Capitolo 34 Heavy X-mas

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Più i giorni passavano, più il comportamento dei ragazzi era strano: Joseph ormai aveva un branco di ragazze che lo seguivano ovunque; Dominic prendeva sempre in disparte Alexia mentre questa era sul punto di vomitare e Will ronzava maggiormente intorno a Lilith. Quanto a me, restavo sempre alla larga da loro, immersa nei miei viaggi mentali ed emotivi. Era l'unico modo che avevo per pensare senza che qualcuno mi sbirciasse dentro. Ovviamente quel qualcuno era Sherwood, come potevo fidarmi dopo che, ripetutamente, si faceva i fatti miei senza avvertirmi? Restavo a mio agio solo con le ragazze, anche se iniziavo ad avere una certa gelosia per la Stark. Di solito, durante i pasti, mi sedevo tra Theodore, Tiger o Goyle, un piano schifoso devo dire: anche se loro parlavano spesso, i loro cervelli di gallina erano vuoti. Così iniziai a seguire Draco, sempre più teso, sempre più taciturno. Se non lo avessi conosciuto bene avrei detto che stesse male per qualcosa, il che era evidente, ma abbastanza frequente in lui. Quindi nulla di preoccupante, Dom si sarebbe sbizzarrito nella sua mente, avrebbe ignorato la mia, per forza. L'idea di girare da sola con Draco non turbò nessuna Serpeverde, l'arrivo di Joseph le aveva stregate a tal punto da farlo passare in secondo piano. Neanche con Dominic era successo così, Pansy poi, innamorata alla follia di Malfoy dal primo anno! Solo Lilith pareva a disagio, nonostante fossimo sempre insieme, le dava un certo fastidio vedermi prendere l'iniziativa. E poi, un giorno, io e Dominic ci incontrammo nei corridoi del Secondo Piano, da soli. Nulla di particolarmente acclamante, se non fosse stato che, per la prima volta, Harry Potter ci venne incontro. Probabilmente stava uscendo dall'ufficio del Preside. Io mi bloccai, aspettai lo Sfregiato e poi andai in contro a Sherwood con lui. Quanti segreti avrebbe potuto captare nella mente del Ragazzo-Che-E'-Sopravvissuto in confronto alla mia? Ma il tutto non andò secondo i piani. Appena i due furono faccia a faccia percepii della tensione. Mi pareva ovvio, un Durmstrang Serpeverde contro un Grifondoro Emancipato. Invece i muscoli di Dom si contrassero e strinse i pugni. – Non sei cambiato per niente. – disse a Potter, con un tono impacciato. – Anche da giovane cerchi attenzione e le storie che mi hai raccontato sono frottole. – Harry rimase accigliato e mi guardò. Scossi la testa, non avevo la minima idea di quello che stesse dicendo, così lo fissammo entrambi. La sua espressione cambiò e sembrò ricomporsi. Espirò rumorosamente. Balbettò qualche scusa e poi rigò dritto, nella direzione in cui ero arrivata io.

L'inverno ormai era arrivato e a preannunciarlo erano le prime nuvole bianche, segno di una nevicata imminente. Hogwarts innevata faceva alquanto schifo. Era brutto vedere tutti i rami spogli e le foglie colorate a terra ricoperte di bianco, non era affatto poetico. La ragione per cui io e Lilith amavamo quella stagione – più o meno – era grazie all'incantesimo Trivingeus e alle sue palle di neve stregate, che seguivano un soggetto nonostante questo cercasse di scappare. Fu la prima cosa che facemmo ad alcuni Grifondoro e Tassorosso. Era sempre un piacere ridere di gusto e, per chi non si univa alle risate, facevamo cambiare loro idea con la fattura del solletico Titillando.

– E' quasi Natale. – dichiarò Alexia, stranamente di buon umore. Stava semisdraiata sul divanetto. Era soddisfacente avere ore buche nello stesso istante, avevamo la Sala Comune tutta per noi, e i ragazzi ovviamente. Che fastidio. – Dove passerete le vacanze? – il suo sguardo fece intendere che era riferito solo a me e a Lilith.

– Staremo nel nostro cottage a Londra, come sempre. – rispose lei, in modo neutrale. Stavo prendendo in considerazione l'idea di mentire e dichiarare di stregare i babbani per avere tutta la città sotto il nostro potere. Deprimente, sì, loro non valgono così tanto. Tralasciando il fatto che ormai era diventata una comunità mista e, sotto l'occhio del Ministero, non avremmo potuto fare molto. Non mi è mai piaciuta l'idea di ritornarci.

– Io starò nella mia villa. – rispose la Stark, attorcigliandosi una ciocca di capelli sul dito. Non era normale un comportamento del genere da parte sua, rimasi spiazzata dal gesto, ma cominciai a farmi qualche teoria. – Potrei invitarvi tutti e dare una festa, sarà molto più divertente che restare qui a Hogwarts. E poi sei alberi sono troppi. – detto ciò si sollevò con un gesto elegante e ci fissò. Io non riuscii a parlare, Lilith la guardò confusamente male.

– Sembra divertente. – annunciò Dominic. Quanto avrei voluto negasse la cosa ma, figuriamoci, avrei scommesso che fosse proprio lui l'anima delle feste. A dargli retta annuirono Tiger, Goyle, Zabini e Nott. Will sorrise di sbieco, Joseph ridacchiò, Pansy giunse le mani a cuoricino e Draco sbuffò. – Dai Dracuccio, vieni anche tu. – lo implorò la Parkinson con uno sguardo da cane bastonato. Proprio ciò che sarebbe diventata se non avesse smesso all'istante.

– Non ho tempo di festeggiare, ho cose più importanti da fare. – replicò serio, scrutando tutti e poi il pavimento, divenuto così troppo interessante per lui. Sentii Lilith sospirare di fianco a me. Era un vero peccato, ci saremmo potuti divertire.

– Non devi fare assolutamente niente invece. – la voce di Alexia librò nell'aria. – Esistono... delle pause. – fece poi, alzando un sopracciglio. Non avevamo la minima idea su ciò che stesse ammiccando, ma se avesse portato Malfoy da noi, saremmo state ben liete di seguire il suo ragionamento. – Tuo padre sarebbe d'accordo. – la tirata in causa di Lucius fece scattare qualcosa in Draco, che alzò gli occhi da terra e si strinse le spalle.

– Eh va bene, ma non coinvolgetemi in cose che... -

– Io e Ckicki ci saremo! – urlò Lilith sopra Malfoy, con un tono completamente diverso da quello di prima. La guardai, lei annuì e io alzai gli occhi al cielo. Non sarebbe successo nulla di male, si trattava solo di una festicciola tra amici in una casa.

La casa si rivelò essere una villa di mattoni neri, di almeno quattro piani e un sottoterra, in ognuno dei quali erano compresi quattro stanze da letto, tre stanze da bagno, due cucine e nello spazio restante una zona relax dove ci trovavamo noi. L'immenso salone conteneva una TV al plasma e un divano, il tavolo da biliardo e delle slot machine. Notai anche una palestra, piste da bowling e una piscina a idromassaggio riscaldato da qualche parte. Il giardino, invece, era il quadruplo dello spazio della casa: c'era l'area di Khal, un campo per duellare, un immenso orto con un numero di elfi domestici pari a quello delle cucine di Hogwarts e, per contornare il tutto, una foresta. Notai un'altra entrata che portava più giù. – No! – si allarmò Alexia. – Quelle sono le segrete e uno dei quartier generali del Signore Oscuro. Non vi consiglio di entrarci. – ci intimò. Noi ubbidimmo, spaventate. In ogni centimetro straripavano Serpeverde, tutti vestiti eleganti. Per l'occasione, io, Lilith e Alexia ci eravamo piastrate i capelli, in modo che sembrassero ancora più lunghi, e truccato il viso con ombretti scuri e glitter argento. Quanto ai vestiti, io indossavo un abito a sirena, nero, tempestato di paillettes e tulle sul fondo, con lo scollo a cuore. Lilith un abito stile impero, indaco, che scendeva morbido sulle gambe ed esibiva uno spacco vertiginoso. E la Stark aveva una gonna molto più ampia rispetto al corpetto senza spalline, di un tessuto simile al velluto, avorio con ricami neri sparsi per tutta la lunghezza. Non l'avevo mai vista così e un po' mi sentii intimidita. Oh, finalmente indossavamo i tacchi più alti del nostro armadio, in modo da ritornare a squadrare tutti dall'alto verso il basso. Ragazzi compresi. I quali sfoggiavano con orgoglio la loro divisa rossa. Ci vennero serviti dei cocktail fumanti in calici molto ampi e, con eleganza, bevemmo ciò che si rivelò essere dell'alcol babbano aromaticamente dolce.

