I tormenti della Spada

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

Per ore l'ottonieria aveva vomitato solo tensione e messaggi d'attesa. Da quando l'esercito francese era entrato nel raggio della fabbrica tutti avevano pensato che l'attacco fosse imminente, invece le truppe di re Gregoire avevano cominciato a muoversi in tondo, come se attendessero qualcosa.

Gli uomini di Valerius allora si erano schierati e avevano potuto solo starsene lì, chiusi negli abitacoli dei myrmidon, nelle posizioni più protette, a scambiarsi segnalazioni vuote e piatte tra le ottoniere. Segnalazioni che Francine udiva da dentro la fabbrica, dall'ottoniera a lunga distanza, seduta con Arcadio nella stessa stanza dove avevano deciso il da farsi.

Il paradosso era che c'erano più myrmidon che soldati. De Rubeille aveva fatto in modo di bloccare una fornitura di macchine all'esercito, per cui i magazzini della fabbrica erano pieni, ma le persone che avevano seguito Valerius non erano poi così tante e ancor meno sapevano guidare i giganti di ferro. Alla fine avevano accettato di far salire a bordo dei myrmidon anche chi li sapeva a stento far muovere, per impressionare i nemici e sperare in qualche colpo di fortuna. Francine aveva visto salire quegli sprovveduti a bordo degli ORL e degli Arabesque, probabilmente non avrebbe mai dimenticato le loro facce, le gambe che gli tremavano sulla scaletta, la timidezza nell'afferrare le ottiche. Agnelli al macello.

Per tutta mattina il vuoto assoluto, poi l'esercito di re Gregoire si era mosso, quantomeno le avanguardie. A quel punto la voce di Valerius aveva dominato l'ottoniera, lui dava ordine e distribuiva compiti. La sua strategia era tenere la fabbrica come punto di riferimento e fargli girare le truppe intorno. All'inizio, stupidamente, i francesi li attaccarono con sparuti manipoli, forse credendoli allo sbando. La strategia di Valerius triturò i partecipanti dei primi assalti, senza perdite, ma era un brutto segno. Se i francesi potevano saggiarli così significava che avevano a disposizione molte macchine.

Alla fine era partito l'assalto vero. Ormai era passato mezzogiorno, le truppe cominciarono a scendere in squadre compatte. Valerius continuò a impartire gli ordini con fermezza, per un po', ma poi le urla cominciarono a soffocare la sua voce.

"Sarà un massacro." disse Arcadio, a un certo punto, cercando gli occhi di Francine.

"No" fece lei, attenta a non perdere una sillaba delle comunicazioni. L'unico momento in cui distoglieva l'attenzione era quando si frizionava la spalla, sulla cicatrice, come per un tic nervoso. "Non ci stanno travolgendo. Manovriamo bene. Se ci stessero massacrando lo sapremmo."

"Questo non vuol dire che vinceremo."

Altre urla, alcune preghiere, qualcuno piangeva. L'ottoniera coglieva i messaggi di entrambi gli schieramenti.

"Perché tanto malaugurio, Arcadio?"

"Per risvegliare il soldato che ho davanti."

"Basta così, Arcadio, credo abbia fatto la mia coscienza abbastanza a lungo."

"E invece no, lei..."

"Le mie ferite! Gliel'ho spiegato. La mia pelle ormai è carta velina. Se entrassi in un abitacolo, in una tuta, a guidare un myrmidon, la mia pelle si lacererebbe dandomi atroci dolori e impedendomi di combattere!"

"Che disgustoso modo di mentire, bambina mia."

Francine voleva ribattere, ma un lungo urlo dall'ottoniera la zittì. Improvvisamente si vergognò di come se la prendeva con Arcadio mentre fuori accadeva quello che stava accadendo. Si alzò in piedi e iniziò a camminare.

"De Rubeille aveva un messaggio per lei che non ha voluto sentire. Mi ha detto di riportarglielo io." continuava intanto Arcadio.

"E cosa cambia se me lo dice lei?"

"Che la conosco."

Altre urla. Francine batté un pugno sul muro. "La smetta. Ora."

"Non posso, madamoiselle. Non smetto quando sono impertinente, quando sono volgare, quando sono inopportuno e quando sono presuntuoso. E non smetto quando ho qualcosa di importante da dire."

Valerius disse qualcosa nell'ottoniera. Avvertiva qualcuno di una salva di colpi nella sua direzione. Poi un urlo straziante di dolore e un nome chiamato con la forza della disperazione.

"Io non..."

"Mi permetta di mostrarglielo, per favore."

Francine annuì tenendo gli occhi bassi. Arcadio la prese per mano, quasi fosse una bambina, e la portò verso le viscere della fabbrica.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro