Capitolo 42 Amnesia temporanea

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Non stavo capendo, tutto ciò non aveva senso, era impossibile, del tutto inadeguato. – Ma perché!? – continuai a chiedere, alterata. Volevo sapere a tutti i costi perché mai avrebbero dovuto lasciare la Scuola tutti insieme. Che Salazar stavano tramando?

– Ci sono cose che non possiamo... – iniziò Dom, con il mio sguardo puntato addosso. – No! Jo, no! – ma d'un tratto venni presa per le braccia e girata bruscamente. Joseph mi stava immobilizzando sia con il corpo che con gli occhi.

– Adesso farai un bel respiro e dimenticherai tutto, io non sono un vampiro, non hai mai interagito con Will e non hai mai amato Dominic. – mi sussurrò e, nel complesso, udii anche le voci degli altri, ma non sentii abbastanza chiaramente per decifrare i suoni. – La tua vita tornerà del tutto normale, come un tempo, dove ti importava solo di te stessa e dei tuoi brutti scherzi. – mi sembrava di aver già vissuto quell'esperienza, ero stordita come quando Alexia mi aveva lanciato la Maledizione Imperius. Stessa sensazione di vuoto, di incapacità di gestire il mio corpo, il mio pensiero, la mia volontà. Feci un respiro profondo, quasi involontariamente, e vidi Joseph allontanarsi da me. Mi guardai intorno, come ero arrivata alla Serra? E perché tutti mi stavano fissando come se fossi stata un cane a tre teste?

– Beh, che c'è? – sbottai. Mi schiarì la gola, non seppi per quale motivo era diventata secca. Feci un giro su me stessa e incrociai Sherwood. Oh no, ancora quel presuntuoso. Mi allarmai, aveva per caso gli occhi lucidi? – Lilith, puoi spiegarmi che cosa...? – ma la sentii singhiozzare. Feci un verso di stupore e mi catapultai da lei per abbracciarla. Guardai la Stark. – Sei stata tu, non è vero!? Ancora con i tuoi stupidi incantesimi!? – ma lei non si mosse, né obiettò. Nessuno, per l'esattezza. Erano diventati tutti muti di colpo? Un mormorio mi distrasse e guardai lungo il tavolo imbandito di piante e vasi. Pansy si stava alzando da terra, da quanto tempo era lì e perché era caduta? – Che cosa ci fa qui quella? – chiesi con disgusto. La vedevo avvicinarsi barcollando, c'era stato per caso un duello a mia insaputa?

– Siamo tutti qui per studiare il Tranello del Diavolo. – una voce viscida che odiavo con tutta me stessa mi rispose. Will si sporse in avanti e come un flash l'immagine del compito di Erbologia mi si parò nella mente. E' vero, stavo scrivendo nella Sala Comune. Ispezionai l'aula, ma non c'erano Tranelli. Francamente mi sarei meravigliata del contrario. – La signorina Parkinson ha tentato di evocarne uno, ma è svenuta. – continuò Tudor. Quindi Lilith e Dominic si erano semplicemente presi uno spavento.

– E' vero. – confermò Pansy, ritornata lucida. Pff, ci avrei scommesso che quella non fosse stata in grado di compiere una semplice evocazione. Io avevo fatto apparire un Troll!

– Suggerirei di tornare tutti nei Dormitori e di proseguire lì. – quello strano allargò le braccia per invitarci tutti ad uscire e fece un sorrisetto felice. Ancora non mi fidavo di Morgan, ma constatai che era una decisione saggia. Presi Lilith sotto braccio e la portai fuori, squadrando i ragazzi di Durmstrang con superiorità. Ero appena dopo l'uscio quando sentii Will parlare con Dom.

– Ce ne dobbiamo andare, entro questo mese, abbiamo tutto ciò che ci serve. – ma non ricevette risposta, solo uno sbuffo isterico. Ah, finalmente se ne vanno, era ora. Ma subito dopo questo mio pensiero, qualcuno sbattè il pungo contro la porta, facendoci voltare. Era stato Sherwood. A distanza guardai la scena e Joseph stava lentamente cacciando tutti, tranne Alexia, la quale mi guardò, senza parlare.

