Capitolo 12 Senz'aria

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Dunque era davvero quella la paura più grande di Will? Come può un animale così straordinario incutere timore? Lo spaventavano i loro artigli o magari i loro denti aguzzi? I gatti sanno essere peggiori dei serpenti, sì, ma non c'è paragone, è impossibile.

- E' impossibile. – dissi ad alta voce il mio ragionamento. – Sono creature così affettuose e morbide. –

- Magari è stato spaventato quando era piccolo. – ipotizzò Lilith. – I nostri sono perfettamente docili, ma un gatto randagio no. –

- Volete catturare Mrs Purr? – domandò Alexia con aria divertita. Pensai che ciò che aveva in mente fu rincorrere il gatto in giro per i corridoi, a schiena china, come se non fosse già abbastanza stupido avere paura di esso.

- Non faremo una cosa del genere! – Lilith prese in braccio Artemis, come per proteggerlo da un attacco improvviso. Neanche io avevo intenzione di allarmare un micio. Era sempre di Gazza, ma comunque un micio. Terrorizzate le persone, non gli animali.

- Quindi userete i vostri? – chiese nuovamente Alexia.

Ci pensai. – Si tratta di noi, tutto ciò che è nostro è pericoloso. –

- Anche i nostri felini hanno la cattiveria e l'astuzia nel sangue. – concluse Lilith.

- Va bene, certo che siete proprio strane. – commentò la Stark, alzandosi dal letto e dirigendosi verso l'uscita.

- Preferiamo il termine "alternative". – la corressi e con un cenno del capo la salutammo, posando di nuovo la nostra attenzione sui gatti.

- Mi spieghi che ci facciamo nell'aula della McGranitt? – Lilith e io eravamo nei banchi infondo durante la lezione di Trasfigurazione. Faceva bene a chiedermelo, noi non avevamo quasi mai partecipato a una sua lezione, trovavamo la materia inutile e perditempo. Ma in quel caso si rivelò importantissima.

- Non voglio lanciare Luna contro Will, preferisco porgergliela in una maniera più delicata. – iniziai, accarezzando la mia gatta. – Se non vorrai sottoporre Artemis a questo incantesimo lo capisco, i nostri mici valgono più di lui, ma io devo farlo. – le feci i grattini in segno di scuse e lei mi fece le fusa, per dirmi che era tutto a posto.

- Vuoi davvero...? – fece lei, ma non riuscì a finire la frase.

- Feraverto. – e il pelo di Luna divenne di cristallo, la sua forma si concentrò rivelando un bicchiere decorato. – Chiama Dom, voglio che veda. – non avevamo risolto noi l'indovinello, ma che importava.

A fine lezione Lilith era andata a cercare Dominic, probabilmente nella Sala Comune. Quando non era con noi era impossibile capire in che luogo si sarebbe cacciato: il castello era grande, le locande troppe. Tenendo conto che neanche lui avrebbe partecipato ad alcune lezioni, cercarlo per le aule sarebbe stato inutile.

Io, invece, tenendo stretta il calice, ritornai nel dormitorio a rovistare nella borsa degli scherzi, per recuperare un'altra bottiglia di vino babbano. La precedente era ancora nell'ufficio del preside. Contornai il suo collo con un nastro rosso e ci feci il fiocco. Soddisfatta andai nella Sala Comune, dove, come previsto, mi stavano aspettando tutti e tre. A parte Lilith che sapeva già tutto, Alexia e Dominic mi guardarono con perplessità. Alzai gli occhi al cielo, non volevo rovinare la sorpresa a nessuno, così mi limitai a dire: - Oh cielo, scusami Mr Tudor per averla importunata così a lungo durante la sua permanenza ad Hogwarts! – recitai con teatralità e melodrammaticità, per essere il più credibile possibile, ma dalle loro reazioni capii che avrei dovuto impegnarmi di più. – Non importa, vedrete. – e feci cenno di seguirmi al Settimo Piano, nell'aula di Aritman-tudor. Le ragazze si posizionarono di fianco a me, pronte ad andare. Poco prima di salire le scale della Sala sentii prendermi per le spalle. Mi voltai e Dom mi stava fissando con aria preoccupata. Sbuffai. – Senti, se non ti stanno bene le mie maniere puoi anche andartene, ma ti perderai... -

Mi interruppe. – Dobbiamo parlare. – e poi guardò verso l'alto, dove Lilith e Alexia si erano fermate, in cima alle scale. La sua serietà mi fece preoccupare, non aveva intenzione di parlare di noi, sperai. Senza che potessi ribattere, lasciò la presa e avanzò. Con calma mi girai e raggiunsi le altre, pronte ad osservare la nuova strategia.

Per tutto il tragitto pensai alle parole di Sherwood, quel ragazzo riusciva a farmi andare in paranoia come e quando voleva. Lo guardai, di fianco a me, giusto pochi secondi, perché quando mi ricambiò lo sguardo io lo spostai sul pavimento, con le guance in fiamme. Non era arrabbiato, neanche deluso. Ultimamente non gli avevo fatto niente, cosa voleva da me? A meno che non avesse voluto parlare del bacio. Ma quale ragazzo, che fa così con tutte, pretende di andare oltre e poi di chiarire, come se qualcosa non andasse? Ma dai, sul serio Durmstrang? Devo trovarti davvero uno psichiatra. Quando realizzai che tutti gli sforzi di capirlo erano stati inutili arrivammo al Piano prestabilito. – Comportatevi normalmente, siamo qui per chiedere scusa. – informai il gruppo. Se Lilith non avesse saputo precedentemente le mie intenzioni si sarebbe messa a vomitare. Invece annuì.

Decisi di bussare, ma dopo un colpetto la porta si spalancò e Karkaroff uscì, leggero come un serpente, squadrando Dominic.

- Professore. – lo salutò.

Ma Igor si limitò a piegare lievemente le labbra all'insù e ad andarsene. Un ciuffo biondo sbucò dietro di lui. Era il momento.

- Cosa ci fate ancora qui? – chiese Will con un certo disprezzo. - Vedo che avete portato i rinforzi. – lui e Dom si strinsero la mano.

- Siamo qui, - iniziai, entrando – perché è arrivato il momento della resa. – i miei occhi giallognoli erano puntati sui suoi blu, freddi e incuriositi. – Per noi. – conclusi la frase, facendo scorrere il liquido rosso scuro dentro la bottiglia nel bicchiere.

A Will scappò una risatina e si sostenne la fronte con le dita. – Credo di essere abbastanza sveglio da capire che c'è sotto un trucco. –

Certo, voleva metterci alla prova, quale stupido si sarebbe mai fatto ingannare così facilmente?

- Pensi che il vino sia avvelenato? Bene, lo berremo tutti. – iniziai io, sorseggiandolo un po' e poi passandolo a Lilith, che fece lo stesso. E così via, finchè non tornò di nuovo a me, ormai quasi vuoto.

- Beh, direi che lo pensavo, soprattutto perché noi siamo in cinque e il bicchiere è uno solo. Ma avete dato prova della vostra onestà. –

- Visto? – constatai. – Niente trucchi. – mi avvicinai per porgergli il calice di cristallo. Lo feci delicatamente, non avrebbe dovuto assolutamente cadere, era come se gli stessi dando la mia anima. Quando tornai indietro le espressioni di Dominic e Alexia erano indecifrabili, si aspettavano del veleno o un gusto amarissimo, invece era semplice vino, in un recipiente un po' bizzarro. Lilith al contrario aveva l'aria di sfida e dovette sforzarsi per camuffarla, ogni singolo movimento dell'occhio avrebbe tradito le nostre intenzioni. Dovevo restare calma e aspettare il momento giusto anche io. Osservai Tudor poggiare le labbra sul bicchiere, riempirsi la bocca con le ultime gocce di liquido, deglutire, abbassarlo piano... tenendo i muscoli della mano in tensione, afferrai la mia bacchetta e, puntandola leggermente contro di lui, recitai il contro incantesimo a sottovoce e vidi la magia. Il cristallo trasparente ritornò nero e peloso, di dimensioni più grandi e feline. Per un attimo, Will sembrò spaesato, guardava Luna con confusione. Sperai che non fosse un altro buco nell'acqua, non era possibile, la soluzione era quella.

Poi gli cominciò a mancare il respiro, spalancò la bocca come per prendere aria, sorrisi. Lasciò cadere il gatto, che miagolando arrivò ai miei piedi; lo presi imbraccio. Il ragazzo si portò una mano alla gola e cominciò a tossire pesantemente, mentre lottava con le sue gambe per non farsi accasciare a terra. Una macchia nera e verde mi si parò davanti e poi corse da lui. Era Dom, che lo stava aiutando a sorreggersi in piedi, mettendosi un braccio sulla sua spalla. I suoi occhi mi fulminarono, poi guardò anche Lilith, così divertita da rotearsi un ciuffetto di capelli riccio scuro attorno alle dita. Quei colori azzurro-marrone mi fecero ripensare alla frase di prima. Ora avremmo dovuto parlare anche di questo? Era stato lui a dircelo, il piano era suo sin dal principio, noi lo avevamo solo decifrato. Appena furono fuori nei corridoi il respiro di Tudor si fece regolare. Quindi non aveva paura dei gatti, ne era allergico. E Sherwood ci aveva rivelato questa privata informazione, lo voleva forse morto? Nah, non lo avrebbe soccorso con così tanta fretta, lo avrebbe fatto soffrire di più.

Quando si riprese del tutto si girò, puntando il dito contro Luna. – Non azzardatevi più a portare quella bestia vicino a me. – sibilò a denti stretti, i suoi occhi erano quasi fuori dalle orbite, faceva paura. Se ne andò senza neanche ringraziare Dominic, ben gli stava.

- Direi che abbiamo vinto. – notai, schiarendomi la voce. Lilith mi batté il cinque, - Ottimo lavoro. -

- Sono stata io a risolvere il tutto. – Alexia cercò di toglierci il sorriso trionfante dalla faccia.

- Sei stata brava. – Lilith era così contenta che aveva fatto un complimento, con ancora il sorriso stampato.

Di nuovo quella sensazione di dolore alla spalla, la presa di Dominic era salda. Prima di girarmi lasciai Luna a Lilith, labiando un "torno subito". Quando annuì mi voltai, imbattendomi in due occhi seri.

Andammo verso il bagno dismesso delle ragazze, lungo il corridoio. Mi preparai psicologicamente, pensai a risposte veloci da dire, come "sei stato tu a baciarmi" – "non osare farmene una colpa" – "non c'è niente tra di noi". Ero così concentrata sui miei pensieri che non capii cosa mi aveva detto. Realizzai che aveva parlato solo perché le sue labbra si erano mosse e nel mio cervello aleggiava una voce diversa dalla mia coscienza.

- Puoi ripetere? – gli chiesi confusa.

- Non date troppa confidenza ad Alexia Stark. –

Era quello? Si trattava solo di quello? Non ci fidavamo ancora di lui e avremmo dovuto farlo con lei, ci aveva prese per sprovvedute?

- Sappiamo benissimo come comportarci! – mi arrabbiai, ero pronta per un altro tipo di discorso, invece ci aveva scambiate per delle stupide. – Ti ricordo che la Stanza delle Necessità è vicina! – strumenti di tortura. Misi il broncio, incrociando le braccia.

- Non stuzzicarmi proprio adesso che ti sto dicendo che lei non è chi dice di essere. – appoggiò un braccio sul muro, sopra la mia testa e sorrise. Lo sguardo serio era scappato, ora c'era quello super misterioso e sensuale che mi mandava in tilt.

- Non capisco cosa vuoi dire. – rilassai leggermente le spalle, odiavo quella situazione. Quella in cui lui era superiore e mi faceva sentire piccola piccola.

- Pensaci bene, non dare nulla per scontato. – si avvicinò. – Ogni frase, ogni gesto è importante. – il suo tono era deciso, ma quasi inudibile. Invece che avvicinarsi e sussurrare, non poteva allontanarsi e alzare la voce?

- Nulla per scontato... - sussurrai anche io, ma per ragionare. Ripercorsi tutti i momenti in cui Alexia era con noi, dalle selezioni di Quidditch, al battibecco con Susan Hossas, alla missione del ricordo su Voldemort... aspetta. Le dava fastidio chiamarlo così, diventava tutta tesa e nervosa. Solo alcune persone non tolleravano quel nome.

- E' una Mangiamorte. – realizzai, guardando gli occhi di Dominic, come se la risposta fosse stata scritta al loro interno. Mi sorrise annuendo, alzandosi dal muro.

- Molto bene, come premio andremo in quella Stanza. – mi fece l'occhiolino. Avrei voluto davvero frustarlo.

- Magari un'altra volta, devo avvisare Lilith. – e uscii.

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