4. Il sacrificio

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Come previsto, Luana dovette allenarsi molto duramente durante l'estate. Gli alieni parevano decisi a sfruttare al massimo tutte le sue capacità e la richiamavano alla base almeno due volte al giorno per sottoporla a estenuanti esercizi, allo scopo di aumentare la sua forza fisica.

In breve tempo, la ragazza era riuscita ad adattarsi alla frenesia della sua nuova vita e a inventare scuse sempre più plausibili quando doveva assentarsi da casa.

I suoi genitori, nonostante le iniziali proteste, si erano ben presto resi conto che le numerose uscite con i suoi fantomatici "nuovi amici" l'avevano resa più docile e ubbidiente di quanto non fosse mai stata, perciò avevano smesso di fare domande, lasciandola libera di entrare ed uscire da casa come desiderava.

Di solito, con Kisshu si occupava delle lotte, affrontando combattimenti su terreni difficoltosi, ad esempio in montagne disabitate o, addirittura, in acqua. Grazie a questo lavoro di squadra erano stati in grado di dimenticare la loro reciproca antipatia e a impegnarsi attivamente per il raggiungimento di uno scopo comune. A volte, capitava perfino che l'alieno decidesse di sospendere l'allenamento per spiegarle alcuni principi fondamentali del suo pianeta, ai quali Luana si dimostrava molto interessata.

Taruto, invece, aveva il compito di sottoporla a esercizi di ginnastica artistica e ritmica per aumentare la sua rapidità e velocità. Inutile dire che, inizialmente, aveva dovuto faticare parecchio per riuscire a tenere il passo con l'allenamento: il suo corpo era naturalmente più portato per gli sforzi muscolari, piuttosto che per saltelli leggiadri e rapide contorsioni; i primi giorni rimediò un sacco di strappi ai legamenti dovuti alle articolazioni troppo rigide. Fortunatamente, il piccolo alieno, nonostante la sua giovane età, era paziente e simpatico. Riusciva a farla sentire a proprio agio solamente con un sorriso. In breve tempo, anche il loro rapporto sembrò solidificarsi, fino a raggiungere un'intesa simile a quella tra fratello e sorella.

Con Pai discuteva per lo più delle strategie di combattimento migliori da adottare durante gli scontri contro il gruppo antagonista, nonché delle possibili probabilità di vittoria. La giovane provava sempre una lieve sensazione di tensione quando doveva confrontarsi con lui. Al contrario degli altri due fratelli sapeva essere incredibilmente severo, e un solo piccolo errore poteva risvegliare la suocera (come la definiva Kisshu) che era in lui. Quando ciò succedeva, era in grado di perdersi in logorroiche ramanzine che si protraevano anche per lunghe mezz'ore. Nonostante i numerosi timori, Luana non aveva tardato a sfruttare la straordinaria abilità dell'alieno nei calcoli matematici, finendo con il chiedergli molte volte aiuto riguardo allo svolgimento dei suoi compiti delle vacanze di aritmetica. La gratitudine provata in quei momenti era stata in grado di soggiogare perfino la paura.

Tuttavia, tre mesi trascorsero fin troppo velocemente, e la mattina del tredici settembre Luana dovette fare i conti con un evento temuto e inevitabile: il suono della sveglia.

-Tesoro! Svegliati, lo sai che devi andare a scuola!

Si voltò dall'altra parte, emettendo un mugugno indistinto e nascondendo la testa sotto il cuscino. Non aveva nessuna intenzione di risvegliarsi dal suo dolce letargo per recarsi in quel luogo infernale, dove non pulivano nemmeno decentemente le aule. Inoltre, durante le vacanze, non aveva potuto in alcun modo riposare, quindi si sentiva cento volte più spossata rispetto a quando erano terminate le lezioni.
Mentre stava per abbandonarsi nuovamente tra le braccia di Morfeo e rimandare i suoi doveri a un altro giorno, qualcuno la afferrò malamente per i piedi, facendola cadere dal letto.

Si schiantò rumorosamente al suolo, battendo la testa contro un cassetto del comodino. -Mamma, ma sei impazzita?! -esordì con voce lamentosa, massaggiandosi la fronte, che aveva preso a pulsare dolorosamente.

-Sbrigati! Va' in bagno e vestiti!-si limitò a intimarle quella, senza alcuna pietà.

Se avesse potuto anche solo lontanamente immaginare gli interminabili allenamenti che la figlia aveva dovuto sopportare durante quei mesi, probabilmente avrebbe dimostrato un po' più di sensibilità. Purtroppo, a Luana era stato severamente proibito di parlare del suo cambiamento con chicchessia. Kisshu le aveva spiegato che la riuscita della loro missione dipendeva soprattutto dalla segretezza, quindi avrebbe dovuto assolutamente tenere la bocca chiusa.

-Ok, ok, mi alzo! -sospirando di fronte a quell'ingiusto trattamento, la ragazza si diresse svogliatamente verso il bagno, con la camicia del pigiama mezza sbottonata.

Quanto sarebbe andata avanti quella situazione?! Gli alieni non sembravano porsi il problema, ma, sicuramente, non sarebbe riuscita a reggere il ritmo di lavoro impostole ancora per molto! Se avesse dovuto contare solamente sulle sue energie umane sarebbe già crollata da tempo.

Nonostante il suo procedere a rilento, riuscì miracolosamente a raggiungere l'entrata della scuola in perfetto orario. Era solo una sua impressione oppure le sue gambe si muovevano molto più rapidamente rispetto all'anno precedente?

Scrollò le spalle con stizza: evidentemente, si trattava di un'altra capacità che i geni felini avevano deciso di donarle.

Reggendo lo zaino leggero sulle spalle, si fece coraggio e varcò il pesante cancello d'ingresso, iniziando a salire le numerose rampe di scale che la separavano dalla sua classe. Chissà se avevano mantenuto la stessa aula oppure quell'anno era cambiato qualcosa.

Mentre la sua mente si attardava attorno a questi banali pensieri, un coro di voci concitate esplose nelle sue orecchie facendola bloccare, atterrita.
Era vero. Non aveva assolutamente pensato al nuovo problema dei rumori forti. In un ambiente affollato come il suo edificio scolastico le onde sonore si sarebbero moltiplicate nei suoi timpani, rischiando di farla impazzire.

Deglutì, mentre la sua mano iniziava a tremare sul corrimano. Non voleva sopportare tutto questo. Chi poteva essere tanto stupido da volerlo fare? Girò sui tacchi in tutta fretta, decisa a tornare a casa il più rapidamente possibile. Con i suoi genitori avrebbe inventato una scusa, dicendo che si era sentita male; il che non era proprio una bugia.

-Ehi che cosa ci fai lì impalata?! -esordì una sua compagna di classe, Nila, affacciandosi incuriosita dal corridoio e vedendola immobile, con un piede sospeso in aria.

La ragazza fu costretta a cancellare tutti i piani fino a ora architettati, voltandosi quasi con disperazione e riprendendo a salire lentamente. -I-io... -balbettò, cercando di non lasciare trapelare il panico che provava nella voce. Ogni passo le pareva pesante come un macigno, mentre numerosi suoni la raggiungevano nuovamente, dolorosi come un ferro incandescente conficcato nel timpano. -n-niente. Che cos'è tutto questo rumore?

-Oh! Ti sei spaventata per quello? Non ti preoccupare, è semplicemente arrivato un nuovo ragazzo nella nostra classe. È uno sballo! È il ragazzo più figo che io abbia mai visto! Tutte le ragazze lo hanno circondato e gli stanno sbavando attorno. Stavo controllando che non arrivasse la professoressa.

La curiosità rimpiazzò immediatamente qualunque sentimento negativo. -Un nuovo ragazzo? -ripeté, salendo gli ultimi scalini rimasti e affiancando l'amica. Era raro che i giovani di quei luoghi riuscissero a riscuotere un interesse simile in tutte le ragazze. Non che la cosa risvegliasse in lei gli stessi pensieri a sfondo amoroso delle altre, ma poteva sempre dimostrarsi piacevole conoscere persone nuove.

Non appena svoltarono l'angolo, Nila l'afferrò saldamente per un braccio, trascinandola a passo di marcia nella loro aula. Evidentemente, era impaziente quanto le compagne di tornare a venerare il proprio dio. -Eccolo è laggiù! -esclamò, indicando un punto indefinito tra la folla e fiondandosi a tutta velocità verso quella direzione.

Luana si guardò bene dall'imitare il suo esempio e rimase immobile, aguzzando semplicemente la vista per tentare di individuare un volto sconosciuto tra la massa di persone accalcate in un angolo della stanza.

Inutile.

Le sue compagne erano serrate in un cerchio così stretto da impedire a chiunque altro di partecipare al benvenuto. Decise immediatamente di lasciare perdere e attendere l'inizio della lezione, anche perché non trovava motivazioni sufficienti a spingerla verso la folla. Non era certo masochista! In mezzo a tutta quella confusione il suo udito era in pericolo mortale. In più, una persona che riscuoteva un tale successo tra le ragazze doveva essere davvero vanitosa ed irritante.

No. Non voleva trovarsi di fronte a un individuo del genere. Meglio mantenere una saggia distanza di sicurezza.

Voltando spudoratamente le spalle alla nuova attrazione di classe, si precipitò a cercare un posto comodo in cui potersi trasferire. Secondo i suoi calcoli, le ragazze si sarebbero posizionate quasi tutte nella zona centrale, mentre i ragazzi avrebbero occupato le file a destra, più vicine alla porta.

Alla fine scelse uno dei banchi più isolati, in prima fila, completamente a sinistra e accanto a un pilastro di sostegno, in modo da potervicisi nascondere all'occorrenza.

Si abbandonò completamente sulla sedia e nascose la testa tra le braccia, coprendosi le orecchie, che avevano ripreso a fischiare come impazzite, con la manica della felpa.

Tra tutta l'euforia generale, nessuno parve accorgersi di lei, sola e seduta in un angolo, con il capo sprofondato sul banco.

Sospirò. Lì non possedeva i poteri da Mew Mew ad aiutarla nelle relazioni sociali, perciò era tornata ad abbracciare il suo solito anonimato. In quella situazione, tutto ciò che aveva vissuto finora iniziava ad acquistare i contorni di un semplice sogno molto realistico.

Si era immaginata tutto? In realtà Taruto, Kisshu e Pai erano stati solamente il frutto di una mente malata? Per tre lunghi mesi aveva viaggiato con l'immaginazione?

In preda a una strana inquietudine, allungò la mano verso la tasca interna del suo giubbotto. Il peso rassicurante della spilla entrò in contatto con le sue dita facendola sospirare di sollievo. "È tutto vero. Il dolore sordo alle orecchie ne è la dimostrazione... quanto durerà questo supplizio?" Pensò, lanciando un'occhiataccia al gruppo di sospiranti donzelle.

Anche i ragazzi parevano contrariati alla vista di quella scena zuccherosa, e nelle loro espressioni la giovane riusciva già a intravedere uno scintillio d'invidia che avrebbe scombussolato per parecchio tempo le esistenze di tutti. Non potevano tollerare il fatto che fosse sopraggiunto un gallo più bello e potente di loro, l'avrebbero marchiato a vita ed escluso.

Luana ghignò sotto i baffi. Poteva anche essere il ragazzo più bello del mondo, ma non sarebbe riuscito ad evitare la rabbia degli altri polli. Rischiava l'esclusione sociale, o peggio, il linciaggio.

Mentre si crogiolava sadicamente in quell'immagine mentale, cercando disperatamente di ignorare il chiacchiericcio continuo di quel gruppo di galline starnazzanti ancora tutte impegnate nella loro adulazione, la prof, entrata in quel momento dalla porta, riuscì a riportare l'ordine, tuonando -Basta! Andate immediatamente a sedervi!

La confusione, finalmente, si disperse, permettendole di vedere il tanto sospirato nuovo alunno.

Lo esaminò minuziosamente, individuando ogni particolare con i suoi occhi da felino.

In effetti, dovette ammettere che era molto carino. Aveva i capelli corvini, lisci e lucidi, un fisico da atleta e occhi di un verde smeraldo decisamente innaturale. Il suo viso asciutto, dalle guance leggermente incavate, appariva rilassato come se conoscesse tutti da sempre. Tuttavia, nel suo incedere si poteva denotare una certa rigidità, forse dovuta al nervosismo.

Pareva comunque indifferente a tutte le attenzioni riservategli, e il suo sguardo intenso vagava per l'aula come se stesse cercando qualcosa e non riuscisse a trovarlo.

"Strano che non se la goda di fronte a tutte quelle attenzioni."

Quando si mosse per parlare con l'insegnante, si levò un coro di sospiri innamorati.

Luana storse la bocca, decisamente disgustata dall'arrendevolezza delle proprie compagne. Non avevano nemmeno la forza di contrastare i propri ormoni? Anche lei aveva avvertito una leggera fitta allo stomaco quando le era passato davanti, ma non si era messa a rotolare per terra, ansimando come un procione in calore.

Lui non sembrò nemmeno accorgersi dello scompiglio che regnava nell'aula a causa della sua presenza e prese a discutere sommessamente con il docente, il quale appariva incantato quasi quanto i suoi alunni. Quando ebbe finito, si voltò verso la classe e fece un cenno amichevole col capo, dondolando sui talloni con un gesto apparentemente casuale. -Salve... sono Kevin Kisley e sono arrivato qui da Colonia.

Mentre le compagne se ne stavano a bocca spalancata, Luana emerse dalla colonna e alzò lentamente la mano. Non sapeva dire esattamente perché, ma qualcosa in quel giovane le metteva ansia. -Scusa... ma cosa diavolo ci viene a fare uno di Colonia, qui?! -chiese, con un filo d'impertinenza.

Tutti si voltarono verso di lei, sorpresi, come se avessero scoperto solo in quel momento che faceva parte del loro gruppo.

Anche Kevin la guardò e, per la prima volta, le sue labbra sottili si aprirono in un sorriso spontaneo, mostrando una fila di denti bianchi, lucidissimi, alla quale nemmeno Luana riuscì a rimanere del tutto indifferente. -Sono venuto qui per imparare meglio l'italiano. -spiegò, con gentilezza disarmante.

Lei abbassò lo sguardo, pentendosi immediatamente per la propria insolenza. Quel ragazzo non era diverso dagli altri, anche se leggermente più carino e carismatico. Possibile che dovesse dimostrarsi ogni volta sospettosa nei confronti del prossimo? Grazie alla sua frase, si era bruciata per sempre la possibilità di conoscerlo.

-Dato che hai così tanta voglia di fare conoscenza, signorina Bellamy, Kevin si siederà vicino a lei. -intimò la prof, come se le avesse letto nel pensiero.

Lei s'irrigidì, iniziando a mordicchiarsi nervosamente il labbro inferiore. "No, accidenti!" Aveva scelto quel posto appositamente per rimanere sola e non avere nessuna voce strepitante a rovinarle le orecchie, e ora ci si metteva quello stupido bamboccio a rovinare tutto. Decise che non gli avrebbe permesso di sconvolgere il suo equilibrio mentale, chiunque egli fosse.

Lo osservò in cagnesco fischiettare allegramente fino a raggiungerla. Qualcosa nel suo modo di fare era cambiato rispetto a pochi istanti prima, quasi gli fosse successo qualcosa di bello. -Bene, bene! -esordì, soddisfatto, sedendosi -Ciao, come ti chiami?

Lei ignorò completamente la sua domanda, fulminandolo, invece, con uno sguardo a dir poco gelido. -Ho mal di testa. Non mi va di parlare. E comunque te la cavi già benissimo con la nostra lingua, quindi non serve che ti impegni a conversare con me.

Al contrario di ogni aspettativa, lui si mise a ridere, abbandonando la testa all'indietro con un gesto appositamente studiato per addolcirla. -La mia pronuncia è ancora piuttosto brutta, quindi ho bisogno di parlare il più possibile.

-Mi dispiace, ma dovrai rivolgerti ad altre persone.

Continuò a ridere, facendole montare il nervoso. Sembrava quasi che non gli importasse nulla di quello che diceva e pensava. Come se la sua scarsa gentilezza per lui fosse solo uno scherzo molto buffo, a cui non dare particolare peso.

Strinse i pugni. Iniziava già a non sopportarlo.

Mentre la prof dava istruzioni su come svolgere il prossimo disegno di educazione tecnica, Luana affondò la testa nella cartella, cercando l'occorrente necessario e un foglio pulito. Lo stese con cura sulla superficie liscia del banco e bloccò i quattro lati con dello scotch, stando bene attenta a non incontrare in alcun modo lo sguardo del suo vicino di banco; aveva intenzione di fare finta che non esistesse, evitandosi in quel modo un sacco di problemi.

Nonostante la freddezza da lei dimostrata, Kevin pareva del tutto restio a dargliela vinta e continuava a tentare di comunicare mediante sorrisi abbaglianti e strizzatine d'occhio.

Fu solo con un enorme sforzo di volontà che la ragazza si trattenne dal mandarlo a quel paese, chiedendogli se poteva cambiare banco.

Come se non bastasse, trascorse l'ora a litigare con il compasso cercando di decifrare inutilmente la lingua "araba", come amava spesso definirla, parlata dalla prof.

La precisione non era mai stata il suo forte, spesso impiegava parecchi minuti solamente per tracciare una riga diritta, finendo poi con l'irritarsi e lasciar perdere tutto. A quanto pareva, nemmeno i geni felini erano riusciti a mascherare questo difetto, anzi sembrabano addirittura peggiorare la situazione, facendola scattare per un nonnulla.

Quando, per l'ennesima volta, la punta del compasso scivolò via, sporcando il foglio, la ragazza non ci vide più: lanciò un urletto esasperato e abbandonò il capo sul banco, arrendendosi all'evidenza che non sarebbe mai riuscita a portare a termine un lavoro decente.

In quel momento, però, il suo vicino le posò una mano sulla spalla. -Posso darti un aiuto? -esordì, con quell'eterno sorriso gentile dipinto sul volto.

La giovane sobbalzò come se fosse stata attraversata da una scossa elettrica, dopodichè sollevò il capo, cercando di lasciare trasparire dal suo sguardo tutta l'irritazione che provava. -Tu hai già finito? -gli chiese, modulando il tono di voce per non suonare troppo sgarbata, anche se nella sua mente avevano iniziato a prendere forma vari modi per togliergli quella maledetta espressione ebete dalla faccia.

-Certo!

Lei si sporse per osservare il disegno sul banco del ragazzo e sgranò gli occhi. Era la copia esatta di ciò che aveva illustrato la prof. Come diavolo aveva fatto?! -Sei bravo. -ammise, voltandosi per guardare un piccione che planava dal tetto. Avrebbe tanto voluto uscire ad acchiapparlo.

-Grazie. Allora, hai bisogno?

Dopo qualche attimo di indecisione, annuì lentamente, sentendosi una perfetta incapace. Lasciarsi superare da un novellino il primo giorno di scuola... certe sfortune capitavano tutte a lei. "Meglio così, piuttosto che rimediare un bel tre in pagella." Sussurrò una vocetta ironica nella sua mente. La zittì immediatamente, aggrottando le sopracciglia.

-Non fare quella faccia. Ognuno di noi ha dei talenti nascosti. -Kevin le prese delicatamente la mano e fece ruotare il compasso, creando un cerchio perfetto. -Tu non sei come le altre. -continuò, dopo qualche istante di silenzio, osservandola per la prima volta con espressione seria.

Lei si voltò a guardarlo, allontanando di scatto la sua mano da quella di lui. -Che cosa intendi dire? -incominciò, osservandolo tesa. Il suo cuore prese a battere all'impazzata e le sue mani si ricoprirono immediatamente di sudore gelido. Era forse riuscito a intuire la sua nuova natura non-umana?

-Beh, si nota subito! Sei stata l'unica ragazza che non mi è saltata addosso appena mi ha visto.

Nonostante la frase da adone che Luana aveva dovuto sorbirsi, il suo sollievo fu talmente intenso che si sciolse in un sorrisone mille denti. -Siamo modesti... -lo punzecchiò sarcasticamente, avvertendo nel suo animo una strana sensazione che non riuscì a decifrare. Fortunatamente il suo segreto era al sicuro, per il momento. -La tua bellezza non è poi così disarmante, credimi. Semplicemente, qui siamo messe male in quanto a ragazzi.

Kevin ridacchiò, scuotendo la testa. -Ho girato diversi paesi, e tu sei la prima che non sviene solamente guardandomi. È strano da vedere!

Luana sbuffò, iniziando a giocherellare svogliatamente con la matita: era vanitoso e anche irritante, praticamente il suo nemico mortale. -Lo prendo come un complimento, okay?

-Perfetto. Non volevo offenderti. Però mi sento a disagio non conoscendo il tuo nome!

-Te lo dico solo se prometti che non mi parlerai fino alla fine delle lezioni.

Lui sollevò le mani in un gesto risoluto -Lo giuro!

-Mi chiamo Luana, contento ora?

Kevin annuì, mentre un nuovo sorriso, se possibile ancora più largo dei precedenti, si apriva sul suo viso.

All'uscita da scuola Luana era piuttosto soddisfatta: nonostante l'inizio burrascoso, il suo logorroico vicino aveva mantenuto la promessa, rimanendo zitto fino al termine della giornata e permettendo alle sue orecchie di riprendersi dallo shock iniziale.

-Ehi!

"Come non detto..." Aggrottò le sopracciglia, voltandosi svogliatamente. -Che cosa c'è?

-Ti va un caffè? Mi sembri stanca. Potremmo andare in quel bar! -Le propose Kevin, indicando un edificio color albicocca di fronte al marciapiede.

La ragazza rimase per un istante spiazzata dalla proposta. Pensava che, come tutti gli altri ragazzi, anche lui volesse mantenere un semplice rapporto di cortesia scolastica, per poi dimostrarsi sgarbato non appena varcata l'uscita dell' edificio. Invece doveva ricredersi: quel giovane pareva davvero interessato a lei.
Spalancò la bocca senza sapere cosa rispondere. Come doveva comportarsi in quella situazione? Non che le dispiacesse farsi vedere in giro in compagnia di un ragazzo così carino, ma si sentiva stanca di ascoltarlo e in fondo non le suscitava alcuna sensazione piacevole. Battè le palpebre, cercando di pensare a un modo per levarselo di torno.

Infine, decise di optare per la sempre funzionante frase: -Mi dispiace, ma oggi ho un impegno, devo proprio scappare! Sarà per un'altra volta!

Senza attendere risposta, corse via sul marciapiede ancora bagnato di rugiada, cercando di accumulare più distanza possibile tra lei e il suo nuovo spasimante. Paradossalmente, si sentiva più spaventata dalle innocenti avance di un ragazzo, piuttosto che dai temibili combattimenti che era solita affrontare quasi ogni settimana.

Quando raggiunse la via principale della città, fu costretta, suo malgrado, a rallentare progressivamente: non poteva essere vista mentre sfrecciava a una velocità dieci volte superiore a quella del più rapido corridore umano, avrebbe attirato l'attenzione.

Mentre il sole sopra la sua testa lasciava lentamente il posto a cupi nuvoloni neri, si sedette stancamente su una panchina di pietra posizionata sul marciapiede, per concedere una breve tregua alle proprie gambe. Annusò l'aria, cercando di calcolare quanto fossero effettivamente carichi di pioggia gli ammassi di vapore acqueo sparsi nel cielo.

Fu allora che lo sentì: qualcuno si stava avvicinando a una velocità strabiliante e puntava dritto verso di lei. Non appena il suo cervello riuscì ad assimilare quell'informazione, una forza portentosa la afferrò per la vita, mozzandole il respiro per un istante sufficiente a stordirla, facendole perdere la concentrazione. Prima che potesse rendersene conto, il misterioso aggressore aveva già iniziato a trascinarla lontano dal centro abitato.

Il suo primo istinto fu quello di urlare con quanto fiato aveva in gola e dimenarsi con tutte le sue forze, tuttavia, proprio mentre stava per aprire la bocca e liberare tutta l'aria che aveva conservato nei polmoni, captò qualcosa di estremamente familiare nel modo di muoversi del misterioso individuo, qualcosa che la indusse a rilassarsi anziché lasciarsi prendere dal panico.

Il suo odore non era quello di un nemico. -Guarda che ho capito che sei tu! Non c'è più bisogno di continuare questa messa in scena. -disse tranquillamente, cercando di reggersi meglio al suo braccio per non cadere.

Lo sentì sghignazzare sommessamente, mentre rallentava l'andatura e si chinava per reggerla meglio con un braccio solo.

-Ehi dico sul serio, sai! Dovresti lasciarmi andare, sono pesante!

-Sbaglio o stavi fuggendo? Ti sto facilitando il lavoro. -replicò quello, ignorando le sue richieste e appostandosi in un vicolo buio per riprendere fiato.

-Qui non mi troverà, lasciami. -gli intimò lei, dandogli un colpetto deciso sulle scapole. Non voleva rovinargli il divertimento, ma si trovava in una posizione piuttosto imbarazzante e iniziava a mancarle il fiato.

Finalmente Kisshu la liberò dalla sua stretta, consentendole di respirare liberamente. -Confesso che la tua calma mi ha sorpreso. Non pensavo che mi conoscessi così bene. Avrei scommesso almeno in qualche urlo terrorizzato.

Lei rise nervosamente e si appoggiò a un palo della luce per riprendere fiato. Sentiva le guancie stranamente calde. Inavvertitamente doveva essere arrossita. -Beh non è poi così strano... è da tre mesi che cerchi di uccidermi, in fondo!

L'alieno scosse la testa, divertito. -Anche se volessi non potrei farlo, lo sai. -le spiegò con fare pratico. -Prima di tutto Pai mi ucciderebbe, e secondo ti ho allenato troppo bene.

-Modesto come sempre. -commentò la ragazza con voce acida, allontanandosi da lui di qualche passo.

Anche se detestava ammetterlo, le sue parole le suscitavano una profonda irritazione: da come parlava di lei sembrava che la considerasse solamente un'arma da potenziare e utilizzare a proprio piacimento. Si sentiva come uno di quei mostriciattoli tascabili con cui giocava quando era piccola. "Ti ho allenato fino al livello cento! Ormai sei imbattibile!" Non era nulla più di questo. Gli alieni la trattavano con riguardo solamente perché rappresentava un elemento importante per il loro pianeta. Strinse le labbra, cercando di fare buon viso cattivo gioco: finché continuava ad allenarsi, la sua vita era al sicuro.

-Che ti prende adesso?

-Niente. -lo stroncò freddamente, incrociando le braccia al petto come per proteggersi dal freddo -Piuttosto, perché sei qui?

-Perché non rispondi alla spilla. -rispose lui, sistemandosi il ciuffo di capelli dall'insolito colore con un gesto indubbiamente sensuale.

-Ah.

-Non dire "Ah." con quel tono da vittima incompresa! Eravamo preoccupati per te. Pensavamo ti fosse successo qualcosa!

-Ero a scuola. Lì i cellulari sono vietati e penso che valga anche per tutti gli altri oggetti. Non potevo tirarla fuori.

-Scuola? Anche tu, come Ichigo, vai in quel grosso edificio con tanti banchi dove testano la vostra resistenza per ore?

Luana batté le palpebre accigliata; non pensava che egli conoscesse così tanti particolari sulla vita degli esseri umani. Evidentemente doveva aver seguito la Mew neko molte volte, quando passeggiava per Tokyo. Chissà se aveva intenzione di raggiungerla anche in Inghilterra. -Cosa intendi per "Testano la vostra resistenza"? -gli chiese, cercando di mettere a tacere quelle inutili domande a sfondo sentimentale.

-Non è per quello che vi costringono a stare seduti in silenzio ad ascoltarli? Qualunque abitante del mio pianeta impazzirebbe.

-Perché scusa, voi cosa -Incominciò la ragazza con slancio, tuttavia, quando lo vide rabbuiarsi, capì al volo che si trattava di un argomento tabù e la frase le morì sulle labbra. Con lui era sempre così: quando parlavano doveva prestare attenzione alle domande che poneva, perché perfino quelle che lei reputava innocenti potevano, evidentemente, scatenare delle tempeste di rabbia nel suo animo che lo lasciavano di malumore per tutto il resto della giornata.

Anche stavolta decise di lasciare il discorso in sospeso e cambiare repentinamente argomento. -Ebbene?Perché Pai mi cercava? -esordì allegramente, agitando le braccia con l'intenzione di apparire spensierata.

In effetti, lui scoppiò a ridere, nascondendo il viso con una mano come se si vergognasse di quell'inaspettata liberazione. -Non muoverti così. Sembri pazza. -le disse, cercando di soffocare i suoni.

-Parla quello normale.

-Comunque. -la interruppe, facendosi improvvisamente serio. -La nuova Mew Mew è entrata in scena. Devo portarti da Pai, che ti spiegherà come agire.

La giovane annuì, mentre un'irrefrenabile ondata di tensione le rendeva difficile concretizzare qualunque pensiero logico. Aveva atteso per mesi che giungesse quel momento, ma ora che si ritrovava a un passo dall'affrontarlo realmente, pensò di essere terribilmente impreparata. Come durante un esame, dove, per quanto tu possa studiare, non sarai mai sicuro del tuo successo. Si sarebbe dimostrata all'altezza della situazione?

Senza lasciarle il tempo di assimilare la notizia, Kisshu le poggiò una mano sulla spalla e la trascinò con sé in un passaggio per l'altra dimensione.

