Capitolo 32 - Bloody Kiss

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

Per tutto il resto del pomeriggio River continuò a fissarla a intervalli regolari di sedici minuti. Era sicuramente preoccupato per la sua salute, ma tutto quell'interesse diventava subito fastidioso per una persona come Anita.


La testa continuava a dolerle e si sentiva molto debole, ma aveva già preso la sua decisione. Avrebbe seguito Gufo.
Non poteva permettere che lui le mentisse in modo così spudorato. Si era fatta prendere in giro, convinta che lui stesse effettivamente provando un qualche tipo di sentimento per lei.
Attese le diciotto, orario in cui tutti staccavano e disse a River di avviarsi a casa senza di lei.


«Rimango ancora un po' a leggere i documenti sui Restev», gli disse, cercando di non guardarlo fisso negli occhi. Non era mai stata brava a mentire a River.


Lui fece spallucce e sembrò crederle.
Anita seppe immediatamente che se le fosse successo qualcosa durante quel pomeriggio, River non l'avrebbe mai perdonata.

Rottemberg non era ancora uscito dal suo ufficio, quindi approfittò per andarsene senza salutarlo. Afferrò la Smith&Wesson e i suoi occhi gialli parvero accendersi di più, vista l'euforia del momento. Avvertiva un fuoco inestinguibile dentro di lei, mentre si dirigeva verso la porta della centrale e si avviava verso la magione di Jep Tucci.



Gufo entrò in casa, attirando lo sguardo di Vin. Da quando era tornata al Distretto non aveva più schiodato da casa loro. Gufo le rivolse un'occhiata schifata, mentre muoveva dei passi sicuri verso lo studio di Jep.


«Dove stai andando?» lo bloccò sulle scale la voce melliflua della donna.
«Dove posso farmi i cazzi miei senza essere interrotto dai parassiti come te».


Vin stiracchiò un sorriso, avvicinandosi a Gufo con la sua camminata fatta di vapore. Sembrava muoversi sulle nuvole. Il vestito lunghissimo e grigio, che le arrivava fino ai piedi, acuiva quell'effetto.


«Pensi di essere così indispensabile, Diverso?» disse Vin, con astio nella voce.
«Non penso niente», berciò Gufo, «ora se vuoi scusarmi».


Vin lo afferrò per il polso destro e Gufo avvertì una scossa lungo tutta la spina dorsale. Odiava essere toccato, soprattutto perché gli ricordava il suo costante bisogno di nutrirsi. Di mangiare. Avrebbe mangiato molto volentieri quella donna.


«Posso venire con te?» chiese lei, con sguardo languido. Gufo si divincolò dalla sua presa, lasciando Vin alquanto sbigottita.
«Preferirei di no».


Vin sembrò assumere un aspetto fisico leggermente diverso dal solito. Gufo era certo di aver visto delle scaglie grigiastre sgretolarsi sul suo viso e cadere a terra.


«Io preferisco di sì», sibilò Vin, a denti stretti.


Gufo decise di non insistere oltre e si voltò, riprendendo il suo cammino. Avrebbe raggiunto lo studio di Jep e scandagliato con lo sguardo l'ambiente per capire dove avessero nascosto i fascicoli.


«Jep è nel suo studio?» chiese Gufo, per alleggerire l'atmosfera.
Vin annuì, distante.
Si ritrovarono di fronte la porta dell'ufficio di Jep, legnosa e fibrosa come il suo proprietario, e Gufo bussò due volte, seccamente.


«Avanti», sbraitò Jep, dall'interno.


Gufo e Vin spalancarono la porta e fecero il loro ingresso nella stanza, con espressioni funeree.


«Guarda chi si rivede...» sorrise Jep, maligno, all'indirizzo di Gufo.
«Mi hanno assunto come collaboratore alle indagini», sputò subito fuori Gufo, come se fosse una scusante.


Jep rimase immobile per qualche istante, poi iniziò a ridere di gusto.


«Com'è possibile che questi poliziotti siano così stupidi?»


Gufo lo vedeva scosso dalle convulse risate che gli stavano attanagliando lo stomaco rotondo, e decise di stringere i pugni per evitare di reagire.


Fu in quel preciso istante che avvertì l'odore dell'unica persona che non avrebbe mai dovuto trovarsi in quel luogo.


Anita era lì. Il suo profumo era inconfondibile, misto di vaniglia e cenere d'incenso.
Gufo si mise sull'attenti, cercando un qualsiasi movimento che la facesse svelare ai suoi occhi.


«Mi hanno chiesto di recuperare i fascicoli che Brick teneva alla Welston».


Gufo sperò ardentemente che lei non si trovasse così vicino da captare le loro parole, eppure il suo profumo sembrava pervadere l'aria e lo stava facendo diventare matto.
Anita non avrebbe mai capito il suo gioco. Non gli avrebbe mai creduto.


«Pensi di potermi fornire dei falsi, Jep?»
Gufo odiava innervosirsi in quel modo, eppure c'era qualcosa in Anita che gli faceva perdere il controllo. Nel bene e nel male.


Jep sembrò accorgersi del suo stato febbricitante, ma per qualche strano motivo decise di non farglielo notare.


«Te li faccio avere domani mattina»
«Un'altra cosa, Jep», aggiunse Gufo, lanciando un'occhiata alla donna che era rimasta impalata dietro di lui, «Se questo schifo che mi hai messo alle costole continua a seguirmi te la faccio ritrovare a pezzi sulla scrivania».


Vin ringhiò vistosamente e sembrò mettersi in guardia, ma si calmò dopo un gesto di Jep.
«Hai fatto un buon lavoro fino a ora, Gufo», rispose lui, senza dare spiegazioni.


Gufo annuì e si diresse fuori dalla stanza. Non aveva avvertito niente di strano nello studio, quindi c'era la possibilità che Jep non avesse nascosto i fascicoli lì dentro.


Non ne aveva la sicurezza matematica, a causa dell'odore penetrante di Anita. Non faceva altro che confonderlo.


Un moto di rabbia sembrò impossessarsi di lui, mentre si rendeva conto che i suoi occhi stavano mutando in funzione della fame che provava.
Uscì nel giardino della Villa di Jep e iniziò a seguire la pista lasciata da lei.
Non ci volle molto a trovarla.


Era appollaiata fuori dalla finestra del secondo piano, in modo da riuscire ad osservare tutto ciò che stava avvenendo nello studio di Jep. Gufo trattenne un misto di ansia e frenesia che stava covando nelle sue viscere.
Emise un fischio talmente acuto che solo un altro Diverso avrebbe potuto udire e, infatti, Anita si voltò di scatto verso di lui.


Gufo la fissò con un'espressione torva.
Anita discese dal tetto con un balzo leggiadro, praticamente senza produrre alcun suono.


«Che cazzo stai facendo?» sibilò Gufo, afferrandole il polso sinistro, tanto stretto da farle male. Lei cercò di divincolarsi, ma non ci riuscì.


«Ti ho seguito. E ho fatto bene», berciò lei, con evidente risentimento nella voce rotta.
«Non hai capito niente di quello che hai sentito, Anita», spiegò lui, cercando di mantenere una certa razionalità.


«Ho capito benissimo», asserì lei, fissa nei suoi occhi.


Gufo avvertì la sua paura quando si rese conto che anche i suoi occhi erano mutati. L'odore della paura di Anita era l'unico stupefacente di cui Gufo potesse avere realmente bisogno. L'unica cosa che lo aveva mosso durante il periodo in cui la torturava.


Gufo le afferrò anche l'altro polso e la spinse contro la corteccia ruvida di una sequoia di plastica, posta dietro alle sue spalle. Gli occhi puntati dentro quelli della detective.


L'afrore che produceva la paura di Anita lo inebriò totalmente e non riuscì più a trattenersi. Si avventò sulla bocca di lei, rubandole un bacio violento che gli costò un morso animalesco sul labbro inferiore.


Gufo si rese conto di sanguinare, ma proseguì a baciarla. Lei lottò strenuamente, finché decise di rilassare tutti i muscoli del suo corpo e smettere di resistergli.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro