti alla lista, quanto in qualità di ragazzi che non avevano nulla da perdere. Certamente la mutazione era stata un passaggio orribile, ma erano vivi, perché sembravano tutti dimenticarlo così spesso! Altro che mandragola, a Suzanne serviva una bella dose di siero: sarebbe mutata, sarebbe stata peggio, subito, ma poi il suo Yin e il suo Yang si sarebbero riallineati e avrebbe smesso di soffrire. Avrebbe abbracciato la sua vera natura. E Kathy?

A pensarla per un attimo gli si offuscarono gli occhi di lacrime. Sentiva un dolore nel petto che cresceva e il fiato corto, la gola che si serrava. Guardò l'ultima bustina che aveva in tasca: era pericoloso. Il siero contenuto era poco, per ora, ma non aveva con sé l'antisiero. Suo padre, però, aveva abbassato molto il suo potenziale sotto al livello di guardia, forse poteva non essere così tragico come aveva prospettato ad Alex. Recuperò un paio di federe dall'armadio, mise la pastiglia sulla lingua, ma prima di ingoiarla si legò al letto stringendo i nodi coi denti, poi deglutì e la stanza si decolorò all'istante. Un liquido blu colava dalle pareti, copriva il tappeto e si accumulava sul pavimento: gli sembrava che la stanza stesse per essere allagata. Guardò con orrore la sostanza melmosa procedere lentamente fin sopra alle sue caviglie, lambirgli i pantaloni. Era fredda e appiccicosa, gli attaccava i vestiti al corpo e procedeva senza pietà verso la cintola. Represse un brivido quando gli raggiunse il petto, tremava come una foglia, coi legacci che stridevano e i polsi arrossati per lo sforzo. Nel giro di qualche minuto il composto gli lambiva il collo, respirava ormai soltanto col naso. Trattenne il fiato per alcuni secondi; le orecchie gli fischiavano, poi quel liquido penetrò in gola: urlò, ma non emise suono; il suo corpo cominciò a sussultare in cerca di aria e allora la vide.

Nuotava verso di lui, coi capelli cinerei raccolti in una coda sbarazzina, lunghissimi, si dipanavano attorno a lei come un'alga; si dimenticò di respirare, di stare per morire: gli sembrava di percepire il suo cuore battere così forte mentre quell'illuminazione angelica scivolava sulle coperte fissandolo coi suoi profondi occhi grigi. Sentì il peso del suo corpo appoggiarsi al materasso e procedere a quattro zampe verso di lui. Kathy gli sorrise, si avvicinò a pochi centimetri dal suo viso e appoggiò le sue labbra suadenti sulle sue.

Michael si abbandonò a quel bacio, ma poi si scosse sconvolto. Era gelida, come un fantasma e nei suoi occhi c'era una luce demoniaca che Kathy non aveva mai avuto. La ragazza gli sollevò il mento: il liquido sparì, la sua stanza altrettanto. Erano in un laboratorio, Kathy era accanto a lui col camice e la mascherina, estraeva una siringa. Riconobbe il liquido giallo e cominciò a strattonare i legacci che lo tenevano stretto.

«Tu mi hai mentito!» Lei tratteneva a stento la rabbia. Gli occhi coperti di lacrime, il volto trasfigurato da quel sentimento che non riusciva più ad arginare e che fluiva verso Michael come un fiume in piena. «Tu mi hai ucciso!» urlava straziata. Cosa poteva risponderle? Era la verità.

«Non puoi mutare oltre il tuo massimo livello, ma questo non vi ha preoccupato molto con Roxy... non fermerà me!» così dicendo gli iniettò la fiala nel collo. Michael urlò in un ansito di dolore; Kathy scomparve e scoprì che al suo posto c'era la dottoressa, con la mascherina calata sul viso e quei profondi occhi verdi. Il suo campo visivo si strinse e tutto svanì.


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