Non appena giunsero nel laboratorio, venne spinta senza molti complimenti verso il computer principale, di fronte al quale era seduto l'alieno dai capelli viola. -L'ho trovata, Pai!

-Bene, Kisshu. Ottimo lavoro.

Luana strinse i pugni, cercando di rallentare il numero dei battiti cardiaci e delle respirazioni. Non poteva lasciarsi prendere dal panico proprio ora che era giunto il momento di farsi valere. Doveva rimanere lucida e letale, pronta a morire se necessario.

Mentre la parola "morte" rimbombava nei meandri della sua coscienza, la stanza iniziò a perdere stabilità, vorticando attorno a lei.

-Guarda. -Pai la distolse dai suoi macabri pensieri, indicando, con un gesto deciso, il monitor del computer alla quale era solito lavorare.

Sullo schermo era presente l'immagine di un DNA che vorticava attorno a numerose formule matematiche.

-Pai, scusa l'ignoranza, ma non ci capisco molto...

Quello si portò una mano alle tempie, evidentemente infastidito dall'incapacità della sua combattente. -In pratica, siamo riusciti ad individuare la settima Mew Mew. -spiegò, battendo nervosamente le dita sulla scrivania di metallo.

-Chi è?

-Una certa Berii. Quattordici anni, vive all'estremo nord del Giappone. Credo che le altre Mew Mew l'abbiano già arruolata. Avverto la sua trasformazione.

Luana si stuzzicò una ciocca di capelli. Il panico stava annebbiando il suo cervello a poco a poco, rischiando di compromettere il suo autocontrollo. -E io, cosa dovrei fare?

-Per ora, dovrai solamente recarti sul luogo della trasformazione e raccogliere informazioni sul suo modo di combattere, in modo che, successivamente, io possa analizzare i dati e prepararvi meglio allo scontro. Ti senti in grado di farlo?

La ragazza deglutì sonoramente, mentre il suo cuore riprendeva ad accelerare i battiti. -Io, penso di sì. -mormorò, anche se in realtà avrebbe voluto delegare quel compito a qualcun altro. La spaventava terribilmente l'idea di recarsi da sola in missione, per di più in una città sconosciuta e ostile, dove nessuno parlava la sua lingua.

-Pai, non credi che sarebbe meglio se qualcuno la accompagnasse? In fondo, ha le stesse debolezze degli umani, non è sicuro mandarla da sola in territorio nemico. -incominciò Kisshu, affiancando la giovane e lanciandole uno sguardo dubbioso.

-Ehi, che cos'ha la mia natura umana che non... -iniziò a protestare quella. Tuttavia, venne zittita dallo sguardo fermo dell'alieno, che pareva volerle comunicare qualcosa.

-Andrò io con lei.

Luana spalancò la bocca, incredula. "Cosa?" pensò, voltandosi a guardarlo con gli occhi sgranati.

Quello, per tutta risposta, le fece un cenno complice con il capo, scatenando in lei una profonda ondata di gratitudine. Forse aveva sbagliato a pensare che gli alieni vedessero nella sua persona solamente un'arma da combattimento, evidentemente anche loro erano in grado di affezionarsi e di stringere relazioni. Qualunque fosse il motivo che spingeva Kisshu a volerla aiutare, gli era comunque debitrice per il fatto di non averla lasciata sola ad affrontare il pericolo.

-D'accordo, meglio così, Kisshu. È necessario che vi sbrighiate, se volete raggiungere in tempo le cinque umane. -Acconsentì Pai con voce pacata, senza nemmeno distogliere lo sguardo dai suoi importanti calcoli matematici.

Se fossero morti entrambi durante la missione, Luana dubitava fortemente che avrebbe sprecato lacrime, probabilmente si sarebbe disperato di più se gli avessero distrutto il computer.

L'alieno dai capelli verdi dovette pensare esattamente la stessa cosa, perché lo vide alzare gli occhi al cielo e scuotere la testa, mentre si chinava ad afferrarla per un braccio ed attuava il teletrasporto.

Luana avvertì la consueta sensazione di vuoto allo stomaco, prima di vedere la stanza dissolversi davanti ai suoi occhi. Non ebbe nemmeno il tempo di guardarsi attorno per capire dove si erano materializzati, che avvertì il terreno mancarle sotto la suola delle scarpe e il suo corpo precipitare verso il basso.

Cacciò un urlo, aggrappandosi con tutte le sue forze alla vita di Kisshu e strattonandogli la divisa con forza. Lentamente, guardò in basso e vide che erano sospesi ad almeno sessanta metri di altezza. -Scendi immediatamente! Lo sai che non so volare! -Gli intimò, serrando gli occhi terrorizzata.

Quello parve piacevolmente divertito dalla sua reazione di sconsiderato terrore, tuttavia, le cinse a sua volta la vita con le braccia per non lasciarla cadere. -Se scendessimo ci vedrebbero. -Le spiegò, con insolita calma, volando lentamente sui tetti delle case. -Sono vicine. Dobbiamo stare attenti.

-Hai ragione. Avverto la loro presenza. -Confermò la Mew nera, la voce ancora intrisa di panico.

Si sentiva un'idiota raggomitolata come un koala sul petto dell'alieno, soprattutto perché non si era mai permessa una distanza così ravvicinata dal suo corpo e questo la imbarazzava non poco. Alzò lo sguardo sul suo volto, le mani tremanti. Lui non sembrava in alcun modo infastidito, volava tranquillamente guardandosi attorno con circospezione, del tutto assorbito dal compito che lo attendeva.

-Meglio se ti trasformi. -Le sussurrò, ad un certo punto. -Sono qui sotto.

La ragazza guardò nuovamente in basso, cercando di ignorare i capogiri. In effetti, erano piuttosto facili da individuare, con quei vestiti dai colori appariscenti. Tutte e quattro erano perfettamente immobili e guardavano dritto davanti a loro come se stessero attendendo qualcosa. "Un momento... quattro?!"

-Dov'è la quinta? -Mormorò Kisshu, colpito quanto lei da quel piccolo particolare.

Luana la percepì con assoluta chiarezza, ancora prima di vederla, e seppe che erano in pericolo. -Kisshu, spostati! Subito! -Gridò, cercando di salvare il salvabile.

Fortunatamente, l'alieno si fidò del suo avvertimento e riuscì a scansarsi appena prima che un potentissimo raggio dorato gli sfiorasse il volto, disegnando una lieve bruciatura sulla sua guancia diafana. A quel punto, però, si ritrovarono completamente circondati dalle cinque paladine, che puntarono le proprie armi contro di loro.

-Merda! -Imprecò Kisshu, esibendosi in una picchiata davvero spettacolare con l'intento di seminarle.

Luana vide il terreno venirle incontro a una velocità stratosferica e cercò di non lasciarsi scappare un conato di vomito. Nemmeno sulle montagne russe esistevano acrobazie come quelle.

Nonostante lo scatto repentino compiuto dall'amico, le altre cinque gli furono subito alle calcagna, lanciando attacchi a raffica per bloccare la sua folle corsa. Di questo passo li avrebbero senza alcun dubbio catturati.

Osservando i grattacieli di Tokyo correrle accanto, la giovane si fece coraggio e decise che c'era un unico modo per salvarsi. -Lasciami andare. -Intimò all'alieno, con voce decisa.

-Cosa?! Sei impazzita?! -Proruppe lui, incredulo, stringendola invece con più decisione e virando violentemente dietro a un grattacielo.

-Devo combattere e non posso farlo se resto appiccicata a te!

-Combattere è da folli!

-Non possiamo fuggire ora, nel bel mezzo di una missione! Combatterò contro questa Berii e tu raccoglierai informazioni. Quando saranno sufficienti ce ne andremo, promesso!

L'alieno la guardò, dubbioso, mentre ella cercava disperatamente di liberarsi dalle sue dita. Dopo qualche istante di indecisione, annuì, risalendo verso il cielo, per darle il tempo di trasformarsi prima della collisione. -Sicura di riuscire a cadere in piedi?

Lei annuì, decisa. -Sicurissima! Dopotutto mi hai allenata tu, no? -Gli sorrise, rassicurante, afferrando la spilla con la mano sinistra. -Sono pronta!

Kisshu allentò la presa sul suo corpo, lasciandola precipitare inesorabilmente verso il suolo. Abbandonarla lì, da sola, a fronteggiare Berii, gli pareva una cosa orribile e sbagliata, ma per ora non aveva altra scelta se non fidarsi di lei e delle sue capacità.

Sebbene Luana fosse già caduta molte volte da altezze più o meno vertiginose, la sensazione di vuoto che la inghiottiva fu capace di ghiacciarle il sangue nelle vene anche questa volta. "Concentrati, concentrati..." si disse, per allontanare la paura. -Mew Mew Luana... METAMORPHO-SIS!

Il suo grido esplose nell'aria, così come il potere contenuto nella frase, il quale sprigionò tutto l'istinto animale sopito in lei. Mentre i suoi poteri e i suoi sensi si acuivano sempre più, fu facile atterrare morbidamente ai piedi di un enorme grattacielo bianco dalle finestre a specchio.

Era andata bene, ce l'aveva fatta anche questa volta.

-Ribbon, LoveBerry... CHECK!

Le sue gambe scattarono come delle molle, permettendole di evitare il formidabile colpo indirizzatole dalla vetta dell'edificio.

Una giovane ragazza, dai lunghi capelli biondi come il grano e così lisci da risultare innaturali, atterrò con grazia insospettabile a pochi passi dalla Mew nera. -Sei veloce! -Le disse, quasi complimentandosi.

Indossava un grazioso vestito color panna, a sbuffo, impreziosito da eleganti guanti bianchi. La cosa insolita era, però, il miscuglio di animali che sembravano albergare in lei: sul capo ondeggiavano delle comunissime orecchie da coniglio, ma la sua coda era quella di un gatto. Tra le mani reggeva una specie di scettro, dall'aria molto pesante e terminante con un' enorme gemma rossa come il sangue. A Luana parve un inquietante miscuglio tra lei e Mew Ichigo. Berii, tuttavia, non sembrava avere un temperamento ostile, sebbene dal suo corpo si sprigionasse una quantità di potere sconfinata, del quale, probabilmente, non era nemmeno del tutto consapevole.

La Mew nera accolse il complimento di buon grado, senza, tuttavia, perdere la concentrazione; era essenziale che non si lasciasse distrarre, specie di fronte a un avversario così pericoloso. -Grazie. Anche tu non sei male. -Tagliò corto, stendendo la mano e lasciandovi apparire all'interno il solito bastone nero, al quale aveva imparato ad affezionarsi come a un fratello.

Mew Berry non le lasciò nemmeno il tempo di impugnarlo, lanciandosi contro di lei con tutto il peso del corpo. L'attacco fu talmente rapido che l'avversaria non riuscì a fare nulla per evitarlo e si ritrovò scaraventata in aria da un poderoso calcio allo stomaco. Capitombolò all'indietro, schiantandosi violentemente contro uno degli edifici in cemento, dal quale si staccarono enormi calcinacci che calarono su di lei come gesso.

Con la coda dell'occhio, vide alcuni giapponesi correre via, coprendosi la testa con le braccia, e non potè evitare di sentirsi in colpa, pensando che il combattimento doveva averli spaventati parecchio.

All'improvviso, avvertì un violento spostamento d'aria. "Cazzo!" pensò, rotolando a terra, mentre un nuovo colpo della nemica generava un' ondata di calore formidabile, facendo esplodere numerosi vetri attorno a loro.

Si rialzò a fatica, i muscoli doloranti. Non avrebbe mai pensato di doversi scontrare con una ragazza tanto potente. Si era allenata strenuamente per mesi, eppure ella riusciva ugualmente a metterla in difficoltà, grazie alla potenza dei suoi attacchi.

La vide sollevare nuovamente la sua arma, pronta a colpire e, in un lampo, capì cosa fare. Spiccò un salto dritto verso di lei e, prima che potesse pronunciare la formula, le afferrò il braccio, strattonandola verso il basso.

Come previsto, la bionda non ebbe la forza necessaria per resistere e cadde in avanti come un peso morto.

La Mew nera le fu subito addosso, puntandole contro il lungo bastone nero. -Ribbon... Luana Music!

Berii cacciò un urlo terrificante, mentre le onde elettromagnetiche sprigionate dal colpo le laceravano i vestiti e la pelle. Stavolta toccò a lei venire scaraventata contro un albero, il cui tronco si spezzò a metà a causa della forza di collisione.

Luana interruppe l'attacco, osservando con una certa soddisfazione la propria antagonista mentre cercava di rimettersi in piedi. Poteva anche essere più brava di lei con le mosse speciali, ma in quanto a doti fisiche lasciava decisamente a desiderare. Avrebbe sfruttato questa sua debolezza a proprio vantaggio.

Proprio mentre stava per infliggerle l'ennesimo colpo, udì un gemito, seguito da un botto fragoroso che le fece tremare le ginocchia. Si voltò di scatto, appena in tempo per vedere Kisshu piegato in due sull'asfalto a parecchi metri da lei. Il suo corpo era completamente ricoperto di lividi, il viso sporco di terra ed il naso tumefatto.

Quando vide le altre Mew Mew atterrare di fronte a lui, il suo cuore perse un battito: aveva combattuto per tutto il tempo da solo contro quattro avversarie. Ecco perché nessuno era intervenuto ad aiutare Mew Berry e per lei era stato così facile contrastarla.

Avvertì un nodo chiuderle la gola, impedendole di gridare il suo nome. Doveva aiutarlo, in un modo o nell'altro. Fece per muoversi verso di lui, ma qualcuno le sferrò un pugno violento all'altezza del bacino, mozzandole il fiato e gettandola a terra. Una miriade di puntini neri esplosero nella sua testa, mentre Berii la colpiva nuovamente con un calcio ben assestato al mento.

La sua mascella scricchiolò in modo sinistro e la ragazza non vede più nulla per alcuni istanti. Avendo perduto momentaneamente l'uso della vista, fu costretta ad utilizzare gli altri sensi.

Concentrandosi, riuscì ad avvertire il fiato caldo della nemica appena sopra di lei: doveva essere seduta sul suo petto, pronta a colpirla non appena avesse dato segni di ripresa.

Pronta al contrattacco, agì alla cieca, sollevando una mano e graffiandole la faccia con tutte le sue forze.

La Mew bianca emise un sonoro lamento, prima di ripiegarsi all'indietro con le mani sul viso.

In un attimo, Luana si ritrovò nuovamente libera di muoversi.

Aprì lentamente gli occhi; le ferite le bruciavano da morire, si sentiva stordita e aveva la nausea, ma sapeva di non poter rimanere lì, impalata, crogiolandosi nei suoi mali: l'alieno aveva bisogno di lei.

Proprio quando riuscì a rimettersi in piedi, udì un grido trionfante e, con orrore, vide le quattro Mew Mew puntare le loro armi micidiali contro un, ormai, esanime Kisshu.

Fu come se quella scena la stesse risucchiando con forza verso il baratro. Un dolore sordo le esplose nel petto ed ella non poté fare a meno di assecondare il suo istinto, quasi fosse inevitabile. Pur sapendo che si trattava di una mossa totalmente illogica e masochista, iniziò a correre verso il gruppo, abbandonando Berii e la sua arma da combattimento sull'asfalto.

Mew Mint tese la corda del suo arco, pronta a scoccare la freccia decisiva, quella che avrebbe probabilmente spento la vita del suo nemico per sempre; le altre la imitarono, preparandosi a liberare il proprio potere. -Mew Power...

-Kisshu! -ansimò Luana, arrancando verso di lui. -Scappa, teletrasportati! -Di questo passo non sarebbe riuscita a raggiungerlo. Era troppo distante, li separavano ancora più di centocinquanta metri di cemento.

In preda al panico, continuò a urlare sempre più forte, sperando che l'alieno se ne andasse. Non le importava se teletrasportandosi l'avrebbe lasciata sola contro cinque avversarie, sarebbe stata in grado di cavarsela, come sempre, senza contare che costituiva un elemento troppo importante per la squadra e Shirogane l'avrebbe voluta sicuramente viva. Ciò che contava, in quel momento, era solo la sua vita.

Tuttavia, lui rimase immobile, senza muoversi di un millimetro, fissando come ipnotizzato un punto vuoto di fronte a sé. Sul suo volto era dipinta un'espressione insolitamente serena.

Luana costrinse le proprie gambe a muoversi sempre più velocemente, mentre vampate di intenso calore le si sprigionavano nel petto, donandole l'energia che le serviva per continuare ad avanzare. Una parte della sua mente si rese conto che, probabilmente, stava sfrecciando con la stessa rapidità di un treno in corsa, ma quella consapevolezza non bastò a rassicurarla.

Settanta metri... quaranta... trenta... dieci...

-EXTENCION! -Gridarono le cinque paladine, all'unisono. I loro attacchi si condensarono immediatamente in un unico, enorme raggio etereo. Vi era qualcosa di splendido e, al tempo stesso, terrificante nel loro modo di combattere. Questa volta Kisshu non sarebbe sopravvissuto. La vittoria era già in mano loro.

-No! -Ruggì Luana, furiosa, piegandosi sulle ginocchia. Non poteva lasciare che accadesse, anche a costo della sua stessa vita.

Le quattro Mew Mew si voltarono verso di lei, allarmate, ma prima che potessero bloccarla, impedendole di interferire, ella aveva già spiccato un balzo portentoso, azzerando la distanza che la separava dall'alieno e lanciandosi con ingenua spavalderia verso quel micidiale raggio azzurro.

La paura non riuscì nemmeno a sfiorarla, mentre volava a braccia aperte verso la morte. Una morte che, improvvisamente, acquistò il sapore dolce e, al tempo stesso, amaro del sacrificio.

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