Capitolo 11 Colpo grosso

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- Beh, che dire. – disse Alexia. – Prima non avrei voluto aiutarvi, ma mi avete fatto pena con il ragazzo di Durmstrang e poi questo è stato magnifico. – applaudì lentamente tre volte, mentre io cercai di ricompormi e di mantenere il controllo. Ero brava a gestire le situazioni, forse. Lei stava ancora fissando Dominic con aria divertita, pensai per la sagoma rossa della mia mano stampata in faccia, ma non ne ero sicura. D'altronde, come il primo giorno, il rosso gli donava. Dava quella sfumatura in più al suo visetto pallido e contrastava i colori dei suoi occhi.

- Mi spiace che queste due befane non ci abbiano presentati. – disse Dom avvicinandosi ad Alexia. – Sono Dominic... - allungò una mano.

- Sherwood, sì, lo so. – fece lei, tirandosi indietro leggermente. Erano quasi alti uguali, lei riusciva perfettamente a guardarlo dritto negli occhi, senza alzare il collo o altro. Mi sorprese così tanto che dimenticai dell'appellativo affibbiatoci. Lilith invece lo ricordò bene. – Per tua informazione, siamo le streghe più temute qua dentro! – e puntò i piedi.

Alexia alzò gli occhi al cielo. – Se vorrai il mio aiuto, dovrai iniziare a temere anche me, strega. – questa frecciatina la fece imbestialire e dovetti tendere un braccio davanti a lei per non farla avanzare.

- Bene, queste saranno le condizioni. – acconsentii poi, con una scintilla di superficialità nello sguardo.

Dominic aveva ancora la mano tesa, impaziente di stringere quella della ragazza, la quale lo notò e, senza troppe cerimonie, lo accontentò. – Alexia Stark. – molto velocemente.

- Tempo scaduto, ora fa il tuo dovere. – le ordinò Lilith.

Alexia oltrepassò Dom con gli occhi chiusi a fessura. – Chiedimelo più dolcemente. – e mise una mano sul fianco.

Lilith le mise tutte e due e ricambiò lo sguardo. Anche in quel momento toccò a me far scendere la tensione. – Abbiamo bisogno del ricordo di Voldemort, ti saremo grate se tu lo rubassi. – il mio tono era fermo, ma lei si irrigidì ancora di più e serrò i pugni. – Dovete smetterla di chiamarLo così. – e se ne andò, passandoci in mezzo e sbattendo le sue spalle contro le nostre. La sua potenza ci fece sussultare lievemente, il fisico da battitrice non poteva perdere contro il nostro esile.

- Buone, buone, buone. – Dominic si fece avanti alzando la voce. – A cosa diavolo vi serve quel ricordo? – io e Lilith ci guardammo come sapevamo fare solo noi. Mi incamminai davanti a lui, con passi lunghi e leggeri e gli posai una mano sulla guancia segnata. – Lo facciamo per te. – dissi con una voce lieve e piena di intonazione. – Silente ti ha fatto del male, deve pagarla. Ti ha mandato dalla Umbridge procurandoti questo. – gli alzai la mano dove una volta c'erano le incisioni "Non devo fare scherzi". Ora erano meno evidenti.

- Ha già pagato per questo. – ritrasse la mano, ma si appoggiò con più forza alla mia. – Non me la bevo. – poi mi sorrise.

Amareggiata mi spostai, tornando da Lilith. – Non deve interessarti, allora. – ritornai seria, senza una minima emozione sul viso.

- Come pensate di rubarlo? – ci chiese, divertito all'idea che persino noi non avremmo potuto commettere un crimine del genere senza essere prese.

- Io, - iniziò Alexia – ho i miei mezzi, sarà facile come andare nel Reparto Proibito indossando l'invisibilità. Il moccioso ce l'ha fatta, perché io no? –

- Sei una ladra? – Dominic non sembrò sorpreso.

- La più abile. E adesso vado, prima che decida di farmi pagare come si deve. – chiaramente guardò noi, scocciata dal fatto che la reputassimo inferiore. La realtà era che ancora non ci fidavamo, ovviamente, e se qualcosa fosse andato storto avrebbe pagato solo lei, non aveva prove su di noi.

La stanza era desolata, in quell'angolo più buio le pareti ombreggiavano di un blu cristallino che dava l'aria tetra. Dall'esterno si vedeva una piccola lucina bianca che svolazzava nell'aria senza meta. Ma l'interno era ben diverso: Alexia, sotto il mantello dell'invisibilità, teneva aperto dalla sua 13 pollici di legno di Tasso, con corda di cuore di drago, un piccolo spessore per illuminare di più i suoi passi. Si muoveva lentamente, con lo sguardo in cerca di ricordi. E poi la vide, una cristalliera con dentro numerosissime boccette di vetro, ognuna con un liquido lattiginoso all'interno. Scostò di poco il mantello per leggere meglio le etichette incollate sopra. – Dove sei, Mio Signore? – continuava a sussurrare, mentre girava intorno alla struttura trasparente. Lo trovò e i suoi occhi si illuminarono. Lo prese, facendo attenzione a non urtare gli altri, e lo strinse. – Quelle due impertinenti non hanno il diritto di averti. – guardava l'oggetto come se avesse vita propria e potesse capirla. – Avrei dovuto prenderti tempo fa, scusami. – e lo mise accuratamente in tasca, sparendo poi fuori dall'ufficio più veloce dell'incanto Nox.

- Non so cosa stiate tramando, ma tenetemi fuori. – dichiarò Dominic. Eravamo nell'aula di Pozioni, con il professor Piton. Non seguivamo molte lezioni, in generale. Frequentavamo sempre le stesse, nonché le più importanti, quel tanto che bastava per non farci espellere. La nostra materia preferita era sicuramente quella più gettonata di tutte, "Assenze", dove si imparava il nulla stando in dormitorio o in giro per Hogwarts.

- Il Durmstrang ha paura? – gli domandai con ironia.

- Sto cercando di non peggiorare la situazione. Ora che Karkaroff è qui sarò più sorvegliato di prima e al primo sgarro me la dovrò vedere con lui, non con la vostra Umbridge. – fece una smorfia di disgusto.

- Tanto rimarrete comunque delle fecce. – ci voltammo tutti e tre sorpresi e scorgemmo Draco. – Voi, ragazzi di Durmstrang. –

Non lo avevamo più visto dopo le lezioni della Cooman, ma non doveva essere cambiato niente, sempre quel tono di disapprovazione. Forse era un tantino peggiorato, ma la bipolarità di Malfoy era ingestibile.

- Se hai un problema di coppia, perché non ne parli con la diretta interessata? – lo incoraggiò Dom. Draco lo fulminò con lo sguardo, ma non disse nulla, prestando poi attenzione a Severus.

- Ti sbagli, - disse Lilith – a lui non piace nessuna, non ha tempo per queste cose. – e si girò a guardarlo. Stava diventando bordeaux in viso, stare ad una certa vicinanza con Dom lo faceva imbestialire.

Sherwood scrollò piano la testa, portando le mani unite davanti al viso. – Volete un altro indovinello per caso? –

A quelle parole mi si accese una lampadina in testa. – Non abbiamo ancora risolto l'altro, ma se vuoi aiutare Draco ad avere meno problemi con voi, perché non ci dici direttamente la soluzione? – tentai di fare gli occhi dolci, ma c'era troppa impazienza nell'aria che sarebbero potuti apparire spiritati.

- Se volete la soluzione dovete pagare, non sarà più gratis. – sentenziò.

A fine lezione tornammo alla Sala Comune, era come un altro quartier generale, dove ci aspettavamo di trovare Alexia. Intanto continuavo a pensare alle parole di Dominic: se avessi voluto sapere la soluzione avrei dovuto pagare. Chi se ne frega, per un bacio, spaventare Will valeva di più. Ma se fosse stato peggio della prima – e ultima – volta, non avrei potuto saperlo. Così mi decisi a chiederglielo. Come risposta ricevetti: - Non te lo dico o rovinerei tutto. – era assurdo.

- Quando si stipula un patto bisogna sapere la posta in gioco. -

- Tu sei la posta in gioco. – e fino a quel punto lo sapevo. Non riuscivo a decidermi. Lilith non mi era di aiuto, perché per lei era assolutamente no, non mi avrebbe mai venduta per un indovinello. C'era qualcosa che però spingeva me a cedere, forse la sensazione che avevo provato durante il bacio. Le emozioni stavano decidendo al posto mio e dovetti fermarle. Le emozioni offuscano il giudizio. Con la mente lucida gli risposi di no.

Alexia era seduta sul divano a contemplare la boccetta cilindrica. La girava e rigirava in mano, come per assorbirla. – Ottimo lavoro. – constatai.

Lei si alzò di scatto, guardandoci. Teneva la fiala stretta stretta.

- Ora potresti darcela. – Lilith fece passare quella domanda per un'affermazione e si avvicinò.

- No. – la fermò Stark. – Non appartiene a voi. –

- Neanche a te se per questo. – ribattè lei.

- Sono frammenti dell'infanzia e adolescenza dell'Oscuro Signore, non giocattoli. - sembrò determinata a tenersela, così risolvetti la cosa.

- Hai dato prova della tua abilità, conservala tu come trofeo. – dissi l'ultima parola con orgoglio. Oppure come ulteriore prova per incriminare lei.

- Preferisco considerarla un onore. – e la riappoggiò in tasca lentamente.

- Bene. – sospirò Lilith – Ora sei una di noi, seguici pure nei nostri dormitori. – appena Dom diede segno di venire con noi lo bloccai con una mano. – Solo donne questa volta. – e il suo sorrisetto curvo mi fece capire che stava pensando a cose malate. Lo ignorai chiudendo gli occhi.

Luna e Artemis stavano ancora dormendo sui nostri letti, quanto poteva essere bello essere un gatto? Una vita perfetta fatta di attenzioni. Alexia cercò di avvicinarsi piano alla mia micia nera, stiracchiata in una posa verticale.

- Ma è vivo? – lo toccò con un dito sotto la pancia e questa miagolò furente, alzandosi dall'intorpidimento e scrutando la ragazza.

Mi inginocchiai davanti a lei per tranquillizzarla. – No, amore mio, non voleva farti del male. – e la accarezzai per farla sedere.

- Oh mio Dio, parli con i gatti!? – la Stark sembrava sorpresa, a volte i nostri animali erano più intelligenti di alcune persone ed era sempre più piacevole parlare con loro che con babbani con la bacchetta.

- Certo, perché mai dovresti trovarlo strano? – Lilith si era sdraiata di fianco al suo Artemis, dal pelo bianco, e stavano giocando insieme. – Non è vero, piccolo mio? –

Alexia ebbe un lieve disgusto e cambiò argomento. – Allora, quale sarebbe quest'impossibile indovinello? – si sedette sul letto, guardandosi in giro.

- Negli oscuri sotterranei si cela un mistero, fermo immobile alla parete aspetta di esser liberato. Di segreti lui è pieno, quante volte ci avete parlato? – recitai, pensando all'intonazione di Dominic per farlo sembrare più misterioso e indecifrabile.

- Io non ho parlato proprio con nessuno nei Sotterranei. – si velocizzò a dire Lilith. – Tanto meno ai fantasmi o ai quadri. –

- Lo stesso vale per me. – aggiunsi, guardando Alexia.

- Beh, una volta è successa una cosa strana nei Sotterranei. – spiegò la Stark. – Ero al mio primo anno, quindi cercai di memorizzare più cose possibili e un evento mi terrorizzò. –

La storia ci incuriosì, noi eravamo al secondo anno e non ci importava niente. Ci raddrizzammo per ascoltare meglio.

- Si credeva che Mr Saetta pietrificasse le persone. Poi alla fine era il basilisco, ma ricordate una delle prime vittime? Fu proprio trovata nei Sotterranei. – il ritmo della narrazione diminuì sempre di più, come se si stesse raccontando una vicenda horror a dei bambini.

- Chi era? – chiesi. Non avevamo la minima idea di quali persone furono state colpite, andavamo sempre in giro per verificare se Potter avesse avuto davvero quei poteri. Lo riempivamo di domande, lo minacciavamo. Poi d'un tratto Alexia sollevò Luna da sotto le zampe, mettendola quasi in piedi. – Il gatto di Gazza. –

I brividi freddi ci percorsero il corpo e dallo stupore sbiancammo. Come poteva essere quel gatto la soluzione?

- Combacia, no? – chiese la ragazza. – Voi a quanto pare ne avete detti di segreti a queste bestiole, siete più strane di quel che mi aspettavo. -

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