24. Tutta la verità - Parte 1

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

Luana era rimasta immobile, seduta sul letto con le mani in grembo, il viso raggelato a tal punto da sembrare quello di una statua di cera.

"È meglio che tu stia lontana da me."

Non poteva aver davvero udito quelle parole fuoriuscire dalla bocca del suo protetto, non avevano alcun senso! Perché avrebbe dovuto stargli lontana? Oltre che impossibile sarebbe stato anche controproducente, considerando che era la sua protettrice e dovevano collaborare per salvare Pai e Taruto.

- E con questo che cosa vorresti dire? - gli domandò con voce tesa, sperando con tutta se stessa di aver travisato il significato di quelle parole.

Tuttavia, la cupa rassegnazione che lesse nello sguardo dell'alieno in quel momento, le fece capire che no, con ogni probabilità non aveva affatto frainteso.

E se anche avesse conservato una minima speranza di essere smentita, la risposta che seguì la mandò in frantumi. - Non è sicuro per te, affezionarti troppo a uno come me. Mi dispiace di averlo capito troppo tardi ma... qualunque cosa ci sia stata tra noi, è meglio finirla qui.

Nell'udire quella straziante e inspiegabile conferma, il suo corpo scattò all'indietro, come se quella frase avesse avuto il potere di ferirla anche nel fisico, oltre che nell'animo.

Non poté evitare di sgranare gli occhi, colta alla sprovvista dalla piega che aveva preso la conversazione.

Per qualche istante la sua mente si agitò sgomenta, come un topo in trappola che cerchi di uscire da una gabbia che si fa sempre più stretta, finché i suoi occhi non incontrarono ancora una volta quelli del suo protetto, scoprendoli colmi di un dolore e di uno smarrimento se possibile ancora più profondi dei suoi.

Il suo cuore, che fino a un attimo prima le stava strepitando nel petto, riprese a battere a un ritmo più controllato, non appena capì che Kisshu non stava parlando spinto da sincera convinzione, ma solo dalla paura.

- Perché mi stai dicendo questo? - gli chiese ancora, non appena fu sicura di aver ritrovato il controllo della propria voce. - Perché dovrei proteggermi da te? Sono una guerriera addestrata e ho anche capacità aliene, ho affrontato battaglie e superato ostacoli senza arrendermi mai. Davvero mi credi così fragile?

Kisshu, nell'udire quelle domande, socchiuse gli occhi, con un sorriso, se possibile, ancora più triste del precedente a incurvargli le labbra.

Non sembrava affatto sorpreso, bensì rassegnato, come se avesse sempre saputo che la giovane prima o poi gli avrebbe rivolto quelle osservazioni. - Io ho la straordinaria capacità di corrompere e distruggere qualunque cosa ho attorno, soprattutto le persone importanti per me. Non importa se sarà il tuo corpo oppure la tua mente a soccombere, prima o poi ti capiterà qualcosa di brutto.

- Francamente, a me queste sembrano solo stupide superstizioni. Superstizioni dettate dal fatto che hai parlato con Kevin, hai appena avuto un incubo e ti sei svegliato sconvolto.

Nonostante le parole lapidarie e logiche pronunciate dalla Mew alien, il giovane non si riscosse, limitandosi a lanciarle uno sguardo di cupo rammarico e a scuotere il capo. - Sapevo che avresti cercato di sminuire la cosa. Ed è per questo che ho deciso di mostrarti cosa sono davvero.

La giovane non poté fare altro che rimanere a fissarlo sgomenta, mentre quest'ultimo si alzava dal letto, avvicinandosi a lei con apparente calma fino a torreggiarle di fronte. Solo quando le si sedette accanto e le porse la mano, Luana si rese conto che la sua indifferenza era solo una facciata e che in realtà il giovane stava tremando come una foglia.

Il petto le si contrasse in modo doloroso nel vederlo così scosso. - Kisshu... - tentò di dissuaderlo dal portare avanti quella follia, ma quest'ultimo la interruppe ancora una volta con un brusco cenno del capo.

- Per favore... - la supplicò in un sussurro incerto, mentre la mano che le porgeva prendeva a tremare in modo più vistoso. - prendi la mia mano, prima che mi manchi il coraggio.

Anche le sue labbra, fino a pochi istanti prima tese in un sorriso, avevano preso a tremare, e quando la Mew alien sollevò il capo fino a specchiarsi nei suoi occhi dorati, si stupì nel trovarli umidi di lacrime.

Quello, più di qualunque altra cosa, la fece capitolare. Non lo aveva mai visto con quell'espressione di intenso tormento a sfigurargli il volto e, soprattutto, non l'aveva mai visto piangere. Qualunque cosa si stesse sforzando di farle vedere, doveva avergli causato una ferita così dolorosa e profonda da segnare la sua intera vita.

A quel punto, suo malgrado, Luana sentì di non potersi sottrarre a quell'accorata richiesta, sebbene l'alieno le stesse porgendo la mano per i motivi sbagliati.

Ricacciando indietro le lacrime che a loro volta le erano affiorate agli occhi, allungò con titubanza la sua mano calda fino a incontrare quella gelida e tremante di lui, pronta a entrare nei meandri della sua mente.

Come era accaduto quando Kisshu aveva attinto ai suoi poteri per recuperare le manette necessarie all'interrogatorio di Kevin, la giovane si sentì precipitare in avanti, mentre una quantità spropositata di suoni e pensieri le si susseguivano in testa, minacciando di sopraffarla.

Poi, come un'onda che dopo essersi abbattuta con violenza sulla spiaggia si ritira silenziosamente nel mare, i rumori diminuirono fino a diventare un brusio di fondo, e le immagini si stabilizzarono su una scena specifica.

Luana batté le palpebre, sforzandosi di mettere a fuoco la stanza che si stava delineando con sempre maggior chiarezza attorno a lei: un enorme salone dalle spoglie e anonime pareti bianche, al centro del quale si estendeva una lunga fila di individui dalle vistose orecchie a punta.

Parevano piuttosto pallidi e provati e indossavano tutti una lunga tunica color crema, che vestiva troppo grande per la maggior parte di loro.

Un ulteriore aspetto che li accumunava, oltre agli occhi e ai capelli dai colori insoliti, era l'espressione di cupa rassegnazione dipinta sui loro volti, che li faceva apparire più simili a degli automi, piuttosto che a degli esseri viventi.

"Questo era il refettorio."

Sobbalzò stupita, avvertendo la voce di Kisshu nella sua testa: fino a quel momento non si era resa conto della sua presenza.

"Una specie di mensa?" si informò, voltandosi per cercarlo con lo sguardo, e individuando la sua immagine mentale a pochi passi da lei.

Quest'ultimo appariva più calmo rispetto a pochi attimi prima, e nell'udire quella domanda annuì, facendole cenno di avvicinarsi alla fila di individui. "È il posto dove le persone troppo povere per comprare del cibo vengono a richiedere il loro pasto giornaliero." Le spiegò, indicandole i due alieni che stavano distribuendo una poltiglia dall'aspetto poco invitante, qualche metro più in là. "E quella donna, che sta accettando la sua razione giornaliera, è mia madre."

La Mew alien avvertì un brivido di ansiosa aspettativa percorrerle la schiena, non appena quel pensiero raggiunse la sua mente e, senza riuscire a farne a meno, si ritrovò ad avvicinarsi alla figura per osservarne ogni più piccolo particolare.

Quest'ultima, come tutti i suoi compagni, appariva piuttosto pallida e sciupata, nonostante la giovane età che traspariva dal suo volto. Osservando i suoi occhi color ghiaccio, i lucenti capelli dalle singolari sfumature verde scuro e i tratti del viso delicati risparmiati dai segni del tempo, Luana ipotizzò che non dovesse essere molto più matura di lei all'epoca in cui si erano svolti i fatti.

"Credo avesse circa vent'anni, almeno secondo i canoni umani."

Si ritrovò ad arrossire non appena l'alieno dagli occhi dorati rispose alla sua domanda inespressa. Quando aveva iniziato a seguire quel filo di pensieri, non aveva affatto considerato che Kisshu avrebbe potuto sentire quello che stava pensando. Col senno di poi era ovvio, dato che si trovava all'interno di un suo ricordo e riuscivano a conversare in modo telepatico.

"Come si chiamava?" volle sapere ancora, senza riuscire a trattenere la curiosità. Aveva sempre desiderato conoscere meglio il passato dei suoi compagni di squadra, in particolare del proprio protetto, che si era sempre dimostrato molto chiuso sull'argomento. E adesso che si trovava lì, sul pianeta in cui anche suo padre aveva vissuto, sentiva di avere così tante domande da porre che era difficile capire da quale fosse meglio iniziare.

"Neahri" stavolta i pensieri di Kisshu sfiorarono appena la sua coscienza, come se gli risultasse doloroso anche solo rievocare quel nome.

Luana osservò la donna accettare con sguardo afflitto due ciotole di quella strana poltiglia, per poi staccarsi dalla fila di persone e dirigersi verso uno degli ampi tavoli rotondi, disposti ai lati del refettorio.

Solo in quel momento la giovane si rese conto che accanto a Neahri, con una mano a stringergli un lembo della veste, quasi a volersi nascondere tra quei lembi di stoffa, stava trotterellando la figura minuta di un bambino.

Sebbene i suoi tratti risultassero addolciti dalla morbidezza e rotondità tipica dell'infanzia, riconobbe all'istante lo scintillio dorato dei suoi occhi, così come la singolare tonalità verde scuro dei capelli.

Quello era Kisshu! Ed era così piccolo, non doveva avere più di sei anni!

Mentre si avvicinava ai due, fu costretta a mordersi il labbro per trattenere un versetto di tenerezza, nel vederlo faticare per sedersi sulla propria sedia e rischiare di rovesciarsi la zuppa addosso: era già abbastanza imbarazzante che la versione cresciuta del suo protetto potesse capire quello che stava pensando, non voleva perdere del tutto il contegno trasformandosi in una di quelle vecchie zie che vanno in visibilio davanti ai bambini.

- Mamma, perché dobbiamo mangiare questa robaccia? Non possiamo pranzare a casa nostra con papà, come facevamo prima? - Si stava lamentando il piccolo.

La madre gli rivolse uno sguardo indulgente, dietro cui tuttavia, si poteva percepire con chiarezza quanto quella situazione la rendesse infelice. - Te l'ho già spiegato, Kisshu. È più sicuro così. Con i terremoti che ci sono stati non possiamo tornare a casa finché non sarà sicura.

- E perché papà non c'è?

- Sta lavorando. Deve dare il massimo per poter pagare le riparazioni.

Il piccolo sollevò gli occhi dal proprio pasto con aria poco convinta: - Ma non è meglio cambiare posto? Qui ci sono sempre terremoti. È inutile riparare la casa se poi ne arriveranno altri.

Neahri si limitò a sospirare, sorbendo con aria mesta un cucchiaino di zuppa.

"Il me dell'epoca non poteva saperlo, ma i terremoti si scatenavano pressocché ovunque sul nostro pianeta e con altissima frequenza. E, in ogni caso, trasferirsi sarebbe costato ancora di più rispetto alle riparazioni, e noi non eravamo una famiglia con molte possibilità economiche." soggiunse la voce del suo compagno di squadra a quel punto, in tono distaccato, come se stesse parlando di una scena di un libro che non era stata di suo gradimento, piuttosto che delle condizioni della propria famiglia.

Tuttavia, Luana intuì che la pesante tristezza che stava provando in quel momento non poteva provenire solo dal suo animo.

Il fatto di non avere ricevuto alcuna risposta dalla madre, nel frattempo, aveva fatto irritare il piccolo Kisshu, che aveva iniziato a borbottare lamentele tra un cucchiaio di zuppa e l'altro. - Odio questo posto, perché dobbiamo stare qui, in mezzo a questa gente, senza papà? Perché lui deve lavorare così tanto? E perché non possiamo più-

- Ora basta, Kisshu! - Lo zittì la madre a quel punto, spazientita, sbattendo il cucchiaio sul tavolo con un sordo tintinnio. - Mi stai facendo venire il mal di testa con queste lagne!

Nel notare che il bambino era ammutolito e la stava osservando con gli occhi sgranati, il suo tono si addolcì - Anche io non sono contenta della situazione e vorrei stare con papà, ma lamentarsi non sistemerà le cose. Dobbiamo avere pazienza e cercare di aiutare come possiamo. - spiegò, allungandosi per accarezzargli affettuosamente il capo. - Ci inventeremo qualcosa, e in men che non si dica saremo di nuovo tutti a casa insieme. Va bene, fagiolino?

Il piccolo parve soppesare per qualche istante quelle parole, per poi annuire con fare convinto e riprendere a mangiare come se nulla fosse successo.

Pochi istanti dopo, la scena cambiò e la Mew alien si ritrovò in un ampio salone semicircolare che pareva essere stato ricavato direttamente dalla nuda roccia, a fissare un gruppo di bambini che si stavano esercitando nel combattimento con dei piccoli pugnali.

Non riuscì a reprimere un brivido di angoscia, nel rendersi conto che, nonostante la giovanissima età, le armi con cui si stavano allenando erano vere e potevano ferire in modo grave chiunque avesse avuto la peggio in uno scontro.

I suoi compagni di squadra le avevano raccontato di come ognuno di loro fosse stato addestrato fin da piccolo per diventare un guerriero spietato e di come la loro società si basasse su questo, dato che solo chi riusciva a superare l'addestramento e a diventare un guerriero a tutti gli effetti poteva avere speranza di fare carriera e di evitarsi una vita di stenti, ma vederlo con i propri occhi la sconvolse comunque.

"Dopo quello che mi aveva detto mia madre, mi sono impegnato al massimo per riuscire a spiccare rispetto agli altri."

A quelle parole, il ricordo si concentrò su un gruppetto di tre bambini che se le stavano dando di santa ragione. Uno di loro, che Luana conosceva fin troppo bene, stava avendo la peggio in modo evidente, ma nonostante ciò continuava a rialzarsi e a menare fendenti a destra e a manca come una furia.

- Non vale vincere due contro uno! Affrontatemi uno alla volta, se ne avete il coraggio, pappemolli!

"Wow, di sicuro avevi fegato." Si ritrovò ad ammettere la giovane, osservando la scena con gli occhi sgranati.

"Non era fegato, era disperazione. Sapevo che se avessero continuato a picchiarmi in due avrei perso, così ho cercato di colpirli sull'orgoglio. Per fortuna sono stati abbastanza stupidi da cascarci."

A conferma di quelle parole, uno degli avversari, un fanciullo ben piazzato dai corti capelli biondo platino e gli occhi verde smeraldo, esclamò: - Ti faccio vedere io chi è il pappamolle! - facendo segno al suo compagno di scorribande di stare indietro e lasciare fare a lui.

Quest'ultimo, che sembrava più giovane rispetto agli altri due, e meno bellicoso, non se lo fece ripetere due volte, indietreggiando di qualche passo e lasciando campo libero per la baruffa.

Come prevedibile, in uno scontro uno contro uno, la situazione si riequilibrò: Kisshu era minuto e gracile rispetto al suo avversario, ma aveva dalla sua l'agilità e un'abilità notevole con il pugnale. Dopo aver schivato senza problemi tutti i colpi sferrati in sua direzione, attese un passo falso dell'avversario, per sgusciare alle sue spalle e puntargli il pugnale alla gola, premendo fino a fargli stillare una goccia di sangue.

- Hai perso, mi spiace.

Contro ogni previsione, quest'ultimo non sembrò prenderla troppo male, limitandosi a mormorare, in un tono a metà tra l'incredulo e l'estasiato: - Ma come hai fatto? Devi spiegarmi questa mossa!

Kisshu fece spallucce, scostando la lama dal collo del rivale e sedendosi a terra per riprendere fiato. - Non lo so, l'ho fatto e basta.

- Non ti sarai mica procurato uno di quei minerali, vero? - soggiunse l'altro bambino, fino a quel momento rimasto in disparte, scostandosi i capelli viola chiaro dal volto per poter puntare il suo sguardo indagatore verso quello dell'avversario senza perdersi alcun particolare.

L'espressione vacua che l'alieno dagli occhi dorati assunse in quell'istante, fece intuire alla ragazza che in realtà quest'ultimo non avesse la minima idea riguardo a cosa i suoi compagni stessero alludendo. - Minerali? Che minerali? - lo sentì chiedere, infatti, confuso.

Il bambino dai capelli biondi, prendendo atto della sua totale estraneità ai fatti, si fece avanti con fare cospiratorio fingendo di osservare la sua arma per sussurrargli all'orecchio: - Ne stanno parlando tutti nella mia sezione. Sembra che i terremoti che ci sono stati abbiano fatto spostare le pietre in una delle grotte qui vicino, e che dietro quei sassi ci fossero dei cristalli miracolosi, in grado di rendere più forti. Pensa quanto sarebbe facile diventare dei guerrieri strepitosi, con quelli!

- Io, invece, ho sentito dire che, proprio per quello che riescono a fare, i generali vorrebbero poterli usare e sarebbero disposti a pagare un prezzo altissimo a chi glieli porterà. - soggiunse l'altro, a quel punto, altrettanto infervorato.

Kisshu rimase a guardarli con un sopracciglio sollevato. - Ma la grotta non rischia di crollare?

- Beh se non fosse pericoloso, i generali non pagherebbero così tanto, no? È proprio perché è pericoloso che nessuno è ancora riuscito a prenderli.

Il bambino più grande a quel punto si lasciò sfuggire un sospiro sognante. - A me piacerebbe tantissimo trovarne uno! Tutti i miei problemi sparirebbero e diventerei ricco.

Nell'udire la parola "ricco", lo sguardo dell'alieno dai capelli verdi si fece più interessato.

Con ogni probabilità, stava pensando che non gli sarebbe affatto dispiaciuto non dover più mangiare nel refettorio comune e poter tornare a vivere nella propria casa come gli altri suoi compagni.

La Mew alien poteva già vedere l'ombra di un piano folle e probabilmente pericoloso delinearsi nei suoi occhi e si ritrovò a sperare che non lo mettesse in atto.

"Mi piacerebbe poterti dire che non l'ho fatto... vorrei non averlo fatto." Le confermò Kisshu, i pensieri colmi di rimorso e rimpianto. "All'inizio non ho dato molto peso alla cosa, ma poi le voci hanno cominciato a farsi sempre più insistenti: sembrava che qualcosa in quella grotta ci fosse davvero! In più, la situazione economica della mia famiglia non stava migliorando e ogni volta che vedevo mio padre sembrava sempre più stremato."

Ad accompagnare la sua spiegazione, presto apparvero le immagini di un uomo dal volto cereo e scavato, con i capelli castano chiaro impiastricciati da un misto di sudore e terriccio.

"Lui come si chiamava, invece?" domandò la Mew alien, osservando con attenzione gli occhi color oro di quest'ultimo e scoprendoli incavati e cerchiati da profonde occhiaie, con ogni probabilità a causa degli estenuanti turni di lavoro a cui era costretto.

"Dekhran" le rispose il suo compagno di squadra, senza distogliere l'attenzione dalla scena che si stava delineando davanti a loro.

La giovane si ripeté quel nome nella mente, continuando a esaminare la sua figura incurvata: anche lui pareva piuttosto giovane, ma la stanchezza lo faceva apparire simile a una persona di mezza età.

- Mi fa piacere che tu ce la stia mettendo tutta per aiutarci, Kisshu, ma quelle pietre sono solo una leggenda. - lo sentì redarguire il figlio con tono deciso, nonostante fosse esausto.

- Se sono solo una leggenda, perché tutti ne parlano?

- Alla gente piace credere alle favole, perché danno speranza. Ma questo non vuol dire che siano vere.

Posto di fronte all'ennesima risposta cinica del padre, Kisshu sospirò, rivolgendogli uno sguardo implorante. - Quindi non vuoi nemmeno provare a entrare in quella grotta? Ho raccolto informazioni, sai? E ho scoperto qual è! Lì i terremoti non ci sono più da qualche settimana, dovrebbe essere sicuro-

- Kisshu, non insistere. - Dekhran smontò il suo entusiasmo con quelle tre semplici parole, in tono che non ammetteva repliche. - Non ho intenzione di mettere piede in quella grotta, discorso chiuso.

- Ma-

La nuova protesta che il bambino stava per pronunciare fu zittita con uno sguardo di ghiaccio da parte dell'uomo. - Ho detto, discorso chiuso! - sibilò, per poi alzarsi di scatto dalla sedia e allontanarsi, lasciando il figlio solo con la propria frustrazione.

- Volevo solo aiutarti! Ma se vuoi continuare a lavorare come un matto, anziché ascoltarmi, fai come vuoi! - Luana osservò il piccolo Kisshu sfogare la sua rabbia contro il muro, con un senso di preoccupazione crescente ad attanagliargli l'animo.

Iniziava a intuire dove sarebbe andata a parare quella storia, e quella consapevolezza fu sufficiente a scatenarle un senso di malessere e disagio alla bocca dello stomaco. "Ci sei andato, vero?"

Il Kisshu del presente si limitò ad annuire senza proferire parola, gli occhi colmi di rimorso puntati verso il pavimento.

Le immagini si fecero per un attimo più rapide e scomposte, mostrandole un gruppo di coetanei che si accanivano su di lui chiamandolo "pezzente" e cercando di colpirlo con delle pietre, per poi saltare avanti nel tempo a una versione di lui ricoperto di tagli e lividi dalla testa ai piedi, che decideva di organizzarsi in segreto per esplorare la grotta.

"Credevo di non avere scelta. Che fosse l'unico modo per tornare ad avere una vita felice. Ma ho sbagliato tutto."

La sua mente si stabilizzò su un'immagine precisa, mostrando un Kisshu bambino che, a notte fonda, fuggiva dal proprio giaciglio per poi inoltrarsi da solo in quell'anfratto angusto e tenebroso. Osservandolo tastare le pareti umide per orientarsi, con solo una piccola lampadina a basso consumo a mostrargli la via, la Mew alien si trovò a rabbrividire, sgomenta: ricordava quella grotta, era senza dubbio quella che infestava gli incubi del suo protetto, quella dove, grazie al sigillo, si era ritrovata anche lei in più di un'occasione.

Fece per voltarsi verso di lui, solo per rendersi conto che la sua immagine mentale era scomparsa, lasciandola sola nel buio.

"Kisshu?" provò a contattarlo, angosciata dal fatto che fosse sparito. Tuttavia, l'unica risposta che ottenne fu un'ondata di dolore straziante che la travolse come lava incandescente.

Inquietata dalla cosa, continuò a invocare il suo nome per parecchi istanti, finché non rischiò di perdere di vista il bambino nel buio. A quel punto, conscia di non poter far altro, si rassegnò a proseguire, cercando di stare più vicina possibile al Kisshu del passato, per riuscire ad approfittare della sua fonte di luce.

L'esplorazione proseguì per un tempo che Luana non riuscì a definire: era difficile dare un senso al passare dei minuti e delle ore, all'interno di un ricordo. L'unica cosa di cui poteva essere certa era di aver passato gran parte del tempo a cercare di mettersi in contatto con il suo protetto, senza alcun risultato.

L'altra cosa certa fu che, a un certo punto, a invocare il nome di Kisshu si aggiunsero due voci, stavolta piuttosto reali e autoritarie, che fecero sobbalzare il bambino, inducendolo a guardarsi attorno con occhi sgranati, indeciso sul da farsi.

- Kisshu, dove sei?

- Torna indietro, è pericoloso qui!

Subito dopo il ricordo tornò a farsi impreciso e frammentario, come se il legittimo proprietario faticasse a rimetterne insieme i pezzi, a causa del carico emotivo che quelle memorie portavano con loro.

Vide i genitori del piccolo alieno raggiungerlo e abbracciarlo spaventati, intimandogli di tornare subito a casa insieme, percepì la vibrazione del terreno crescere e non poté far altro che rimanere a guardare impotente mentre le pareti della grotta iniziavano a tremare, percorse da una violenta scossa di terremoto.

Osservò con orrore Dekhran spingere il figlio lontano con i propri poteri, mentre un'intera sezione del cunicolo collassava su se stessa, seppellendoli vivi.

Vide il bambino riaversi qualche minuto dopo e cercare senza successo di scavare tra le macerie per raggiungere i genitori, invocando il loro nome con la voce spezzata dai singhiozzi.

Avvertì i propri occhi pizzicare e, pur non avendo controllo del proprio corpo, capì di avere iniziato a piangere a propria volta, soverchiata da ondate di rimorso e tristezza così devastanti che per un'istante non riuscì più a comprendere chi fosse a soffrire, se lei o Kisshu.

Forse stavano provando entrambi quei sentimenti, per questo risultavano tanto intensi.

*********************

E rieccoci qui con un altro capitolo molto allegro. Finiranno mai i capitoli strazianti?

Forse si è capito che mi piace spremere ogni singolo grammo di dolore dai personaggi?

Ebbene sì, è vero.
E questa scena in particolare ce l'ho in mente da quanto ho iniziato a scrivere la storia, quindi pensate da quanto me la sto tenendo in caldo!

Ci tengo a precisare che il flash-back è tutto frutto della mia mente malata. Non so se sia qualcosa di cui andare fieri oppure di cui preoccuparsi, ma è così. L'autrice purtroppo non ha specificato nulla del passato degli alieni. Nell'anime si vedono giusto due immagini di un posto devastato da terremoti e eventi climatici estremi e basta. Fine delle informazioni.

Il lato positivo è che questa vaghezza mi ha lasciato molto spazio di manovra per immaginare che cosa fosse successo a Kisshu da bambino, così come i luoghi della sua infanzia.
Spero che quello che ho immaginato sia risultato credibile e coinvolgente.

Tengo particolarmente a questa scena e a questo capitolo, quindi se qualcosa non dovesse convincervi e doveste notare imperfezioni o errori, fatemelo pure notare senza problemi.

Ci vediamo tra qualche giorno con la parte 2. Come reagirà Luana, adesso che Kisshu le ha finalmente svelato il suo segreto più terribile?

Lo scopriremo nella prossima puntata!

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro