Capitolo 2.

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Si chiama Gaetano Chieti, è nato l'8 maggio del 2018 presso l'ospedale Santa Maria della Misericordia, che da dove abito io vuol dire mezz'ora a piedi.

Da quando è nato sono tornata ogni giorno lì dentro, ma nessuno sembrerebbe ricordarsi di quel bimbo. Ho chiesto a ogni singola persona, dai netturbini ai capi reparti, e mi hanno detto che quel bimbo non è mai stato concepito lì. Sono andata all'anagrafe, ma non risulta alcun bambino con quel nome. I genitori affidatari devono averglielo cambiato.

Avrà preso il cognome del padre o della madre adottivi e avranno scelto un altro un altro nome... Accidenti! Devo trovare un modo per riavere quel bimbo tra le mie braccia, non mi arrenderò fin quando non ce l'avrò fatta.

Non appena entro nel parcheggio, un signore della sicurezza mi ferma.

"Signorina, mi scusi... Lei non può stare qui!"

"Mi perdoni, io sono ..."

"So bene chi è lei, per questo le devo impedire di entrare. Questi sono gli ordini che ho ricevuto"

Con gesto teatrale mi fingo stupita.

Apro la borsa, prendo una ricetta medica che mi ha fatto la dottoressa settimana scorsa, e mostrandola inizio a strillare: "E' inammissibile! Come potete permettere che un cittadino comune e a modo, rispettoso della legge, che paga le tasse, lavora onestamente per mantenersi gli studi e che per una volta si reca presso una struttura ospedaliera pubblica non possa entrarvi se ha bisogno di chiarimenti riguardo a una ricetta?! Già il farmacista non ha voluto darmi il farmaco perché non leggeva quello che c'è scritto!" Scoppio a piangere, e la gente si ferma a guardare. Qualcuno filma anche, e la guardia si appresta ad allontanarlo, mentre io ne approfitto per entrare.

Salgo più in fretta che posso sulla prima rampa di scale ed entro nel primo ufficio che trovo libero, sentendo dietro di me dei passi.

Quando apro gli occhi mi ritrovo un dottore che mi guarda perplesso e un ragazzino con una madre che mi guardano sconvolti. Non è un ufficio!

"Chiedo scusa... Sono stata spinta, io... Esco subito!" Corro via di nuovo, gettandomi in una folla che sta aspettando il numerino per accedere agli sportelli dell'accettazione in qualche reparto. Da lì mi guardo intorno in cerca di una cartina che illustri la planimetria dell'ospedale. La trovo alla fine del corridoio.

Mi dirigo a passo svelto verso essa e faccio una foto, poi cammino cercando una toilette ed entro.

Studio la cartina attentamente, e scopro di essere entrata dall'ala ovest. Dovevo entrare da quella a sud!

Non fa nulla, niente panico. Ci metterò soltanto un po' più del previsto.

Esco ed entro in uno stanzino dopo averne forzato la serratura, prendo un camice, una cuffietta e una mascherina ed esco. Cammino poi tra le corsie e giungo a destinazione.

Ci vuole la scannerizzazione! Ma scherziamo?

Colgo un signore che sta sistemando delle cose.

"Mi scusi... Sono nuova, questa è la seconda settimana, ma ho scordato il mio pass nell'auto... Per caso potrebbe aiutarmi lei?"

Lui mi squadra, e dopo qualche secondo in cui ho sudato freddo mi sorride e risponde cordiale: "Ma certo!"

"Oh! Lei è così gentile!" Sorrido dimenticando che non può vedermi.

"Mi perdoni, lei è...?"

Leggo il cartellino attaccato.

"Martina Delhia, e lei?" Sorrido entrando.

"Fernando Serra" Mi sorride indicando il suo cartellino.

"Oh! Mi scusi, non l'avevo notato!" Mento sorridendo. "Beh, buona giornata!" Gli sorrido chiudendo la porta.

Ci siamo.

Mi volto e noto un computer, una scrivania e uno scaffale pieno di cartelle cliniche dietro ad essa, che ha solo un buco libero per un'adorabile pianta di ortensie viola e fucsia. Mi do da fare e cerco nel computer, e smanettando riesco a trovare qualcosa.

Mi mando tutti i dati nella casella di posta elettronica, e quando constato essermi arrivata la mail cancello ogni cosa possa fungere da prova e scappo.

Torno in bagno, mi cambio nuovamente, butto tutto a casaccio nella borsa che chiudo a fatica e mi dileguo a passo svelto, questa volta uscendo dall'ala nord.

Non tiro alcun sospiro di sollievo fino a quando torno a casa, finalmente, una volta e per tutte.

Entro, tolgo le scarpe e vado a farmi una bella doccia calda e rigenerante, e quando esco suonano alla porta. Ottimo!

Mi vesto di corsa e apro. E' Federico!

"Salve!" Sorrido.

"Buongiorno! Scusi il disturbo, la sua amica stamattina mi ha chiesto di portarle questo, ha detto che aveva una certa urgenza. Non ho idea di che cosa si tratti, non mi sono permesso di aprire nulla" Mi porge un sacchetto con dentro un album di fotografie.

"La ringrazio. Se vuole entrare si accomodi pure, stavo per mettere a fare il caffè!" Fingo disinteresse, ma lui mi stronca di netto:

"Grazie infinite, è lei quella molto gentile adesso, ma proprio non posso. La mia ragazza mi aspetta che abbiamo un impegno. Come se avessi accettato. Grazie ancora, arrivederci" Se ne va, lasciandomi come una cretina impalata davanti allo stipite.

Spero che almeno quello che troverò nell'album ne valga la pena.

Chiudo e rientro aprendo il pacchetto: oh, un album di fotografie!

Lo apro.

E' Gaetano!

Sono le foto della sua nascita, dei suoi primi passi...

Alla fine c'è un biglietto con un indirizzo.

via San Francesco, 2 (Monza).

Chiamo Fatima all'istante, che risponde dopo cinque chiamate perse.

"Andiamo..."

"Pronto?"

"Alleluia!" Esclamo. "Che stai facendo? Ah, non importa. Ascolta, dobbiamo andare a Monza"

"Sei impazzita?"

"Me l'hai dato tu l'indirizzo!" Esclamo.

"Di che... Di che cosa parli?!"

"Dell'album di fotografie! E' arrivato Federico..."

"Uhh! Finalmente ci hai parlato allora! Com'è andata?" Mi interrompe.

"Punto numero uno. Preferirei non m'interrompessi" Faccio più seria che posso. "Punto numero due. L'album! Quello con le foto di Gaetano!"

"Ancora con questa storia?! Ho detto basta! E poi l'album ce l'ho io. Ho tutto chiuso nella stanza, lo sai"

Non capisco...

Faccio la foto di quello che mi ha portato il vicino e scuoto il capo dopo avergliela mandata.

"No, aspetta. Vai a controllare"

"Che cosa?"

"Gli album delle fotografie"

"Che mi hai mandato? Aspetta..."

Silenzio.

"Che succede?"

"W-W... No..."

"Ehy! Fatima? Che cos'hai?" Inizio a preoccuparmi.

"Walter. E' morto"

Ho un tuffo al cuore.

"Aspetta Fati, non lo puoi dire..."

"Avevamo un accordo. Non avrebbe mai smesso di cercare il piccolo, e non mi avrebbe mai restituito quell'album a meno che non fosse sul punto di morte, come io avrei fatto con lui. Dov'è adesso?"

"Io non lo so!" Alzo le spalle. "E' arrivato il vicino con un album, ha detto che gli era stato detto di consegnarmelo e poi se n'è andato! Ho cercato di trattenerlo, ma ha pensato ci stessi provando con lui e si è dileguato!" Racconto.

"Per favore, parlaci. Anzi, parliamoci. Il prima possibile" Sentenzia.

"Va bene" Acconsento.

"Ti devo la vita"

"Non dirlo nemmeno per scherzo, per le amiche questo ed altro. Ti ho promesso che l'avrei ritrovato. Beh, adesso so che ci sei anche tu. Fino alla fine"

"Fino alla fine" Sussurra prima di chiudere, ed io vado diretta dal mio inquilino

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