1. La lettera

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Alex adorava Grace Park, era il suo posto preferito in tutta Malkres. Quello spazio verde era una tonalità accesa e viva nel dipinto in scala di grigi della città. Lì si poteva incontrare ogni tipo di cittadino: padri che insegnavano ai figli ad andare sullo skate, le anziane signore che confabulavano sull'ultima telenovela, padroni che lasciavano passeggiare i loro cani e adolescenti come lui che facevano finta di andare a scuola per poi tornare indietro quando erano fuori dal campo visivo di insegnanti e genitori.

Era domenica, quindi quella parte del parco con numerose panchine e brevi rampe era gremita di bambini che provavano ad andare sullo skate; erano più le volte che cadevano che quelle in cui rimanevano in equilibrio sopra la piccola tavola, ma ogni ginocchio sbucciato era come una spinta di adrenalina in più.

-Ehi, mi stai ascoltando?-

Alex alzò le spalle. Qualunque cosa Chelsea stesse borbottando poteva essere riassunta in tre semplici parole: "sei uno stronzo", le stesse tre parole che sentiva pronunciare dalle ragazze più o meno ogni due settimane, la durata massima delle sue ultime relazioni.
Prima le sue compagne di scuola gli correvano dietro sperando che accettasse il loro invito a uscire, poi lo lasciavano sempre con quelle tre parole che ormai si erano fastidiosamente attaccate a lui come una gomma sotto la scarpa. Dovunque andava era circondato da persone che non si facevano scrupoli a giudicarlo per ogni cosa che faceva, come se avessero il diritto di immischiarsi nella sua vita.

Alex prese il suo zaino, lo mise su una spalla e afferrò lo skate da terra, portandolo sotto braccio. Avanzò di qualche passo e diede le spalle alla sua interlocutrice, decidendo nel frattempo cosa fosse più opportuno fare.
Avrebbe potuto provare a risolvere la situazione con Chelsea ma in realtà non voleva farlo, perché era inutile. Finiva sempre così: lui spiegava alla sua ragazza di turno che non aveva fatto nulla di male ma quest'ultima, chiunque fosse, era fermamente convinta che lui la tradisse alle sue spalle. Alex non aveva mai sentito il bisogno di farlo, con nessuna di loro, eppure veniva sempre trattato come un essere senza sentimenti.

Forse lo sono davvero, pensò, forse dovrei stare più per conto mio.

Quando vide che Alex si stava allontanando, Chelsea parlò di nuovo. -Avrei dovuto ascoltare gli altri- disse infastidita. -Tutti dicono che sei un egoista.-
Alex non la guardò nemmeno. -Ma non l'hai fatto- ribatté scocciato. -In fondo è questo quello che fate tutti: prima parlate alle mie spalle e poi, quando vi fa comodo, vi fingete miei amici... oppure interessati a me.-
Si mise il cellulare in tasca e diede un ultimo sguardo ai bambini che correvano lì vicino, ripensando a quando anche lui veniva sempre in quel parco con suo padre.
Si girò verso la ragazza. -Tranquilla, sono sempre io lo stronzo.-
Detto questo si diede lo slancio con il piede destro e partì con lo skateboard, lasciando a Chelsea la possibilità di riferire a tutti quanto lui fosse egocentrico e meschino.

Alex girò la chiave nella serratura ed entrò in casa, chiudendo la porta dietro di sé con la gamba destra.
L'odore forte delle gardenie invase le sue narici e il ragazzo si sentì subito meglio.
Sua madre amava i fiori, di qualsiasi tipo; aveva messo vasi in tutte le stanze, inebriando così ogni angolo della casa. A volte il profumo finiva per dargli il mal di testa, ma sua madre era così entusiasta delle sue piante che lui aveva deciso di fare finta di niente: non voleva che ci rimanesse male.

Si diresse verso la sua camera e lanciò le chiavi sulla scrivania, mentre con l'altra mano appoggiava lo skateboard all'angolo della stanza. Appena entrò riuscì a sentire l'aroma della sua colonia misto al fastidioso odore di chiuso, colpa delle finestre che non facevano entrare l'aria dalla notte prima. Il letto a due piazze era completamente sfatto, con la coperta tutta riversa per terra. Le persiane erano rimaste alzate e la sedia di fronte alla scrivania era coperta da una pila di vestiti che non sembravano né puliti né sporchi.
Prese il telecomando e accese il televisore sulla sua scrivania, lasciandosi cadere sul letto. Il telegiornale stava andando in onda e un giornalista stava raccontando le ultime notizie. Se ne stava seduto con un'espressione seria mentre la foto di un signore di mezza età con la barba incolta era proiettata alle sue spalle.
"Nessuno sviluppo nelle indagini sull'omicidio di Barnabas Smith" disse. "L'uomo è stato ritrovato senza vita davanti al bar St James, nella piazza principale di Malkres."
Alex cambiò canale finché non trovò qualcosa che non era pubblicità, poi si sdraiò di nuovo, unendo le mani dietro alla nuca.
Il suo arrivo non era sfuggito all'abile udito della madre, che si piazzò sulla soglia della porta.
-Alex!- esclamò sorridente. -Come è andata con Katherine?-

Sua madre era convinta che lui stesse ancora uscendo con una delle sue ex, Katherine McAllister, con la quale era stato insieme per quasi otto mesi; si erano lasciati alla fine di giugno e non l'aveva più vista né sentita.
Ormai era arrivato settembre. Alex aveva già avuto altre quattro relazioni che non meritavano nemmeno questo nome e di cui non aveva parlato a nessuno, compresa quella appena conclusa con Chelsea.
Katherine piaceva molto a sua madre: la donna diceva sempre che quando lo vedeva insieme a quella ragazza, suo figlio le sembrava molto più felice.

-Tutto ok- fece lui distrattamente, senza nemmeno provare a fingere un sorriso.
La madre non sembrò notarlo. Entrò nella stanza e gli porse una lettera. -Questa è arrivata stamattina- riferì. -È indirizzata a te.-
Alex si accigliò. -Chi è che manda ancora lettere?- commentò stranito.
La donna rimase seria. -Ho controllato se ci fosse il simbolo dell'Ordine- disse preoccupata. -Ma non c'è nulla.-

Il Consiglio di Malkres, anche chiamato Ordine della Luce, era formato dal Valer e altri dodici membri scelti dall'uomo. Seguendo una struttura gerarchica piramidale, il Valer era la figura più importante e con più potere, tuttavia ogni sua decisione importante doveva essere prima sottoposta agli altri membri dell'Ordine; sotto tale assemblea c'era il Corpo dell'Ordine, ovvero gli agenti di polizia.
I membri del Corpo si occupavano di far rispettare le leggi mentre l'Assemblea le formulava.
Quando qualcuno commetteva un reato doveva presentarsi davanti ai membri del Consiglio e aveva diritto a richiedere un difensore per un eventuale processo.
Con il passare degli anni c'erano stati sempre meno atti criminali, difatti il Consiglio definiva Malkres come la "città più sicura della contea".
Alex avrebbe dovuto essere contento di trovarsi in un luogo con tale titolo ma non riusciva a fare a meno di pensare che tutta quella sicurezza avesse un grosso prezzo da pagare.
Considerando l'odio profondo che l'attuale Valer, Alberic, nutriva per la tecnologia, i membri dell'Ordine potevano essere gli unici ad avere l'abitudine di mandare ancora lettere nel 2014, eppure sua madre gli aveva garantito l'assenza del loro sigillo.
-Sarà uno scherzo- la rassicurò Alex. -La butterò senza leggerla.-
La donna annuì senza dire altro e uscì dalla stanza chiudendo la porta; Alex l'aveva vista nervosa in quei pochi secondi ma pensò che fosse solo per quello strano pezzo di carta.

