Capitolo 27 Fuga dal Ministero

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Corremmo fino alla Sala Comune, era uno scherzo, pensammo, ce la saremmo cavata come sempre, sarebbe andato tutto bene. Ma l'altra parte di noi pensò che era la fine, che avremmo trascorso mesi ad Azkaban e che saremmo state punite severamente. La notizia scosse anche i ragazzi, Dominic mi abbracciò immediatamente, ripeteva che sarebbe andato per il verso giusto, che non era colpa nostra. Draco invece ebbe un fremito, come se volesse consolarci, ma non lo fece e ci rimanemmo male. Si limitò a dire: - Manderò un gufo a mio padre. – ma si percepiva dall'intonazione che era preoccupato anche lui.

Dopo aver immaginato accuratamente ciò che ci sarebbe potuto accadere, il più composte possibile, andammo a pranzare. Sperammo che nessuno ci guardasse troppo, capendo che ci fosse qualcosa di strano nel nostro comportamento. Nel tavolo dei professori Piton stava parlando con Silente, il preside non ci avrebbe mai aiutate, non eravamo di certo Harry Potter. Vidimo che annuiva e beveva tanto piuttosto che parlare, dando libero sfogo a Severus. Non mangiammo praticamente niente, nonostante le incitazioni degli altri. Non ci venne fame neanche fissando Tiger e Goyle che divoravano di gusto un polpettone. Al diavolo le energie, non toccammo cibo.

Usciti da quello che sembrava il pasto più lungo della nostra vita percorremmo la Sala d'Ingresso, dirette nei Sotterranei. Ma d'un tratto vidimo Will camminare nella nostra direzione, sorridendo. – Così siete attese da Fudge. – disse sghignazzando.

- Lascia stare. – sbuffai, ma poi pensai un attimo. Come faceva a sapere della lettera?

- L'hai presa tu! – schizzò Lilith, offesa e infastidita. – E scommetto che l'hai anche data a Piton! – estrasse la bacchetta.

Will alzò le mani. – Non l'ho data io al vostro professore, ma quel barbagianni. E riguardo la sparizione improvvisa della lettera, lo ammetto, ero curioso. – Lilith fece un verso gutturale, ma poi abbasso la bacchetta. Tudor sapeva già dell'incidente di quella notte, quindi non sarebbe servito a niente arrabbiarsi così, era solamente al corrente che, dopo tutti questi anni, i Babbani lo avevano capito. Senza sprecare altri secondi scendemmo le scale di pietra e attendemmo che Piton ci aprisse la porta del suo ufficio.

Ci fece entrare e la prima cosa che notammo fu un bagliore verde che riempiva tutta la stanza, il caminetto ospitava alte fiamme smeraldine: avremmo viaggiato con la Polvere Volante. Niente smaterializzazioni ad Hogwarts se non sei il preside. Piton si mise in mezzo a noi due e, stringendoci le spalle, ci accompagnò attraverso il fuoco. In pochi secondi fummo trasportati nel Ministero della Magia, dove il pavimento splendeva di un legno scuro, il soffitto blu pavone era incastonato di scintillanti simboli dorati che si muovevano e le pareti ai lati erano coperti da pannelli di lucido legno scuro. Al centro della sala c'era la fontana dei Magici Fratelli: un gruppo di statue dorate si ergeva al centro di una vasca circolare e rappresentava un mago, una bella strega, un centauro, un goblin e un elfo domestico. Tutti che sprigionavano acqua dalle bacchette, orecchie, cappelli o frecce. Stupefatte da quella creazione non ci accorgemmo di avere delle spille sulla nostra divisa, recitavano semplicemente il nostro nome con la scritta "Visitatore". Anche Piton ne aveva una, ma la sua diceva "Accompagnatore". Il professore schivò con eleganza tutti i dipendenti che giravano avanti e indietro, finchè non ci condusse verso i cancelli dorati, davanti a un uomo della Sorveglianza. Apparentemente meravigliate e confuse per quello che stava succedendo – il mago stava facendo fluttuare un asticella dorata lungo i nostri corpi – lo guardammo male, aggrottando le sopracciglia, rimanendo zitte. – Bacchette. – borbottò dopo, facendoci alzare gli occhi al cielo. Ma quando tirò fuori una bilancia d'ottone difettata capimmo che non c'era da preoccuparsi. Entrambe gliele porgemmo. - 10 pollici e ¼ di legno di pino e crine di un unicorno e 12 e 2/3 in noce con nucleo in piuma di fenice, entrambe in uso da 7 anni. Corretto? – quella specie di congegno con un piatto solo avrebbe dovuto essere un rivelatore o cose del genere. – Sì. – annuimmo, dopodiché ce le restituì. Incapaci di prevedere cosa sarebbe successo dopo, Piton ringraziò Eric – il sorvegliante – e ci condusse dentro un ascensore. – Tenetevi forte. – ci ordinò, prima che questo si chiuse e volò su, poi giù e anche a destra e a sinistra, facendoci sballottare per la cabina. Una volta che le grate d'oro si furono aperte, una voce registrata disse:"Ufficio Misteri". Dopo aver superato un corridoio estremamente lungo e buio, Piton annunciò molto freddamente: - Vi ascolterò da qui. – qui era l'entrata di un'enorme stanza circolare dove, seduti su tribune di molteplici livelli, si trovavano gli Indicibili, alcuni con tuniche rosse e altri – come il Ministro e la Umbridge – con tuniche nere. Eravamo tremendamente in soggezione, ma, per evitare di tremare, sedemmo su due sedie davanti a Fudge, il quale recitò: - Udienza disciplinare del nove novembre, per violazioni commesse contro il Decreto per la Ragionevole Restrizione delle Arti Magiche tra i Minorenni e lo Statuto Internazionale di Segretezza. Inquisitori: Cornelius Oswald Fudge, Ministro della Magia; Amelia Susan Hossas, Direttrice dell'Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia; Dolores Jane Umbridge, Sottosegretaria Anziana del Ministro, Scrivano della Corte, Percy Ignatius Weasley; Testimone per la Difesa, Severus Piton. – mentre il ministro recitava i nomi come una poesia, cinque cose ci vennero in mente, facendoci rabbrividire: non eravamo minorenni, ormai; speravamo che la zia di Susan Tassorosso non ce l'avesse con noi per aver sentito dei bulli nella scuola; la Umbridge ci avrebbe uccise; il fratello di Lenticchia alla nostra udienza, che degrado; quinto... Piton come difensore? Non sarebbe potuto andare peggio di così. Con riluttanza lo vedemmo avanzare, per poi fermarsi. Magari sarebbe stato dalla nostra parte, anche se ci aveva fatte finire lui in quel disastro. Forse, dopotutto, avrebbe potuto essere niente meno che un suo piano malvagio per spaventarci. Ma quello che ci fece sussultare fu la voce di Fudge.

- Siete Ckicki Blackheart e Lilith Blackwood, residenti al 17 di Carnaby Street, Londra, Westminster? –

– Sì. – rispondemmo all'unisono.

– Siete consapevoli di aver infranto la Legge Contro l'Uccisione dei Babbani imposta dal Ministero? – affermammo come prima. – Testimoniate l'accaduto. – brevemente, con tanti "inconsciamente", "purtroppo", "non volevamo" e "ci dispiace" raccontammo la nostra storia. Alcuni membri del Wizengamot ci guardavano con disprezzo, altri con gentilezza e pietà. – La seguente lettera, - cominciò Fudge, estraendo quel maledettissimo foglio di carta che avevamo tentato di distruggere un milione di volte, - afferma che voi abbiate iniziato a creare confusione da quando siete arrivate, non solo quando la signora Poppelwell vi ha proibito di frequentare la prestigiosa Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, dico bene? – annuimmo insieme, ma ripetendo comunque che non lo facevamo apposta e non ci sapevamo controllare.

Un'altra voce, una donna, la zia di Susan, parlò al posto del Ministro. – Quanti a favore di una condanna? – chiese ai colleghi. La prima mano che si alzò fu quella della Umbridge che, appunto, doveva avercela ancora con noi per la storia dei suoi gatti. Anche se era colpa di Dominic. Insieme a lei si unirono circa metà persone della Giuria, quasi tutte con la tunica nera. Io e Lilith deglutimmo a fatica, non riuscivamo a contarle, per noi erano troppe, non avremmo mai vinto la sentenza. Immaginammo che anche Piton, là dietro, avesse alzato la mano. Che razza di difensore è? Non ha detto una parola da quando siamo state interrogate e neanche ora che ormai è giunta la fine. Pensai irata. – Quanti a favore dell'assoluzione da tutte le accuse? – richiese la donna. La maggior parte, se non tutta, delle persone vestite di rosso alzò la mano, anche la Hossas e alcuni suoi vicini. Fudge era indeciso, prima non aveva votato o forse non lo avevamo visto bene, la sua mano scattava velocemente su e giù, come se non avesse saputo che cosa fare. Si girò a contare la mani, alzò il martelletto, prese molto fiato, come se quel tempo in più avesse potuto dargli una mano e finalmente disse: - Assolte da tutte le accuse. – e lo battè sul tavolo.

L'ansia del momento si sciolse, come se un macigno fosse stato spostato dai nostri corpi, i quali si strinsero insieme in un abbraccio. Quasi piangemmo per averla scampata anche questa volta. Soddisfatte del risultato, tornammo sorridenti da Piton, che però era più infuriato di prima. – Vi meritate lo stesso una punizione. – ma sapevamo che, essendo della sua Casa, sarebbe stata una cosa tranquilla. – Ben fatto. – aggiunse poi, con un inarcamento innaturale delle labbra. "Sta cercando di sorridere" fu l'espressione facciale che gli rivolsi.

Facemmo per girare l'angolo di quell'immenso corridoio, quando due Auror ci bloccarono la strada. Sorpresi, salutarono Piton con arroganza e odio, ma ci fecero passare. D'un tratto mi sentii tirare la manica. Mi girai, pensando di averla impigliata in qualcosa, invece incrociai lo sguardo preoccupato e sofferente di Alexia. Spalancai gli occhi per vedere la scena: quei due Auror la stavano portando nell'Aula del Tribunale dove eravamo state noi prima, l'avevano catturata. – Lilith. – bisbigliai e senza farmi notare dal prof le spiegai la situazione. – Dobbiamo andare a liberarla! – mi rispose in fretta. – Se scoprono che è una Mangiamorte (e che ha usato tutte le Maledizioni Senza Perdono) la sbatteranno ad Azkaban a vita! – non seppi con quale coraggio, ma mi venne un piano. Sussurrai nell'orecchio di Lilith ciò che avevo pensato e lei annuì. Ritornate nell'Atrium, Severus, davanti a noi, ci condusse davanti a un caminetto libero. Lui entrò per primo e ci aspettò. Molto lentamente ci mettemmo al suo fianco, ma, appena vidimo le fiamme verdi sollevarsi, balzammo fuori alla velocità di un gatto e silenziose come un serpente. L'ultima cosa che vidimo fu il braccio del professore che cercò di afferrarci, ma tutto divenne verde e, anche se di pochi millimetri distante da noi, sparì. Con il cuore a mille, rientrammo in ascensore, corremmo lungo l'Ufficio Misteri e ci presentammo davanti alla Camera.

- Magari siamo ancora in tempo. – bisbigliai, perché davanti all'entrata i due Auror bloccavano la strada e la loro stazza non permetteva di vedere niente. Udimmo solo la voce di Fudge furente che diceva:"Mostrami il tuo Marchio!" ma Alexia si rifiutava. D'un tratto le due figure avanzarono, dando via libera all'ingresso. Stavano per afferrare la Stark, le avrebbero sollevato la manica sinistra dove c'era il Marchio Nero. Lilith tirò fuori la bacchetta. – Beh, una volta l'ho minacciata che l'avrei fatto. – il suo strano sorriso non mi fece sentire molto tranquilla, ma non la fermai. – Deletrius. – disse e nel momento in cui il braccio di Alexia venne scoperto, il Marchio sparì. Aspettammo qualche secondo, in modo che tutti realizzassero che non c'era niente, lei compresa. Poi facemmo irruzione, gridando: - Non è una Mangiamorte, lasciatela andare! – ci guardò come non aveva mai fatto prima, doveva essere stata la prima volta in cui era felice della nostra presenza. Poi ritornò seria, fissa su Fudge. – Ve l'avevo detto. – e alzò le sopracciglia. I due Auror la lasciarono andare. Il Ministro ci guardò. – Non vi avevo già scagionate, signorine? – affermò più che domandò, molto irritato, con gli occhiali che gli scivolavano sul naso per colpa dell'espressione che aveva assunto. – Liberatela. – battè di nuovo il martelletto. – Non voglio più vedere queste tre ragazze in vita mia. – e si massaggiò gli occhi. Ancora più soddisfatte di prima camminammo verso l'uscita, ma di scatto Alexia chiese a Lilith: - Ora puoi farmelo tornare? – lei ubbidì e con la bacchetta sciolse l'incantesimo. Ma all'improvviso ci bloccammo. Lo aveva fatto ancora troppo vicino agli Indicibili e il Ministro aveva visto tutto. – Fermatele! – ordinò, alzandosi dalla sua postazione, quasi facendosi cadere gli occhiali di dosso. D'istinto ci venne da ridere, ma pochi secondi dopo corremmo come non lo avevamo mai fatto prima. Appena vidimo l'ascensore ci buttammo dentro, ma le grate non si erano ancora chiuse quando un Auror ci raggiunse. – Stupeficium! - urlai e quello venne scaraventato via, addosso all'altro, e noi salimmo al sicuro. – Presto, raggiungiamo un caminetto. – dissi col fiatone. La Stark non era ancora in grado di smaterializzarsi.

- No! – gridò Alexia, fermandosi di colpo. – Non possiamo. – e con tutto il fiato che aveva urlò: - Khaaaal! – la gente si fermò a guardarci, non capendo cosa stesse succedendo. D'un tratto, il silenzio venne interrotto da un rumore. E poi da un altro. Un altro subito dopo, come se qualcosa di pesante si stesse distruggendo. Alexia ci fece un sorriso sbilenco e ci guardò con le scintille negli occhi. Improvvisamente dal pavimento sorse un drago, un Ungaro Spinato, che distrusse completamente metà Atrium da quanto era grosso. La Stark saltellò felicemente e, afferrando la lunga catena che sporgeva dal collare del drago, con cui era stato imprigionato, si arrampicò sulla sua schiena. – Avanti, - ci guardò con impazienza, - che cosa aspettate? – non eravamo molto sicure di salire su quel bestione, ma la voce che proveniva dai corridoi e che gridava:"Trovate le ragazze!" ci fece cambiare idea. Montammo in sella e ci aggrappammo al busto di Alexia, che, strattonando le catene gridò al drago di volare, in una lingua strana. Ma l'animale la capì e subito si librò in aria, distruggendo il soffitto del Ministero e planando per il cielo plumbeo di Londra.

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