– Chi sta suonando? – la voce ci fece balzare, nonostante non si percepiva bene a causa del trambusto della batteria e della chitarra. Ci girammo.

– Will! – urlò Lilith, sopra le note del cantante, sorpresa di vederselo ancora intorno. – Sono i Weird Sisters, nulla di che. Probabilmente suoneranno le stesse canzoni esibite durante il Ballo del Ceppo. C'eravate, no? – Tudor non rispose, i suoi occhi erano impassibili, ma le sorrise e, guardandola, le porse una mano.

– Vuoi ballare? – le chiese. Lilith ci guardò. Il mio sguardo emanava avversione, ma la mia mente stava accettando per lei. Senza ponderare troppo, Lilith strinse le dita nelle sue e lo seguì nella pista buia, illuminata solo da luci psichedeliche.

– E tu? – rimasi così incantata dai due che, nel momento in cui sentii un fiato sul collo, non solo balzai – di nuovo – ma urlai. Premetti tanto sul bicchiere che temei di romperlo. Furiosa, mi voltai e ciò che vidi non mi piacque affatto. Dominic stava sghignazzando allegramente. Lo guardai male, ma al tempo stesso riflettei. Io ormai credei che lo avrebbe chiesto ad Alexia, non più a me. Invece ero io la destinataria di quella domanda. Mi rilassai leggermente, ammiccando un sorrisetto. Quando rivolsi lo sguardo alla Stark, però, la trovai impegnata a gesticolare con Joseph. Realizzai che Dom sarebbe stato tutto mio e io ho sempre amato possedere oggetti e persone. Non dandogli la soddisfazione che meritava, feci finta di pensarci su, poggiando un dito smaltato sulla bocca e osservando per aria. – Sì, beh, forse, magari quando arriva Babbo Natale, che dici? – lui abbasso lo sguardo e rise, scuotendo la testa.

– Non fingere con me, sai che non puoi. – e detto ciò alzò l'avambraccio per permettermi di avvolgere il mio contro. Era vero, mi rassegnai, non era giusto.

– Tu però con me puoi. – per nascondere la delusione finii la bevanda e posizionai il bicchiere su un tavolino vicino. Prima che potessi andare avanti a parlare, Sherwood mi strinse a sé, posizionando una mano sul mio fianco e afferrando la mia all'altezza delle spalle. Colta alla sprovvista, misi la mano libera dietro il suo collo. Era bello, finalmente. Guardarci in faccia senza sembrare uno struzzo. Sorrisi e lui se ne accorse. – Come mai sei di buon umore? – buffo che me l'abbia chiesto, avrebbe potuto leggermi nella mente, invece non lo fece. Il mio sorriso si allargò, mostrando anche i denti. – Grazie. – risposi semplicemente, alludendo al fatto precedente.

– Per cosa? – sembrava davvero impreparato o ingenuo. Due erano le possibilità: che lo stesse facendo apposta per farmi imbestialire come sempre o che volesse che glielo dicessi in faccia e, di conseguenza, non stesse frugando nei miei pensieri. O forse sì, ma stava facendo finta. In qualche modo aveva capito che il suo comportamento non mi piaceva. – Mi sei mancata. – aggiunse, infine. Anche io provavo la stessa cosa, schivarlo per settimane intere era stato utile, certo, mi occupavo più di me stessa invece che stargli dietro. Ma anche faticoso, avevo bisogno del suo tocco. E poi, tutte quelle teorie sulla Stark. Sospetto che lo facesse per Joseph, alla fine lui è sempre rimasto con noi, ma appunto avevo occhi per una sola persona.

