Capitolo 11 - Mary

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Se solo l'avessero avvertita per tempo, Brick non starebbe vivendo lo stesso orrore che era già toccato a lei. Per quanto potesse odiare Gufo, era l'unico che la rispettava e la stava mettendo al corrente dei fatti. Assurdo sia a dirlo che a pensarlo, ma era innegabile.


Con passo deciso, fece il suo ingresso nell'ufficio di Rottemberg. Schiaffò la scatoletta di metallo sotto al suo naso e lo fissò, con aria di sfida.


«Quando pensavi di dirmi che Brick è scomparso?» berciò Anita, aspettando che Rottemberg aprisse la scatola.


Fissò il suo contenuto e poi la richiuse, senza dire una parola. Ignorò completamente l'esistenza di Anita, mettendosi entrambe le mani sul viso a conca.


Dopo interi minuti, Anita lo sentì singhiozzare. Non commentò, ma attese con pazienza che il suo capo si sfogasse.


«Quando ti hanno preso... ero sicuro che sarei riuscito a salvarti, Nit» borbottò, con la bocca impastata dal dolore, «Eppure quando ti ho effettivamente ritrovata, mi sono reso conto che non ti avevo davvero salvata»


Anita lo fissava, le ciglia così abbassate che aveva quasi gli occhi chiusi.


«Perché, come cazzo fai a vivere una vita serena e bella, con tutto quello che hai visto e che hai passato?»


Anita strinse i pugni, tutte le estremità le formicolavano in un grido silenzioso.


«Avrei preferito ritrovare il tuo cadavere», concluse il suo collega, duramente.
Gli rivolse una smorfia schifata, prima di lasciare l'ufficio e lasciarlo da solo.



Jep Tucci nasceva nel pomeriggio di un giorno molto assolato, quando il mondo era ancora un posto frequentabile. Sua madre, Mary, aveva sempre e solo coltivato la terra durante tutta la sua vita.


Mary soffriva di un qualche tipo di disturbo della personalità, che Jep non aveva mai avuto interesse di comprendere fino in fondo. Fatto stava che Mary aveva provato a ucciderlo tre volte durante l'arco di tutta la sua infanzia.


La prima volta gli aveva provato a far mangiare veleno per topi, la seconda volta aveva cercato di affogarlo in piscina e la terza aveva tentato di soffocarlo nel sonno.


Tutte le volte, una piccola parte di Jep si spegneva. Il cervello poi ha dei meccanismi tutti suoi per mantenersi sano, motivo per il quale, a diciassette anni Jep spinse la madre giù dalla finestra.


Morte istantanea, neanche una lacrima versata.


La prima persona che Jep uccise fu sua madre, da quel momento in avanti tutti gli eventi della sua vita procedettero in un crescendo di paura e sgomento.
Sorrise, calciando la spalla di Brick.


«Insomma... sei parecchio resistente, eh?» commentò Jep, alzando il viso dell'uomo, trovandolo completamente imbrattato di sangue. La cavità nera dove una volta si trovava il suo occhio marrone spurgava una purulenta marcescenza giallastra.


Brick sputò un grumo di sangue, cercando di sollevare le labbra in un sorriso.


«Fottiti, merda»


Jep scoppiò a ridere, lasciando di scatto la faccia del poliziotto e mettendosi a percorrere la cantina umida avanti e indietro.


«Sei veramente un bel tipo, Drew. O preferisci il tuo vero nome?»


Brick si accasciò con la testa a terra, troppo stanco per mantenerla alta.


«Non so di che cazzo stai parlando»


«Forse un'altra nottata a fissare il cadavere della tua fidanzatina ti schiarirà le idee», asserì, afferrandolo per i capelli e trascinandolo verso la sua cella.


«Per favore, no» biascicò Brick, mostrando il primo cenno di cedimento. Poteva affrontare qualsiasi cosa, ma quello era troppo.


Due giorni prima avevano appeso il cadavere di Natalia al muro della loro cella, nuda e ricoperta di larve che avevano iniziato a pasteggiare sulle ferite incrostate inferte dai due maniaci. Iniziava a puzzare, decomponendosi. Jep aveva trovato il modo di legare Brick davanti a quello spettacolo osceno, forzandolo a non chiudere mai l'occhio sano con un'apposita gabbia metallica che non gli permetteva di muovere nessun muscolo della testa.


«Allora dimmi chi cazzo sei e chi ti manda»


Brick fece una smorfia di dolore.


«Brick Ashton, lavoro nella squadra duecentocinquantaquattro. Rottemberg mi ha chiesto di lavorare sotto copertura per tenere d'occhio i Restev. Non eravate voi l'obiettivo»


Jep annuì, mentre l'uomo parlava. Poi sorrise.


«Quindi sei un collega della mia adorata Anita. Speravo che aveste capito la lezione... evidentemente non sono stato abbastanza chiaro»


Gli rivolse uno sguardo, che Brick osò descrivere come dolce, poco prima di ricevere un pugno così forte da farlo svenire nuovamente.

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