Capitolo 28 Il viaggio di ritorno

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– Oh mio Salazar, che figataaa. – urlai, mentre il drago prendeva quota. Le sue possenti ali continuavano a sballottarmi e d'un tratto non seppi più dove mettere le mani.

– Non urlare mai più! – mi sgridò Alexia, accarezzando Khal e andando più veloce. Inutile dire che mi vennero delle vertigini pazzesche. – Aggrappati a me e non guardare giù, ma davanti. – non facendomelo ripetere due volte, mi avvinghiai contro la sua schiena, ma non vidi granché, dal momento che i miei occhi erano strizzati e la testa china. Lilith era nella mia stessa posizione, dietro di me. Lei non avrebbe mai avuto paura delle altezze, ma la situazione che si stava manifestando incominciava a metterle qualche difficoltà.

D'un tratto, il drago sfiorò l'acqua del Tamigi, rallentando e creando quella brezza bellissima – Aprite le braccia. – tentò di consigliarci Alexia, finendo solo con farci serrare di più la presa sui fianchi. – Fidatevi di me. –

– Sei impazzita? – urlai invece. – Cadrò! –

– Tieniti con le gambe e stai tranquilla. – mi guarda, poi ritorna avanti e accarezza il drago parlando in una strana lingua. Sentendo che Lilith stava allentando la presa, decisi di fare lo stesso e, molto titubante, allargai le braccia. La sensazione era indescrivibile: il vento che soffiava contro, la percezione del vuoto tutt'intorno e la leggerezza del corpo una volta chiusi gli occhi erano perfetti; l'animale decisamente meno.

Man mano che il viaggio proseguiva, il drago sfiorava sempre di più le nuvole, per evitare gli sguardi curiosi dei babbani. Anche il paesaggio era cambiato: non c'erano più le case, i palazzi e grossi edifici, ma solo prati verdi e monti innevati. Pensando istintivamente a Hogwarts e ricordando il motivo per cui non eravamo più lì, mi sorse la curiosità di sapere perché Alexia aveva deciso di ritornare.

La chiamai. – Che ci facevi al Ministero? –

– Una soffiata. – imprecò amaramente. – Sono venuti a cercarmi, in casa mia! Quei brutti bastardi, appena li ho sentiti entrare sono scappata con Khal. Ovviamente mi hanno inseguita e, nonostante il mio vantaggio, mi hanno teso una trappola, incatenando il mio drago. Solo Merlino sa quanto avrei voluto incenerirli, ma purtroppo, ogni incantesimo o sputata di fuoco si sarebbe rivolta contro di noi per mezzo di queste. – si fermò e fece svolazzare le catene al collo di Khal per indicarle. – Non potevo rischiare, ma è finita bene comunque. – sorrise, godendosi quel momento di libertà.

– Già, - disse sarcasticamente Lilith – peccato che ora saremo tutte e tre delle ricercate. –

– Uh, già mi immagino i nostri bellissimi primi piani sparsi per Hogsmeade e Diagon Alley. – sdrammatizzai, anche se lo pensavo veramente.

Alexia si limitò a fare una smorfia. – E voi, invece? –

Le raccontammo la nostra storia, aveva il diritto di sapere anche lei e, ormai, non ci dava più fastidio divulgare il nostro segreto. Anzi, avrebbe semplicemente intimorito di più chi ci circondava. Poi passammo al caso strano della lettera fantasma – nominando anche Will – e spiegammo che razza di doppiogiochista era Piton. Solo in quel momento ci ricordammo della punizione, senza preoccuparci troppo.

La meta era ormai vicina e Khal scese in picchiata, facendomi perdere dieci anni di vita. Atterrammo in mezzo al campo di Quidditch.

– Voi andate. – ci ordinò la Stark. – Nessuno deve vederlo, lo porterò nella Foresta Proibita. – e, tirandolo leggermente come se fosse stato un semplice cane, lo fece camminare fino a foresta inoltrata. Gli alberi ci misero un po' prima di nascondere completamente la sua figura, mentre i capelli rosso fuoco della ragazza erano ormai un puntino.

Con il crepuscolo all'orizzonte, io e Lilith ci avviammo direttamente nella Sala Comune, passando silenziose e inosservate come sempre. Purtroppo, dopo aver attraversato il passaggio di pietra (Pureblood rimaneva la mia parola d'ordine preferita) notammo che era stracolma di studenti e l'effetto sorpresa avremmo anche potuto infilarcelo direttamente in quel posto. Non volevamo attirare l'attenzione su quanto accaduto, ma i nostri compagni erano più veloci con le domande che noi a pietrificarli. Si stava creando un sovraffollamento di voci, una più acuta dell'altra per prevalere, che iniziammo a indietreggiare tappandoci le orecchie. Poi, sempre pronto a toglierci da situazioni spiacevoli, il nostro caro Dominic ci prese brutalmente le braccia e, con altrettanta grazia brutale, si fece strada tra le persone. Incrociando lo sguardo di Draco – pareva avesse voluto fulminarlo – salimmo la scala a chiocciola che portava al dormitorio maschile, ma, invece di aprire la porta del Settimo Anno, Malfoy ci fece accomodare nella sua stanza da Prefetto. A differenza delle nostre verdi, le sue pareti erano argentate e, tra i mobili neri, era piazzato un caminetto leggermente più piccolo di quello di sotto. Al lato destro c'era una scrivania, ma ovviamente il pezzo forte era il letto a baldacchino a due piazze, con le tende e il copriletto verde smeraldo, dove era stato ricamato lo stemma del serpente. Ero così curiosa di provare quel materasso che mi lanciai velocemente sopra, rimbalzando su e giù per poi sedermi. Dopo che Dom ebbe chiuso la porta e io ebbi ricevuto strane occhiate, rispiegammo per la seconda volta la situazione al Ministero, accennando anche al fatto che Lucius si era rivelato completamente inutile. – Aveva da fare. – lo difese Draco, abbassando lo sguardo, senza battere ciglio. Esaltate dalla nostra fuga e dell'incontro con Khal non gli demmo troppo peso. Notai che tutta l'ansia di volare e le vertigini che non smettevano di manifestarsi erano andate via, lasciando spazio solo all'euforia e al divertimento. Lilith disse di aver vissuto meglio l'esperienza, grazie alla sua capacità di guardare tranquillamente il paesaggio anche a molti metri d'altezza. Poi la domanda sorse loro spontanea: – Dov'è lei? –

– Foresta proibita. – rispose la Blackwood. I due ragazzi sembravano sollevati, erano sicuri che ce l'avremmo fatta, ma appena poco prima videro Piton senza di noi persero un battito. – Credevamo vi avessero rinchiuse da qualche parte. – confessò Sherwood, tirando un lungo respiro e sfoggiando uno dei suoi ghigni malefici. Immediatamente fissai il pavimento, sia per non incrociare quel suo sguardo che per nascondere il mio rossore.

– Non essere ridicolo, ce la sappiamo cavare benissimo da sole. – sbottò Lilith, salvandomi dall'ennesimo silenzio imbarazzante.

– Mai dubitato il contrario. – le rispose con la stessa espressione di prima, una voce fin troppo suadente e un occhiolino che completò l'opera. Lei incrociò le braccia e ruotò la testa verso sinistra, tirando un verso auto con la bocca chiusa, sembrando quasi offesa. Draco serrò immediatamente i pugni e respirò rumorosamente. Riprendendo il colorito pallido in volto – e mandando giù quella strana fitta alla bocca dello stomaco per via della risposta di Dominic – cambiai argomento. – Piton vi ha detto qualcosa quando lo avete incontrato? – non mi rivolsi a nessuno in particolare, credendo che anche gli altri ragazzi fossero stati lì con loro due, di conseguenza fissai l'aria mentre parlai, mettendo dopo a fuoco il caminetto.

– Solamente che la situazione stava degenerando e avevate avuto un contrattempo. – ancora la sua voce mi entrò nelle orecchie, più ferma e controllata rispetto a prima. Guardai Lilith, che a sua volta squadrò Draco, sempre immobile, rigido come una statua. Mi svegliai da quella trance. – E non ha accennato nulla riguardo a punizioni o guai in cui potremmo finire? –

– Ovviamente. – la mia pelle diventò ghiacciata e coperta di brividi. Scambiando rapide occhiate anche con gli altri capii che per loro era la stessa cosa. Quella parola pronunciata lentamente e ben scandita, con voce bassa e untuosa come i suoi capelli, proveniva niente di meno che dal professore, eretto come un'ombra sullo stipite della porta. Nessuno lo aveva sentito entrare. Se prima ero beatamente seduta sul letto di Draco, in quel momento mi alzai di scatto. – Le mie congratulazioni alle mie due allieve più scaltre che mai. – deglutimmo. Se quella fosse stata tutta opera di uno scherzo televisivo per maghi, era pregata di terminare. Volevamo fosse uno scherzo. Piton da che diamine di parte stava? Accusatore, difensore e adesso di nuovo accusatore, anche se sembrava veramente compiaciuto. In effetti avremmo dovuto essere l'orgoglio per la sua Casa, o così credemmo. – Dormite bene questa notte, perché domani vi aspetta una giornata impegnativa. Aiuterete la professoressa Sprout nella piantagione di Tentacule Velenose. – emettemmo sospiri di disapprovazione, tutti quanti, sovrastando la voce del professore che continuava a fuoriuscire dalla sua bocca. – E, dopodiché, Hagrid vi aspetterà per l'allevamento di Schiopodi Sparacoda. – altre urla di negazione. – Intesi? – concluse con il massimo silenzio.

– Lei non può farlo. – fu Dominic a irrompere. – Hanno rischiato tutto per un'amica, non ha il diritto di farle... - s'interruppe, valutando attentamente la punizione. – Seguire le lezioni, aspetta, cosa? – ci guardò. Noi abbassammo la testa, ma alzammo gli occhi al cielo, arricciando le labbra. Avrebbe anche potuto essere stupido, ma noi non frequentavamo lezioni in cui ci si sporcava o si rischiava di far afflosciare l'acconciatura.

– Signor Sherwood. – lo chiamò il professore. – Si dia il caso che io sia il direttore della Casa Serpeverde, è stato informato di questo dettaglio al suo arrivo? – sebbene fosse una domanda retorica e molto sarcastica, Dominic rispose affermando. – E saprà che ho tutta l'autorità per infliggere alle mie allieve ciò che ritengo più opportuno. – un altro cenno di consenso. – Detto ciò, signorine, nei vostri dormitori. – alzammo lo sguardo e vidimo il professore che si scostava dall'entrata della stanza di Draco. Malfoy era zitto zitto, negli anni precedenti, se si fosse trattato di lui, avrebbe fatto una scenata infantile pur di non rimanere in punizione e dare la colpa ad un altro. Ma era cresciuto e, valutando che forse noi non eravamo niente per lui, non si oppose alle parole di Severus. Non era egoista, stava iniziando ad assumersi le sue responsabilità e magari era proprio questo che stava cercando di dimostrarci, basta scappare.

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