CAPITOLO 3

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"L'amore è fumo fatto col vapore dei sospiri..."
Cit.

Consegno il compito alla fine dell'ora che Mr Wilson mi ha concesso.

«Com'è andata?» Il rettore è sorpreso che sia riuscita a terminare in tempo, negli occhi di Thomas invece leggo soddisfazione. Sembra quasi un bambino che ha appena vinto un premio!

«Molto bene.» rispondo, consapevole di aver dato tutte le risposte corrette ai quesiti del test.

Mi congedo e lascio l'aula per andare a lavoro.

***

«Ciao tesoro! Com'è andato il test? Sei stata ammessa, vero?» Mi domanda Jenny, la proprietaria del bar.

«Non so ancora i risultati, ma sì, credo di averlo superato.» abbozzo un sorriso.

Sono felice che qualcosa finalmente vada per il verso giusto.

«Meraviglioso! Devo confessarti che mi manchi già.» penso la medesima cosa.

Sono diversi anni che lavoro qui, ancor prima di frequentare l'università e, anche se ho sempre saputo che si trattava di un lavoro passeggero, utile per incrementare le mie finanze e permettermi di studiare per diventare un eccezionale avvocato, mi spiace lasciarlo ricordando che in quegli anni spesso ci siamo aiutate l'una con l'altra.

«Anche tu mi mancherai. Ti verrò a trovare, contaci!» Ci abbracciamo e comincio il turno.

Il tempo di indossare la divisa e vedo la sala di colpo gremita di clienti.

Il bar è vicino alla facoltà e a mezzogiorno, soprattutto quel giorno, si affolla di studenti. Quello che non mi mancherà sarà il mal di piedi che guadagno in giorni come questo!

Finito il turno alle sei decido di andare fino al parco per godermi gli ultimi raggi di sole.

«Ciao Rebecca!» volto lo sguardo e noto Selene che mi viene incontro con qualcosa in mano.

«Ciao coinquilina, siediti.» Mi raggiunge con il fiatone, quasi debba comunicarmi una notizia molto importante. Si siede e mi allunga una lettera.

«Qualcuno ha infilato questa sotto la nostra porta. È indirizzata a te.» mi dice aggiustandosi la frangetta che le si era scompigliata dalla corsa.

«La carta sembra costosa.» Non c'è il mittente, tuttavia qualcosa mi suggerisce che sia Thomas. Aggrotto la fronte mentre le dita scorrono sulla busta. La osservo e l'ansia mi assale. Che cosa può esserci scritto?

«Cosa aspetti?» Pronuncia Selene in trepidazione. Il cuore inizia a battere all'impazzata e con una morsa al petto la apro.

"L'amore è fumo fatto col vapore dei sospiri.

È pronta Miss Lewis? Ne riceverà molti e molto altro ancora.

Tuo T.W."

Leggo quelle poche parole almeno una decina di volte. Non capisco come quel pezzo di carta mi possa rendere così eccitata. Maledizione!

Da quando lo conosco spesso mi perdo a fissare e a pensare a lui. Mi sento a disagio per il suo modo di essere troppo adulto, serio e determinato ma allo stesso tempo sono affascinata dalla estrema sensualità di questo atteggiamento. Una parte di me lo brama, mentre l'altra ha il timore di scoprire la sua aura severa. C'è qualcosa che mi affascina nella sua determinazione. Non penso possa mai accadere un "noi."

Credo che voglia solo prendersi gioco di me.

Se non fosse stato per quello stupido incidente durante la prova, probabilmente neanche mi avrebbe notata.

Impaurita, ecco, come mi sento. Quando poso gli occhi sui suoi riesco a intravedere un lato oscuro, troppo oscuro. La domanda che mi pongo adesso è: perché mi attrae così tanto da sognarlo e eccitarmi?

Non posso essermi presa una cotta per il mio – forse - futuro datore di lavoro!

"Che disastro!" e anche bello grosso.

Per quale motivo quell'uomo mi ha preso di mira? Con tutte le donne che può avere, la prescelta sono proprio io? Un'ennesima conquista?

Le mani mi tremano e devo ammettere che questi fremiti sono dettati dal desiderio di rivederlo e senza rendermene conto, mi ritrovo con un sorriso felice sul volto.

«Porca miseria! Gli piaci! Ci sta provando!»

Come in ogni libro o film che si rispetti, la sfigata, sfortunata e bellina è quella che fa prendere una sbandata al protagonista più affascinante, sexy e figo della città. Non credevo che potesse succedere anche nella vita reale specialmente alla sottoscritta. Ma dai!

Selene afferra il mio braccio strattonandomi, «Se ti ha mandato questa lettera significa che c'è dell'altro, che tu non mi hai raccontato.» Mi sta osservando, così sconsolata, annuisco.

«Voglio i dettagli!» Sospiro scuotendo la testa.

«Credo che la causa dell'incubo di stamattina sia dovuto all'incontro di ieri. Nonostante abbia sperato che non avrebbe influenzato l'esame, è accaduto. Per fortuna Thomas mi ha comunque dato la possibilità di iniziare dopo gli altri a patto di terminare in un'ora.» mi guarda con aria sognante e, mentre lei sembra sia nel mondo del "anch'io devo trovare il principe azzurro", io ripenso a quanto Mr Wilson sia fuori dalla mia portata.

Da quella notte non ho avuto incubi, in compenso l'ho sognato e la mia brama di averlo mi sta destabilizzando. I sogni evolvono ogni notte e in particolare, in questa ultima...

«Miss Lewis non ha rispettato il nostro accordo, quindi non mi dà altre alternative, dovrò prendere provvedimenti.» Su di me? E quali?

Thomas mi guardò dall'alto verso il basso, scrutò la mia paura che, a dirla tutta, non gli dispiaceva affatto, anzi, la considerò un pretesto per divertirsi.

Restai in piedi senza fare un passo verso di lui. Ero terribilmente spaventata e per di più mi invitò con tono fin troppo gentile a prendere la sua mano e a sedermi sulle sue gambe.

Immaginai per un attimo che quella estrema gentilezza, in seguito, avrebbe comportato una punizione ben più crudele e dolorosa.

«Provvedimenti?» Seppur impaurita, appoggiai la mia sulla sua e...

Mi sveglio di soprassalto con gli umori che bagnano l'unico indumento che indosso per dormire. Le mutandine.

«Che palle!» Impreco.

Questa mattina il rettore mi ha convocato nel suo ufficio e non posso presentarmi in queste condizioni, sudata ed eccitata!

Faccio una doccia fredda che evito normalmente ma che in questo momento mi è necessaria per riprendere la lucidità.

Poco dopo, busso alla porta del suo ufficio e il rettore Scott mi invita a entrare.

«Okay, Rebecca, contegno e freddezza. Non pensare e vedrai che andrà tutto bene. Sarai fuori in un batter d'occhio.» mormoro con voce flebile. Non devo assolutamente far trasparire che non solo sono un fascio di nervi ma che basta un suo sguardo o accenno per scaldarmi. Avere il corpo sensibile alle parole, ai gesti di Thomas mi mette a disagio, soprattutto se attorno a noi c'è qualcuno.

Appoggio la mano sulla maniglia e varco la soglia. Scorgo tre presenze: il rettore, seduto sulla sua poltrona, il Signor Wilson in piedi al suo fianco e Alex che siede dall'altra parte della scrivania.

Cosa ci fa qui Alex?

«Prego, si accomodi.» Interviene Thomas. Deglutisco a vuoto, la gola d'un tratto mi sembra priva di saliva.

Non capisco cosa stia succedendo!

Gli occhi di Thomas sono fissati su di me. Lo percepisco. Spero di non perdere il controllo, ci manca davvero poco e, incastrare il mio sguardo sul suo, degenererebbe il mio già precario equilibrio emotivo.

Il pensiero torna a qualche giorno fa quando ero lì con Thomas e, mentre mi accomodo sulla stessa sedia, il rettore Scott esordisce facendo le congratulazioni ad entrambi.

Malgrado la sorpresa del risultato, il tono della sua voce mi rassicura.

Poi prosegue «Vi abbiamo convocati perché avete passato il test con il massimo del risultato. In questi anni non è mai successo e, come ben saprete, c'è un posto solo, perciò Mr Wilson vi spiegherà cosa dovrete fare per ottenerlo.»

Anche Alex è uno studente eccellente, abbiamo superato quasi gli stessi esami con la stessa media.

«Abbiamo totalizzato lo stesso risultato?» domanda lui stupito.

«Esatto. In questo caso, sono io che scelgo chi sarà il migliore, e lo farò in questo modo.» Mentre dice queste parole, Thomas ci consegna una cartellina beige osservandoci. Poi, inizia a spiegare.

«All'interno di questi dossier, troverete due casi differenti. La vostra abilità sarà quella di gestire tutta la parte legale relativa al caso che vi viene affidato. Sono diversi, ovviamente. In uno c'è un serial killer che ha ucciso sette vittime, tutte donne bionde. Il suo modus operandi è il gioco non l'uccisione in sé. Pianifica l'omicidio nei minimi dettagli e come trofeo tiene il loro intimo.»

È evidente che per entrare nella sua squadra ci stia mettendo a dura prova, nel vero senso della parola, visto cosa ci ha sottoposto. Avrei sperato in qualcosa di più semplice!

«L'altro è uno stupro.»

Prego che non mi abbia assegnato quella causa. Afferro agitata il fascicolo che ho di fronte per scoprire cosa mi aspetti, lo apro e ho la conferma che non avrei voluto. I miei timori si sono appena avverati. Ho una sola parola nella mia mente: Perché?

«La tua vittima, Rebecca...» spiega allungando la mano sul piano della scrivania vicina alla mia. «... è una donna, Violet Davis. È stata violentata dal migliore amico di suo marito. Entrambi soci di maggioranza di una banca molto importante qui, a Los Angeles. George Davis, ora ex marito, afferma di non essersene accorto.» All'improvviso piombo nel mio passato...

I miei genitori erano sposati da poco più di due anni, quando mia madre tradì mio padre. Lui, poliziotto, li scoprì. Lei aveva commesso un grave errore, lui era pieno di collera nei suoi confronti.

Da quel giorno si caricò di ira e così, per mia madre iniziò l'inferno. Forse lei non si rese conto dell'indole violenta di mio padre che da quel giorno diventò spietato e che sconvolse la loro vita. E anche la mia.

Elizabeth, mia madre, non era solo andata a letto con quell'uomo. Rimase incinta. La bambina venne data in adozione, le fu cambiato il cognome e da New York, i miei genitori si trasferirono qui, a Los Angeles.

Inizialmente, provarono a ricominciare, a superare il dolore, la collera e le conseguenze, cercando di avere un loro bambino - io -, ma non fui il collante per risanare il rapporto. Poco dopo la mia nascita ricominciarono le violenze. Mio padre a fine giornata usciva con i colleghi, si ubriacava e il resto... si può solo immaginare.

Non mi aveva mai toccato, ma una volta, una sola volta, ci provò. Una sola volta, e fu quella buona per andarmene.

Scoprii successivamente, che l'amante di Elizabeth era proprio colui che lui aveva arrestato per quella torbida inchiesta che lo aveva coinvolto al punto tale da ossessionarlo. Questo, fu il culmine e il suo livore divenne incontrollabile.

Lei provò - invano - a minacciare mio padre dicendogli che l'avrebbe denunciato per tutto quello che le faceva. Ma a chi avrebbero creduto? Al poliziotto con più di dieci anni di servizio o alla moglie che lo aveva tradito?

«Sono casi difficili, che non darei in mano a due novellini come voi, però dato che avete entrambi passato il test, chi vincerà la causa sarà al mio fianco nei processi successivi e con un buon contratto tra le mani.» Conclude alzandosi e mettendo in evidenza la sua statuaria bellezza.

Mi sorprendo che, malgrado la drammaticità delle situazioni che stiamo trattando, non posso fare a meno di ammirarlo. Da mozzare il fiato.

Questa sfida però è una opportunità determinante per il mio futuro, che potrebbe stravolgere e cambiare la mia vita. Sono qui per far condannare chi si macchia di crimini orribili e difendere le loro vittime, perciò sento assolutamente il dovere di ottenere il posto.

«Avrete due collaboratori che vi aiuteranno, ma ascoltate bene: sarete voi a dirigere tutto il caso. Niente trucchetti o sgambetti, altrimenti prenderò severi provvedimenti. È tutto chiaro?» Studia le nostre reazioni con uno sguardo severo ma quel suo monito e quel suo sguardo provocano la mia fantasia e, inevitabilmente, torno al mio sogno erotico.

«Provvedimenti?» Ripetei stesa sulle sue gambe.

Massaggiò le natiche dando piccoli schiaffi, sollevò il tessuto delle mutandine, le calò e colpì con forza.

Fu una sculacciata secca, dura e dolorosa, che scaldò la pelle delle natiche e inaspettatamente un'ondata di calore esplose dentro il mio corpo, dall'intimità ai capezzoli. mi sfuggì dalle labbra un sospiro.

Sciaf. Altro schiaffo.

Punizione, dolore e umori che imbrattavano i pantaloni di Thomas. Andò avanti senza alcuna pietà continuando finché non iniziai disperatamente a singhiozzare e piangere.

Quando fu soddisfatto, strappò il tessuto bagnato delle mie mutandine, mi diede una mano a rimettermi in piedi, asciugò le lacrime che rigavano il mio viso e «Miss Lewis, si ricomponga in fretta, tra qualche minuto inizierà il processo.»

Merda. È l'unica parola che definirei idonea per questa situazione.

La mia intimità è già ustionante e pronta per essere svezzata. Non ho mai desiderato così intensamente una persona tanto irraggiungibile quanto seducente.

Ho il viso rosso e il solo ricordo di quella situazione, l'immagine delle sue mani forti che schioccavano sberle sulle natiche senza alcun rammarico, mi fa avvampare in un attimo.

Perdo letteralmente la parola, ma soprattutto il controllo di me stessa!

Il cervello e le gambe sembrano fatte di gelatina, il fiato e i battiti del cuore accelerano.

Manca solamente l'ultimo ingrediente: un bell'orgasmo davanti a tre uomini e posso decorare la torta con panna e con tanto di ciliegina: ricetta impeccabile!

Merda e ancora merda!

«Miss Lewis.» Mi richiama. Di che cosa sta parlando?

«Scusi può ripetere?» Schiarisco la voce nel tentativo di ritornare in me.

Cerco di non fare la figura dell'idiota, però ormai è troppo tardi. Sono talmente eccitata che si vede lontano un miglio che ho appena fantasticato su qualcosa di poco attinente al luogo in cui mi trovo in questo momento.

«Vuole che prenda provvedimenti?» Il tono di Mr Wilson muta, l'impostazione che da professionale diventa roca e provocatoria.

Ho i capezzoli turgidi e non riesco a stare ferma. Scuoto la testa ma il suo ghigno scatena immancabilmente una nuova reazione a catena, con scosse e ansimi. Deglutisco cercando di recuperare e di tornare in me.

«Non ha risposto. Vuole che prenda provvedimenti?» Calca nuovamente sull'ultima parola. Gli uomini presenti nella stanza iniziano a ridacchiare e questo mi fa ribollire di rabbia! Maledetto!

Mi sollevo, afferrando la borsa e mi dirigo velocemente verso l'uscita, «Mr Wilson, in un modo o nell'altro vincerò la causa, ci può scommettere il suo culo sodo.» Apro la porta e la sbatto violentemente alle mie spalle.

Delle risate riecheggiano fino fuori dall'ufficio. Vuole giocare ad umiliarmi?

Avrebbe avuto pane per i suoi denti!

All'interno del dossier c'è il numero dei miei assistenti, li chiamo e li convoco per le due del pomeriggio nella sede dello studio legale Wilson&Co per conoscerli e iniziare a lavorare.

Nel frattempo prego di non incontrare Wilson. Ho già avuto la mia dose di adrenalina!

«Lei dovrebbe essere Rebecca.» Una donna sulla trentina mi accoglie assieme a un ragazzo più giovane e con gli occhiali, «Puoi chiamarmi Becca, e dammi del tu.»

Celeste è alta un metro e settanta occhi azzurro-grigi, capelli biondi acconciati in una coda alta ed elegante e indossa un tubino blu che calza a pennello, date le sue forme sinuose.

Il ragazzino, Jonathan, un tipo gracile, più alto di lei, occhi e capelli neri come la pece, indossa un paio di jeans eleganti, una camicia azzurrina.

Mi illustrano come svolgono il lavoro e qual è precisamente il loro compito.

"La donna si chiama Violet Davis, lavora da dieci anni in banca, e lì che ha conosciuto il marito George. Lui e Erik - lo stupratore - sono soci e anche migliori amici.

Un giorno Violet sarebbe dovuta andare al lavoro, ma l'auto aveva problemi. Erik le ha offerto un passaggio e chissà perché proprio quel giorno George era impegnato in una conferenza che Erik poté evitare. Perciò, quando andò da lei in suo aiuto, invece di portarla in banca, chiuse a chiave la porta di casa e la stuprò nel salotto della donna.

Lei si ritrovò con lividi e lacerazioni e per paura, non rivelò a nessuno l'accaduto. Gli episodi furono sempre più frequenti col marito che sembrava non accorgersene."

Davvero George non l'aveva capito? Il suo migliore amico! E lei, sua moglie!

Come può accadere che un marito non si accorga di quei lividi e del disagio di sua moglie alla presenza di quel bastardo?

Sono furiosa perché scommetto che l'ex marito sapesse tutto! Arrivo a credere che possa avere la stessa indole dell'amico.

A quel pensiero mi domando se magari lui non finisse a letto con altre donne anche durante il matrimonio. Non sarei rimasta sorpresa se avessero scattato delle foto per ricattare le loro vittime.

«Nessuno si è occupato del caso? Quand'è successo?» Sono decisamente scioccata!

«La denuncia è stata fatta più di un anno fa, però sono stati bravi a coprire le loro tracce.» Fiuto una nota di disgusto nelle parole di Celeste.

«Ecco cosa dovete fare: Celeste, chiama Violet e falla venire qui. Jonathan, trova tutte le donne che hanno lavorato in quella banca. Voglio sapere chi ha chiesto il trasferimento, chi è stata licenziata e chi si è dimessa. Voglio il nome del giudice che condurrà il prossimo processo e la lista dei giurati. Devi scoprire tutto sulle loro vite, non tralasciare nessun dettaglio. Dimmi anche quante donne e mamme saranno presenti nella giuria.»

Annuiscono entrambi.

Probabilmente non si aspettano che una ragazza alle prime armi possa essere così sicura di sé, tuttavia non lo sono. Voglio giustizia per Violet e per le altre vittime. Ho il presentimento che lei non sia stata la sola, ma sicuramente è stata l'unica che ha sporto denuncia.

«Prima però trovami le dipendenti che si sono e che hanno licenziato, così posso chiamarle e provare a farle visita.» Se non hanno parlato non credo sarà facile farle testimoniare.

L'istinto mi dice che entrambi gli uomini sono coinvolti.

«Troviamo il punto debole di quel bastardo. Scava nella vita sia di Erik che di George. Non è possibile che in tutti quegli anni il marito non fosse a conoscenza dei suoi sporchi giochi.»

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