– Anche tu. – ritenendo che il valzer non era più il ballo giusto per la canzone "This is the Night" iniziammo a muovere i fianchi e, presi dall'enfasi, a sbattere contro le altre persone, soprattutto quando mi faceva girare su me stessa senza preavviso. Non ero particolarmente stabile per certe manovre. I capelli sballottavano a destra e a sinistra mentre muovevo il collo, tantoché certe volte non vedevo niente.

La festa continuava sullo stesso ritmo: i balli costantemente scatenanti e i bicchieri di alcol che passavano tra i ragazzi ben presto erano vuoti. Soprattutto quando raggiungeva la nostra postazione, io, Lilith e Alexia non rifiutavamo mai, mentre i nostri compagni ci imitavano. Qualche minuto prima della mezzanotte, un cesto fluttuante si levò sopra le nostre teste. Conteneva dei biglietti, sigillati con un incantesimo e cosparsi di Amortentia. Ancora quell'odore di fiore di loto e corallo mi invase le narici, esattamente come fece quando preparammo lo scherzo per Dominic. Qualcosa di strano mi fulminò il cervello, facendomi rallentare ancora di più il lento che stavo ballando, sulle note di "Magic Works". Sentivo un nuovo profumo, come di colonia, ma ipotizzai che Dom avesse esagerato con il suo profumo, la mia testa era praticamente appoggiata al suo collo. E, intanto, quelle parole d'amore accompagnavano i nostri movimenti. – A che servono questi? – anche lui ne prese uno e lo guardò con prepotenza. Cercò di aprirlo, ma non ci riuscì, risi.

– Quello è il tuo biglietto d'ingresso per Sette Minuti in Paradiso. – risposi, appoggiando le labbra sul suo orecchio. – Si apre solo quando un'altra persona ne pesca uno col tuo stesso simbolo, che troverai poi all'interno. – guardai la mia bustina e ci rimasi male. Non si era ancora aperta, non sarei andata in nessuna stanza con lui, per sette minuti. Mi guardai intorno, per capire quali possibilità avevo di rubare il biglietto giusto a qualcuno o di scorgere ragazze troppo carine che avrebbero potuto essere una minaccia. Sbuffai divertita, le più carine eravamo io e Lilith. Quindi mi focalizzai sui ragazzi che avrei potuto pescare io. Il primo che vidi era Draco, dalla chioma inconfondibile e il suo completo nero. Ballava con Pansy, che seccatura. No, un momento, quella era la Greengrass, Astoria. Che diavoleria, ma la mia voce interiore si ritrovò ad esultare comunque, almeno la Parkinson era fuori pericolo, da me.

– E cosa si fa in questi sette minuti? – mi chiese Dom, così innocente, ma scorsi lo stesso la malizia nella sua voce.

– Tutto quello che vuoi, ricordati che sei in Paradiso, indisturbato. Ma devi stare attento. Quando il tempo scade le porte si aprono e tutti potranno vedere... – alzai di qualche tono la mia voce suadente – lo stato in cui ti trovi. – percepii delle vibrazioni nel suo torace, che si alzava e abbassava velocemente.

– Temo proprio, allora, – e mi spostò, costringendomi a guardarlo. – che non sarai tu la beneficiaria di questo ben di Dio. – ci teneva così tanto a vedere la mia reazione, ma cercai di contenermi, soprattutto per la sua battuta allusiva.

– Beh, caro Angelo-Sceso-In-Terra, spera solo che la beneficiaria non sia uomo. Nulla vieta che due persone dello stesso sesso possano pescare lo stesso simbolo. – e in quel momento pregai che fosse davvero così. Lui mi sorrise, lo avevo sconfitto.

Poco dopo io ritornai dalle ragazze, in una delle cucine. Vidi tanti bicchierini pieni di liquido colorato, disposti in cerchio. Alexia, con una serie di incantesimi, li moltiplicava e ingrandiva. Riconobbi gli shots, ma quando ingozzò una bottiglia e la mise al centro del cerchio capii meno. Lilith la guardò male. – Stai scherzando? –

– Non vi farò baciare con nessuno, vi conosco, so quanto siete schizzinose. – Alexia provò un certo divertimento nel dirlo. – La bottiglia girerà e colpirà prima la persona e poi il drink da bere. Per le vostre sconcerie – e levò in alto il biglietto – vi presto già una delle mie stanze. – enfatizzò molto sull'avverbio "una", come per essere sicura che avremmo capito. Eh sì, era stata opera nostra, l'avevamo costretta. Ma accettò e, prima, pensai che fosse per Dom. Ma ora sapevo che voleva farlo per Joseph. Credo. – Wingardium Leviosa. – disse svogliatamente e tutto il cerchio alcolico si alzò, finendo sulla pista ormai sgombra. Come delle sanguisughe, tutti i ragazzi impegnati con le slot, il biliardo o il bowling si accalcarono sull'alcol, pronti a prendere un altro bicchierino. Alexia si arrabbiò e fece eruttare scintille rosse dalla sua bacchetta. – Non così, idioti! – tutti si fermarono a guardarla. – Volevo dire... – diede un colpetto leggero in direzione della bottiglia e questa prese a girare velocemente. Il collo si bloccò su Tiger. – Vincent, tu dovrai bere... – continuò e ripeté l'operazione con la bacchetta. La bottiglia si fermò su qualcosa di bianco cristallino. Alexia corrugò le sopracciglia. – Credo sia Vodka. – ma il ragazzo, probabilmente ignorante, la bevve subito in un sorso e urlò in segno di vittoria. Tutti i compagni esultarono e ripresero con il gioco.

– Sì, esilarante. – commentai fianco a fianco con Lilith, che aveva uno sguardo perso. Toccò bere anche a noi, qualcosa di verde, poi blu e poi rosso. Iniziavo ad apprezzare molto di più la festa, mi sentivo più sollevata. Ma mai quanto Lilith, una volta aperto il suo biglietto.

– Ho detto che l'ho fatto solo per farti stare zitta! – sentimmo Draco urlare contro Pansy, entusiasta all'idea che Malfoy avesse un simbolo. Casualmente uguale a quello della mia amica, un furetto. La sua felicità sprizzò dappertutto, come se l'alcol le avesse impedito di contenersi. – E' il suo Patronus, se ci penso potrei mangiarlo. –

– Complimenti, Draco e Lilith, prendetevi una stanza. – la Stark annunciò e liquidò nello stesso momento i due, sempre sottolineando il numero della camera. Lilith divenne leggermente rossa e sorrideva. Malfoy, ancora perplesso, come se non avesse messo a fuoco la situazione, condusse la Blackwood verso la stanza. Fu facile per lui trovare la strada, dal momento che conosceva già bene la villa. – E ricordate che c'è un timer, non voglio vedere cose di cui poi possa pentirmi. – annunciò ancora Alexia. Draco voltò la testa e la guardò furente, ma lei non ci fece caso. Will mi passò vicino, stava stropicciando un foglietto. Mi accorsi che stava scrutando malamente Malfoy, il quale girò l'angolo. Quello che aveva in mano era il suo biglietto, aperto. Era disegnato un... – Qualcuno di voi ha un coniglio? – la voce assordante della Parkinson mi urtò l'udito. Will alzò gli occhi al cielo. Stessi per ridere, ma quando lui incrociò il mio sguardo mi raggelai. Feci spallucce e me ne andai.

Sentii brindare e mi incamminai in quella direzione. In mezzo alla nostra cerchia di Bacchettemuniti Dom e Alexia alzarono i calici. Mi incuriosii e mi avvicinai per verificare. – Il leone, eh. – sentii dire da Sherwood.

– Sì, non che mi rappresenti tanto... – prima che la Stark potesse dire altro, la guardai. Ed ecco che le mie teorie su loro due si rifondarono. Tutti parvero notare la mia entrata in scena o, forse, mi immaginai di essere osservata. Errato, ero sotto osservazione, ma da due occhi di diverso colore. E poi sentii qualcosa muoversi nella mia mano. Stavo stritolando la mia bustina che, poveretta, cercava di aprirsi. Guardai il mio simbolo, mi aspettai di vedere un serpente, un cobra pronto all'attacco, esattamente come me. Ma mi disillusi quando vidi una specie di avvoltoio e realizzai che qualcun altro lo aveva. Mi guardai in giro e un'alta figura rossa mi si parò davanti. Joseph Morgan. Restai allibita, in quel momento ero io a fissare i miei amici. La vena del collo di Alexia pulsava minacciosamente. Benissimo, allora. Se è l'avvoltoio che devo fare, lo farò. Le restituii uno sguardo innocente, mentre presi in disparte il suo partner e andai a brindare da un'altra parte. Immediatamente Dom le disse qualcosa, ma non mi importava. Meglio se si fosse ingelosita.

Nel frattempo Lilith e Draco sbucarono dall'angolo del corridoio. Mollai lì Joseph e andai a parlarle. – Avanti, racconta, cos'è successo? – alzai le sopracciglia velocemente e le feci un sorrisetto sghembo.

– Ci siamo baciati! – esultò e io urlai sonoramente. – Sì, beh, ce ne ha messo di tempo, il timer stava per scattare. Mi sono avvicinata a lui cautamente, sembrava terrorizzato, come se lo stessi obbligando. Mi sono sentita offesa, dopo tutti quei minuti, ma alla fine mi ha dato un leggero e riluttante bacio. – alzò gli occhi al cielo, ma sorrise ugualmente. Credevo facesse parte dei modi di fare di Malfoy, anche quando lo baciai io, sotto la Maledizione Imperius, lo trovai alquanto distaccato, ma non glielo dissi, non volevo rovinare la sua felicità in quel momento. Quanto alla mia di felicità, li vidi andare tranquillamente verso il Paradiso, senza che mi degnassero di uno sguardo. – Qualcosa di interessante? – chiese poi e le feci un breve riassunto della situazione. – Non mi fido di Morgan. – rispose a fine storiella.

– Neanche io, ma è diventata una questione personale, aspetta solo che escano. – quei sette minuti infernali non passavano più e io mi stavo già immaginando le peggio cose. A Hogwarts non sono mai stati veramente appartati, chissà che staranno facendo. Presi Joseph per il braccio, giusto in tempo prima di scambiare l'occhiataccia Hogwarts – Durmstrang (Dom) e dirigere il mio Dio in una direzione a caso che non sapevo. Riconobbi la stanza poco lontana da noi per via di un pendolo stregato e delle porte a due battenti che agivano da sole. Una volta dentro si sigillarono con uno strano rumore e il tick tock del pendolo divenne subito snervante. Ero rivolta verso la porta. Presi fiato, chiusi gli occhi e mi spaventai. Ero bloccata in un enorme camera da letto con Quello Strano. Quello Strano, che avevamo visto nel bosco, insanguinato. Mi toccò la spalla e mi fece sussultare. In qualche modo l'immagine spietata mi ritornò in mente. Mi voltai e, con un coraggio che non seppi di avere, lo fissai dritto negli occhi. – Cosa ci facevi nella Foresta? – chiesi in un sussurro, così basso che credei non mi avesse sentito. Invece sorrise.

– Una semplice escursione, avevo voglia di vedere i centauri. – sembrava tranquillo, come se stesse dicendo la verità e qualcosa mi supplicò di dargli retta, forse la paura. – Dicono che siano molto orgogliosi e suscettibili, volevo sapere cosa avessero pensato una volta visti i draghi. –

– Ammirevole e davvero nobile preoccuparsi degli altri, Pansy ti serviva per ricordarti la strada di casa? – provocazioni, ecco a cosa andavo in contro, in tutti i sensi. Sapevo che giocare così, con lui, avrebbe solo peggiorato la situazione.

– Come ti senti? – non capii esattamente cosa fregasse a lui del mio stato d'animo. Il suo tono era dolce e calmo, mi tranquillizzai, finchè non posò una mano sulla mia guancia, al contatto rabbrividii.

La spinsi via con veemenza, schiaffeggiandogli il braccio. – Non mi toccare. – cercai di fulminarlo con lo sguardo, ma non funzionava con lui. Non vidi nessuna reazione, anzi, continuò a sorridere.

– Oh, lo so bene. – allargò il sorriso e io abbassai la testa. Ero agitata, cosa porco Godric stava succedendo? Lo sentii rigirarsi qualcosa tra le mani. – Che creature affascinanti gli avvoltoi, fiutano la morte e si cibano di essa. – emise una risatina. – Ma questo non è un semplice avvoltoio, non credo si avvicini minimamente. Questo è l'uccello del malaugurio in persona. – aggrottò le sopracciglia. Stava cercando di darmi indizi? Uccelli che mangiano la morte. Mangiamorte. Una persona qui è un Mangiamorte. Certo, Alexia, lo so. Forse lui non se n'è accorto. E poi, l'odore di morte a Hogwarts, quindi una persona era morta davvero? – Dicono che i simboli siano i Patroni di uno dei due scelti. – continuò lui, scherzando. Ma era vero, sicuramente era vero. Malfoy aveva il furetto e il coniglio... doveva essere di Will, la Parkinson ha la libellula. Quindi l'avvoltoio è il suo, è un Mangiamorte anche lui. Sentivo un'aura spettrale attorno a lui. – Sono serio, stai bene? – mi risvegliò di nuovo dai miei pensieri. Sapevo cosa non avrei dovuto fare, ovvero dargli fastidio e sospettare, come successe con la Stark. Dovevo rimanere al piano originale.

– Benissimo. – feci, avanzando verso di lui, il cuore che batteva a mille. Gli presi il viso fra le mani e mi avvicinai, costringendolo ad avvolgermi attorno alle sue braccia.

– Sbaglio o non potevo toccarti? – sussurrò sulla mia bocca leggermente aperta.

– Ho cambiato idea. – appoggiai le mie labbra sulle sue, quando un suono, come una sveglia, suonò e le porte della stanza si spalancarono, rivelando Alexia con le braccia incrociate e un'espressione soddisfatta.

– Te lo avevo detto che si sarebbe comportata così. – gli fece cenno lei, facendo schioccare la lingua sul palato.

Io guardai prima lei e poi lui, a ripetizione. – Eravate d'accordo? – sbottai infine, scrutando la Stark.

– Nessun rancore, vero? – mi rivolsi verso Joseph, ecco spiegato quel suo ghigno felice. Grugnii e uscii dalla stanza, in preda alla collera.

Sconvolta e umiliata ritornai nel salone, gli occhi che bruciavano. Ringraziai le luci a intermittenza per non mettere in evidenza il mio volto. Era stato lui, era stato Dominic a comunicargli il mio pensiero. Lo chiamai nella mente, urlai il suo nome con tanta cattiveria, ma nessuno avrebbe potuto sentirmi, se non lui.

– Ehi, che ti prende? – mi tirò il braccio e mi trascinò lontano.

– Smettila, che cosa hai fatto là dentro? Perché glielo hai detto?! – finalmente potevo urlare, la band continuava a suonare e noi eravamo abbastanza distanti dal centro della sala.

– Niente, non abbiamo fatto niente, credimi. – ancora quel tono dolce e pacato che aveva usato Joseph. No, basta, ci sono cascata una volta, ho abbassato la guardia una volta, adesso no.

– Non ti credo! – urlai ancora più forte. Non so che diritto avevo su di lui, nessuno per l'esattezza. Se avesse voluto fare il donnaiolo come il suo amichetto non sarebbero stati problemi miei. Invece, in qualche modo, sentii che c'entravo anche io, che erano fatti miei.

– Ti prego, ne possiamo parlare? – mi guardai intorno. Lilith era sparita, con Alexia non avrei avuto nulla a che fare per un po', Draco non avrebbe perso tempo con questa faccenda e degli altri non mi importava. Annuii in silenzio, sbirciando i suoi occhi bicromati. Dannazione, anche così li trovavo belli. Mi prese per mano e, insieme, ripercorremmo il lungo corridoio che portava alla camera del Paradiso. – No, non di qua, vieni. – mi trascinò da tutt'altra parte, sotto una rampa di scale.

– Perché di qua, come fai a sapere che...? –

– Quella camera è stata cronometrata e, al momento, credo sia occupata. Non avremmo privacy e poi sette minuti non bastano. – fece uno scalino e guidò anche me. – Fidati. – e salimmo metà rampa, sempre mano nella mano.

– Alexia aveva detto di usare solo... – sbuffai – che si fotta. – sentii Dominic ridere e contagiò anche me, ma mi limitai al sorriso.

Mi condusse oltre un altro corridoio, strutturato come quello al piano di sotto, con l'unica differenza che le porte erano chiuse, tutte. Dom, senza pensarci due volte, aprì la seconda sulla destra. Si rivelò essere un'altra camera da letto, spaziosa ed elegante come la precedente. – Non mi hai ancora risposto, come sai a memoria la piantina di questa casa? – invece di tranquillizzarmi mi allarmai di più.

– Calmati, per favore. – il suo tono era fermo, controllato.

– Non dirmi di stare calma! – alzai di più la voce e spalancai gli occhi.

– Va bene, scusami, sfogati pure. – notai dell'agitazione nella sua linea melodica e questo non fece altro che mandare in agitazione anche me. Avevo bisogno di un sostegno morale, non di una figura che peggiorasse il mio stato. – Scusami. – la sua voce ritornò composta, aveva capito. Era di nuovo serio, con le labbra serrate. – Tra me e Alexia non c'è nulla, si diverte solo a stuzzicarti, perché conosce il tuo punto debole, dovresti saperlo. –

Lo fissai meravigliata. – Ah, tu saresti il mio punto debole? – lo indicai, cantilenando.

Lui spalancò le braccia e fece quel suo sorrisetto. – Perché, non è così? – e si avvicinò. Lo trovai divertente, ma incrociai le braccia al petto, impedendogli di avanzare oltre. – Dai, Delphi... – bisbigliò. In quel momento avevo lo sguardo basso, ma al suono di quel nome lo alzai, in preda al panico.

– Come mi hai chiamata!? – sciolsi le braccia per tenderle lungo i fianchi e stringere i pugni. Le unghie nella carne mi facevano male.

Dom si schiarì la voce. – Ho detto che dovresti definire le tue intenzioni. – alzò il tono di qualche ottava, per permettermi di sentire meglio.

– No, tu hai detto un'altra cosa! – mi avvicinai. – Defi, delfi, delfini, non ho capito, ma so che non era ciò che hai detto ora! – ripresi fiato. – E poi sei strano da qualche giorno! – pensai inconsciamente a Potter e alla reazione inverosimile che ha avuto.

– E' vero, – alzò le mani – ho detto delfini, come gli animali. Ckicki, ti prego, Alexia non mi piace quanto te. Abbiamo un rapporto differente e lo sai. – mi accarezzò la guancia e sentii il contatto molto più caldo di quello di Joseph. – Da quando mi sono innamorato di te, ogni cosa si è trasformata ed è talmente piena di bellezza. L'amore è come un profumo, come una corrente, come la pioggia. Sai, cielo mio, tu sei come la pioggia ed io, come la terra, ti ricevo e ti accolgo. - non  seppi cosa dire, restai pietrificata dalle sue parole. Si era innamorato. Sul serio? E che cosa c'entrano i delfini? Poi, il profumo dell'amore...

– Lo hai sentito anche tu... – d'un tratto il mio pensiero ricadde solo ed esclusivamente sulla Amortentia. Anche se eravamo molto vicini il suo odore non mi colpì come prima, quindi non aveva esagerato con la colonia.

– Brezza marina, sì, è il tuo shampoo, vero? – mi ritrovai ad annuire, basita. – Adesso mi credi? – come potevo dargli torto... ero la sua Amortentia, io, non lei. Annuii ancora, ma questa volta andandogli in contro e premendo con forza le mie labbra sulle sue e stringendogli i capelli. Lui in risposta mi sollevò il vestito fino alle cosce, che afferrò per prendermi in braccio. Allacciai le gambe attorno ai suoi fianchi e lasciai che mi trasportò fino al letto, che si rivelò estremamente comodo. Dom continuò a baciarmi lungo il collo, sfiorandomi le curve, armeggiando con la sua divisa e slacciandomi il vestito. Da sotto si sentì un boato.

– Credo sia arrivato Natale. – dissi con voce non tanto umana, sotto il suo corpo perfetto.

– Hai mai fatto caso chesono vestito di rosso? – ricordai la battuta che feci su Babbo Natale quando michiese di ballare. Risi per l'imbarazzo, mentre lui iniziava a farmi ansimare ea predere il controllo del mio corpo, finché entrambi raggiungemmo l'apice del piacere.


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