Il ragazzo si sdraiò sul letto, girandosi la lettera tra le mani. Forse avrebbe dovuto buttarla, in fondo non valeva la pena aprirla, ma la particolare calligrafia su di essa lo colpì immediatamente: sembrava qualcosa di davvero importante. Quella scritta con il suo nome e il suo indirizzo era così bella e precisa che quasi riusciva a ipnotizzarlo; sembrava che la penna avesse danzato sul foglio fino a formare le lettere.
Alex non era uno che credeva all'esoterismo o alla parapsicologia; secondo lui erano soltanto cazzate create per prendersi gioco degli ingenui... ma non riuscì a ignorare la sensazione che sarebbe successo qualcosa di terribile, qualcosa che riguardava lui. Quella che stava avendo era forse una previsione? Così l'avrebbero definita quelli che credevano in queste cose?

Cercò di scrollarsi di dosso quegli strani pensieri e allungò il braccio per buttare la lettera. L'aveva quasi fatto quando si rese conto di non riuscirci: era come se i suoi muscoli si rifiutassero di muoversi oltre. Sapeva bene che era stata una pessima giornata, forse era solo molto stressato, e di certo non era pronto a subire l'ennesimo scherzo dei suoi compagni invidiosi; eppure la curiosità non l'aveva mai stregato così tanto. Rigirava quella carta tra le mani con un misto di inquietudine e irrefrenabile curiosità: non riusciva a pensare ad altro.

Osservò la lettera ancora qualche minuto, finché alla fine non riuscì a tenere a freno l'interesse e la aprì, lasciando la busta da una parte e appoggiando il foglio scritto a mano sul letto.
Restò di sasso solo leggendo le prime parole:

Ti hanno mentito.

Rilesse più volte quella frase senza comprenderla. Chi gli aveva mentito? E perché iniziare una lettera con un'accusa infondata?

I tuoi genitori ti hanno mentito, Alex. Tuo padre ti sta nascondendo tutto.

Suo padre? Paul Campbell era uno degli uomini più rispettati della città, poiché membro del Consiglio. Alex non lo vedeva molto, dato che l'uomo era sempre occupato nelle faccende dell'Ordine, e spesso lo sentiva tornare a casa molto tardi.

Non spaventarti, voglio solo dirti la verità.

La verità? Quale verità?
Probabilmente si era illuso che quella busta contenesse una bella notizia, non certo un anonimo che accusava suo padre di essere un bugiardo: era decisamente troppo.
Accartocciò la lettera e la lanciò a terra. Prese la busta e notò che nascosto lì sotto c'era un altro foglio, più piccolo: era sempre scritto a mano ma con uno strano simbolo sopra.
Spinto da un impulso che non riuscì a comprendere, il ragazzo ci passò sopra il pollice e quello strano disegno sembrò illuminarsi. Sentì una sensazione di bruciore sulla pelle, come se avesse sfiorato una fiamma.
Sconvolto, lasciò andare il foglio e si guardò la mano. Quel simbolo ora si trovava sul suo palmo, sbiadito ma ben visibile, con l'aspetto di una macchia d'inchiostro. Peccato che quella non fosse una macchia, non era possibile.
Il ragazzo tornò a guardare la busta e vide una scritta apparire sotto al simbolo:

Negare non ti salverà, so cosa hai visto e so cosa sei veramente.

Alex si tirò su il cappuccio della felpa e uscì di soppiatto da casa. Fuori era ancora buio e la città sembrava deserta. L'odore familiare dell'erba appena tagliata permeava nell'aria intorno al giardino di casa sua come ogni settimana. Sua madre si occupava anche di quello, riuscendo a far sembrare il loro cortile pari quasi a quello di una reggia.

