Capitolo 52 - SeelenFleisch

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Raggiunse la camera trecentoventuno a passi svelti. Prima di entrare si era guardata indietro, per cercare un'ultima volta lo sguardo penetrante di Gufo, ma lui non era già più lì.
Prese un grande respiro ed entrò nella stanza.

C'erano solo due letti, uno dei quali era occupato da una ragazzina di neanche tredici anni. Anita le rivolse un'occhiata preoccupata. Lei non sembrò avere alcun tipo di reazione, limitandosi semplicemente a ignorarla.

Anita andò verso il letto di sinistra, quello libero, e si accasciò su di esso, rilasciando tutto il suo peso. Era davvero esausta.

«Piacere, mi chiamo Anita», sorrise lei, modulando il tono per renderlo più dolce. Si trovava pur sempre di fronte a una bambina.

«Lo so. Ho sentito il tuo odore appena hai messo piede nel castello»

Anita imprecò mentalmente, si era di nuovo scordata dei poteri dei Diversi. Doveva essere la vicinanza di Gufo a darle qualche effetto stordente.

«Comunque io sono Elke, ma puoi chiamarmi El», proseguì la bimba, atona.
Anita le sorrise, amabilmente, ringraziandola di quella confidenza.

«Senti ma come funziona questo posto? Addestramento per cosa?» chiese Anita, trovando la forza per alzarsi dal letto e indossare qualcosa di più comodo. Lungo la parete davanti a loro c'erano due piccoli armadi, che si ergevano ai lati della porta di mogano. Anita setacciò il suo, e ne estrasse una felpa grigia enorme e comoda, e un paio di pantaloni di flanella a righe bianche e blu. Si lanciò un'ennesima occhiata in giro, ma non vide il bagno né un separé dietro cui potersi cambiare.

«C'è il bagno in comune con le ragazze della trecentoventidue, prima porta a destra appena esci», spiegò Elke, ignorando volutamente la domanda posta da Anita qualche secondo prima.

Anita decise di non insistere oltre e si diresse al bagno.
Quando tornò trovo Elke già sommersa da un cumulo informe di coperte. Produceva un lieve russare, palesemente finto.

Anita comprese che la ragazzina non avesse voglia di conversare oltre con lei, e crollò addormentata non appena toccò il materasso.

Le sei del mattino arrivarono in un attimo. Un feroce squillo di trombe fece crollare Anita giù dal letto. Si volse verso il letto di Elke, e non si stupì minimamente del fatto che non si trovasse più lì.

Cercò di prepararsi nel minor tempo possibile, indossando una mimetica nera e degli anfibi, ma aveva già accumulato quindici minuti di ritardo. Sperò che Gufo fosse comprensivo vista la giornata che aveva vissuto il giorno prima.

Il binomio Gufo e comprensivo nella stessa frase la fece scoppiare a ridere da sola, mentre scendeva le scalinate che portavano all'atrio.

La sala era gremita di gente, di tutte le età e di tutti i tipi. Anita non ricordava di aver mai visto tutta quella folla di persone. La desertica Meshert non era mai stata così tanto popolata.

Non appena comparve in cima alle scale la maggior parte dei Diversi si voltò a fissarla. Un moto di vergogna la costrinse a voltarsi indietro, pronta a scappare.

«Buongiorno cadetto, pensa di riuscire a concederci il piacere della sua compagnia entro mezzogiorno? Avremmo da fare, qui», borbottò Gufo, costringendola a voltarsi di nuovo.

Finalmente riuscì a dare un senso a quella moltitudine fitta di persone. Erano divisi in sei file diverse, tutte che facevano capo a un addestratore. Ovviamente vide Gufo farle segno di raggiungerlo nella sua fila.

Anita riconobbe Sigrid, che la fissava come fosse stata un insetto. C'era anche il tizio enorme, che sembrava essere l'unico gentile.

Anita raggiunse la fila di Gufo, e si fermò all'ultimo posto. Ogni addestratore aveva dieci cadetti, ma non seppe individuare il criterio secondo il quale erano stati divisi.

Anita intercettò lo sguardo di Elke, nella fila di Sigrid, ma la ragazzina non la degnò neanche di un saluto.

Sono un asso nel fare amicizia, pensò Anita, per poi tornare a prestare attenzione ai sei addestratori.

Uno di loro, il più anziano, si collocò al centro della sala e parlò con un tono di voce contenuto. Era una fortuna che non si fosse posizionato molto lontano da lei, visto che le sue orecchie non erano ancora abituate a udire un solo uomo, che parlava con un tono di voce normale, senza farsi distrarre dal brusio di sottofondo. Gli altri Diversi presenti non sembravano avere problemi.

«Finalmente ci siamo tutti. Ieri ci sono stati dei nuovi ingressi, quindi mi presento. Mi chiamo Decker e sono il Capitano degli Addestratori».

L'uomo indossava una divisa totalmente bardata di paracolpi in pelle imbottita nera, una tracolla ricolma di munizioni e un fucile a pompa che gli penzolava da dietro la schiena. Una evidente cicatrice gli tagliava l'occhio destro per lungo, arrivando fino alla base del collo, e proseguiva fino a sotto la giacca mimetica.

«I gruppi sono divisi in Principianti, Intermedi I e II, Avanzati, Professionisti e Killer», proseguì Decker, muovendosi in modo circolare per cercare di guardare tutti negli occhi.

«I principianti dovranno seguire Devon», disse indicando Gufo, con un gesto stanco della mano. «Gli Intermedi rispettivamente di Primo e Secondo Livello con Annabelle e Eward»

Decker lanciò uno sguardo alla ragazza in piedi accanto a Gufo, capelli rosa su un corpo tonico, e sull'uomo accanto a lei, che sembrava un ragazzino scappato dalle scuole primarie.

«Gli Avanzati con Sigrid»

Finalmente qualcuno che aveva già conosciuto, si disse. Quindi Elke era già una Diversa Avanzata? Anita si stupì che fosse così giovane, eppure così tanto brava.

«I Professionisti saranno con Gunther, e i Killer, ovviamente, con me», concluse, indicando prima il gigante gentile e poi sé stesso.

Anita si preoccupò non poco della nomenclatura 'killer' riferita a un Diverso, e alcuni flash dell'ultimo cadavere trovato a Meshert le attraversarono il cervello.

Doveva tornare immediatamente indietro e comunicare a River e Rottemberg che Gufo non era coinvolto, e che...

«Forza!» urlò Gufo, facendo segno a lei, e i suoi nove compagni, di uscire da SeelenFleisch e dirigersi al campo di addestramento.



Adam Freideich accolse River nel suo ufficio, senza dargli troppa attenzione.

Anche River non sembrava trovarsi troppo a suo agio a Nikosia, ma lo psichiatra non glielo fece notare.

Lo sguardo di River era rimasto puntato su una delle sue statuette raffiguranti personaggi dei cartoni.

«Mi piacciono», commentò il poliziotto, con un sorriso.

«Piacciono a tutti»

«Anita mi ha detto che avrebbe dovuto consegnarle una lettera, oggi. L'ho portata io al suo posto».

Adam annuì, afferrando la lettera non appena River gliela porse.

«Che è successo ad Anita?» chiese, interessato.

River ponderò per una frazione di secondo, certo che mentire fosse la soluzione migliore in quel momento di sospensione.

«Si è sentita poco bene questa notte», asserì River, pacato. «Ma sa... era così entusiasta di questo percorso con lei, che non riusciva ad aspettare»

Adam si rigirò la lettera nelle mani, stiracchiando un piccolo sorriso.

«Allora spero si riprenda presto. Me la saluti»

«Senz'altro. Finché lei non si riprende può contattare me... quando avrà una risposta».

Adam annuì ancora.

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