9 - Broken heart

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Federico

Sotto il mio sguardo lussurioso prese un preservativo e dopo averlo indossato iniziò a farsi spazio dentro di me: all'inizio fece male ma poi ci fu solo piacere. Mi sentivo desiderato, voluto, e sotto le sue carezze mi sciolsi del tutto. Era così bello sentirmi pieno di lui, così sexy ascoltarlo gemere contro il mio orecchio! Non appena raggiunsi l'orgasmo, gridai appagato e lui mi seguì a ruota. Completamente sconvolto, lo strinsi a me e non appena lo baciai, ogni cosa mi divenne chiara: non era solo sesso, io lo amavo cazzo.
Amavo Benjamin... ma potevo abbassare le mie difese con lui? Potevo concedermi il lusso di essere sincero, senza farlo scappare? C'era un solo modo per scoprirlo.

"Se ti dicessi che ho capito di amarti? Che mi vedo già accanto a te e tuo figlio? Cosa diresti Benjamin?" gli chiesi col batticuore e la paura di aver appena fatto una grande cazzata.
Lui restò in silenzio per interminabili minuti, poi un sorriso luminoso gli distese le labbra. "Che ti amo anch'io Federico, ecco cosa direi." disse accarezzandomi con dolcezza i capelli sudati. "Tutto questo è folle e inaspettato ma non posso immaginare le mie giornate senza te e James. Non più ormai. Ma tu, piuttosto, sei sicuro della tua decisione? Ti voglio con tutto me stesso, sia chiaro, però questo non è un gioco Fede. Mio figlio si è già affezionato a te e io non..."
Attraversato dalla scintilla dell'amore, gli racchiusi la nuca tra le dita per rubargli un sensuale bacio: "Sì Ben, sono sicuro al cento per cento di volerti. Anch'io tengo a James e se mi sono esposto è perché credo in noi; non voglio che soffra. Forse è una follia, ma ti faccio una proposta: che ne dici di viverci la nostra storia giorno per giorno? Voglio dimostrarti che puoi fidarti di me, che non scomparirò al primo problema." dissi sostenendo il suo sguardo emozionato.
"Lo prometti?"
Un bacio a fior di labbra e le mie gambe strette intorno ai suoi fianchi, gli fecero trattenere il sospiro: "Tu prova a impedirmelo se ci riesci."

Una piacevole quanto inusuale sensazione di calore, accolse quel mio primo risveglio tra le braccia di Benjamin, e sorridere fu automatico: gli avevo detto che lo amavo e lui aveva contraccambiato, cazzo. Il suo respiro regolare e la fronte appoggiata contro la mia schiena, mi fecero capire di come fosse ancora addormentato e un'idea mi sorrise: sì, gli avrei preparato una colazione coi fiocchi, infondo se la meritava, visto la meravigliosa notte che mi aveva regalato! Nonostante la presa ferrea nella quale mi aveva avvolto, riuscii a liberarmi ma poi, dopo aver aperto ogni sportello della dispensa, mi accorsi con disappunto di come mancasse la farina per fare i pancake. Con la fronte aggrottata mi ricordai della panetteria situata all'incrocio di casa sua, quindi mi vestii e afferrai le chiavi della mia macchina. Con la penna in mano scrissi al volo una frase: "Non sono scappato e non mi sono pentito, ma ho una sorpresa per te. Torno subito, aspettami. Ps: buongiorno! Pps: Ti amo. F."

Col suo cappellino rosso in testa e qualcosa che assomigliava alla felicità nel cuore, mi diressi verso la macchina; cinque minuti dopo stavo uscendo dal negozio col sacchetto della colazione in mano, e quattro muffin al cioccolato per Jason nell'altra: sarebbe rientrato nel pomeriggio e mi sembrava un'idea carina accoglierlo con il suo dolcetto preferito! Nel frattempo avrei approfittato di quel tempo da soli per parlare con Ben: ero felice di essermi abbandonato alla passione, eppure volevo anche delle certezze che solo poteva darmi. Con una nuova leggerezza sotto pelle mi avvicinai allo sportello della mia Audi, pronto per raggiungere il ragazzo che ormai ero certo di amare. A causa dei troppi pacchetti in mano, però, le chiavi mi scivolarono tra le dita, finendo per strada. Dandomi dello stupido mi chinai per afferrarle e non vidi l'auto in controsenso che puntava proprio verso di me.

Nemmeno l'autista mi vide.

Benjamin

Un brivido freddo mi sfiorò la pelle, facendomi aggrottare la fronte e socchiudere le palpebre. Confuso, allungai una mano in cerca del mio compagno, "Mh... Fede?", ma le mie dita sfiorarono solo le lenzuola stropicciate.
Mille domande si affollarono nella mia mente ma cercai di tranquillizzarmi: doveva essere di certo in casa.
"Fede? Dove sei?"
Quando però nessuno mi rispose, mi allarmai. Scacciando gli ultimi residui di sonno, mi alzai nudo per cercarlo, calmandomi solo quando notai il foglietto sul tavolo.

"Non sono scappato e non mi sono pentito, ma ho una sorpresa per te. Torno subito, aspettami. Ps: buongiorno! Pps: Ti amo. F."

Nel leggere quelle righe le mie labbra si curvarono in un sorriso sollevato: non si era pentito, anche lui provava davvero qualcosa per me.

Più sereno mi versai un bicchiere d'acqua e mi appoggiai al frigo, aspettando che tornasse. Quando però non lo vidi rientrare, iniziai a preoccuparmi: con uno strano presentimento che assomigliava molto alla paura, afferrai il telefono e composi il suo numero. Le note di "The Reason" degli Hoobastank risuonarono dalla mia camera, facendomi imprecare: quell'idiota aveva lasciato il cellulare a casa!
Nello stesso istante udii in lontananza il suono sinistro di una sirena, che poco dopo anticipò il passaggio di un'ambulanza sotto le finestre di casa mia. No... Non poteva essere! Senza pensare afferrai i primi vestiti che trovai, il foglietto tra le dita e poi corsi fuori; il cuore in gola e la terribile sensazione che gli fosse davvero accaduto qualcosa.

In mezzo all'incrocio vidi subito un campanello di gente, ma fu il mio cappellino rosso per terra, proprio accanto al sacchetto dei dolcetti, a farmi gridare.
"Oddio... Federico! Fatemi passare! Spostatevi, cazzo!"
Le mie urla si persero tra la folla e prima che potessi farmi spazio venni afferrato dalle braccia di un agente che mi intimò di calmarmi. Quando però vidi il volto di Federico, pieno di graffi e sangue, persi del tutto il controllo.
"Lasciatemi andare! Federico, Federico!!"
Le mie urla vennero sovrastate dalle voci concitate dei paramedici, poi la voce calma di un infermiere attraversò la mia cortina di disperazione: poco dopo, ero sull'ambulanza accanto a Federico, il ragazzo che, piano piano, era diventato il centro delle mie giornate.

"Non osare lasciarmi, mi senti Fede?! Apri gli occhi, ho bisogno di te!" gridai mentre, i medici cercavano di stabilizzare i suoi parametri vitali. Vederlo così, pallido e fragile, con la mascherina dell'ossigeno sulla bocca, mi terrorizzò.
Il viaggio per arrivare in ospedale fu breve ma pieno di ansia e paura; non lasciai mai la sua mano, se non quando gli infermieri lo scesero per portarlo di corsa dentro il pronto soccorso. Ancora in stato confusionale chiamai mia sorella per spiegarle l'accaduto e anche Sam, la migliore amica di Fede. Mezz'ora dopo venni stretto dalle sue braccia e finalmente mi concessi il lusso di crollare.

Angolo autrice:

Ogni mia storia ha il suo lieto fine, continuate a leggere!

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