– Comincio a pensare che siano tutti strani, qui. – commentai, dialogando con la Blackwood. Dialogando per modo di dire, era più un monologo che una conversazione. Così da qualche minuto. La guardai ed era bianca come un cencio. Improvvisamente sussultò, bloccandosi sul posto e spalancando gli occhi. Rimase così per diversi secondi, ma non capivo cosa avesse.

– Sì, hai ragione, sono tutti strani. – ammise, quasi spaventata. – Andiamo e lasciamoli perdere. – decise poi e mi portò dentro il castello.

Qualcosa non quadrava nel corso dei giorni successivi. A lezione beccavo Dominic a spiarmi, non lo aveva mai fatto, perché tutto questo interesse nel sbirciare le mie azioni? Will era sempre tra la gente comune, passava meno tempo ai Piani superiori e Karkaroff sembrava sparito. Ma ciò che mi sorprese di più fu vedere Lilith parlare in disparte con la Stark. Le osservai silenziosamente da dietro una statua e cercai di oriliare. Quanto avrei voluto delle Orecchie Oblunghe.

– Lo hai preso? – chiese Lilith, agitata. Alexia si guardò intorno e poi, dalla tasca del mantello, tirò fuori un pezzo di pergamena ripiegato. Afferrò la bacchetta e con cautela l'appoggiò sulla superficie.

– Giuro solennemente di non avere buone intenzioni. – non potevo crederci. Quella era davvero la Mappa del Malandrino. A cosa sarebbe loro servito? Ma, mentre la pergamena si apriva, realizzai che sarei dovuta andare via subito o mi avrebbero scoperta.

– Che ci fai qui nascosta? – trasalii, ma riconobbi la voce e mi calmai, di Draco avrei potuto fidarmi. Malfoy, infatti, fu l'unico in cui non notai un cambiamento, era sempre perfetto.

– Tu hai tanta confidenza con la Stark, siete amici di infanzia, giusto? Perché non le chiedi a che cosa le serve quella Mappa? – con il dito indicai dietro di me e il ragazzo osservò quella direzione.

– Perché non lo fai tu? – alzò un sopracciglio. No, no, io con quella Mangiamorte non ci avrei più parlato. – Siete ottime amiche, no? – continuò, squadrandomi per via dell'espressione corrugata che feci.

– Vuoi scherzare? Perché non mi sembra il caso di fare dell'ironia. –

– Chiedere cosa? – santo Salazar, era lì, dietro di me. Sarei dovuta scappare subito invece di perdere tempo.

– Nientee. – cantilenai, sorridendo beffardamente. Lo avrei chiesto a Lilith, in privato.

– Datele del Whiskey Incendiario, sembra sconvolta da tutta la settimana. – suggerì Draco. Come? Avrei dovuto bere in compagnia della rossa? Lilith strabuzzò gli occhi, finalmente si stava rendendo conto della situazione assurda. Prima la tortura e poi ci offre da bere. Beh, ma questo il Capitano non lo poteva sapere.

– Non fa niente, ha solo bisogno di riposo. – adesso Alexia era diventata un'infermiera? Chiamate Madame Pomfrey e ditele di andare in pensione. Alle mie spalle sentii una risata ovattata. Mi voltai e vidi Dominic coprirsi la bocca con la mano. Mi guardò e sorrise. Cos'è, un raduno?

– Sembra quasi un raduno. – constatò Sherwood, come se mi avesse letto nella mente. Lo guardai male e lui, in cambio, mi fece l'occhiolino. Sussultai, che sfacciato! – Possiamo parlare, Alex? – domandò alla Stark ed entrambi si allontanarono. Si conoscevano da soli sette mesi e avevano già tutta questa confidenza. Quanto sei odioso. Feci roteare gli occhi e lui rise ancora. Mi lasciò perplessa con un paio di domande in più. Feci un cenno a Lilith e ci dileguammo nella direzione opposta, lasciando Draco da solo.

– Per caso mi sono persa metà anno di vicende? Perché non ci capisco più niente! – sbottai, mentre scendavamo le scale. Lei si mise a sghignazzare, imbarazzata.

– Non dire sciocchezze! E' tutto come prima, solo con qualche amicizia in più. – fece spallucce quando la guardai. Di quello ne avremmo parlato più tardi.

– Come rubare la Mappa del Malandrino dal Dormitorio dei Grifondoro? – feci retorica e le suscitai difficoltà. Perché mai, non sarà cambiato anche il nostro rapporto? Non avrei potuto sopportato.

– Ci serve per tenere d'occhio J... –

– Lilith, quella ragazza porta solo guai o ti sei dimenticata di quando ci ha fatto litigare? – la interruppi, ripensando ad Halloween. Io la vedevo ancora così, una Mangiamorte che manipola le persone. In un certo senso era allettante.

– Meno di quanto tu creda, Ckicki. – rispose solo alla prima parte della mia frase, ma non capii il nesso. La sua voce era malinconica. Uno sbuffo terminò il suo discorso.

– Chiederò a Malfoy che cosa sta tramando. – decisi, raddrizzando le spalle e alzando il mento.

– Veramente Draco non c'entra. – confessò con flebile voce, rallentando il passo.

– C'entrare in cosa, precisamente? – mi fermai anche io per guardarla negli occhi, li abbassò.

– Lilith, niente segreti tra noi. – mi sentii stupida nel dirlo ad alta voce, ovvio che non ci sarebbero mai stati segreti, funzionava così da undici anni. Lei fece per parlare, ma era come se una forza maggiore le avesse impedito di esprimersi.

– Vai da Dom! – le uscì alla fine, quasi urlato.

– Perché da lui? Dopo vorrà qualcosa in cambio e non lo voglio baciare di nuovo. – mi lamentai, facendo tossire la mia amica. Cosa avevo detto di tanto strano? Era un ragazzo meschino, presuntuoso, arrogante, stronzo e con due occhi bellissimi. – Non mi piace. - affermai.

– Fidati di me, io non posso... dirti nulla, neanche volendo, mi dispiace. – si incupì. Dirmi cosa? Perché erano diventati tutti così misteriosi?

– Non voglio parlare con lui, tanto meno con il suo amichetto viscido. – Lilith girò la testa per nascondere una smorfia che vidi comunque. Posizionò entrambe le mani sui fianchi in segno di sfida.

– E' l'unico modo se ci tieni ad avere risposte! – allora stava ammettendo che qualcosa non andava!

– Dannazione, mi dite che succede!? – stavo alzando la voce e odiavo farlo con lei, ma la conversazione stava iniziando a prendere una brutta piega. – Non costringermi ad usare la magia... – abbassai il tono, ma lei capì la minaccia. – Ti voglio bene, porco Godric. – stava tremando. Aprì la bocca, ma si ripresentò la stessa circostanza di prima, non usciva mezza parola.

– Anche io. – disse infine e se ne andò. Non mi aveva mai voltato le spalle in quel modo. I suoi tacchi echeggiavano lungo il corridoio, separandosi sempre di più dal punto in cui c'ero io. E' stato tutto così irrazionale. Stavano tramando in segreto contro di me, lasciandomi così fuori dai giochi, fuori dal mondo. Pensai di andare nella Sala Comune, ma valutai che anche Lilith si fosse avviata fin lì. Avevo bisogno di riflettere da sola e scelsi l'unico posto in cui nessuno studente si sarebbe mai avvicinato: la Foresta Proibita. Passeggiai lungo la riva del Lago Nero, evitando di farmi vedere da Hagrid.

Era sempre piacevole ritrovarsi tra quegli alberi ormai spogli, le cui foglie svolazzavano e cadevano lievemente al suolo. Quasi non mi lamentai dei tacchi che si impigliavano tra le radici o in mezzo al terreno fangoso. Volevo avere la mente libera, non volevo pensare a niente, perché più domande mi sarei fatta e più la testa mi sarebbe scoppiata. Camminavo da minuti, senza meta, inoltrandomi sempre di più. Ai piedi di una quercia trovai diverse frecce. Erano state scagliate, alcune si erano rotte. Centauri, pensai. Dovevano essersi imbattuti in qualcosa. Proseguii e quasi feci un salto alto tre metri. Un cavallo alato nero, con il corpo ossuto e il muso da rettile si fece avanti, fiutandomi. I suoi occhi vitrei incontrarono i miei. Thestral. Non ne avevo mai visto uno da vicino. In effetti avrei potuto, se avessi seguito le lezioni di Cura delle Creature Magiche. Era attirato da qualcosa, si capiva. Mi oltrepassò, ignorandomi, così decisi di seguirlo. Non avevo paura, era del tutto innocuo e molto affascinante. Non sapevo molto a riguardo, più che sfogliare immagini non avevo fatto. Ritornammo davanti a quella vecchia quercia e l'animale fece il giro della pianta. Urlai, girandomi di scatto per non osservare la scena. Un Centauro, rosso di capelli, era interamente coperto di sangue e giaceva inerme tra le erbacce. E' morto... è morto... continuavo a ripetermi. Ma come era successo? Dalle frecce s'intuiva una lite tra specie, ma degli esseri così vanitosi e superbi si sarebbero mai uccisi a vicenda? Arrivarono altri Thestral, circondandomi, ma non diedero peso a me. E poi sentii dei passi, degli zoccoli. Stavano correndo. Mi allontanai dalla scena, ma delle corde mi legarono, facendomi cadere. – Che cos'è!? – urlai, insieme al tentativo di liberarmi. Ero avvolta come un salame.

– Dov'è quella creatura? – mi chiese il Centauro che mi aveva bloccata, con il manto e i capelli neri. Aveva un aspetto selvaggio.

– Quale..? –

– Dimmi dov'è! – si mise ad urlare e iniziavo ad avere timore di non uscirne più.

– I-io non lo so, ci sono solo i Thestral e basta! – di quale creatura stava parlando? Ce n'erano così tante nella Foresta, chiunque avrebbe potuto uccidere uno di loro.

– Aspetta, Bane. – un altro, dai capelli biondi e il manto dorato, si avvicinò e costrinse il moro a rallentare la presa. – Puoi vedere i Thestral? – mi domandò, gentilmente, non come il suo simile.

– Certo, voi no? Sono lì. – indicai con la testa, non potendo muovere le braccia. Erano troppo spettrali per poter passare inosservati. O forse solo gli umani avrebbero potuto notarli.

– Non è a conoscenza dell'esistenza dell'assassino di Ronan. – si rivolse di nuovo a lui. Ronan è stato assassinato. Il biondo vide la pietà nei miei occhi e decise di sciogliere le corde, mentre Bane rimase teso.

– Chi ci conferma la sua onestà, Firenze? – il moro puntò una freccia verso di me, in direzione del mio cuore. Se avessi preso la bacchetta probabilmente sarei morta prima. Tremavo, non riuscii ad alzarmi e sembrò che i muscoli avessero abbandonato la mia costituzione.

– Io! – tutta la mandria voltò la testa, io guardai dritta avanti a me. A passo spedito, Dominic ci stava raggiungendo. Che cos'era venuto a fare e come faceva a sapere dov'ero? Quando arrivò puntò il dito contro Bane. – Lasciala andare, lei non sa niente! La creatura che state cercando ha appena lasciato il castello. – abbassò la mano e prolungò un contatto visivo infinito con il mio quasi aggressore.

– Ha ucciso un nostro amico, se ciò che dici si dovesse rivelare falso, ti prometto che la tua testa sarà appesa ad un albero grazie alla mia freccia. – con questa minaccia ritirò l'arma, dimenticandosi di me. Non ero più oggetto di attenzione, ora era Dom a stare al centro.

– Lo garantisco. – rispose, senza indulgiare. Ancora non capivo di cosa stessero parlando. Aspettò che i Centauri si fossero allontanati per venire in mio soccorso. O ciò che credevo, non era molto incline al salvataggio in quel momento.

– Sei impazzita ad avventurarti da sola nella Foresta!? Hai intenzione di farti uccidere!? – sbottò, cercando di toccarmi il viso, delicatamente e molto titubante. Era agitato e non sapeva dove mettere le mani.

– Come sapevi che ero qui e qual è la creatura di cui tutti parlano? – rimasi impalata a fissarlo, da quando gli importava di me? I suoi occhi azzurri e marrone mi scrutavano irrefrenabilmente, lo trovai stranamente piacevole.

– Torniamo al castello. – fece per prendermi la mano, ma ci ripensò. Non lo avevo mai visto così impacciato. Ero incuriosita, in una settimana mi sembrava di non aver vissuto niente. Più mi sforzavo di pensare e più mi si presentava un blocco. Io e lui non avevamo mai parlato a lungo, da soli. E quando succedeva non finiva mai bene, per me. – Fidati. – alla fine si costrinse ad allungare il braccio verso di me.

– Scordatelo. – non saremmo mai andati a braccetto fino a Scuola, fosse caduta la barriera protettiva. – Non ho modo di provare la tua lealtà. – riconobbi la mia frase come inadeguata e inopportuna, quindi mi corressi. – E poi non voglio farmi vedere in giro con te. - spostai lo sguardo altrove, non avevo il coraggio di imbattermi in quel cielo spezzato dalla montagna che si trovava al posto dell'iride.

– Non preoccuparti per Draco, le acque si sono calmate. – non avevo mai detto che era Malfoy il motivo del mio rifiuto, ma in qualche modo c'era arrivato da solo. – Sono qui per una ragione. – sì, complicarmi la vita.

– Tu non sai niente di lui! Tu e la tua banda di Durmstrang avete infangato il suo nome! – finalmente lo avevo detto, era una liberazione. Tutti i danni portati alla nostra Casa avevano messo il nostro Prefetto in seria difficoltà, senza contare le litigate in corridoio.

– Ti sbagli! Non sai quanto...! – ma si bloccò per prendere fiato. Mai nessuno che terminava una frase, persino Lilith. Che cos'avevano da nascondere? Era giunto il momento in cui potevo contare solo su me stessa.

– Cosa? Avanti, dillo, codardo! – alzai la voce, nessuno mi avrebbe mai sentita lì in mezzo, quindi mi sentii libera di sfogarmi a mio piacimento. – Confessa i tuoi loschi piani! Non tenermi all'oscuro e affrontami! Che cosa vuoi, un altro bacio? Va bene, non mi importa più! – mi avvicinai e lo presi per il colletto della divisa, lo avrei fatto, basta segreti.

– No. – si allontanò. – Non me ne faccio più niente dei tuoi baci. – chiuse gli occhi e si voltò senza fatica, ormai non lo tenevo più. Ti faccio così schifo? – Per niente, non mi fai schifo. Ma fa male sapere che... –

– Un momento, io non l'ho detto. L'ho solo pensato, come hai fatto a...? – trasalii, mentre lui si rigirò alla svelta, con un'espressione terrorizzata.

– Io... credevo lo avessi... oh no. – mi stava forse rivelando di essere un Legilimen? Dopo quasi un anno mi aveva nascosto una cosa del genere? Salazar, che altro aveva in serbo? Solo il peggio.

– Brutto bastardo, spero ti sia divertito a frugare tra i miei pensieri. – dannato, ora capivo perché sapeva tutto di me. Aveva le risposte pronte nel mio cervello e senza dire una parola ne faceva uso.

– Non lo farei mai, so che ti da fastidio. – si giustificò. Eh certo, lo aveva saputo da me, dalla mia mente. Raccontami tutto, ora! O in qualche modo ti faccio espellere anche da qui. Ti piace come accordo? Lo guardai truce. – Adesso calmati, non è colpa di nessuno. Joseph ha fatto in modo che le tue amiche non ti dicessero nulla, tutte e due. Lilith ha pensato di mandarti da me, Alexia neanche ci prova. Sa che la odi, i tuoi sentimenti per lei sono quelli di qualche mese fa, così come i miei. – si fermò. Non avevo capito niente.

– Dire cosa? Qualche mese fa? – parlai velocemente, ma lui continuò sovrastandomi.

– Ad ogni modo, il patto è stato cambiato. Joseph non ha rispettato la sua parte, così Alexia si è rifiutata di dargli il suo sangue. Tra poche ore ribatterà, offrendosi di nuovo e permettendoti di ricordare tutto, sempre se Jo sarà d'accordo. Ma, dal momento che stai scoprendo le cose da sola, credo si possa usufruire dello scambio per altri piani, sempre allo stesso prezzo. – che cosa voleva dire? Il sangue, ricordare, patto... mi stava girando la testa. Mi impegnai nel collegare queste tre cose e per poco non ebbi un mancamento. – Ckicki! – Dom mi abbracciò per sorreggermi. Trovai il suo tocco così soddisfacente e per qualche ragione mi sentii protetta. L'irrazionalità mi pregava di abbracciarlo a mia volta, che se lo avessi fatto sarei stata la più felice del mondo. Ma mi sentivo anche contrariata, io e lui non avevamo alcun tipo di rapporto extrascolastico. Così non feci niente, ma mi rilassai. Mi stava accarezzando la nuca e quasi volli piangere. Che mi stava succedendo? Stavo morendo di nostalgia, ma di quella che non credevo di avere. Restammo lì così per troppo tempo perché avessi potuto contarlo. Mi dimenticai anche del suo discorso, non riuscivo a concentrarmi.

Avrei dovuto odiarlo, invece era sempre nei miei pensieri. Mi tormentava tutte le ore, ero come ossessionata da lui. Mi raccomandò di non dire a nessuno della nostra chiacchierata, ma come avrei potuto farlo? Non ricordai niente, solo qualche parola alla rinfusa. Quella notte non riuscii a prendere sonno, era impossibile anche solo immaginare di dormire. Sentivo una strana sensazione al livello dello stomaco e mi ritrovai a fantasticare su Sherwood. Mi alzai di colpo, che tragedia! Non potevo restarmene a letto, così mi legai la vestaglia e scesi le scale dal Dormitorio alla Sala Comune, con le scarpe da camera pelose che ticchettavano. Notai il camino acceso e tra le mie caviglie Luna sfrecciò verso il divanetto. – Micia, vieni subito qui! – bisbigliai per non svegliare nessuno. La rincorsi per andarla a prendere, quando la vidi in grembo a Dom. Si stava lasciando coccolare e rimasi sorpresa. Non lo aveva mai fatto con gli estranei.

– Non dovresti stare qui a quest'ora. – osservò, seppur non fossi arrivata vicino a lui.

– Potrei dire lo stesso di te. – non avevo voglia di vederlo, mi disturbava già il sonno, allora perché non me ne andai? Si mise a ridere debolmente, prendendo Luna imbraccio. La mia gatta si faceva fare tutto, che razza di stregoneria era quella?

– Beh, questa è la mia ultima notte, sarebbe un peccato passarla a letto. – mi guardò. – O forse no. – avvampai, non mi sarei lasciata abbindolare così. Mi strinsi le mani lungo i fianchi e provai di nuovo quel senso di vuoto alla pancia.

– Perché è la tua ultima notte? – mi allarmai, volevo che se ne andasse, ma al contempo lo volevo vicino. Però lo odiavo, quindi perché sprecare tempo? Valutai se andarmi a sedere o restare lì come una statua.

– Vieni. – mi precedette. Sapevo di non dovermi fidare, ma la sua spiegazione sarebbe stata interessante. Almeno per farmi pensare ad altro che a lui. Molto lentamente lo accontentai e mi accomodai lontano, vicino all'altro poggia braccio. – Non mordo. – scherzò.

– Ma io sì. – serrai i pugni sulle ginocchia e guardai il pavimento. Lo sentii ridere e capii di non essere stata abbastanza minacciosa.

– Già, è vero. – si passò un dito sulle labbra e lo trovai così sexy. Frena, mia cara me. Poco dopo mi guardò, come se avesse capito tutto. Oh no, i pensieri, li legge! Non so per quale motivo mi venne da cantare. Hogwarts, Hogwarts, Hoggy Warty Hogwarts, insegnaci qualcosa per favore... ma non funzionava, si stava sporgendo verso il mio viso, un leggero sorriso stampato in volto e mi baciò la guancia. Chiusi gli occhi e aprii la bocca, più mi convincevo di stare indifferente e più la cosa mi prendeva. Era stato così delicato da farmi venire i brividi. – Mi sei mancata, di nuovo. – non capii a cosa si stava riferendo, ma le scie umide che mi lasciava lungo il collo erano così gradevoli. Bas...ta. Non riuscivo neanche a parlare, la voce mi moriva in gola. Ma, invece di smettere, Dominic continuò, portando una mano dietro la mia nuca e succhiandomi la pelle. A-ah... n-no... ma non mi ascoltava. Più ansimavo più mi spingeva contro di lui e quando si impossessò delle mie labbra mi sembrò di toccare il cielo.

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