Alex diede un ultimo sguardo alle sue spalle, guardando prima casa sua e poi quella dei suoi vicini: I Jekyll. Erano una giovane coppia sposata con una figlia, Kayla. Lei e Alex non si parlavano ormai da anni, a malapena si salutavano a scuola.
Nonostante fosse molto presto, la luce in camera della ragazza era accesa. Spesso la vedeva sgattaiolare fuori dalla finestra per vedersi con un ragazzo dall'aria pericolosa che Alex aveva sempre trovato un po' inquietante: Alec Jones. Era di un'altra scuola e ogni volta che vedeva l'altro ragazzo gli lanciava degli sguardi torvi. Era da un po' di tempo che non lo incontrava più, tuttavia; forse lui e Kayla avevano discusso.
Ironico, pensò, che quella notte era stato lui a sgattaiolare dalla finestra come un ladro. Non che fosse la prima volta per lui ma il contesto era ben diverso e molto più entusiasmante.
Ogni tanto, quando stava ancora con Katherine, la ragazza lo faceva entrare di nascosto dalla finestra. Passava qualche bellissima ora con lei tra le lenzuola, attento a non svegliare i genitori della fidanzata. Poi, usciva di nuovo per tornare a casa sua e camminava in punta di piedi fino al suo letto, stanco ma ancora su di giri, dove cadeva nel sonno pensando a quanto fosse fortunato ad avere una ragazza come Katherine.

A differenza di quelle colme di bei ricordi, la notte precedente era stata tutt'altro che piacevole per Alex: si era addormentato senza rendersene conto con la lettera ancora stretta tra le mani. Non aveva cenato e si era risvegliato alle due di notte dopo un incubo che avrebbe voluto dimenticare al più presto.

C'era del fuoco, pensò.

Quello era il dettaglio che era rimasto più vivido nella sua mente quando ripensava al sogno.

Ero circondato dal fuoco.

Ricordava di aver visto un terribile incendio, come se lo stesse vivendo in prima persona; le fiamme avvolgevano completamente una vecchia casa, divorandola sempre di più mentre una densa e scura nube di fumo oscurava la vista.
E dopo quell'incubo ce n'era stato un altro, come se fossero entrambi un unico terrificante ricordo. Aveva sognato la sua città in subbuglio, le urla, il sangue...
-Non è possibile- sussurrava Alex cercando di autoconvincersi.
Per quanto cercasse di ignorarlo sapeva benissimo di aver sognato quella notte di tre giorni prima, quella a cui si riferiva la lettera. La notte in cui tutti gli orrori che si nascondevano nei vicoli della città erano usciti allo scoperto.

"So cosa hai visto."

Come poteva saperlo qualcun altro? Nessuno era con lui, nessuno era intervenuto. E soprattutto, nessuno gli avrebbe mai creduto.
Ciò che aveva visto quella notte lo tormentava ogni giorno; la stessa immagine, tanto vivida quanto terrificante, continuava a proiettarsi nella sua mente ogni volta che chiudeva gli occhi.

La città più sicura della contea, ripeté nella sua testa, quella notte non lo è stata affatto.

Iniziò a pensare che forse il mittente di quella lettera non stesse sbagliando, forse voleva davvero dirgli la verità.

Ma come posso fidarmi di qualcuno che ha visto tutto e non ha fatto niente?

Quella notte, in quei pochi secondi che non riusciva a dimenticare, Alex aveva visto la Nera Mietitrice davanti ai suoi occhi, l'oscurità che lo accarezzava e lo spingeva nel suo soffocante abbraccio.

Iniziò a sentire uno strano pizzicore alle mani, come se un insetto lo avesse ripetutamente punto sui palmi. Fece l'errore di strofinarli tra di loro e la sensazione peggiorò: era diventata un leggero bruciore, che si faceva sempre più fastidioso ogni secondo di più.
Un intenso calore cominciò poi a diffondersi per tutto il suo corpo come un veleno mortale: la pelle sembrava bruciare.

Che sta succedendo?

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