5

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

Le avventure estive, di norma, non si scordano a comando. Non interessa a nessuno cosa accadde tra Gianlu e Chicca quell'estate, pertanto sorvolerò sui dettagli della loro pseudostoria d'amore. Lei goth che affissi in camera aveva i poster di Marylin Manson, lui scanzonato di periferia che per crearsi un futuro si arruolò nell'esercito. Belli a vedersi - se presi singolarmente, perché come coppia non avevano ragion d'essere.

Inutile precisarlo, con Chicca ero in buoni rapporti sempre perché non costituivo una minaccia; con Gianlu il discorso è differente, giacché tre anni di anzianità in più gli conferivano dei diritti sulla nostra pelle di pivelli. Malgrado le tirate d'orecchi, le prese in giro e i fallacci criminali al limite dell'area, quell'estate Gianlu si riscattò vedendo che fossimo cresciuti, e lui anche s'era raddrizzato. In parte mi dispiacque spifferare a Chicca che il ragazzo per cui aveva iniziato a provare sentimenti aveva altre tresche in giro, in parte sapevo di fare la cosa giusta. Ne guadagnai un consolidamento del rapporto con lei e una peculiare forma di ammirazione da parte del dongiovanni, che con ogni probabilità era venuto al corrente del fatto che l'avessi sputtanato e non gli importava. Oppure, temo, gli avevo fatto un favore.

Sia come sia, questo incipit ci serve per spiegare come l'SMS di Chicca mi avesse spianato la strada verso il punto di non ritorno, oltre il quale tutto sarebbe presto stato diverso.

Nel pomeriggio feci una volata al campetto, lei aveva bisogno di parlare del suo dolore mentre Gianlu, poco lontano a cazzeggiare con gli amici portapizze, si rilassava pensando ad altro. Lasciamo stare il contenuto, una solfa trita e ritrita di autocommiserazione e finali alternativi da desiderare.

Siccome l'opera di bene durò qualche ora, a darle manforte si accostò altra gente che frequentava il campetto. Tutti concordammo, appurando che la parola non l'avrebbe mai guarita in breve tempo, che Chicca necessitasse di uscire di casa, dove la sua indole dark l'avrebbe reclusa, in serata, per ascoltare musica da tagliarsi le vene. No, alla nostra tetra lolita dovevamo portare una boccata d'aria fresca e, chissà, aprirle un mondo che i suoi amici vampiri non frequentavano - troppo casual e frivolo e omologato per chi già allora faceva della depressione un vanto.

La spedimmo a casa di un'altra ragazza, che si sarebbe occupata del make-up. Io, non avendo altro da fare sino all'ora dell'appuntamento, optai per tornarmene alla mia dimora. Gianlu, stravaccato sul Runner a fumare, m'intercettò. «Ehi, bel tenebroso, che si dice?»

Con l'acqua passata sotto i ponti, mi presi la libertà di assumere un tono amichevolmente provocatorio. «Mah, le solite cose, rimedio ai danni di un grosso stronzo. A lei come va, soldato?»

Né l'ombra di un pentimento né una parvenza di pietà per Chicca. Gianlu nel suo essere sé stesso era inamovibile e glaciale, indifferente come i tardi anni novanta gli avevano insegnato a mantenersi nei riguardi di chiunque. Un'altra ragazza che per lui e per i suoi occhi azzurri avrebbe pianto era solo l'ennesima pratica da archiviare. Eppure...

«Sta male, eh?»

Dapprima fui incerto sull'udito, e i suoi amiconi che mi guardavano storto non aiutavano. Poi, pensai che il tempo che se ne va è la sfiga di tutti, poi ancora che tra i tutti c'è qualcuno che due dilemmi in croce se li pone. Magari Gianlu quel paio di riflessioni le aveva fatte, mentre in pubblico ripeteva senza sosta quanto gli piacesse lanciare le bombe al campo d'addestramento militare. Mi limitai a fare un cenno di capo.

«Capisco» disse prima di inalare altro fumo in tranquillità. «Adesso la puoi trombare te, sembra che le piaci.»

«Azzo dici?» sobbalzai. «Mi spiace, Chicca è una bella ragazza e un bel tipetto, ma non è il mio genere.»

«Già» mormorò alzando lo sguardo al cielo, «te sei quello serio della banda, 'ste cose non le fai. Ti apprezzo, sai?»

«Pff, non è vero. Siamo agli antipodi.»

«E quindi? Forse non capisco che ti passa per la testa, ma non sono così scemo da svanirmi i vantaggi del fare come fai» disse, dunque riabbassò gli occhi per mettermi a disagio. «Vai d'accordo con tutti, le ragazze ti adorano, chi sta meglio di te?»

Mi misi le mani in tasca. Il suo fumare accanito mi persuase a simularlo contro voglia. Chiaramente, fu su Alice che ricadde il mio pensiero, e lui lo sapeva più di me. «Cosa cerchi di dirmi? Che sono quello giusto e tu quello sbagliato?»

«Nah» rantolò con noia, sdraiandosi di pancia sulla sella. Mi puntò il dito contro. «Non c'è modo giusto o sbagliato di essere noi, dammi retta. Però c'è modo giusto o sbagliato di essere noi con gli altri, e questo me lo devo ficcare in zucca. C'è una cosa che non mi torna di te.»

Si allungò per avvicinarsi, per guardarmi meglio. Aggiunse: «Essere come sei ti rende felice? Perché ho l'impressione che non sia così» e contemplò la mia impotenza.

No che non ero felice; essere in buona compagnia non mi confortava. Ancora faticavo ad accettare un fratellino di un anno a tenermi sveglio la notte, il mio corpo cambiava e non ne capivo l'incoerenza, un istante ero euforico e l'attimo dopo non me ne fregava niente di niente. E cosa volevo, ormai l'avete assimilato, era un'astrazione, l'idea fantasiosa di un chi inesistente che somigliava ad Alice, ma non era lei. Al contempo il tono di Gianlu non mi piaceva, e quel suo strano parlare avevo paura nascondesse l'intenzione di darmi una lavata di testa per avergli fatto mancare la sua agognata "trombata". Ero alla berlina, non sapevo che rispondere.

«Fai una bella cosa» riprese sereno e indecifrabile. «Tanto che ho capito che stasera ti porti a spasso la Chicca, andate da Oscar, che c'ha la pianola e il microfono, così vi fate due canzoni assieme. Di solito ci vado io, ma per te vado da un'altra parte. Divertitevi, eh.»

Non ci andai affatto nel tugurio di bar notturno che Oscar aveva modernizzato per accalappiarsi i canterini dei quartieri malfamati, e non perché non avessi un auto per arrivarci o perché il locale non mi piacesse per molteplici motivi. Non mi fidai di Gianlu, il militare novello doveva avere qualcosa in mente per darmi una lezione. Dunque, poiché dall'insolito dialogo ricavai un vibrante fastidio al fegato, scelsi una seconda opzione. Mia, senza consultarmi con la povera Chicca o con gli altri crocerossini che mi seguirono: stavo pensando a me stesso, alle mie mancanze e ai miei nervi, che dovevano essere distesi grazie alla mia unica vocazione in un posticino di recentissima apertura, sul mare, gestito da un mio conoscente.

Mio sommo stupore fu scorgere tra i tavoli proprio Gianlu e un terzetto di compari suoi. Era stato sincero, da Oscar non ci passò per davvero, e in quanto offeso mi riservò un'occhiataccia per la mia sfiducia.

Mi strinsi nelle spalle e imbarazzato volli ignorare lui, i patemi di Chicca, gli stonati che andavano a cantare pezzi al di là della loro portata e soprattutto un personaggio che sedeva accanto alla sofferente, dark alla massima potenza anch'egli, con lunghi capelli neri e le maniere di una signorina; un prototipo di Brandon Lee ne Il corvo, ma effemminato e visibilmente gay, che non stringeva la mano a nessuno, che non rivolgeva parola a nessuno e che m'intimidiva. Non ero nel mio e neppure potevo azzardarmi a cantare Dude looks like a lady degli Aerosmith, o avrei fatto la figura dell'omofobo.

Fu una serata lunga e opprimente. Ma di lì a poco avrei imparato che, pur credendo nelle coincidenze, certe cose avvengono perché hanno bisogno di avere un significato che siamo noi a conferirgli. L'essere andato a prendere il caffè a Roccatagliata, il messaggio di Chicca, l'aver scelto un locale diverso dal suggerimento del soldato... combinazioni fortuite che davano il medesimo risultato.

Ero prossimo a levare le tende, quando al microfono fu chiamata una ragazza il cui nome mi sfuggì, avendo da badare a non incrociare il pallore del Corvo. C'era baccano, nel locale si stava stretti, ma le casse producevano un suono potente e riverberante. La mia attenzione fu tutta per la coraggiosa che, in piedi di fronte alle vetrate spalancate sulle onde del Mar Ligure, stringeva l'asta e teneva le palpebre chiuse: gli accordi iniziali erano di una canzone impossibile, tentata solo da persone preparate o eccessivamente confidenti. Pochissimi secondi ebbi per focalizzare la vista su di un viso dai tratti modesti, giovanissimo e lievemente tondo, nel complesso carino, ma nulla più; una faccia semplice e dal trucco esiguo, della quale mi sarei innamorato per l'eternità. E appena lei mosse le labbra, pensai che la vita fosse molto più che strana.

(Nota autore: So di aver già usato questa canzone. Non obbligo nessuno ad ascoltarla, ma credo che in questo caso sia doveroso per capire tutti di quanti di che cosa stiamo parlando.)

https://www.youtube.com/watch?v=3RaHTDNude4

I'm sorry
for the times that I made you scream,
for the times that I killed your dreams,
for the times that I made your whole world rumble.

Era riapparsa per la terza volta, la prima in cui mi fu permesso di osservarla per intero. Tempo e intonazione perfetti, aveva pure adeguato il suo timbro soave al senso del brano scaldando ogni parola intonata.

For the times that I made you cry,
for the times that I told you lies,
for the times that I watched and let you stumble.

Pochissimi secondi: non soltanto l'attenzione, ma tutti i miei sensi erano rivolti alla ragazza senza nome. Allibito per la folle coincidenza, non ero pronto alla foga che mi avrebbe travolto come il mare che dietro di lei divorava gli scogli.

It's too bad, but that's me.
What goes around comes around, and you'll see
that I can carry the burden of pain

Al mattino aveva un muccetto, alla sera aveva una coda alta e agitata come il suo corpo. Dentro aveva una rabbia terrificante, impressa in ogni nota che sembrava essere dedicata a qualcuno. Guardai sbigottito la sottigliezza del suo ventre, celato da un'anonima maglia dalle lunghe maniche rosa: mi chiesi da dove diavolo potesse emergere un simile fervore adulto, ferito, furioso; il tempo mi avrebbe risposto, ma lì potevo unicamente venire schiacciato e rabbrividire per una simile energia.

'Cause it ain't the first time that a man goes insane.
And when I spread my wings to embrace him for life,
suckin' out his love, I, I'll never be nobody's wife.

Al bordo della sala individuai quelle che dovevano essere le sue amiche, urlanti e gasate a battere le mani sul tavolo. Nei miei dintorni, a malapena qualche commento positivo dei crocerossini, con Chicca che avrebbe tanto voluto far propria la morale della canzone.

«Brava» si sprecò il Corvo.

«Brava?» feci io severo, incapace di levare gli occhi di dosso dalla giovane cantante. «Ma state ascoltando quello che sto ascoltando io?»

Insensato, ultraterreno. Per la sua età, di certo non superiore alla mia; per la piccolezza del suo diaframma, per l'immedesimazione, per la carica emotiva, per l'essersi lasciata lentamente andare fino a divenire lei stessa Anouk sul palco. Per avermi fatto tremare.

Mi si seccò la lingua nella bocca aperta e cominciò a girarmi la testa. Nei due minuti seguenti fui trascinato via, verso non so dove. C'era lei, che non smetteva di cantare, e c'ero io, nell'ovatta. Luci violacee a illuminarla dall'alto, unica fonte luminosa nel nero più completo. Qualunque anfratto della mia fantasia fosse, ci sarei molto volentieri rimasto anche se sarebbe stato un oblio privo di vie d'uscita: dopo mesi, finalmente, un nuovo pensiero a soppiantare tutti gli altri, facendomi scordare la mia realtà.

I'll never be, never be,
never gonna be, never gonna be,
never gonna be nobody's wife!
Nobody, yeah! Nobody, yeah!

L'applauso della sala fu forte. Non riuscii a muovermi.

«Virginia!» esclamò il gestore che l'aveva chiamata a stupirci. Lei ripose il microfono guardando per terra, nervosa se ne tornò a posto e non mi fu più concesso vederla perché di spalle.

Ci furono poi dei fremiti a scuotermi per un po', perché volevo alzarmi e correre a rivolgerle i miei più sinceri complimenti, oltre che domande improvvisate dalla curiosità di scoprire chi ella fosse, dove avesse imparato a cantare in quella maniera spaventosa, perché mai non l'avessi beccata prima; ma ero dannatamente introverso, di poche parole e coniglio, giacché non avevo né la faccia di bronzo di Davide né più la sicurezza nei miei mezzi per "colpa" di Alice.

Non troppo tardi, tal Virginia e amiche levarono il disturbo, prendendo le proprie cose e lasciando il locale. Come in mattinata, le mie gambe si mossero da sole. Senza controllo alcuno su quanto stessi facendo o pensando scattai, volai fino al corridoio e uscito dal locale fui in strada, su un marciapiede invaso da scooter. La mia rocambolesca entrata in scena attirò ognuna di loro, che pensarono fossi un maniaco.

Lei no.

Lei teneva il giacchino tra le braccia e mi osservava più preoccupata che impaurita - chissà che faccia dovette vedere appena realizzai di averla davanti e di non riuscire a parlare.

«Cerchi qualcuno?» chiese sì timida, ma non quanto me.

«Ehm, n-no» ricordo di aver balbettato, «eh... volevo...»

Per quella sera poté bastare. A recuperarla giunse purtroppo la ragione per la quale Virginia cantò con tanta stizza da sfogare. Le amiche si buttarono in mezzo e scacciarono a botte di "vaffanculo" il supposto fidanzatino, un tipo privo di segni particolari da degnar di nota - a parte l'inclinazione a incazzarsi senza intimorire manco un cane. Me la portarono via, quell'altro tentò di seguirla per chiarire le non meglio specificate discussioni pomeridiane e alla fine se ne andò sparando insulti al vuoto.

Virginia, pian piano, si allontanò e svanì. Ora c'ero io, il cielo stellato, l'irrequietezza delle onde, le luci arancioni dei lampioni, il marciapiede e un canto stonato proveniente dal locale. C'era anche Gianlu, sdraiato di nuovo sul proprio motorino, con la Marlboro Gold in bocca e la smorfia del teppista rallegrato.

«Non è bella come Chicca» commentò, «ma adesso sappiamo che c'è qualcuno che ti vuoi trombare. Che voce, cazzo. Peccato che ha il boyfriend.»

Stetti zitto. Mi voltai per osservare un'ultima volta il dondolio della coda di Virginia, per quanto potessi. Gianlu mi soffiò il fumo addosso e nella nebbia non vidi più niente, se non i modi a cui pensai per poterle parlare a scuola.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro